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L'Esistenzialismo
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E-book57 pagine48 minuti

L'Esistenzialismo

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Il fondamentale saggio dello storico della filosofia Guido De Ruggiero qua pubblicato è (titolo originale) “La filosofia dell’Esistenza”, basato soprattutto sulle figure di Soren Kierkegaard, Martin Heidegger, G.W. Friedrich Hegel, Karl Jaspers e apparso nel 1966 nella settima edizione del suo ben noto volume Filosofi del Novecento: un “pilastro” della critica filosofica contemporanea.
LinguaItaliano
Data di uscita15 set 2020
ISBN9788835894933
L'Esistenzialismo

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    L'Esistenzialismo - Guido De Ruggiero

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    Intro

    Il fondamentale saggio dello storico della filosofia Guido De Ruggiero qua pubblicato è (titolo originale) La filosofia dell’Esistenza, basato soprattutto sulle figure di Soren Kierkegaard , Martin Heidegger, G.W. Friedrich Hegel, Karl Jaspers e apparso nel 1966 nella settima edizione del suo ben noto volume Filosofi del Novecento: un pilastro della critica filosofica contemporanea.

    L’ESISTENZIALISMO

    LA FILOSOFIA DELL’ESISTENZA

    Sulla così detta filosofia dell’esistenza io credo sia giunto il tempo di formulare un giudizio molto limitativo, che la riconduce nei confini della sua realtà di fatto (o del suo Dasein, come si direbbe nel nuovo gergo), oltre i quali è venuta rapidamente dilagando. C’è da restare a prima vista sorpresi nel constatare che una filosofia, la cui intima essenza si compendia in una specie di rivoluzione filosofica del nihilismo, abbia potuto avere una diffusione così rapida e un’adesione così clamorosa nei settori più disparati della cultura, tra la gioventù scapigliata non meno che nel sedentario mondo professorale. È la filosofia della crisi, si sente dire tutt’intorno. È vero, ma questo non basta a giustificarne il successo. Poiché essa è non un’espressione generica della crisi spirituale che attraversiamo, ma una soluzione nihilista della crisi stessa, bisognerebbe notare nei suoi fautori un senso cupo di tormento e di angoscia; invece si osserva un’aria compiaciuta e soddisfatta, e quasi un gusto di crogiolarsi nel fondo limaccioso della vita che i fondatori della nuova filosofia si son dati a sommuovere. Nei giovani questo atteggiamento è spiegabile: essi fanno come i bambini che amano voltolarsi nella fanghiglia senza coscienza d’imbrattarsi: omnia munda mundis. C’è di più nell’Esistenzialismo qualcosa che eccita la fantasia con la curiosità morbosa di un romanzo giallo. Alle gravi e sonnolente categorie della filosofia tradizionale, esso sostituisce nuovi e immaginosi simboli: l’incarnazione, l’offerta, la preoccupazione, l’angoscia, il salto, il naufragio, ecc., che dànno alle vicende del mondo e della vita un torbido senso romanzesco, che attira e ripugna nel medesimo tempo. L’analogia col romanzo giallo si può spingere anche oltre: nell’un caso e nell’altro si dà un intreccio di elementi, che nel giro del racconto si va complicando e arruffando e che crea nell’animo del lettore un senso di tensione spasmodica sempre crescente; ma poi all’improvviso tutto s’affloscia, come una grossa vescica quand’è punta da uno spillo, e l’inanità dell’epilogo vanifica la precedente tensione. L’Esistenzialismo è un po’ il romanzo giallo dell’esistenza.

    Come si spiega allora il suo successo tra i professori di filosofia, ai quali non vorremmo certo fare il torto di collocarli sul piano degli autori o dei lettori assidui dei romanzi gialli? C’è un altro aspetto dell’Esistenzialismo da considerare. Esso ha origini remote e prossime: remote, nel solitario tormento di un’anima religiosa, dello scrittore danese Soren Kierkegaard, in cui la reazione passionale contro il razionalismo hegeliano assunse, circa un secolo fa, forme contorte e passionali, ma non prive di autentica grandezza e potenza, che si espressero in un linguaggio inusitato, ma efficace nel ritrarre il dramma di un’anima assetata di Dio, che dagli abissi della disperazione riesce a momenti a placarsi in una certezza rasserenatrice. Questo dramma, vuotato del suo contenuto religioso e del suo accento personalissimo e irripetibile, è stato ripreso, tipizzato e quasi standardizzato da alcuni professori tedeschi contemporanei, i quali, sul canovaccio di un dramma di un’esistenza, hanno intessuto il dramma dell’esistenza. Certo, il rifacimento non è stato del tutto arbitrario: scomparso l’antico contenuto religioso, ma permanendo intatti i nomi e i simboli, s’è insinuato in essi un contenuto nuovo, attinto al torbido processo di fermentazione dello spirito contemporaneo; e l’accento di un’esasperata religiosità è servito anch’esso a coprire e a dissimulare un’irreligiosità egualmente esasperata. Si aggiunga che quei professori, nell’effettuare il rifacimento, hanno portato con sé un abito dottrinale e sistematico acquisito nelle scuole tradizionali della filosofia, per mezzo del quale sono riusciti a dare un’apparenza così astrusa ed ermetica al loro effettivo lavoro, che i tecnici della speculazione filosofica ne son rimasti meravigliati e commossi, come se si fossero trovati di fronte a un’autentica rivelazione di un pensiero nuovo e profondo. La gioia di

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