Sonja Kovalevsky
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Sonja Kovalevsky fu una brillante matematica, una scrittrice, una sostenitrice dei diritti delle donne. Fu la prima donna a ottenere nell’Europa moderna il dottorato in matematica (1874) e la prima donna in Europa a ottenere (1884)una cattedra all’università. Il suo ingresso come docente all’Università di Stoccolma fu un evento straordinario che giunse nel momento in cui in Germania (dove Sonja aveva studiato) aveva inizio la lotta all’esclusione femminile dai gradi e dalle posizioni più alte dell’istruzione. Ma Sonja fu soprattutto una donna che fece delle scelte audaci, libere da ipocrisia.
Charlotte Leffler fu la prima scrittrice di teatro di successo in Svezia , i suoi lavori, controversi, si inserivano nell’imperante dibattito sulla moralità sessuale e il ruolo sociale delle donne. Fra le due nacque un’amicizia, e, dopo la morte di Sonja, Charlotte Leffler decise di scriverne la storia.Il lettore sarà però sorpreso nel trovarsi di fronte a una biografia fuori dall’ordinario. La Leffler omette quasi del tutto i dettagli della vita scientifica di Sonja per rivelarne invece la realtà emotiva, l’acuto e penetrante spirito di osservazione, il mai pago desiderio di approvazione e condivisione. Racconta Sonja costantemente in lotta contro il pregiudizio nei confronti delle donne e l’opposizione al cambiamento, combattuta nella lotta per la conquista della felicità, in tensione nella ricerca di un amore ideale che non si mostra raggiungibile che attraverso un compromesso e una rinuncia che metterebbero a repentaglio la sua viscerale indipendenza.
Come nessun’altra la biografia della Leffler, in una sinfonia di ricordi e citazioni di lettere di Sonja, è permeata dall’emozione per la verità che essa svela, dall’affetto per Sonja che aveva portato avanti la sua battaglia coraggiosamente, “una donna in grado di essere indipendente dagli altri come nessun altro”, e fa riflettere perché è il mondo che circonda Sonja a uscirne sconfitto e con esso anche il nostro tempo che molti di quegli ostacoli per le donne ha ereditato.
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Anteprima del libro
Sonja Kovalevsky - Charlotte Leffler
Nota dell'Editore
Sonja Kovalevsky fu una brillante matematica, una scrittrice, una sostenitrice dei diritti delle donne. Fu la prima donna a ottenere nell’Europa moderna il dottorato in matematica (1874) e la prima donna in Europa a ottenere (1884) una cattedra all’università.
Nata e cresciuta in Russia, paese in cui alle donne non era consentito studiare all’università, Sonja riuscì a sfuggire al controllo e alle restrizioni imposte dalla sua famiglia sposando nel 1868 Vladimir Kovalevsky, un matrimonio platonico contratto unicamente allo scopo di poter lasciare la Russia e raggiungere Heidelberg, dove avrebbe iniziato a studiare matematica. Trasferitasi successivamente a Berlino, divenne allieva di Karl Weirstrass sotto la cui guida le sue ricerche matematiche si concentrarono, in particolare, sullo studio delle equazioni parziali differenziali.
Giunse a Stoccolma nel 1883, dopo aver preso la decisione di separarsi dal marito e intraprendere la strada della ricerca e dell’insegnamento all’università. Il suo ingresso come docente all’Università di Stoccolma fu un evento straordinario che giunse nel momento in cui in Germania (Paese dove Sonja aveva studiato) il movimento delle donne dava inizio alla lotta all’esclusione femminile dai gradi e dalle posizioni più alte dell’istruzione.
Quando si incontrarono per la prima volta a Stoccolma, immediatamente dopo l’arrivo di Sonja, Charlotte Leffler era già molto conosciuta, era una donna influente e anche molto controversa. Considerata, insieme a Ibsen e Strindberg, fra i pionieri del dramma modernista, la Leffler fu la prima scrittrice di teatro di successo in Svezia e i suoi lavori, al cui centro si snodava una polemica nei confronti delle donne del ceto medio-alto di Stoccolma, si inserivano nell’imperante dibattito sulla moralità sessuale e il ruolo sociale delle donne. I personaggi femminili dei suoi drammi cercavano di modellare la propria vita seguendo il proprio talento e i propri interessi, mentre l’amore, per essere considerato tale, doveva poggiare su basi egualitarie.
Fra Sonja e Charlotte nacque un’amicizia che sfociò successivamente in una collaborazione letteraria. Le due donne furono molto vicine per un lungo periodo e, dopo la morte di Sonja, Charlotte Leffler decise di scriverne la storia, di proseguire il racconto di sé che già Sonja aveva pubblicato nell’autobiografia Le Sorelle Rajevsky.
Entrambe le biografie sorprendono il lettore. Le autobiografie e biografie degli scienziati sono spesso oratorie, con caratteristiche ben precise in cui è il lavoro che tesse la trama del racconto mentre le vicende personali osservano sullo sfondo la crescita della personalità scientifica nell’incalzare dei risultati ottenuti. In tali biografie, inoltre, la distinzione fra la dimensione intellettuale e quella emotiva non ha un'importanza centrale. La biografia della Leffler, come d’altronde l’autobiografia scritta dalla stessa Sonja, omette numerosi dettagli del lavoro scientifico e manca di delineare pienamente lo sviluppo della personalità scientifica di Sonja e, di conseguenza, fu oggetto di numerose critiche. Per questa stessa ragione l’autobiografia Le Sorelle Rajievsky non è sfuggita alle critiche e alla censura di Lewis Pyenson (docente di storia alla Michigan University e autore di numerosi volumi di storia della scienza) che ne ha scritto in questi termini: «Lo scritto della Kovalevsky è prevedibile e convenzionale. Non offre alcuna indicazione che la nobile figlia di Russia, le cui linee emotive sono così attentamente delineate, diventerà la più grande matematica del diciannovesimo secolo. Kovalevsky sceglie di non parlare di questione intellettuali».
Sonja, fra il 1889-1890, dunque in età adulta, aveva deciso di scrivere un' autobiografia che si ferma agli anni della sua infanzia, fra il 1850 e il 1865. Sonja scava nelle profondità del suo animo e racconta la formazione di un temperamento, di un carattere che rifiuta di accettare sin da subito un ruolo ristretto in quanto donna, non di una personalità scientifica e la sua vocazione per la scienza. L’opera non resse perciò alle critiche di lettori che, come Pyenson, partivano da un’idea convenzionale di autobiografia di uno scienziato, mancando così di comprendere il genere letterario a cui apparteneva l’autobiografia di Sonja e a cui avrebbe appartenuto il suo seguito, la biografia scritta dalla Leffler. Le Sorelle Rajievsky e Sonja Kovalevsky appartengono, infatti, a quella nozione allargata di biografia come genere letterario che il dibattito del secolo scorso ha contribuito a individuare e chiarire. Una autobiografia/biografia poetica dunque, che si avvale dello strumento poetico e della passione per la narrazione e in cui la descrizione degli eventi è spesso subordinata a un più ampio scopo drammatico.
Charlotte Leffler, che testimonia come più e più volte Sonja mi aveva chiesto di scrivere la sua biografia
, conosceva perfettamente Le Sorelle Rajievsky e decise di dare seguito al suo racconto allo stesso modo in cui Sonja avrebbe scritto di se stessa, in un ideale filo conduttore fra la formazione del temperamento della giovanissima Sonja e i sentimenti della donna ormai adulta. Attraverso le sue pagine, la Leffler rivela i diversi volti di Sonja, la sua realtà emotiva, il suo acuto e penetrante spirito d'osservazione, il suo mai pago desiderio di approvazione e condivisione. Racconta Sonja costantemente in lotta contro il pregiudizio nei confronti delle donne e l'opposizione al cambiamento, al punto che il suo genio e la sua originalità ci appaiono indissolubimente legati al suo essere una donna, alle sue scelte di vita per molti aspetti audaci, libere da ipocrisie, che suscitarono spesso il sospetto in un mondo che avrebbe dovuto, invece, essere capace di misurare e riconoscere il suo talento e il suo contributo alla scienza.
Indulgendo spesso in esplosioni di drammaticità, Charlotte Leffler ci racconta come ogni traguardo da raggiungere si trasformasse per Sonja in una sfida che è sia personale che sociale, combattuta nella lotta per la conquista della felicità, nella tensione della ricerca di un amore ideale che non si dimostra raggiungibile che attraverso il compromesso e la rinuncia che metterebbero a repentaglio la sua viscerale indipendenza.
Come nessun’altro il racconto della Leffler, in una sinfonia di ricordi e citazioni di lettere di Sonja, è permeato dall’affetto e dall’emozione per la verità che esso svela, dall’affetto per Sonja che aveva portato avanti la sua battaglia coraggiosamente, una donna in grado di essere indipendente dagli altri come nessun’altro
, e fa riflettere perché è il mondo che circonda Sonja a uscirne sconfitto e con esso anche il nostro tempo, che molti di quegli ostacoli per le donne ha ereditato.
Prefazione
Subito dopo aver ricevuto notizia della morte improvvisa e inattesa di Sonja Kovalevsky ho avvertito incombere su di me il dovere di dare seguito, in una forma o nell’altra, ai ricordi della sua giovinezza, pubblicati in svedese con il titolo Le sorelle Rajevskij. Molte ragioni mi hanno spinta a considerare questo mio speciale dovere, in particolare il fatto che Sonja avesse sempre avvertito la sensazione che sarebbe morta giovane e che io avrei vissuto più a lungo di lei, e più volte mi aveva fatto promettere che avrei scritto la sua biografia.
Introspettiva e autocritica a uno straordinario livello, era solita esaminare con grande cura le sue azioni, i pensieri e i sentimenti sia per il proprio bene che, durante i tre o quattro anni in cui trascorremmo insieme quasi tutte le giornate, per il mio. Tentava sempre di classificare i suoi mutevoli stati d'animo e atteggiamenti in base a un certo sistema psicologico. Questa abitudine all’autocritica era così forte che spesso, inconsciamente, trasformava i fatti reali. Ma per quanto acuta e a volte spietata potesse essere la sua analisi, si fondeva in essa un istinto all’auto-idealizzazione. Vedeva se stessa nel modo in cui desiderava che gli altri la vedessero, per cui l’immagine che di sé delineava era in molti dettagli diversa da quella che ritenevano gli altri. Talvolta giudicava se stessa più severamente, talvolta con più indulgenza, di quanto facessero gli altri. Se, come aveva stabilito, avesse dato un seguito ai ricordi della giovinezza scrivendo l’intera storia della sua vita, l’immagine finale sarebbe stata quella che aveva tratteggiato e completato per me nel corso delle nostre innumerevoli, lunghe conversazioni. Sfortunatamente non potrà portare a termine questo lavoro che sarebbe stato, senza dubbio, la biografia più straordinaria nel mondo della letteratura. Spetta al mio destino disegnare con contorno lieve il ritratto della vita di Sonja pur sentendo che, tracciato dalla sua stessa mano, sarebbe stato profondamente e intensamente intriso della sua personalità.
Sin da principio sapevo che il solo modo in cui sarei riuscita nel mio compito sarebbe stato scrivere, e parlare, seguendo il suo suggerimento. Sentivo di dover immedesimarmi in lei, come spesso facevo quando era ancora viva. Dovevo cercare di essere ancora una volta il suo secondo io, come spesso mi definiva. Per quanto possibile, dovevo ritrarla nella stessa luce in cui mi si mostrava. A lungo non sono riuscita a decidermi di pubblicare i ricordi che iniziai a scrivere brevemente subito dopo la morte di Sonja, e ho lasciato che trascorresse un anno. Durante quell’anno ho parlato con molti suoi amici, sia quelli della giovinezza che i più recenti. Ho scritto a coloro che erano lontani, in terre straniere, tutte le volte che sono riuscita a trovarli; così ho cercato di completare il mio ricordo di tutto quello che apparteneva alla vita sociale di Sonja. Dalla mia corrispondenza ho citato tutto ciò che mi è parso importante per mettere in luce il suo carattere ma, certo, sempre dal punto di vista che ho indicato: rendere chiara l'idea che aveva Sonja di sé. Non ho pensato di raccontare la storia della mia amica oggettivamente. Quando abbiamo a che fare con la comprensione della personalità, il punto di vista oggettivo è necessariamente vero?
Molti potranno obiettare alla correttezza delle mie valutazioni e interpretazioni, molti potranno giudicare le azioni e i sentimenti di Sonja sotto una luce diversa, ma, dal mio punto di vista, questo non mi riguarda in alcun modo.
Le informazioni che ho apportato sono, per quanto ho potuto, accurate. Solo quando mi è parso che queste informazioni fossero state leggermente distorte dall’immaginazione, ho mancato di aderire strettamente ai racconti di Sonja.
Quando la scorsa estate ho incontrato Henrik Ibsen e gli ho raccontato che stavo scrivendo la biografia di Sonja Kovalesky, ha esclamato: «È la sua biografia nel nel senso comune del termine che intendete scrivere? O non è magari un poema su di lei?». «Sì»-ho risposto- «sarà il suo poema, così come si è rivelata a me». «È giusto!» mi ha risposto, «Dovete trattare la questione poeticamente». Questa riflessione mi ha dato sostegno e rallegrato, incoraggiato a seguire la prospettiva che mi si era presentata. Che siano altri, se possono, a raccontare Sonja oggettivamente. Desidero solo tracciare il ritratto della mia idea di lei, il riflesso di quella vivida interpretazione di sé che lei stessa mi ha mostrato.
Anna Charlotte Leffler, Duchessa di Caianiello
Napoli, 1892
I sogni dell'adolescenza e il matrimonio nichilista
Sonja aveva quasi diciassette anni quando i genitori la portarono a trascorrere l’inverno a San Pietroburgo. In quel periodo, era il 1867, un forte movimento agitava i giovani intellettuali russi. Questo movimento influenzò particolarmente le giovani donne della Russia, e può essere descritto come un ardente desiderio di libertà e progresso della madrepatria, di crescita del suo livello intellettuale.
Era un movimento nichilista, sebbene poco politicizzato. Era un’appassionata battaglia per la conoscenza e lo sviluppo intellettuale e si era talmente diffuso che, in quel periodo, centinaia di giovani donne appartenenti alle migliori famiglie lasciarono le loro case e andarono a studiare in università straniere. Poiché, nella maggioranza dei casi, i genitori contrastavano le aspirazioni delle loro figlie, le giovani dovettero ricorrere a curiosi stratagemmi, caratteristici del loro tempo, per perseguire i propri scopi. Ricorsero al matrimonio con giovani uomini devoti agli ideali che loro ritenevano sacri e, come donne sposate, sfuggivano all’autorità dei genitori e potevano recarsi all’estero alla prima occasione. Molte delle studentesse russe a Zurigo, che in seguito furono richiamate a casa con ukase imperiale (sospettate di nichilismo, sebbene pensassero unicamente a studiare) avevano sposato uomini che le avevano accompagnate alle università e, in base all’accordo, le avevano poi lasciate libere di condurre i propri studi. Questo tipo di unione, con il suo fine ideale, era molto popolare in quel periodo nei circoli di S.