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Agenzia A.R.D.A
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E-book796 pagine10 ore

Agenzia A.R.D.A

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Info su questo ebook

Pensavo di aver dato il mio contributo al mondo e alla storia di questo pianeta, di aver pagato il conto con il duro addestramento in acque gelide, con marce zavorrate, con lanci con il paracadute ed operazioni in zone di guerra.

Pensavo di aver visto il peggio che il genere umano avesse da offrire.

Ma a quanto pareva il mondo non aveva ancora finito con me.

La mia vita ormai tranquilla stava per scivolare via, trascinandomi in un mondo nascosto al mondo.

Mi chiamo Christian Paris, sono un agente del SIS dell'agenzia ARDA e questa è la mia storia.
LinguaItaliano
Data di uscita27 dic 2022
ISBN9791221445114
Agenzia A.R.D.A

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    Anteprima del libro

    Agenzia A.R.D.A - Dario Cavallin

    DOMENICA 06 GIUGNO 2004

    ORE 09:30

    Una bella giornata, il sole cominciava a riscaldare, il cielo era azzurro e il verde dei campi mi avvolgeva tutto attorno.

    Si sentiva il rumore sordo dei miei passi sul sentiero di campagna che alzavano piccole nuvolette di polvere, con il rumore degli alberi e del granoturco che si muoveva dolcemente spinto da una leggera brezza e ogni tanto di qualche animale che scappava se gli passavo troppo vicino andando a nascondersi tra l’erba più alta.

    La mia ora di jogging stava per finire e ripercorrevo a ritroso il sentiero tra i campi che collegava due piccoli, anzi piccolissimi paesini nel mezzo della pianura padana.

    Mi piaceva correre tra i campi, tra muri verdi di granoturco per poi passare a distese di frumento e boschetti di pioppi, ma in particolare il ritorno: il ritorno in giornate limpide come questa permetteva di vedere le montagne sullo sfondo, sembrava la foto di una cartolina di chissà che posto lontano, il verde dei campi e l’azzurro del cielo diviso dalle colline e dalle montagne ancora più in là. Avevo quasi l’impressione che le piante, l’aria e i colori dessero energia per correre fin su in cima, seguii questa impressione e feci uno scatto più veloce che potevo, non arrivai in cima ma solo duecento metri più in là, poi camminai un po e mi fermai in mezzo ad uno dei boschetti di pioppi, mi sedetti per terra a riprendere fiato , restai li ad ascoltare il mio respiro, il cuore che batteva e tutto quello che mi circondava... rumori e odori di una natura fortunatamente ancora pura. Era una delle poche cose che mi faceva sentire in pace.

    Mi rialzai e ricominciai a correre piano verso casa…e pensare che fino a qualche anno fa non vedevo l’ora di andarmene da qui per poi non vedere l’ora di tornare.

    Riuscii ad andarmene grazie al servizio militare, da lì passai alla ferma breve che mi portò al corso da VFB (volontario in ferma breve dell’esercito italiano): posto in cui la mia vita cambiò radicalmente. Durante il corso ebbi quella che non ho ancora stabilito se sia stata una fortuna o una disgrazia, ovvero conoscere una squadra del XI°(nono) reggimento col Moschin che all’epoca non sapevo fosse il reparto speciale dell’esercito.

    Tranne per i pochi mesi di leva non sapevo niente di niente di questioni militari.

    Li incontrai in mensa, mi sedetti sul primo posto libero che trovai che era proprio al loro tavolo, loro incuriositi dal mio atteggiamento mi guardarono come si guarda un animale allo zoo che fa qualcosa di buffo. Non ricordo di preciso come ma iniziammo a parlare e commisi un altro errore, il primo era stato sedermi al loro tavolo, ma questo fu di gran lunga peggiore, un errore da non fare mai con un paracadutista ovvero; chiesi perché avessero il basco rosso. Inizialmente pensavano che li stessi prendendo in giro ma poi capirono che non avevo capito la gravità di quanto avevo detto, mi spiegarono che non era rosso ma era amaranto in ricordo dei baschi neri dei paracadutisti caduti che intrisi di sangue presero appunto il color amaranto.

    Mentre ero li arrivò il mio comandante di plotone che mi riprese per aver violato il tavolo dei paracadutisti. Gli incursori dissero che non era un problema e potevo restare ma una volta fuori dalla mensa avrei ricevuto ugualmente una lavata di capo. Continuai a chiacchierare con gli incursori incuriositi dal fatto che fossi li, dato che sembravo non essere molto interessato alle questioni militari.

    Ancor oggi mi chiedo il perché ma uno di loro mi invitò a ritrovarci domani allo spaccio e mi rassicurò dicendomi di non temere il mio comandante.

    Nonostante portassi le stellette da un anno, fu in quel momento che iniziò la mia carriera militare, prima era solo un modo per starmene lontano da casa e dai confini del mio paesino che iniziavano ad andarmi stretti.

    Fu così che mi ritrovai a seguire il mio corso da volontario, che non andava benissimo, e dopo le 16:00  gli incursori si presero cura di me insegnandomi i trucchi del mestiere.

    In un mese diventai esperto di armi, procedure e qualsiasi cosa militare. I miei nuovi amici riuscirono a portarmi ad un livello fisico e tecnico che non avrei mai immaginato, grazie a ciò passai, dal pensiero di ritirarmi dal corso dei primi giorni, a caposquadra. Ciò mi diede una sensazione di potere che non avevo mai avuto, mi sentivo al di sopra di tutti, ovviamente tranne agli incursori, ed iniziavo a comportarmi di conseguenza.

    Inoltre si era sparsa la voce che ero sotto l’ala protettrice dei Parà quindi nessuno si permise più di infastidirmi con i tipici rituali da recluta. Oltre a ciò ero arrivato al punto di saperne parecchio di più dei miei istruttori in materia militare cosa che mi permise, in un paio di occasioni, di correggere alcuni dettagli tecnici sulle armi.

    Quando arrivò il momento  di lasciare il centro di addestramento non feci le selezioni per i paracadutisti perché mi terrorizzava l’idea di lanciarmi da un aereo, le feci per quello che pensavo fosse un reparto altrettanto prestigioso e cioè il Reggimento Lagunari Serenissima, questo mi permise di partire con i Col Moschin per Roma, dove io avrei fatto la specializzazione controcarro mentre loro avrebbero frequentato un altro corso di non ricordo che.

    Fu un mese entusiasmante, e anche in questo caso il destino volle che la mia squadra fosse composta quasi per intero da paracadutisti. Il tempo passò veloce tra addestramenti, lezioni, poligoni e lanci di missili. Il corso finì e me ne andai a Venezia.

    Nel Luglio del ’98 arrivai a Malcontenta: sede del Reggimento Lagunari Serenissima. Qui rimasi fino al 2000 tra addestramenti, missioni in area e missioni fuori area.

    Nel 2000 cercai di congedarmi con successo parziale.

    In compagnia di Ivan (uno degli incursori) per caso finii per partecipare ad un paio di corsi di sicurezza privata.

    La voglia di indossare la divisa cominciò a scemare anche perché avevo conosciuto una ragazza e non mi dispiaceva l’idea di avere del tempo da passare con lei. Nonostante ciò finii per congedarmi nel 2002 e iniziò la mia carriera nella sicurezza privata ma risultò essere un lavoro impegnativo quasi quanto l’esercito.

    Sempre per caso incontrai un tizio che conoscevo e non ricordo come e perché ma mi propose di andare a fare l’elettricista con lui e nel tentativo di avere una vita più tranquilla accettai, con sollievo della mia ragazza, che ad oggi è diventata la mia ex ragazza.

    Ciò mi fece tornare esattamente da dove ero partito, ovvero, il mio paesino di campagna cominciando a pensare che forse una qualche forza oscura impediva a chi ci nasceva di allontanarsi; salvo qualche raro caso, chi nasceva in questo paese moriva in questo paese.

    Tornai dalla corsa e trovai una chiamata senza risposta, guardai il numero: sconosciuto, beh, se è importante richiameranno pensai.

    Andai a fare una doccia e tornai in camera a vestirmi. Squillò il telefono:

    Pronto

    Buongiorno, mi chiamo Stefano Pivato,

    Buongiorno

    Scusi se la disturbo di Domenica mattina. Lavoro per un’agenzia di ricerca e sviluppo tecnologico, la chiamo per sapere se è interessato a collaborare con noi per quanto riguarda la manutenzione di impianti elettrici e telematici della nostra azienda. Aveva un tono cordiale ma piuttosto formale.

    No, guardi, mi dispiace ma ho già un lavoro….

    Si, lo so, ovviamente passeremo attraverso i suoi datori di lavoro per avere la sua collaborazione.

    Beh, se è così, da parte mia non ci sono problemi, ma perché dovreste volere proprio me?

    Se le interessa possiamo vederci Domenica prossima e le darò tutti chiarimenti del caso, va bene verso le 10:00?

    Mi prese un po’ in contropiede e risposi di si quasi senza pensare, aveva abilmente dribblato la mia domanda.

    Si..si..va bene riportai i pensieri alla conversazione dove?

    Mi diede le indicazioni stradali e concluse la chiamata dicendo: Le sarei grato se questa telefonata restasse tra noi.

    Va bene...come preferisce. risposi.

    Bene, la ringrazio arrivederci a Domenica

    Scusi ma come la riconoscerò all'area di servizio?

    la riconoscerò io, ho una sua foto

    Ok , allora arrivederci e riattaccò.

    Rimasi imbambolato a guardare il cellulare ripensando alla telefonata che mi aveva lasciato perplesso, proprio non sapevo cosa pensare.

    Durante la giornata mi capitò spesso di ripensare a quella telefonata.

    Verso sera sentii Federica: la mia ex ragazza. Quella sera sarebbe uscita con il suo nuovo uomo. Era una sofferenza stupida il continuare a sentirla sperando che tornasse da me, ma sono momenti in cui le cose stupide e insensate si fanno senza rendersene conto e con l’aggravante di essere convinti di fare la cosa giusta. Lei mi mancava da morire e sapere che era con un altro era ancora peggio.

    Ci eravamo lasciati, ma lei non era convinta della sua scelta e teneva in piedi entrambe le storie con la differenza che a me parlava dell’altro e con l’altro non poteva parlare di me altrimenti l’avrebbe piantata all’istante.

    Sapevo benissimo che qualunque altra persona dotata di un minimo di buon senso l’avrebbe mandata a quel paese con biglietto di sola andata, ma io non ci riuscivo, ero sempre attaccato a quel filo di speranza che lei continuava ad alimentare confidandomi la sua diffidenza nei confronti dell’altro.

    DOMENICA 13 GIUGNO 2004

    ORE 07:00

    Durante la settimana avevo ripensato spesso alla telefonata ed ero impaziente di saperne di più. 

    Dato che si trattava di un colloquio di lavoro mi vestii di conseguenza ovvero un vestito grigio su una camicia beige.

    Riuscii a dribblare i miei senza dare troppe spiegazioni. Un po’ mi pesava essere tornato a vivere con loro ma Il mio appartamento era ancora in via di lavorazione e dovevo pazientare ancora un po’ per la meritata libertà.

    Nella mia Fiat Bravo verde bottiglia mi avviai verso l’autostrada.

    Ero emozionato e la strada sembrava non finire mai.

    Arrivai alla stazione di servizio che il sig. Pivato mi aveva indicato, parcheggiai di fronte ad una piccola oasi verde. Scesi dall’auto. Vedendomi specchiato nel finestrino pensai di aver scelto bene mettendo il vestito.

    Accesi una sigaretta e aspettai, da emozionato divenni nervoso pensando alla situazione e a tutti gli interrogativi che comportava.

    Arrivò un Audi A6. Pensai fosse chi stavo aspettando ed infatti: scese un tipo sull’uno e ottanta, rasato, indossava pantaloni grigio scuro e camicia azzurra.

    Buongiorno disse sorridente venendomi in contro.

    Buongiorno, il signor Pivato?

    Sì sono io, mi segue? disse mentre ci stringemmo velocemente la mano.

    Certo risposi.

    Tornammo ognuno alla propria auto e imboccammo nuovamente l’autostrada.

    La prima impressione era di una persona assolutamente normale, posata e gentile, poteva essere chiunque. Non era esattamente quello che mi aspettavo. Immaginavo uno un po’ più agente segreto dalla telefonata della settimana prima ma la persona che avevo appena conosciuto sembrava più un agente di borsa che un agente segreto. Mi tornò in mente però, che gli agenti segreti che avevo conosciuto, rispondevano esattamente alla descrizione di persona assolutamente normale .

    Stavamo andando verso le montagne che si facevano sempre più alte ed imponenti.

    Dopo circa quaranta minuti uscimmo dall’autostrada e poco dopo uscimmo anche dalla strada principale immergendoci tra le montagne.

    Il panorama era stupendo, proseguimmo finché sulla sinistra si aprì una vallata su cui sedeva quella che sembrava una città con case, casette, palazzi e palazzoni e a quanto pareva era proprio lì che stavamo andando.

    Arrivammo di fronte ad una cancellata blu con due piccole strutture in cemento ai lati e finestre con vetri riflettenti. Uscirono degli uomini armati vestiti di nero, fui subito colpito dal loro comportamento; non avevano né il modo di fare né l’equipaggiamento e neanche le armi di un agenzia di vigilanza privata. Non avevano una divisa di rappresentanza ma una tuta da combattimento nera senza insegne , sopra di questa un vest tattico. (gilet multitasche militare).

    A giudicare da quanto erano gonfie le tasche dovevano contenere almeno due caricatori per tasca che in tutto facevano 12 caricatori oltre a quello inserito.

    Erano armati di Colt M4 con ottica e pistola Beretta 92 su fondina cosciale per l’estrazione rapida.

    Ero troppo distante per vedere le piccole tasche all’altezza delle spalle ma non mi sarei stupito se avessero contenuto delle granate.

    Tutto ciò mi portò a chiedermi: ma dove sono capitato?

    Una delle guardie si accostò al finestrino dell’A6 di Pivato mentre alle porte delle due strutture in cemento, altri due uomini con il fucile quasi in puntamento. La guardia al finestrino fece un cenno con la testa e salutò. Fui distratto da un movimento alla mia sx; c’era un’altra guardia all’angolo sud ovest della struttura di sx.

    No, non erano uomini di una qualsiasi agenzia di vigilanza, erano militari, professionisti; non stavano lì a giochicchiare o a guardarsi attorno, tenevano gli occhi fissi sulle due auto anche dopo aver riconosciuto il sig. Pivato.

    Il cancello si aprì l’A6 andò avanti ed io la seguii.

    Mi aspettavo di essere fermato per registrare i documenti ma non fu così, diedi un'occhiata alle guardie che accennarono un saluto mentre gli passavo a fianco, ricambiai.

    Fu una strana sensazione oltrepassare il cancello, sembrava di entrare in un altro mondo. Di fronte avevo un altro cancello, quando si chiuse quello dietro si aprì quello davanti. Oltrepassato il secondo cancello la prima impressione fu di ordine.

    Ora stavo percorrendo un viale alberato che lasciava intravedere in fondo un edificio a vetri scuri che riflettevano il cielo azzurro, oltrepassare il cancello era come passare le mura di cinta di un castello ed entrare nel regno che il grande palazzo dominava, imponente e minaccioso.

    Sulla destra si apriva un grande parcheggio, piuttosto pieno per essere Domenica mattina.

    Trovammo posto nel parcheggio e lasciate le auto Il sig. Pivato disse: Benvenuto all’A.R.D.A.

    Grazie risposi guardandomi attorno ….che posto è?"

    PIVATO: ARDA sta per Advanced Research and Development Agency ,agenzia di ricerca e sviluppo avanzato; qui ci occupiamo un po' di tutto, dalla ricerca tecnologica, farmaceutica, medica fino alla ricerca storica e archeologica.

    Però! dissi

    Ci incamminammo verso la costruzione a vetri che formava il ferro di cavallo, attraversammo la strada e salimmo i tre lunghissimi gradini in marmo che si estendevano per tutta larghezza dell’edificio rialzandolo, come se non fosse già abbastanza imponente.

    Eravamo di fronte all’ala destra, appena su dei gradini si apriva un portico colonnato in marmo bianco lucido, sopra di questo svettava la parete di vetri scuri: colpiva lo stacco di colori tra pavimento in marmo bianco e il vetro scuro.

    Si sentiva il rilassante fluire dell’acqua della grande fontana al centro del complesso; anche questa imponente, con al centro un fungo d’acqua scrosciante e limpidissima.

    Sotto al portico c’era un’altra parete a vetri, questa volta trasparenti, le cui lastre centrali al nostro avvicinarsi si aprirono scivolando di lato.

    Entrammo in un enorme salone, anche questo dal pavimento in marmo bianco, circondato da vetri che permetteva di vedere fuori.

    A destra una serie di divanetti rossi con di fronte dei tavolini in acciaio e cristallo. Sul fondo l'ennesima parete in vetro trasparente. 

    In fondo a sinistra, a ridosso di una parete in marmo si sviluppava un grande bancone a L; era la reception, in legno scuro con dietro due ragazze more con capelli lunghi. Sulla guancia destra avevano un segno nero, avvicinandomi capii che era un microfono; erano al telefono.

    Una fini la telefonata e rivolta al sig. Pivato disse buongiorno

    Oltrepassammo altre porte a vetri e svoltammo a sinistra dove si apriva un lungo corridoio. Diedi un'ultima occhiata al grande salone prima di perderlo di vista passando dietro al cubicolo.

    Pensai che data l'eleganza, il marmo e l'arredamento, se fosse stato un albergo cinque stelle non glie le toglieva nessuno.

    Imboccammo il corridoio che a differenza della hole era piuttosto modesto. ci fermammo ad una porta a destra, Pivato l’aprì con una chiave magnetica. Era un ufficio piuttosto grande dall’arredamento scuro in stile, un angolo che ospitava un piccolo soggiorno compreso di mobile bar, dipinti alle pareti e una imponente scrivania in fondo alla stanza.

    Mi invitò a sedere sulla sedia degli ospiti alla scrivania e lui prese posto dall’altra parte.

    Mi porse un foglio dicendo Quando sarà qui dentro il suo nome sarà Paris Christian, lo ricordi, non si presenti a nessuno con il suo nome di battesimo, mi raccomando, è importante

    Va bene,,..posso chiedere come mai questa precauzione?

    Sicurezza tagliò corto lui.

    Anche questa volta fui preso in contropiede, mi aspettavo che mi proponesse qualche lavoro o che mi facesse qualche domanda per capire se ero interessato a ciò che aveva da offrirmi ma sembrava che io avessi già accettato il lavoro.

    Allora, lei fa l’elettricista dal 2002…come se la cava? chiese.

    Discretamente, tenga conto che ho imparato sul campo quindi mi manca un po’ la parte teorica.

    PIVATO: Ciò che le viene richiesto è una banale manutenzione, niente di complicato, cose come cambiare lampadine sistemare qualche presa elettrica; manutenzione ordinaria, poi vista la sua esperienza le potrebbe essere richiesto anche qualche lavoro riguardo la trasmissione dati, pensa di essere in grado?

    Si, penso di essere in grado...le posso chiedere perché avete scelto me, insomma, con tutti gli elettricisti che ci sono anche più competenti di me…

    Si adagiò sullo schienale della poltrona in pelle: Dalle informazioni che abbiamo è emerso che lei ha lavorato con informazioni sensibili, per questo abbiamo scelto lei. Come le dicevo qui abbiamo un livello di ricerca piuttosto avanzato e la sicurezza è fondamentale. Abbiamo le nostre squadre di elettricisti ma ogni volta che necessita un loro intervento bisogna far sospendere i lavori nelle aree interessate, devono essere scortati, questo anche solo per cambiare una lampadina, senza tener conto che potrebbero essere avvicinati e dare informazioni preziose ai nostri concorrenti.

    Quindi con me non dovrete sospendere i lavori…... dissi.

    Esatto

    Ciò significa che verrò a contatto con dati e materiale sensibile?!

    Si…

    E significa anche che sarò sorvegliato suppongo

    Solo se sarà necessario

    Certo. Come poteva sapere se fosse stato necessario senza tenermi sotto controllo?

    Incrociammo gli sguardi per un istante.

    Come funzionerà? chiesi.

    Le forniremo tutto quello che le serve compreso un mezzo per spostarsi nella base, avrà un laptop per gestire e registrare le richieste di intervento che porterà a termine

    Ha detto base? chiesi.

    Prego?

    Ha detto la base, è una struttura militare?

    In parte si, collaboriamo con ONU e NATO riguardo la ricerca sugli armamenti, Con l’ESA e L’ASI per la ricerca aerospaziale quindi a causa della riservatezza dei progetti ci è stato richiesto un sistema di sicurezza adeguato, diventando così una base militare, almeno su carta.

    Seguì una pausa che io interruppi: Beh, mi pare di capire che avete il vostro bel da fare.

    Sicuramente il lavoro non ci manca…ora se le fa piacere, l’accompagno a visitare i vari settori, le farò vedere qualche lavoro che spetterà a lei, così da farsi un idea

    Appena prima di uscire dall’ufficio mi ricordò nuovamente che mi sarei dovuto presentare con il nome di Christian Paris.

    Percorremmo il corridoio fino ad un ascensore, mentre aspettavamo disse:I vari settori qui li chiamiamo AREA

    Arrivò l’ascensore e salimmo.

    Per esempio adesso andiamo al primo piano dove c’è TECHNOLOGY AREA; la parte dedicata allo sviluppo tecnologico, abbreviata in TECH.AR.

    L’ascensore si fermò e si aprì in una grande stanza dove diverse persone in camice bianco lavoravano sulle loro postazioni dotate di due, se non tre computer. Mi colpirono un paio di grandi tavole con delle strane apparecchiature.

    Mi venne in mente che era Domenica e li, stavano lavorando alla grande.

    E chiesi Oggi è Domenica non stanno a casa? mi resi conto che era una domanda un po’ stupida ma ormai era fatta. 

    Pivato:Qui non ci sono orari o cartellini da timbrare i tempi sono gestiti dalle equipe di lavoro.

    Salutammo i tecnici e Pivato mi fece vedere una postazione che avrei dovuto attivare.

    Mi accucciai a guardare sotto alla scrivania, non c'erano prese elettriche ma non sarebbe stato un problema perché poco distante c'era una postazione funzionante da dove avrei potuto prendere la corrente.

    Salutammo nuovamente e tornammo all’ascensore; schiacciò il N 2.

    Le porte si aprirono in un ambiente più rilassato.

    PIVATO: Questa è l’ARCH.AR. ovvero l’area storico archeologica

    Ciò che mi colpì in prima battuta furono i grandi tavoloni al centro con pianali in vetro da dove usciva la luce dei neon, alle pareti strumenti per esami chimici, microscopi e dei computer. Anche qui il personale era in camice bianco.

    Ci avvicinammo al primo bancone dove c’erano quelle che sembravano delle pergamene stese; esaminandole da più vicino mi incuriosì vedere che tra le righe di un alfabeto che non conoscevo, grazie alle luci delle lampade al neon sotto al tavolo, si intravedevano altre parole, anche se molto sbiadite.

    Si presentò un personaggio alto, tra i 45 e i 50 anni magro e brizzolato Buongiorno

    Buongiorno rispondemmo io e Pivato che fece le presentazioni, specificando che ero l’elettricista che stava aspettando. Il tizio sembrò felice della notizia e si presentò come dott. Saveri responsabile del laboratorio.

    Venite disse il dott.

    Ci accompagnò nell’altra ala del laboratorio; un altro bancone con una serie di aggeggi che pendevano dall’alto, avvicinandomi vidi che erano lenti d’ingrandimento e obiettivi fotografici.

    Ecco, qui verrà il nuovo analizzatore….. disse il dottore.

    Quindi suppongo che vi servirà la corrente? chiesi.

    Già e anche un collegamento per i dati aggiunse.

    Discutemmo delle tempistiche per l’installazione del macchinario poi Pivato disse al dott. che era arrivato qualcosa che aveva richiesto.

    Ci congedammo per poi salire al piano di sopra: lo SPEACE.AR.

    Le porte dell'ascensore si aprirono su una stretta scalinata in legno che saliva verso destra, arrivati in cima entrammo da una porta sulla sinistra et voilà, la copia esatta della famosa sala di controllo di Houston, fatta ad anfiteatro, Ci facemmo un giro e salutammo due delle persone che stavano alle postazioni.

    Fu impressionante vedere il monitor enorme sul fondo della stanza che proiettava immagini dello spazio infinito, aveva un che di magico quella finestra nello spazio.

    Qui ci occupiamo di spazio, dal controllo alla ricerca disse mentre scendevamo i lunghi gradini tra le lunghe postazioni.

    Cercate anche voi gli omini verdi? chiesi ironico.

    Mi guardò sorridendo con aria quasi di sfida Lei cosa dice, esistono o no?

    Oh Dio, domanda difficile…. Secondo me, come disse Jodie Foster nel film contact se ci fossimo solo noi sarebbe uno spreco di spazio.

    E lei cosa dice, esistono? rigirai la domanda.

    La risposta fu un sorriso, limitandosi a dire: La sua teoria è interessante....

    Lasciammo la sala.

    Riprendemmo l’ascensore e salimmo ancora, si aprirono nuovamente le porte.

    Quarto piano WEAP.AR ricerca e sviluppo sugli armamenti

    Questo vi fa un po’ meno onore degli altri reparti dissi.

    E vero ma è più necessario di quanto si creda. Il lavoro che si svolge qui dentro è paradossale: si ricercano armi sempre più potenti per poi farle diventare il più innocue possibile

    E a cosa serve?

    L’intenzione è di prevenire le scoperte future sugli armamenti e mettere un freno per evitare che l’uomo si estingua senza che se ne renda conto, essendo troppo concentrato a combattere. Lei è entrato nell’esercito nel ’97 se non sbaglio…

    Non sbaglia risposi

    Quindi ha fatto in tempo ad usare come arma individuale il vecchio FAL in 7/62 per poi passare agli AR 70/90 in 5/56.

    Si

    Il calibro 5/56 è stato introdotto in seguito ad un nostro studio proprio qui dentro.

    Bhe mi sento in obbligo di dirle che nell’ambiente militare è visto con alcune riserve il 5/56, si dice che gli effetti del 7/62 anche se più tragici fossero meno problematici.

    Siamo a conoscenza di queste voci ma i dati di fatto dicono che con il 5/56 le mutilazioni per arma da fuoco hanno avuto una significativa diminuzione e gli interventi chirurgici, anche se più complicati hanno avuto un tasso di successo maggiore rispetto al 7/62.

    Facemmo un giro, attaccate alle pareti c’erano armi di tutti i tipi: Colt, h&K, Beretta e altre che non avevo mai visto, poi c'erano computer ed un paio di grandi tavoli.

    Ecco - disse - questo sarà il fucile d’assalto del futuro indicando l’arma attaccata al muro Si chiama, ARX-160 e quello sotto è il suo lanciagranate GLX-160, è progettato e prodotto dalla Beretta e fa parte del progetto soldato futuro mi soffermai a studiare l’arma e poi mi guardai attorno. Vidi una porta con su scritto CAMERA DI SPARO

    Li si effettuano i test disse Pivato

    Non dissi niente.

    Tornammo all’ascensore e questa volta non premette un pulsante ma poggiò la sua chiave magnetica nell’apposito alloggiamento sulla tastiera dell’ascensore.

    Quinto piano.

    "Questo è il REST.AR che sta per restricted area, è la sede dell’intelligence dell’agenzia.

    Sulla sx un lungo corridoio dove si alternavano porte in legno pregiato con cornici dai ricci elaborati, sul fondo una porta a vetri satinata che non permetteva di vedere oltre, sulla dx una grande stanza, anche questa con le pareti a vetro trasparente che lasciavano intravedere una serie di postazioni con scrivanie e computer, un grande schermo sulla parete di sx suddiviso in riquadri che trasmetteva telegiornali della BBS, CNN , CANALE 5 , ed altri che non riconobbi.

    PIVATO: Qui vengono vagliate informazioni di qualunque sorta e genere. una sezione si occupa delle informazioni all’interno dell’agenzia, e una sezione si occupa di gestire informazioni esterne all'agenzia. Grazie ai nostri sistemi avanzati diamo una mano a diversi governi per contrastare terrorismo, criminalità, e per questioni di ordine pubblico come il monitoraggio di eventi importanti.

    Annuii con il capo senza dire niente cercando di imprimere quelle informazioni nella mia testa.

    Tornammo al pianterreno, ripercorremmo il lussuoso atrio dell’ingresso e uscimmo fuori dirigendoci a destra verso l’altra parte di edificio passando a fianco alla piscina con il rilassante scrosciare del fungo d’acqua al centro.

    Anche qui, sotto al porticato, la parete era a vetro e come di là le due porte si aprirono scorrendo silenziosamente lasciando uscire un forte brusio.

    Era un bar, ed era pieno di gente, l’ambiente era simile alla reception: marmo bianco, molto luminoso, anche il lungo bancone era in marmo bianco con dietro una grande parete a specchio piena di mensole che trasbordavano di bottiglie. C'era un buon profumo di caffè e brioche calde.

    Mi invitò a prendere un caffè.

    Arrivammo al banco facendoci largo fra la gente che Pivato salutò distrattamente.

    Mi guardai attorno: dietro al bar, ai lati dell’immensa stanza c'erano due scalinate che salivano a semicerchio fino al primo piano congiungendosi in un terrazzo interno.

    Al piano terra in fondo verso dx notai uno schermo grandissimo che stava trasmettendo video musicali. C’erano cinque alte e robuste colonne sempre in marmo bianco; davano ancor più grandezza e maestosità all’ambiente già grande e maestoso. Ero incantato, sembrava di essere in un ristorante di quelli in cui non si entra se non si hanno almeno cinque o sei carte di credito.

    Iniziai a sentirmi fuori posto ma cercai di non farlo notare, mi tornò alla mente uno dei vari corsi a cui avevo partecipato dove insegnavano di prendere confidenza con i posti in cui ci si trovava: osservare i comportamenti della gente che li frequenta; come si muovono, come parlano come si comportano e imitarli al meglio per dare il meno possibile nell’occhio.

    L’atmosfera era rilassata e divertita, guardandomi attorno, sia al bancone che ai tavolini, vidi gente sorridente che chiacchierava.

    Mi impegnai a fare lo stesso, cercai di rilassarmi e mi rivolsi a Pivato, alzando la voce per sovrastare il brusio. Bel posto

    Già, è stato ristrutturato da poco, prima qui c’erano uffici e il bar era dove adesso c’è la palestra

    Avete anche la palestra!?

    Si, da poco come le dicevo. Facciamo in modo che chiunque lavori qui debba uscire il meno possibile

    E nessuno protesta per questo?

    Non è un'imposizione e poi sono tutti stati avvisati al momento dell'assunzione e tutti hanno acconsentito ad eventuali restrizioni

    Quindi dovrò acconsentire anch’io alle stesse restrizioni…

    No, per lei è diverso, non verrà assunto, ma comunque ci auguriamo che mantenga il riserbo, è qui per questo…

    Certo.

    Arrivò il nostro caffè e arrivò anche una donna, alta, mora…bellissima. Salutò calorosamente Pivato, parlarono un attimo fra loro e poi Pivato passò alle presentazioni, si chiamava Daniela e lavorava al GEST.AR. Lei si rivolse a me Ciao, benvenuto ci stringemmo la mano ,Non farti spaventare dalla sua faccia seria, vedrai che starai bene qui

    Beh grazie, me lo auguro risposi.

    Si rivolse a Pivato: Se lui è il nuovo elettricista potrò finalmente vedere sistemati tutti i fili sotto alla mia scrivania?

    No finché non fai la richiesta di intervento rispose lui impassibile.

    Lei sbuffò: Vabbè, farò stà richiesta continuarono a chiacchierare di affari loro finché lei non salutò e se ne tornò tra il gruppetto di ragazze da cui era venuta.

    Il caffè era finito da un po’

    PIVATO: andiamo?

    si risposi.

    Andammo verso la grande scalinata.

    Al primo piano c’era da un lato un lungo corridoio in cui si alternavano le porte di diversi uffici che costituivano il GEST.AR. e dall’altra il pergolato che dava sul bar di sotto..

    Al GEST.AR ci si rivolgeva per qualsiasi problema di tipo burocratico. Entrammo. Ci trovammo in un immenso salone pieno di scrivanie, computer, carte, un via vai di gente e telefoni che squillavano.

    Pivato si fermò ad una postazione di due scrivanie con un computer spento e disse Questi sono i cavi di cui parlava Daniela

    Il secondo piano era un’enorme sala in cui attrassero la mia attenzione i quattro schermi enormi che pendevano dal centro del soffitto formando un quadrato. I monitor mostravano gli andamenti delle borse di tutto il mondo, e anche qui non mancavano i computer. A dispetto delle altre aree qui c’erano solo tre persone e una piacevole quiete. Ciò acquistò significato quando Pivato mi spiegò che eravamo all' ECON.AR.: ovvero economy area dove si occupavano di borsa, gestione di denaro e capitali.

    Oggi era Domenica, non ero un esperto di finanza ma ricordavo che Domenica le borse sono chiuse, ecco perché tanta tranquillità.

    Passammo al terzo piano, al PHARM.AR che si occupa di ricerca farmacologica. Qui a fare da padroni oltre ai computer erano microscopi e provette. 

    Passammo al quarto piano; BIO.AR.: un ambiente pieno di tavoli, computer, microscopi e centrifughe, ricordava un po' il piano di sotto, ma qui si occupavano di ricerca biologica.

    In fine il quinto; MED.AR.

    Il resto della base l’avrei visto con il tempo sentenziò Pivato.

    Raggiungemmo il suo ufficio, mi consegnò una busta, formato A4 Tenga - disse - le ribadisco di fare attenzione a non usare il suo nome di battesimo e quando parlerà della sua vita, fare riferimento al fascicolo che le darò da studiare

    Quindi avrò una nuova identità? chiesi incuriosito.

    Solo quando sarà all'interno dell'agenzia…ah, non l'ho detto ma, ovviamente quel fascicolo non potrà uscire dall’agenzia.

    Posso immaginare risposi.

    All’interno troverà anche la tessera per entrare in agenzia, una chiave USB che non potrà usare all'esterno, se dovesse farlo, scatterà un allarme al REST.AR. oltre al fatto che la chiave non funziona con computer esterni senza autorizzazione e se forzata rilascia un virus.

    E’ chiaro

    Bene signor Paris io ora devo andare, l'accompagno al posto di sicurezza alla reception dove le verrà rilasciata la sua chiave magnetica poi è libero di andare

    Uscimmo dall'ufficio e tornammo alla hole, ci fermammo alla struttura in marmo da dove uscì un uomo con i baffoni bianchi. Mi consegnò due chiavi magnetiche e mi spiegò che funzionavano con le mie impronte digitali: l'impronta avrebbe azionato la chiave e la chiave a sua volta avrebbe azionato le serrature a cui era abilitata.

    Pivato spiegò che con quelle chiavi avevo accesso quasi illimitato alla base, Mi disse che se volevo potevo consultare il fascicolo nella sala riunioni del Quinto piano. Li avrei trovato uno stipetto a mio nome con dentro un pc e altre cose che mi sarebbero tornate utili.

    Quando incomincio? chiesi mentre uscivamo.

    "Per quanto mi riguarda ha già incominciato, nel computer troverà elencate le richieste di intervento da portare a termine. Come le ho detto non ci sono orari, può venire quando vuole purché i lavori vengano eseguiti in tempi ragionevoli.

    Per alcune delle commesse nella lista ne parleremo domani".

    E per i materiali e le attrezzature? chiesi.

    Parli con l’ufficio gestione della manutenzione, avrà tutto ciò che chiede

    Eravamo fuori. Le porte scorrevoli si chiusero dietro di noi.

    Si fermò, mi guardò e tese la mano, io la strinsi: E un piacere averla tra noi...mi scusi ma devo proprio scappare, a domani, e mi raccomando, tenga sempre esposto il tesserino di riconoscimento...

    Va bene, grazie, Arrivederci risposi.

    Mentre lo guardavo andare verso il parcheggio pensai che in realtà non avevo mai né accettato né rifiutato il lavoro...

    Ero confuso, frastornato e con un sacco di domande, non avevo idea da dove iniziare, cosa significava che potevo venire quando volevo e con i miei datori di lavoro? Aveva detto che ci avrebbe pensato lui...per non parlare del fatto che avevo tra le mani le chiavi per entrare ovunque, mi sembrava tutto molto strano.

    Accesi una sigaretta, poi ricordai del tesserino, infilai una mano nella busta e lo estrassi, la prima cosa che mi colpì fu che c’era una mia fototessera in tuta mimetica; foto che ricordavo essermi stata scattata per il tesserino KFOR o IFOR, non ricordavo di preciso.

    Da quanto riportato risultavo inserito nel REST.AR. (REStricted ARea) Level C…chissà cosa significava...

    Tornai dentro diretto al quinto piano.

    Per la prima volta mi trovavo a girovagare per l’agenzia da solo. Cercai di assumere un comportamento idoneo al luogo.

    Salii al quinto piano testando la chiave magnetica, raggiunsi la grande sala riunioni.

    La aprii, studiai un attimo l'ambiente; un grande tavolo scuro con circa venti poltrone girevoli in pelle dall’aria comoda.

    Sulla sinistra c'era un lungo mobile bianco suddiviso in riquadri chiusi da delle ante bianche con delle targhette nominative, cercai la mia e sbirciai gli altri nomi: Luigi Dapporto, Tommaso Mancini, Sara Carta, Benvenuti Silvia etc.....

    Trovai la mia: Christian Paris. Appoggiai la chiave magnetica e con un click la porticina si aprì scostandosi leggermente.

    All’interno c’era una borsa per computer blu, la appoggiai sul tavolo, la aprii e ne estrassi un piccolo computer e un affare rettangolare: una tavoletta nera 20cm X 10cm circa, la studiai, aveva dei pulsanti sul fianco, ne premetti uno e poi un altro e la tavoletta si illuminò, sembrava un piccolo monitor.

    Dalle prime schermate sembrava essere un telefono ma non c’erano pulsanti, attesi il caricamento e i pulsanti apparvero dentro al monitor, scoprii così che era tecnologia tuch-screen, ne avevo sentito parlare. La schermata richiedeva un codice d’accesso, per ora lasciai perdere e presi una chiave usb.

    Poggiai tutto sul tavolo e mi dedicai al fascicolo del mio alias:

    Paris Christian, nato a Verona il 09/10/1979.

    Padre ispettore di polizia e madre medico.

    Dopo l'istruzione obbligatoria Christian ha frequentato un istituto professionale per disegnatori tecnici.

    Le continue trasferte per lavoro del padre portarono ad un pesante disagio familiare, cosa che spinse Christian a chiedere di partire come volontario in ferma breve nell'esercito.

    Fu sballottato in diverse caserme tra scuole militari e corsi di formazione compresi un periodo a Livorno per il corso di paracadutismo e un altro periodo a La Spezia per il corso sub.

    Tra un corso e l'altro ha preso parte a diverse missioni fuori area; Bosnia, Kosovo, Iraq e Libano.

    Seguì un master in intelligence e aree di crisi a Roma che lo portò a lavorare al ministero degli esteri.

    Stanco di una vita che lo costringeva a continui spostamenti trovò lavoro come informatico in un piccolo paese del vicentino e da qui fu contattato dall’agenzia in qualità di tecnico specialista.

    Pensai che con il curriculum di Christian non mi sarei accontentato di essere assunto come informatico e che se avessi dovuto raccontare la sua/mia storia, avrei dovuto inventare una buona scusa per giustificare il passaggio dagli studi internazionali al fare l’informatico.

    Rilessi nuovamente il fascicolo cercando di memorizzare  particolari ed eventi rilevanti.

    Misi da parte il fascicolo e accesi il computer dove trovai anche la guida per la tavoletta/telefono che veniva chiamata DES-97 (Data Elaborating Sistem 97).

    Aprii la cartella e cominciai a leggere. Scoprii che la tavoletta era capace di navigare in internet, gestire file multimediali sia audio che video, fare filmati, aveva un localizzatore e navigatore satellitare e un sacco di altre cose...praticamente veniva dal futuro...

    Non riuscii a fare a meno di cominciare a giocarci scoprendo che conteneva anche dei giochi, un gioco di golf e un flipper.

    Riportai la mia attenzione al piccolo computer e aprii la cartella delle commesse di lavoro, apparve una schermata con una lista che sembrava infinita, cliccai sulla prima e si aprì una scheda.

    Squillò il mio cellulare, era mia madre. Mi chiese se sarei andato a casa a pranzo, pensai un attimo, guardai l'ora: 11:30 e risposi di no, la salutai e riattaccai.

    Mi concentrai sulla scheda:

    COMMESSA cod.: fh-000898

    AREA : space.ar

    INTERVENTO : Si richiede il cablaggio di una postazione di lavoro completa di N°1

    terminale compreso di collegamento wi-fi, N°1 stampante, N°1

    analizzatore di frequenza.

    ARDA li 05/05/2004

    Dott.Girolamo Corsini

    riservato GEST.AR.

    Ne guardai un'altra, questa era dell'ARCH.AR e chiedeva il cablaggio del nuovo macchinario di cui parlava il dott.Saveri.

    Ne sbirciai alcune altre e arrivai alla conclusione che il lavoro non era male, si trattava di interventi veloci che richiedevano al massimo mezza giornata di lavoro.

    Spensi il computer e rimisi tutto nello stipetto tranne il DES che avevo inserito in una apposita custodia in gomma e infilato in tasca con l’apposito  carica batteria, particolarmente piccolo rispetto a quello dei telefoni cellulari.

    Lasciai la sala riunioni diretto all’ala ovest, o ovest-wing come era chiamata.

    Entrai, rispetto al mattino il brusio era attenuato, il grande schermo in fondo dava video musicali.

    Mi fermai al bancone e ordinai il pranzo.

    Presi posto ad un tavolino libero con sopra un giornale che cominciai a sfogliare mentre aspettavo:

    Elezioni europee del 12/13 Giugno con la lista dei seggi.

    Nelle elezioni amministrative, Sergio Cofferati era divenuto sindaco di Bologna e tale Renato Soru presidente della regione Sardegna.

    Si parlava degli esami di maturità in corso.

    -C'era un articoletto sulla morte del presidente Ronald Regan malato da tempo di Alzheimer morto il 05/Giugno, raccontava brevemente la sua storia; nato da un venditore ambulante di scarpe, divenuto attore e poi governatore della California, finché nell 81 batte il rivale Carter per la corsa alla casa bianca divenendo il 40° presidente.

    -08/Giugno è stata approvata dal consiglio di sicurezza dell'ONU la risoluzione che disegna il futuro dell'Iraq.

    -Dal vertice G8 tenutosi il 09/Giugno a Savanna, Georgia, è stato lanciato il piano d'azione per le riforme in Medio Oriente.

    -Il 10/ Giugno a Beverly hills è morto Ray Charles.

    -Il consiglio europeo stabilisce un compromesso sulla futura costituzione europea.

    Avevo quasi finito quando entrò Daniela, la tipa del GEST.AR che mi aveva presentato Pivato questa mattina. Mi vide e venne verso di me.

    Ciao disse.

    Ciao

    Sei da solo?

    Si risposi un po' imbarazzato, non ero abituato a ricevere attenzioni da una donna senza nemmeno conoscerla. Beh, è il primo giorno qui e ancora non conosco nessuno

    Allora magari ti va un po' di compagnia...

    Non mi dispiacerebbe

    Si sedette di fronte a me: Christian giusto?

    Giusto era veramente bella, doveva avere qualche anno più di me.

    Allora Christian, come sei finito qui?

    Domanda banale ma impegnativa in questo caso.

    Pensai velocemente al mio alias e risposi in maniera abbastanza naturale da ritenere di essere credibile, cercai di sviare il discorso chiedendo E tu? come sei finita qui?

    Mi stavo per laureare quando arrivò un reclutatore dell'agenzia e mi disse che se avessi fatto la tesi sul bilancio di una società di cui lui mi fornì i dati, e se fosse stata una buona tesi avrei avuto un lavoro sicuro e ben retribuito dal giorno stesso della mia laurea, ed eccomi qua otto anni dopo.

    Quindi è stata una buona tesi dissi.

    A quanto pare sì. Dimmi, allora non ti piaceva Roma? chiese riferendosi a quanto le avevo detto su di me.

    Troppa confusione... e tu di dove sei? dissi cercando nuovamente di distogliere l'attenzione dalla mia vita quando ad un tratto ebbi una folgorazione: questa è qui per testare la mia nuova identità. Da come andavano le cose sembrava evidente ed io mi stavo facendo abbindolare, insomma una donna così bella che si ferma a chiacchierare così con me, tanto per farmi compagnia...era decisamente strano. Probabilmente avrebbe continuato a incalzarmi di domande facendo attenzione a parole, frasi o racconti discordanti...poco male, per il momento mi sembrava di cavarmela bene e il fatto che l'avessi beccata significava che non era poi così brava.

    Di Bologna rispose secca.

    E dov'è finito l'accento bolognese?

    Rispose con un sorriso L'ho sempre odiato facendo del mio meglio per farlo sparire

    Ti capisco, anch'io ho sempre cercato di nascondere il mio accento veneto

    E tu di dove sei? chiese.

    Vicenza, ma da anni ormai non vivo più lì... risposi con voce un po' malinconica prevedendo la sua prossima domanda, infatti mi chiese della mia famiglia e raccontai la storia del fascicolo che accentuò il suo atteggiamento materno quando raccontai che i miei avevano dei lavori impegnativi e spesso mi ritrovavo da solo fin da piccolo.

    In realtà non sembrava vagliare le informazioni che le stavo dando ma sembrava ascoltarmi con sincero interesse: o era veramente interessata o era più brava di quanto avevo immaginato.

    Continuammo a chiacchierare e fu un buon esercizio per farmi entrare in testa la mia nuova vecchia vita.

    Dalla mia città si passò a parlare del più e del meno finché arrivarono delle sue colleghe. Daniela mi chiese se potessero unirsi a noi, io ovviamente accettai e seguirono le presentazioni: "Christian loro sono Raffaella (Avrà avuto la mia età,  era formosa e sensuale e con un viso simpatico), Vania (capelli castani a caschetto, lineamenti carini , occhiali, corporatura normale e aveva l'aria della secchiona del gruppo con la fortuna di essere carina così, senza ricorrere al trucco o ad altri stratagemmi da donna) ed Erika (il primo pensiero nel vederla fu: wow. Era bellissima; lunghi capelli biondi, occhi chiari e misure da modella non anoressica. Ma non fu il suo aspetto a catturare la mia attenzione, furono i suoi occhi, erano dolci e profondi anche se percepivo qualcosa che non andava, forse un velo di tristezza o di malinconia.....mi sforzai per evitare di studiarla più a fondo)

    Strinsi la mano una per una poi aiutai Raffaella ad affiancare un tavolino al nostro e tutte presero posto.

    Arrivò la cameriera, le ragazze ordinarono il pranzo.

    Come prevedevo iniziarono le domande a cui tenni testa discretamente; stavo entrando nel personaggio e mi accorsi che l'abito che indossavo mi faceva sentire più sicuro, mi aiutava a calarmi nella parte, mi sentivo diverso. Parlavo in maniera disinvolta, cosa che decisamente non era da me, tanto meno tra quattro donne, ebbi la strana impressione di essere qualcun altro, forse mi sentivo come si sarebbe sentito Paris Christian. Tutto andava bene finché non arrivò una domanda inaspettata da Raffaella a cui risposi d'istinto e troppo precipitosamente :Hai la ragazza?

    Si, sta con un altro dissi guardando il tovagliolo con cui stavo giocherellando come se mi sentissi in colpa.

    Alla mia risposta calò il gelo e se possibile lo sguardo di Daniela si fece ancor più materno.

    Il problema non era che Federica stava con un altro, era che avevo mescolato la vita reale con quella di Christian.

    Non mi ero ancora posto il problema se Christian avesse o no la ragazza ma a questo punto ce l'aveva e stava con un altro.

    Feci un respiro e pensai che non era poi così grave: la vita amorosa reale sarebbe coincisa con quella di Christian, insomma, quante ragazze mettono le corna ai loro compagni...

    Giunto a questa conclusione raccontai la storia così com'era spiegando che nonostante tutto le stavo vicino nei momenti difficili, compresi i momenti difficili con l'altro e rigorosamente senza che l’altro sapesse che ci sentivamo.

    Devo dire che la loro reazione mi colse di sorpresa, temevo di passare per lo scemo perdutamente innamorato e intontito da stare a guardare lei che se la fa con un altro ed invece, rimasero stupefatte e in comune accordo dissero che ero l'unico uomo al mondo capace di stare ad ascoltare una che ti ha appena tradito, dissero che solitamente, in casi del genere l'uomo si incazza, beve, esce a fare stupidaggini con gli amici e cose simili, ritenevano che il mio comportamento fosse una romantica prova d'amore...ma?...francamente non so se quei discorsi venissero dai loro pensieri o dal fatto che avendomi li davanti, non si permisero di darmi dello scemo.

    Arrivò il loro pranzo e fortunatamente si voltò pagina. Cominciarono a darsi al gossip interno all'agenzia: scoprii che Nadia della reception, era odiata a morte da Raffaella per averle soffiato un uomo ad una serata di gala, dove Nadia finì con l'uomo e Raffaella finì ubriaca a vomitare.

    Inoltre scoprii che Pivato suscitava un certo fascino e che attorno a lui c'era una sorta di aurea misteriosa.

    Squillò il mio cellulare, guardai il numero: era Beppe, il mio capo.

    Mi rivolsi alle ragazze: Scusate. mi alzai ed uscii dal bar.

    Restai sotto al portico guardando il fungo d'acqua al centro della vasca.

    Pronto risposi mentre accendevo una sigaretta.

    Mi salutò con il suo solito tono allegro e il dialetto piuttosto pesante.

    Mi disse di aver ricevuto una telefonata di un tipo di un'agenzia di ricerca, il tipo gli aveva detto che io sapevo di che agenzia si trattava e che l'indomani mi sarei dovuto presentare a questa agenzia. Mi chiese se a me stava bene, ovviamente risposi di si fingendo di non saperne niente.

    Terminata la telefonata rientrai. Le ragazze stavano parlando di un tipo di non so quale ufficio. Rimasi ad ascoltare i loro discorsi che variavano dalle ferie all'abbigliamento e cose da donne finché dovettero tornare al lavoro, ci alzammo, loro si diressero verso l'uscita e io misi mano al portafogli dirigendomi verso il bancone e Daniela mi chiese Dove vai?

    A pagare...

    Mi rispose con un sorriso dicendo Vieni, non serve..

    Come, non serve?

    Il tesserino... disse sempre con il fare di una mamma che spiega una cosa ovvia al figlio Quando hai ordinato, la cameriera ha scannerizzato il tuo tesserino e il pranzo verrà detratto dal tuo conto

    Ho un conto? Ma se non so ancora se verrò a lavorare qui o no...

    Il suo sorriso si ampliò: Fidati che se hanno deciso che ti vogliono qui tu verrai qui in un modo o nell'altro… non preoccuparti, imparerai

    Uscimmo dal locale.

    Raffaella si rivolse a me: Christian, è stato un piacere e benvenuto

    Salutai le ragazze.

    Non avevo altro da fare quindi decisi che me ne sarei tornato a casa.

    Recuperai la mia auto e raggiunsi l’uscita che oltrepassai sotto gli occhi del personale di guardia.

    Era stata una mattinata decisamente singolare, mi entusiasmava l'idea di lavorare in quel posto, mi faceva sentire di nuovo parte del mondo, mi faceva sentire qualcosa di più di un semplice elettricista, insomma non era come passare fili in una casetta di campagna. Mi piaceva anche l'idea che non si sarebbe trattato di lavorare in un cantiere sporco e polveroso. 

    Macinando questi pensieri arrivai a destinazione.

    Mentre entravo in casa sentii in tasca la chiave magnetica e il DES ed ebbi una strana sensazione di inquietudine che mi fece pensare che; nonostante  fosse stata la mia prima volta lì dentro  e nonostante  non avessi  accettato formalmente il lavoro, mi ritrovavo con le chiavi in tasca per andare ovunque tra le mura dell’agenzia, era strano, soprattutto considerato che la sicurezza sembrava essere una delle questioni principali...mah?...

    Il resto della giornata trascorse pigro e noioso e continuavo a pensare all’agenzia.

    LUNEDÌ

    ORE 07:00.

    Feci colazione e partii, ero emozionato e non vedevo l'ora di arrivare.

    Accesi la radio, c’era una canzone dei Simple plan che mi fece pensare a Federica. Non l'avevo sentita ieri sera e forse era un bene.

    Mentre stavo per varcare i cancelli blu, oltre alle solite guardie armate mi M4, ne vidi due che scrutavano le montagne, uno con un binocolo e l'altro dall'ottica di un fucile di precisione che sembrava essere un McMillan; arma che avevo studiato durante il corso da tiratore scelto.

    Agganciai il tesserino alla camicia, feci avanzare lentamente l'auto e mi fermai di fronte al cancello. Uno degli uomini in nero mi puntò contro una strana pistola, notai che la puntava contro il tesserino e mi fece cenno di avanzare.

    Oltrepassai i cancelli e andai al parcheggio, c'era gente che attraversava la strada, gente che chiacchierava al parcheggio e chi si dirigeva verso l’ovest-wing probabilmente al bar.

    Raggiunsi la est-wing e salii in ascensore con dei tizi che parlavano di formule di non so che.

    Era strano, non ero abituato a stare tra scienziati, dottori o ingegneri. Avevo la sensazione che tutti percepissero che mi sentivo come un pesce fuor d’acqua. 

    Arrivai in sala riunioni, presi la borsa dallo stipetto, estrassi il computer e lo accesi.

    Mentre aspettavo che il computer caricasse la schermata home guardai di fronte a me al di fuori dalla parete a vetri; vedevo la distesa d'erba che saliva a formare le colline e poi le montagne che circondavano l'agenzia e più su il cielo azzurro di un bel Lunedì mattina.... fui distratto dai rumori del computer che era ormai pronto...si aprì una finestra che mi chiedeva se volevo sincronizzare PC e DES, diedi l'OK e accesi il DES. Dopo qualche istante ritrovai tutto il contenuto del computer sul palmo della mano.

    Studiai un attimo la cosa scoprendo che il DES era più veloce del PC ad elaborare i dati, quindi lasciai il PC e lavorai solo con il DES.

    Selezionai la schermata delle commesse e decisi di iniziare dal lavoro alla SPACE.AR; diedi un'occhiata veloce, si trattava di portare corrente e dati ad una nuova postazione, il riferimento era tale dott. Corsini.

    Andai allo SPACE.AR.. Salii la scala e mi ritrovai nella sala controllo tipo Huston, mi guardai attorno stupito del fatto che non ci fosse tanta gente, mi feci avanti scendendo tra i lunghi banconi con incassati i monitor e chiesi ad un tizio seduto ad una postazione intento ad un computer con dei grafici cartesiani: Buongiorno, sa dove posso trovare il dott. Corsini?

    Di là rispose senza nemmeno alzare lo sguardo indicando in basso a sinistra.

    Mi diressi di là dove c'erano due uomini che discutevano, anche questi guardando un computer.

    Mi avvicinai: Buongiorno, sto cercando i dott. Corsini dissi.

    Si voltarono tutti e due e quello più vecchio con i capelli brizzolati, piuttosto alto, robusto e con un paio di occhiali sulla punta del naso rispose:Buongiorno, mi dica..

    Sono l'elettricista, sono qui per la nuova postazione.

    Era ora,  un momento disse in tono piuttosto freddo e distaccato.

    Me ne restai lì, dietro di loro che parlavano di modulazioni di segnale, di frequenze cosmiche, CMB e altre cose a me assolutamente oscure. Mi distrassi guardando l'immenso schermo sul fondo della stanza che mostrava in primo piano un pianeta giallastro, con un punto rosso lampeggiante nel quadrante in alto a destra.

    Chissà che pianeta era e cosa rappresentava il punto rosso; da quel poco che capivo dai loro discorsi il puntino rosso era il punto in cui era stato rilevato non so quale materiale.

    Di scatto il dott. Corsini si voltò e mi colse incantato a guardare lo schermo.

    Allora! disse.

    Trasalii e con mezzo sorriso lui aggiunse Le piace? riferito al pianeta sullo schermo.

    si... risposi colto di sorpresa Affascinante...che pianeta è?

    Quasio 67

    Non l'ho mai sentito nominare..

    Alla mia affermazione si fece una grassa e squillante risata che fece voltare i pochi presenti dicendo Certo che non l'ha mai sentito nominare

    Mi mise la mano sulla spalla Venga, le faccio vedere il lavoro.

    Salimmo i gradini e ci fermammo ad una delle postazioni.

    Mi fece vedere cosa avrei dovuto fare e mi disse che però nel pomeriggio sarebbe stato difficile lavorare perché sarebbero tornati i suoi uomini che ora erano a dormire, perché questa notte erano stati chiamati per degli allarmi fatti scattare da delle sonde…

    Mi disse che avrei potuto fare il lavoro la notte stessa.

    Mi spiazzò, non sapevo se potevo lavorare di notte quindi dissi che avrei dovuto sentire il sig. Pivato per avere conferma, rispose che per lui non c'era problema.

    Squillò il DES, risposi, era proprio Pivato:Buongiorno, è già in agenzia? chiese.

    Si, sono allo SPEACE.AR. e stavo appunto per chiamarla, mi sono accordato con il dott. Corsini per la nuova postazione e mi chiede se posso fare il lavoro questa notte...e volevo appunto sapere se posso lavorare di notte o meno

    A sua discrezione per me non c'è problema, gestisca lei la cosa come ritiene più opportuno.. rispose e continuò Io la chiamo per dirle che da domani avrà un collega, se le fa piacere incontrarlo questo pomeriggio sarà in agenzia.

    Benissimo, volentieri risposi.

    Ah, se decidesse di fermarsi per la notte, se vuole è a disposizione un alloggio aggiunse.

    Si, mi farebbe comodo..

    Bene, allora le mando l'indirizzo via DES, a proposito, ha già messo in uso il DES?

    Si, non so di preciso come deve funzionare ma a me sembra che funzioni

    Ok,  se ha dei dubbi ha la guida sul pc oppure mi chiami

    Ok, grazie

    Le faccio programmare la serratura per la chiave magnetica dell’alloggio

    Bene, grazie ancora

    Allora ci sentiamo più tardi.

    Ok, arrivederci

    Arrivederci e chiuse la comunicazione.

    Informai il dott.Corsini che avrei portato a termine il lavoro la notte stessa.

    Mi fermai ancora un po' per annotare il materiale che sarebbe servito poi salutai e me ne andai.

    Ora dovevo andare al GEST.AR. per attrezzature e materiali.

    Uscii dal GEST.AR. con uno scatolone contenente tutti i dispositivi di protezione come tuta, scarpe, guanti, mascherine antipolvere ertc..

    Inoltre avevo a disposizione un Mercedes

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