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Il fidanzato di mia sorella
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E-book230 pagine3 ore

Il fidanzato di mia sorella

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Info su questo ebook

Il finto fidanzato di sua sorella può essere davvero quello giusto per lui?

Quando Kendall O’Hara sorprende il suo ragazzo intento a tradirlo, corre dalla sorella, l’unica persona su cui possa contare in città. Ma lei è in viaggio per lavoro, quindi Kendall si ritrova a condividere l’appartamento con il fidanzato con cui lei convive, un ragazzo supersexy e altrettanto gentile.
Luke Hale, a causa della sua famiglia, è diventato così insensibile alle relazioni che non ha avuto alcun problema a far finta di essere il fidanzato della sua migliore amica. Fino all’arrivo del dolce, adorabile fratello della ragazza. La passione di Kendall per il proprio canale dedicato al cibo è contagiosa, e la sua sincerità e vulnerabilità sono inebrianti.
I due sanno che dovrebbero essere off-limits l’uno per l’altro, ma trascorrere del tempo insieme – a cucinare, parlare, scherzare – è così piacevole e meraviglioso. L’attrazione fra loro è innegabile e, quando Kendall scopre che Luke in realtà è disponibile, può accadere di tutto.
La chimica bollente lascia subito il posto ai sentimenti. Ma la permanenza di Kendall è temporanea. Il loro accordo di essere amici di letto sfocerà in un amore eterno, o finiranno entrambi per rimanere di nuovo da soli?
LinguaItaliano
Data di uscita12 apr 2022
ISBN9791220702805
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    Anteprima del libro

    Il fidanzato di mia sorella - Crystal Lacy

    1

    KENDALL

    Non c’era niente di meglio che tornare in anticipo da una riunione, entusiasta di passare un po’ di tempo in più con il mio amato ragazzo; peccato solo averlo trovato a farsi scopare – per di più senza preservativo – dal vicino della porta accanto. Il vicino a cui proprio due giorni prima avevo regalato dei biscotti fatti in casa, anche se con i bordi bruciacchiati.

    Magari quella è la sua vendetta per i biscotti, pensai fra me e me, quando provai a uscire dalla stanza e urtai subito con il sedere lo spigolo diabolicamente appuntito del comò. «Gesù, maledizione,» urlai. E dire che avrei voluto sgattaiolare via mantenendo intatta la mia dignità prima che mi vedessero.

    «Cazzo… Kendall! Pensavo che tu… Quando…»

    Almeno ebbe la decenza di sembrare imbarazzato. Il vicino Dave-che-non-si-meritava-i-biscotti-bruciacchiati imprecò e si tirò fuori da Maverick, cosa che mi regalò una bella visione del suo cazzo.

    «Questo non voglio vederlo,» borbottai, e mi voltai per battere in una precipitosa ritirata. ‘Fanculo Dave e il suo cazzo grosso. ‘Fanculo Maverick e il suo culo traditore.

    «Kendall, aspetta!»

    Una parte disgustosa e patetica di me voleva davvero fermarsi, aspettare e scoprire come Maverick avrebbe rigirato la questione. Quale motivazione avrebbe potuto inventare per far sì che gli ultimi due anni della nostra vita insieme non sembrassero un’enorme menzogna?

    Per fortuna, Maverick scelse proprio quel momento per scivolare sopra del lubrificante o qualsiasi cosa ci fosse sul pavimento accanto al letto – il nostro letto – e la vista di lui in ginocchio, nudo, con Dave che torreggiava dietro di lui con l’uccello che ancora gli penzolava, bastò a farmi rinsavire da quella stupida necessità. Mi voltai di nuovo dall’altra parte e gli mostrai di spalle il dito medio.

    «Buona vita, Maverick.»

    Grazie a Dio l’ascensore del nostro palazzo aveva le porte che si chiudevano più veloci di quanto fosse umanamente possibile, altrimenti Maverick sarebbe riuscito a raggiungermi prima che perdessi tutto il contegno e iniziassi a singhiozzare. Almeno non mi vide.

    Stavo ancora cercando di arginare il flusso delle lacrime quando l’autista di Uber, dieci minuti più tardi, accostò e io riuscii a saltare fuori dal cespuglio dietro cui mi ero nascosto… Non che Maverick, quel bastardo, si fosse allontanato così tanto da rincorrermi per strada. Fu solo dopo che fui entrato in macchina che mi resi conto di non avere idea di dove stessi andando. Era proprio il genere di imprevisti che capitavano quando non vedevi bene l’app del car-sharing perché stavi piangendo per un tradimento.

    Risoluto, spazzai via le lacrime e guardai con gli occhi socchiusi il telefono, cercando di capire dove fossi diretto. «Oh, grazie al Cielo,» gemetti. Keira. Sarei andato da Keira. L’app, forse, aveva scelto in automatico una delle ultime destinazioni che avevo raggiunto con Uber mesi prima: l’appartamento di Keira. Eravamo entrambi troppo ubriachi per tornare a casa da soli dopo una cena in famiglia che aveva compreso troppi drink aggiuntivi.

    Casa. Giusto. Quella cosa che in realtà al momento non avevo perché il mio ragazzo era un bugiardo, un traditore un figlio di…

    «Ehm, hai bisogno di un fazzolettino?» chiese l’autista, che mi osservava dallo specchietto retrovisore.

    «Oh, mio Dio, sì,» dissi, anche se stava già allungando una mano all’indietro per passarmene un pacco. Nuovo di zecca, per giunta. «Grazie mille.»

    «Serataccia?»

    «Fidanzato traditore. Ex fidanzato, credo.»

    «Dannazione,» sbottò l’autista. Mi venne in mente in ritardo che ero nella macchina di quell’uomo e non sapevo se fosse il genere di persona a cui avrebbero dato fastidio degli uomini gay a cui colava il naso sul suo sedile posteriore. Non che ci stesse colando alcunché. Ma magari era preoccupato che accadesse, e quello era il motivo per cui mi aveva offerto i fazzoletti. «Hai un fratello o un amico che può aiutarti a pestarlo?»

    Oh, bene. L’autista stava caldeggiando la violenza, ma lo stava facendo a mio favore? Non avrei nemmeno fatto finta di offendermi per il fatto che avesse dato per scontato che non avrei potuto pestare Maverick da solo. Cioè, era vero. Senza dubbio avevo più cervello che muscoli. Anche se il cervello era ormai opinabile, dal momento che avevo sprecato ben due anni della mia vita con il traditore. Mi soffiai il naso – forse un po’ troppo forte – e scossi il capo. Poi mi resi conto che in effetti non poteva avermi visto farlo, perché stavamo facendo una svolta brusca all’incrocio. «Nessun fratello. Una sorella. Lei potrebbe essere d’aiuto.»

    In tutta onestà, probabilmente sarebbe stato così. Magari avrebbe perfino chiamato in aiuto Luke. Il ragazzo alto, bello, di successo, con un sorriso gentile, che amava mia sorella da anni e che non l’avrebbe mai tradita con Dave. Diavolo, Luke non avrebbe nemmeno guardato Dave.

    La macchina accostò all’ingresso del palazzo di Keira, un condominio elegante di Tribeca che con ogni probabilità costava tre volte ciò che Maverick e io pagavamo per casa nostra a Kips Bay.

    Non più casa nostra. Casa sua.

    Soffocai un altro singhiozzo e diedi un’occhiata al telefono, aggiungendo una grossa cifra alla mancia di Mike, l’autista di Uber, e un punteggio di cinque stelline. «Grazie, Mike. Ti prego, guida con prudenza.»

    «Ora prenditi cura di te, ragazzo.»

    Mi fece un piccolo cenno di saluto e poi tornò sulla strada, lasciandomi da solo davanti all’ingresso del palazzo.

    C’era una guardia giurata piazzata davanti al banco, ma o non era molto brava nel suo lavoro oppure io avevo un aspetto così patetico e inoffensivo che quando la oltrepassai diretto verso l’ascensore si limitò solo a un cenno con la testa.

    Mi resi conto solo in quel momento che avrei dovuto chiamare prima di salire. Non è che avessi l’abitudine di fare un salto da Keira per una visita. Ma ormai ero nell’edificio, quindi a che serviva chiamare? Suonare il campanello sarebbe bastato come avviso, giusto? Una volta arrivato al ventesimo piano, fu quello che feci.

    E poi suonai di nuovo. Nessuna risposta. La mia solita fortuna: mia sorella era ancora al lavoro alle – diedi un’occhiata all’orologio del cellulare – 20.43. Era già così tardi?

    Beh, era ovvio, alcune persone avevano una vita. Alcune persone cenavano fuori con i loro fidanzati sexy che non le tradivano. Valutai di chiamare Keira per chiederle quando sarebbe tornata a casa, ma in questo modo avrei disturbato la sua cena, e Keira si meritava una bella cena. Io mi meritavo una bella cena, dannazione.

    Questo mi ricordò che avevo programmato di ordinare del delizioso cibo a domicilio dal ristorante cinese dall’altro lato della strada rispetto al mio appartamento. Invece, ero in piedi davanti alla casa vuota di mia sorella, affamato e con ancora addosso i vestiti da lavoro sgualciti della giornata e anche macchiati d’erba per essermi nascosto dietro a un cespuglio.

    Trattenendomi dal piangere di nuovo, digitai il numero di mia sorella. Il telefono squillò. E squillò. Partì la segreteria. Sospirai e lasciai un messaggio.

    «Ehi, Keira. Sono io. Ehm. Sono fuori dalla tua porta. C-c’era. È successa una cosa con Maverick.» Dovetti fermarmi e schiarirmi la gola, perché su quel nome mi si spezzò la voce. «Ehm. È successo qualcosa, e ho bisogno di un posto dove stare per un po’. O almeno per stanotte. Ti prego, non correre a casa per colpa mia. Ma aspetterò qui il tuo ritorno.»

    Ecco. Avrebbe dovuto bastare. Mi strofinai il viso rigato di lacrime finché non sentii la pelle bruciare, cercando di fare del mio meglio per allontanare dalla mente il ricordo dell’enorme cazzo di Dave e dei gemiti emessi da Maverick mentre il vicino lo penetrava. Bleah. Avevo bisogno di concentrarmi su qualcos’altro. Aprii l’app di Instagram sul cellulare, e tirando su col naso scorsi gli hashtag del foodporn. Dopo cinque minuti dovetti fermarmi perché, ovviamente, era servito a distrarmi da Maverick e Dave, ma di sicuro mi aveva fatto pensare al cibo, e ancora non avevo cenato. Magari quello era il momento di tornare giù a cercare da mangiare nella speranza che al mio ritorno la guardia giurata non fosse tornata ligia alle regole.

    Mentre mi preparavo per dirigermi verso l’ascensore, sentii le porte scorrevoli aprirsi alla fine del corridoio. Un tintinnio di chiavi accompagnò dei passi, e poi da dietro l’angolo arrivò Luke Hale, bello come me lo ricordavo, con i capelli scuri e la mascella squadrata a completare un fisico alto e massiccio. Uffa! Keira aveva tutte le fortune nella vita. Una carriera fantastica, un appartamento fantastico, un uomo fantastico.

    Smettila di compatirti. O di essere geloso di tua sorella. Keira si merita tutte queste cose belle.

    L’ultima di quelle cose belle si fermò nel vedermi, sbattendo le palpebre. Poi mi raggiunse di corsa. «Kendall?» chiese. «Va tutto bene? Cosa ci fai qui?»

    Furono la ruga che gli si formò sulla fronte e il calore nei suoi occhi marrone chiaro a uccidermi. «Luke,» dissi senza fiato, buttandogli le braccia addosso e stringendolo forte. «Ho tanta fame. Ti prego, dammi da mangiare.»

    2

    LUKE

    «Siediti,» ordinai a Kendall, guidandolo verso uno sgabello dell’isola della cucina. Lui si sedette docile, arricciando il naso mentre singhiozzava e si toccava gli occhi con la manica della camicia stropicciata. Esaminai il suo aspetto. Gli occhi azzurri angelici erano umidi, le guance lisce luccicavano dove erano scese le lacrime. Le labbra rosa formavano un broncio triste e i capelli biondo dorato sembravano reduci da continui strattoni come gli avevo visto fare tante volte quando era più giovane. Per quanto fosse turbato, era comunque troppo tenero per farmi stare tranquillo.

    Voltai le spalle a quella tenerezza e raggiunsi il frigorifero per cercare qualcosa nel cassetto delle verdure. Sistemai tutto sul bancone e mi misi all’opera. Con il coltello in mano e una cipolla ben salda sotto le nocche delle dita, mi sentii molto più in grado di interagire con il dolce fratellino di Keira che piangeva davanti alla mia porta rispetto a cinque minuti prima. Mi schiarii la gola. «Mi dici cos’è successo?»

    Dato che non rispose, sollevai lo sguardo. Stava fissando con un’espressione assorta il mucchio di cipolle sul tagliere. Quando si accorse che non le stavo più tagliando, sembrò risvegliarsi e mi guardò. I suoi begli occhi azzurri erano ancora tormentati, e in quel momento ancora più umidi di lacrime. Quella forse era la prima volta dal funerale di mia nonna in cui mi trovavo tanto vicino a un adulto che piangeva. «Stai bene?» chiesi, e poi mi resi conto di quanto quella domanda fosse stupida. Certo che non stava bene. Stava piangendo.

    Ma Kendall alzò le mani e se le agitò davanti al viso come a voler negare. «Ah, no, no. Sono le cipolle.» Si passò con attenzione il braccio sugli occhi, asciugando qualche lacrima. Delle nuove rimpiazzarono subito le precedenti. «Wow, di solito non è così brutta. Ehm. Sono solo ipersensibile alle cipolle.»

    «Giusto.» Riafferrai il coltello e continuai a tagliare, facendo un lavoro rapido con il resto delle cipolle prima di buttarle in una ciotola e metterci un coperchio sopra. Quello avrebbe dovuto proteggere gli occhi sensibili di Kendall. «Allora, mmm.»

    Kendall a quel punto si era coperto il viso con le mani, i gomiti appoggiati sul ripiano. Farfugliò qualcosa fra le dita.

    «Cos’hai detto?» chiesi mentre finivo di affettare i funghi.

    Kendall spostò le mani, lasciando intravedere la bocca, ma tenne ancora nascosto il resto del viso. «Ho beccato il mio fidanzato a scoparsi il vicino.»

    «Oh.»

    Quindi ecco come stavano le cose. Cercai di richiamare alla memoria il fidanzato di Kendall. Mi pareva di ricordare che stesse con lo stesso ragazzo da almeno più di un anno. Li avevo visti insieme a un mucchio di riunioni di famiglia a cui ero stato invitato da Keira. Quel ragazzo non mi era parso niente di speciale. Comunque, Kendall era sempre sembrato felice con lui.

    Ora non era felice. Quello era l’esatto motivo per cui non intrecciavo relazioni. Si complicavano sempre, indipendentemente da quanto sembrassero stupende all’inizio. Decenni passati a veder crollare ogni relazione nella mia famiglia mi avevano convinto che non ero tagliato per queste cose. Ma in qualche modo pensavo che qualcuno come Kendall avrebbe avuto più fortuna.

    «Due anni. Siamo stati insieme per due anni. Pensavo sul serio che saremmo rimasti insieme per sempre, sai? Che saremmo andati lontano. Che avremmo fatto quella roba di percorrere la nava… Oh, quello sembra fantastico. È pancetta di maiale?» Si chinò in avanti, con gli occhi sgranati. «È per me?»

    Almeno non dovevo preoccuparmi che fosse vegetariano.

    «Sì.» Tagliai il maiale a pezzettini e lo gettai nella padella. Il gemito leggero di Kendall risuonò limpido sullo sfrigolio della carne.

    «Ha un profumo paradisiaco. Saporita, grassa, corposa.» Mi sollevò vedere che, nonostante avesse ancora un aspetto un po’ pesto, non piangeva più. Ora i suoi occhi brillavano per l’impazienza, non per le lacrime. «Con cosa la mangiamo?»

    «Con i noodles.»

    Kendall, in seguito, rimase perlopiù in silenzio, guardandomi con profonda attenzione mentre continuavo a cucinare. Quando gli misi davanti la ciotola di noodles pronta, mi fece un sorriso luminoso che rivelò denti regolari di un bianco perlaceo, che lo fece apparire almeno dieci volte più adorabile.

    Dio, dovevo proprio darmi una regolata e smetterla di guardare in quel modo il fratello minore di Keira. L’avevo visto crescere, da un adolescente magrolino l’avevo visto trasformarsi in un uomo adulto, a dire il vero ancora piuttosto magrolino. Kendall era off-limits.

    Ma non c’era niente di male a essere gentile con lui e viziarlo un po’. Ne aveva bisogno, dopo la giornataccia che aveva passato.

    «Questo… Luke. È delizioso. Hai marinato il maiale?»

    Annuii, provando una piccola scintilla d’orgoglio per il suo stupore. Certo, magari sarebbe stato più facile ordinare del cibo a domicilio da un buon ristorante di ramen, e di certo me lo sarei potuto permettere. Molti dei miei coetanei non cucinavano mai per sé. Keira nemmeno ci provava… il che era una cosa buona, perché la sua cucina lasciava molto a desiderare. «Mi piace cucinare per me.»

    Un altro piccolo gemito di estasi, cinquanta per cento tenero e l’altra metà indecente. «Keira è così fortunata.»

    «In realtà non cucino molto per lei. A causa del lavoro spesso non è a casa, anche quando non è in viaggio.» Il lavoro di Keira come responsabile legale di un’azienda tessile internazionale la teneva impegnata con frequenti incontri a distanza e viaggi all’estero. Di recente, aveva passato molto del suo tempo in Giappone per affari.

    «Wow.» Kendall era incredulo. «Se avessi un fidanzato che cucina bene come te, farei in modo di essere a casa per cena, indipendentemente da quanto lavoro ci fosse.»

    Accettai quel fidanzato senza batter ciglio, ma era ancora strano sentirmi definire tale. Keira e io da anni dicevamo alla gente che stavamo insieme. Aveva reso molto più semplice spiegare la nostra situazione di convivenza, e lei si era sbarazzata della pressione di parenti e amici. Il fatto che nessuno dei due fosse incline a frequentare qualcuno, una finta relazione con la mia migliore amica non era una seccatura così grande; Keira non vedeva spesso il resto della sua famiglia, dal momento che loro vivevano a Harrisburg, a circa quattro ore di distanza. Ero sorpreso che a Kendall non avesse detto la verità. «A proposito di Keira, ora è in Giappone per un viaggio di lavoro. È partita stamattina. Potrebbe essere difficile contattarla per un po’.»

    Kendall sgranò gli occhi, ma attese di aver finito di risucchiare un lungo filo di noodles e di masticarlo prima di parlare di nuovo. «Dannazione. Aveva parlato di qualcosa del genere, ma in realtà pensavo che ci fosse già andata. Merda. Speravo che avrebbe potuto lasciarmi rimanere qui per un po’. Cioè, speravo che voi due lo avreste fatto. Perché non ho nessun altro posto dove andare finché non ne trovo uno mio.»

    Lo sguardo sul viso di Kendall era quello di un uomo affamato a cui veniva offerta la vista del cibo ma non la possibilità di mangiarlo. Ed era ridicolo, dato che proprio in quel momento stava mangiando buona parte della cena che avevo programmato di farmi bastare per le due sere successive.

    «Non hai qualche amico da cui potresti stare?»

    Scosse il capo, fissando mesto la sua ciotola. Le sue ciglia castane punteggiate d’oro luccicarono sotto le luci della cucina. «Tutti i miei amici sono anche amici di Maverick.» Il suo labbro inferiore tremò per un istante prima che se lo mordesse per tenerlo fermo. «Cioè, immagino che potrei chiamare Gerry, una specie di mio ex. Magari mi accoglierebbe. Ha continuato a flirtare anche dopo che abbiamo rotto e ha smesso solo quando ho

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