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Zucca storta, zucca vuota
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Zucca storta, zucca vuota
E-book67 pagine52 minuti

Zucca storta, zucca vuota

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Horror - racconto lungo (45 pagine) - “È di nuovo quel periodo dell'anno”. Per gli altri Halloween è solo una festa per bambini, per Mike Turnpike è l'innesco di terribili ricordi


Halloween è il periodo peggiore dell’anno per Mike Turnpike, in quanto risveglia in lui ricordi che dovrebbero rimanere sopiti per sempre: un tragico evento, accaduto quasi cinquant’anni addietro, lo ha condannato a un’esistenza fatta di tormenti e rimorsi e la sua unica salvezza sarebbe quella di poter cambiare il passato. Per Mike non sembra dunque esserci via d’uscita, almeno fino a quando l’incontro con uno strano antiquario di nome Allistair non gli offrirà la possibilità di ottenere una seconda occasione. Al giusto prezzo, s’intende.


Caterina Franciosi è nata nel 1990 in una piccola cittadina della riviera romagnola al confine con le Marche. Ha frequentato il Liceo Classico e, successivamente, la facoltà di Lingue e Culture Straniere all’Università di Urbino. Nel 2018 apre il blog Il Salotto Letterario che si occupa di interviste e recensioni. Collabora con diverse case editrici, siti web, gruppi Facebook e riviste, tra cui l’associazione culturale Italian Sword&Sorcery nella sezione racconti e il magazine Life Factory Magazine nella sezione recensioni. Ha pubblicato racconti in varie antologie. Per la casa editrice digitale Delos Digital ha pubblicato: La pioggia ricorda (2020), Terra nova (2020), Il cappotto vuoto (2021), L’ombra di un principe (2021). Per la casa editrice Milena Edizioni ha pubblicato Ballo in maschera (2021). Per Plesio Editore, partecipa all’antologia AA.VV. Ramen Fantasy (2021).

LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2021
ISBN9788825418040
Zucca storta, zucca vuota

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    Zucca storta, zucca vuota - Caterina Franciosi

    Capitolo 1

    La zucca fissava Mike da in mezzo alle bottiglie dello scaffale del That old mate’s pub.

    Era una zucca piccola, già mezza avvizzita, con gli occhi scompagnati e un ghigno malefico e sdentato.

    Orribile.

    Se ne stava fra il bourbon e la vodka alla menta, coperta di ditate nere, e Mike la odiava con tutto se stesso.

    – Kevin, dammene un altro, per favore!

    Mike distolse lo sguardo dalla zucca e scosse il bicchiere vuoto all’indirizzo del giovane barista dai capelli neri dietro il bancone. Kevin si avvicinò a passi pesanti, continuando ad asciugare un boccale con uno straccio grigiastro.

    – Non credo sia una buona idea.

    Il barista si fermò davanti a Mike e lo scrutò accigliato. La sua voce era conciliante e discreta e si mescolava alla musica country proveniente dal juke box nell’angolo della sala. Mike ricambiò l’occhiata stizzito.

    Perché diavolo Kevin si metteva a fare il difficile ora?

    – È meglio se ti chiamo un taxi e vai a casa a dormire – insistette il ragazzo.

    – Stronzate. Non voglio andare a casa. Voglio altro whisky.

    Mike spostò la mano sul bancone per afferrare di nuovo il bicchiere, ma il movimento gli uscì scoordinato. Il bicchiere finì a terra in un mare di frantumi di vetro.

    – Ma stai attento!

    – Che cazzo, Turnpike, sei già così fuori?

    Le proteste irate degli altri avventori si riversarono su Mike mentre spostavano sedie e sgabelli un po’ più in là, allontanandosi da lui. Kevin si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato. Mollò straccio e boccale e prese la scopa in fondo al bancone.

    – Scusami… – borbottò con la voce impastata quando Kevin gli si avvicinò per togliere i vetri dal pavimento.

    – Sei già al quinto whisky stasera, Mike, e sono solo le dieci. Meglio finirla qui.

    Kevin si allontanò con la paletta in bilico per non far scivolare fuori le schegge taglienti e la svuotò nel bidone sotto al bancone.

    – Che ne dici se ti chiamo un taxi e vai a farti una bella dormita? – continuò poi il barista mettendo via scopa e paletta. – Così domani ti svegli bello fresco e pimpante.

    Mike emise un grugnito sarcastico.

    – Sì, lo so che questo non è il periodo dell’anno migliore per te… – rispose Kevin, accennando alla zucca alle sue spalle. – Ma Halloween è solo una festa per bambini…

    Mike sollevò di scatto lo sguardo su Kevin, che indietreggiò di un passo leggendo la furia nei suoi occhi.

    – Tu non sai nulla! – esplose Mike puntandogli contro l’indice. – Perché non ti fai un po’ i cazzi tuoi, eh?

    – Sì, certo, scusa amico…

    – E decido io quando smettere di bere – continuò Mike a voce alta battendo la mano sul bancone. – Versami un altro whisky.

    – Ascolta, è meglio di no…

    All’ennesimo diniego di Kevin, Mike perse le staffe. Senza pensare alle conseguenze del suo gesto e in preda a un eccesso di rabbia montatogli in petto senza preavviso, si sporse oltre il bancone e afferrò Kevin per il bavero della camicia. Un mormorio sconcertato si levò attorno a loro.

    – Va bene, amico. Va bene! – gridò Kevin, tirandosi indietro. – Te ne verso quanti ne vuoi, contento?

    Mike lasciò andare Kevin senza una parola e tornò ad afflosciarsi sullo sgabello.

    – Grazie.

    Kevin si sistemò la camicia, guardandolo in cagnesco. Si voltò e prese un bicchiere pulito e la bottiglia di Jack Daniel’s alle sue spalle. La inclinò con un gesto secco e lasciò che il liquido ambrato colorasse il vetro fino all’orlo.

    – Ancora un goccio.

    Kevin sbuffò e riempì il bicchiere fino a farlo strabordare.

    – Contento adesso?

    Mike annuì. Si portò il bicchiere alle labbra lo scolò tutto d’un fiato. Il whisky gli bruciò la gola, scatenandogli un accesso di tosse e un capogiro, il primo di quella che sapeva sarebbe stata una lunga serie.

    – Guarda che stasera devi pagare – gli stava dicendo intanto Kevin. – Non ti faccio credito.

    Ma Mike lo ignorò. Le parole del ragazzo gli giunsero ovattate e prive di qualsiasi significato mentre ingollava le ultime gocce di Jack.

    – Me ne dai un altro? – fu la sua unica risposta.

    L’espressione di Kevin cambiò repentina. Si incupì. Divenne minacciosa.

    – I soldi, Mike – insisté. – Ce li hai?

    Mike sbuffò.

    – Certo che

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