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Sposati per un mese
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E-book222 pagine2 ore

Sposati per un mese

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Info su questo ebook

Migliori amici fin dal liceo, Chase Bradley e Alec Montero sono agli antipodi su quasi ogni aspetto delle loro esistenze. L’unica cosa su cui sembrano concordare è che il matrimonio è per gli sfigati.
Tutto va perfettamente nelle loro vite, fino a quando una scommessa fatta da ubriachi li porta davanti all’altare. Il loro temporaneo “lo voglio” non è altrettanto divertente da sobri, il mattino dopo, quando si trovano bloccati in un matrimonio e in tutto ciò che esso comporta.
La domanda che adesso si devono porre è: può la loro amicizia sopravvivere, dovendo restare sposati per un mese?
LinguaItaliano
Data di uscita4 gen 2023
ISBN9791220704731
Sposati per un mese

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    Anteprima del libro

    Sposati per un mese - Cate Ashwood

    1

    CHASE

    Ero nello stesso bar, nello stesso posto e con le stesse persone che frequentavo da anni. Quando ero arrivato, quella sera, avevo pensato che sarebbe finita come sempre: tutti sbronzi di birra da poco e con il mal di pancia per le troppe risate.

    Non avevo idea che me ne sarei andato da lì dopo aver promesso di sposare il mio migliore amico.

    «Sei un tale zerbino,» dissi rivolgendomi a Reid, dopo che la moglie, Jo, gli aveva appena chiesto di portarle un altro bicchiere di vino.

    «Non sono uno zerbino, Chase. Sono sposato. C’è una differenza.»

    «Non mi sembra che ci sia.»

    Serena scoppiò a ridere. «Dice il ragazzino troppo cresciuto che non è mai riuscito a tenersi qualcuno oltre il terzo appuntamento.»

    «Il terzo appuntamento è ciò a cui miro,» risposi, facendo ondeggiare le sopracciglia. «Lo sanno tutti che è il migliore.»

    Ciò che aveva detto era vero, però. Non ero mai stato uno da relazioni durature. Amavo la scintilla della novità dei primi appuntamenti con un ragazzo. Con il passare del tempo, quella scintilla tendeva a spegnersi e non restavano altro che banalità e sesso noioso.

    No, grazie.

    «Non sai davvero cosa ti perdi,» commentò Brynn. «Il matrimonio è fantastico. Passi tutto il tempo con il tuo migliore amico. Non importa cosa succeda, hai sempre qualcuno pronto a spalleggiarti. Qualcuno che si occupa di te quando stai male. Che ti massaggia la schiena. Con cui fare sesso la domenica mattina…»

    «E, probabilmente cosa più importante di tutte, non vieni considerato patetico se ti scoli un’intera bottiglia di vino in una sola serata, perché non la stai bevendo da solo,» aggiunse Serena.

    «Chi dice che è patetico?» chiesi.

    «E non dimenticarti degli sconti sulle tasse,» fece notare Reid. Che altro c’era da aspettarsi dal tizio che si occupava di finanza?

    Serena scoppiò a ridere. «Chase non reggerebbe un mese da sposato.»

    I bicchieri di troppo mi avevano messo sulla difensiva. Indignato, li guardai dall’alto in basso. «Potrei farcela benissimo. Il matrimonio è facile. Dici addio alla tua vita e te ne stai seduto in casa in tuta, ordinando cibo da asporto e guardando reality alla TV.»

    Brynn scosse la testa. «È la cosa migliore e più difficile che io abbia mai fatto. Serena ha ragione, finiresti in uno di quei matrimoni da Hollywood che durano non più di trentasei ore.»

    «Non è vero. Solo perché non mi voglio sposare, non vuol dire che sarei incapace di farlo. Sono single per scelta,» ricordai loro, indicando me stesso con un dito.

    Quando l’intero gruppo scoppiò a ridere, non feci che infervorarmi ancora di più. Non era passato poi molto da quando eravamo stati tutti single. I venerdì sera al Webster’s erano cominciati come appuntamento settimanale quando io, Alec, Reid e Brynn avevamo compiuto ventun anni.

    Con il tempo, gli altri avevano trovato dei partner: Reid aveva incontrato Jo al corso di statistica dell’università, mentre Brynn aveva conosciuto Serena a lezione di yoga.

    In quel periodo, non capitava spesso che ci trovassimo tutti e quattro nella stessa serata al bar. La maggior parte delle volte, uno o più di noi aveva altri impegni, oppure, nel caso di Alec e me, appuntamenti. Mettevamo la possibilità di una scopata davanti a una serata tra amici.

    Chi non l’avrebbe fatto?

    Con il passare del tempo, avevano iniziato a portare con sé le loro metà, integrandole nel gruppo, e alla fine si erano coalizzati tutti contro di me. Persino Alec, che era ancora single.

    Brynn si voltò verso di lui. «Non so perché tu stia ridendo, Alec. Sei esattamente come lui.»

    Il sorriso del mio amico scomparve di colpo. «Non sono come lui.»

    «Non ne sarei tanto sicura.»

    Una parte di me gongolò nel non sentirmi più additato come il paria del gruppo. Felice di avere un compagno di sventura, mi rivolsi anch’io ad Alec. «Sono solo gelosi perché noi abbiamo ancora la nostra libertà, ma se questi coglioni riescono a far funzionare un matrimonio, ci riusciremmo senz’altro anche noi.»

    «Se ne sei certo, perché non facciamo una piccola scommessa?» propose Reid, inarcando un sopracciglio in segno di sfida.

    «Spara,» ribattei, con più sicurezza di quanta avrei dovuto.

    Lui rifletté per un momento, prima di continuare. «Chi perde dovrà venire qui il venerdì sera, indossando solo un mankini e scarpe con il tacco a spillo, con Justin Bieber tatuato sulle chiappe.»

    «Il tatuaggio deve essere reale?» chiese Serena.

    Reid ci pensò per qualche istante. «No, temporaneo è accettabile, ma deve coprire almeno due terzi del gluteo.»

    «Mi sembra giusto,» concordai. Poi mi voltai verso Alec, poggiai un ginocchio a terra e gli presi la mano.

    «Che stai facendo?» mi domandò.

    «La proposta. Non rovinarla, stronzo.» Mi raddrizzai la cravatta. «Alec Gabriel Montero, mi vuoi sposare?»

    «Perché io?» Sembrava sorpreso.

    «Brynn ha detto che dovrei sposare il mio migliore amico. Tu sei il mio migliore amico e quegli stronzi non stavano ridendo solo di me.» Lo fissai per enfatizzare il commento. «Ti credono tanto incapace quanto me di mantenere una relazione stabile. Potrei vincere da solo, ma sei l’unico altro single del gruppo. Vuoi che mi trovi un perfetto estraneo da sposare? Quanto sarebbe strano?»

    Lui alzò gli occhi al cielo. «E va bene. Ti sposo. Per finta,» chiarì, prima di stringermi la mano e tirarmi di nuovo in piedi.

    «Beh, di certo è un inizio romantico.»

    «La gente ci guarda.»

    «Lasciala guardare. Non m’importa che sappiano quanto ci amiamo,» dichiarai serio, il più drammaticamente possibile, per quanto lo consentisse la caraffa di birra che mi ero scolato quasi da solo.

    Alec alzò di nuovo gli occhi al cielo. «Dobbiamo stabilire alcune regole.»

    «Concordo,» commentò Reid. Fece una pausa per prendere un sorso di birra e io potei quasi sentire le rotelline del suo cervello analitico che si mettevano a lavorare.

    Mentre lui rimuginava su solo Dio sapeva cosa, intervenne Jo. «Deve essere il più simile possibile a un vero matrimonio.»

    «Giusto,» approvò Reid, con espressione seria. O almeno, a me sembrava serio… cominciavo a essere parecchio alticcio. «Dovete vivere insieme. Probabilmente l’appartamento di Alec è la scelta migliore.»

    «Il mio è più grande.»

    «Sì, ma il mio non sembra una confraternita in miniatura,» ribatté Alec.

    «Ehi,» protestai, però nessuno mi prestò ascolto.

    «Dovrete mangiare insieme almeno una volta al giorno, dormire nello stesso letto e uscire come minimo una volta a settimana per un appuntamento romantico.»

    Nei minuti successivi, i miei amici stilarono le regole di base per il mio imminente matrimonio. Alec restò in silenzio e io mi limitai ad ascoltare. Più avanti andavano, più trovavo la situazione divertente. Non vedevo l’ora di arrivare alla fine del mese, quando Reid si sarebbe dovuto presentare al Webster’s nell’outfit più umiliante di sempre.

    Mentre i nostri amici discutevano delle nozze incombenti, Alec e io sgattaiolammo al bar per prendere altre birre.

    «Sicuro di volerlo fare?» mi chiese, mentre aspettavamo che il barista finisse di servire la coppia davanti a noi.

    «Certo, perché no?» Scrollai le spalle. «Quanto potrà essere difficile? Viviamo insieme per qualche settimana e, alla fine, possiamo rinfacciargli che avevano tutti torto. Vedere Reid sui tacchi e nient’altro addosso che una striscia di spandex a nascondergli il pacco sarà soltanto la ciliegina su una dolce, dolcissima vittoria.»

    Lui sorrise, rilassò le spalle e il suo viso si illuminò quando, immaginai, pensò alla faccia di Justin Bieber sul sedere di Reid.

    «E poi, quanto potrà mai essere diverso da quella volta che mi hai ospitato mentre il mio palazzo veniva disinfestato?»

    «Sì, non è stato poi così male.»

    «Niente affatto,» concordai.

    Ordinammo i nostri drink e il barista li versò con rapida efficienza. Quando tornammo al tavolo, Reid aveva scritto un contratto sul retro di un tovagliolino di carta. Aveva un tono molto ufficiale e, dopo averlo letto, Alec e io aggiungemmo le nostre firme sul fondo.

    «Fantastico,» esclamò Jo, con entusiasmo sufficiente a illuminare l’intero bar. «Andiamo a sposarvi.»

    Serena mi prese la mano e Brynn afferrò quella di Alec, poi ci guidarono all’esterno. L’aria notturna era calda e rilassante, mentre le nostre due amiche ci trascinavano lungo l’isolato verso l’angolo, dove si trovava un piccolo boutique hotel, leggermente arretrato rispetto alla strada. Era una delle proprietà storiche della città, trasformata da villetta familiare a meta turistica per ricconi. Il suo fascino però era rimasto intatto e il giardino anteriore era tenuto alla perfezione, persino a inizio primavera.

    Ci fermammo ai margini della proprietà, lontano dal vialetto d’accesso, e Jo si voltò, dando le spalle ai cespugli di rose perfettamente ordinati.

    «Prendetevi le mani,» ci ordinò, unendo le proprie davanti a sé.

    Con riluttanza, Alec eseguì l’ordine ricevuto e ci voltammo l’uno verso l’altro, mentre gli altri ci guardavano.

    «Cari amici, siamo qui riuniti oggi per testimoniare e celebrare l’unione di Alec Gabriel Montero e Chase Edward Bradley.»

    Cercai di non scoppiare a ridere. Sembrava così seria, lì in piedi come un’officiante improvvisata. Si schiarì la gola.

    «Vuoi tu, Chase, prendere Alec come tuo non legittimo sposo, da amare e rispettare, nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, da oggi e per i prossimi trenta giorni?»

    Sbattei le ciglia verso il mio amico. «Lo voglio.»

    «E tu, Alec, vuoi prendere Chase come tuo non legittimo sposo, da amare e rispettare, nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, da oggi e per i prossimi trenta giorni?»

    Quando rispose, la sua voce era bassa e roca. «Lo voglio.»

    «Allora, per il potere a me conferitomi dalla Shock Top che mi sono scolata al Webster’s, vi dichiaro marito e marito. Puoi baciare lo sposo.»

    Io mi sporsi in avanti con le labbra arricciate, ma Alec mi posò un palmo sulla fronte e mi spinse via.

    «Non ti bacio.»

    Levai di mezzo il suo braccio e avanzai, cogliendolo di sorpresa, poi mi sollevai sulla punta dei piedi e posai la bocca sulla sua per un istante, prima che potesse fermarmi. Lui mi allontanò di nuovo, ridendo e pulendosi le labbra con il dorso della mano.

    «Siamo sposati da trenta secondi e non ti sopporto già più.» Mi gettò un braccio sulle spalle e mi baciò i capelli.

    «E pensa, ti aspetta un mese intero così. Cerca solo di non innamorarti di me, ok?»

    Alec sorrise. «Farò del mio meglio.»

    2

    ALEC

    Mi risvegliai sentendo freddo e qualcosa di duro che mi pungolava il fianco. Voltai la testa e gemetti, sentendo come se la stanza mi stesse girando tutto attorno. Quante birre mi ero scolato la sera prima? Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di mettere a fuoco, e vidi Chase sdraiato accanto a me, ancora addormentato. Durante la notte si era rubato ogni centimetro di coperta e mi aveva piantato un gomito tra le costole.

    I ricordi della serata tornarono improvvisamente a inondarmi la mente. La stupida scommessa, il matrimonio fasullo e Chase che perdeva conoscenza ne mio letto.

    Che cazzo avevo pensato?

    Spinsi via il mio amico e, allo stesso tempo, mi riappropriai delle coperte, proteggendomi dalla fredda aria mattutina. Lui si lamentò, però non si alzò. Invece, si sistemò meglio il cuscino sotto la testa e richiuse gli occhi. Non ero abituato a condividere il letto e avrei voluto potermi stiracchiare, ma più del bisogno di avere un materasso tutto mio, sentivo impellente quello di dormire per smaltire il resto del dopo sbornia.

    La stanza riprese a girare e io chiusi gli occhi.

    Mi svegliai di nuovo diverse ore dopo, sentendomi ancora uno schifo. Di solito, il venerdì sera al Webster’s mi bevevo un paio di birre insieme agli amici e poi me ne tornavo a casa, dove crollavo a letto. Dire che non era mia abitudine ubriacarmi di brutto e accettare di sposare il mio migliore amico sarebbe stato un eufemismo.

    Mi girai verso il lato del letto di Chase, o almeno, quello che sarebbe stato il suo lato per i successivi trenta giorni, però lo trovai vuoto. Era troppo sperare che avesse recuperato il senno e fosse tornato a casa sua? Ma sentivo il rumore della doccia nel bagno adiacente. Mi mossi e mi sfuggì un gemito. Ero troppo vecchio per sbronzarmi in quel modo.

    Barcollai fuori dalla camera in cerca di caffè. Stavo versando l’acqua nel serbatoio della macchinetta quando Chase entrò in cucina con i capelli bagnati, lasciando cadere gocce d’acqua su tutto il pavimento.

    «Buongiorno.» Mi raggiunse e prese una tazza dal mobiletto accanto a me, piazzandola poi sul bancone vicino alla mia.

    «Vedo che ti stai ambientando velocemente,» commentai acido, consapevole di sembrare uno stronzo. Chase era il mio migliore amico. Passava tanto tempo nel mio appartamento quanto ne passava nel suo, anche se erano trascorsi anni dall’ultima volta che lo avevo ospitato per più di qualche ora. Comunque, quando era nel mio spazio, mi sembrava che diventasse anche suo.

    «Qualcuno si è svegliato dal lato sbagliato del letto, stamattina,» ribatté.

    «Può succedere, quando è occupato per più della metà da qualcun altro.»

    Lui mi fissò, trattenendo a stento un sorriso. Sapevo che nella sua testa stava ridendo di me, e la cosa non fece che irritarmi ancora di più.

    «Vai a farti una doccia e vestiti. Ti porto a fare colazione fuori.»

    «Mi sento uno schifo. Non voglio fare colazione e di certo non voglio uscire di casa.»

    «Preparati. Usciamo. Ti sentirai meglio quando avrai mangiato.»

    Lo fissai senza dire nulla e lui ricambiò lo sguardo, con un sorrisetto soddisfatto stampato sul volto per tutto il tempo. Avrei voluto prenderlo a pugni.

    Invece, mi voltai e me ne tornai in camera mia.

    Il pasticcio di chorizo che preparavano da Shorty’s, in fondo all’isolato, era sempre riuscito a migliorarmi l’umore, e Chase era mio amico da tempo sufficiente da saperlo. Lo ordinò per me non appena ci sedemmo. La cameriera gli rivolse un’occhiata interdetta e io una scocciata, ma poi scrollò le spalle e si diresse in cucina.

    Quando il cibo arrivò al tavolo, alcuni minuti dopo, il profumo di salsiccia speziata e formaggio fuso mi invase il cervello e la mia irritazione si allentò appena. Iniziai a mangiare e l’irascibilità cominciò a sciogliersi con ogni boccone. Una volta ripulito il piatto, mi sentii decisamente meno omicida.

    «Meglio?» mi chiese lui, quando la cameriera venne a sparecchiare.

    «Sì,» ammisi.

    «Bene. Grazie a Dio è facile calmarti con il cibo, o perderemmo la scommessa davvero in fretta. Non credo che potremmo durare una settimana, figuriamoci un mese.»

    «Sei ancora convinto ad andare avanti?» gli domandai, per quella che mi sembrò la cinquantesima volta.

    «Certo. Pensavo che la fifa ti fosse passata già ieri sera. Sarà una passeggiata e proverà loro che il matrimonio non è poi questa gran cosa. Sul serio.» Appallottolò il tovagliolo e lo posò sul tavolo. «Soprattutto, voglio che la smettano di giudicarmi per non essermi ancora accasato. Non sei stufo di ascoltarli fare tanto i superiori solo perché tu sei ancora single?»

    «Credo che se la prendano più con te che con me,» commentai.

    «Già, e perché cazzo lo fanno?» chiese.

    «Io non cambio

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