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The wedding: Edizione italiana
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E-book281 pagine3 ore

The wedding: Edizione italiana

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Info su questo ebook

È passato un anno da quando Melodie, l’eccentrica cantante di strada dai capelli rosa, e Isaac, il suo Mister Giacca e Cravatta si sono incontrati e innamorati ai piedi del London Eye.
Ora i due convivono, e il loro legame è così solido e speciale che sono pronti al passo successivo: il matrimonio.
Ma la strada verso l’altare potrebbe rivelarsi costellata di insidie per due persone in apparenza così diverse, soprattutto quando a mettersi di mezzo è una mamma chioccia snob, determinata a salvare il proprio figlio da quella che reputa una “pericolosa arrampicatrice sociale”.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2022
ISBN9791220704137
The wedding: Edizione italiana

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    Anteprima del libro

    The wedding - Laura Rossi

    1

    È cominciato tutto quando stavamo per festeggiare il nostro primo anniversario insieme. Eravamo appena andati via dalla festa di Natale che si era svolta nell’ufficio di Isaac, dopo aver passato un’intera serata con i suoi colleghi e, sì, c’era anche Katy, la sua ex dal cuore di ghiaccio, con la coda tra le gambe e pronta a fulminarmi con lo sguardo a ogni occasione.

    Io, per tutta risposta, l’avevo salutata con la mano… che altro avrei dovuto fare?

    Okay, lo ammetto, avevo bevuto un drink. O forse due. Sia io che Isaac eravamo un po’ brilli.

    «Oh merda, non riesco a camminare su queste scarpe,» protestai ridacchiando mentre mi tiravo su il cappuccio del giaccone.

    Isaac rise e mi cinse la vita con un braccio. «Sono stivali, non scarpe con il tacco.»

    Mi guardai i piedi.

    Accidenti. Aveva ragione.

    Rettifica: non ero brilla, ero completamente ubriaca. Ubriaca al punto da aver dimenticato quello che avevo addosso. Niente tacchi, non avevo scuse. In ogni caso non riuscivo a camminare.

    «Be’, allora è colpa della tequila. Perché tu e Matthew mi avete fatto bere tutti quegli shottini?» piagnucolai prima di scoppiare di nuovo a ridere. Mi piaceva sentire le braccia di Isaac intorno alla vita, il modo in cui mi stringeva a sé…

    Se conoscete già la nostra storia, saprete senz’altro che sono magra e bassina… non ci vuole molto per abbracciarmi e tirarmi su da terra.

    «Avrei dovuto fermarti?» domandò Isaac fissandomi divertito mentre camminavamo verso la stazione della metro, le luci di Natale che risplendevano lungo il Westminster Bridge. La neve cadeva silenziosa in piccoli fiocchi e la brezza portava con sé l’odore delle noci caramellate proveniente da uno dei mercatini natalizi nei pressi di River Bank.

    «Nessuno può fermarmi.» Arricciai il naso e sollevai la testa con aria fiera, dimostrando al di là di ogni dubbio di essere proprio ubriaca. Ubriaca e anche un po’ sciocca.

    «Esatto, nessuno può fermare la mia Campanellino,» mi sussurrò Isaac all’orecchio. Nel sentire quel nomignolo, sollevai lo sguardo su di lui mordendomi il labbro. Di colpo smettemmo di parlare, fermi sotto un lampione di fronte al Big Ben.

    Isaac si chinò su di me, i capelli che sfioravano il cappuccio del mio giaccone, ed eccole lì, le scintille che esplodevano ogni volta che ci baciavamo.

    Le sue labbra si posarono sulle mie, e mi accarezzò una guancia con la mano mentre io lo tiravo delicatamente per il cappotto.

    Lo volevo più vicino. Lo volevo sempre più vicino.

    A volte, quando mi accoccolavo contro il suo petto, stretta tra le sue braccia, desideravo di potermi fondere con lui sino a diventare una cosa sola.

    Un anno insieme, e sentivo ancora le farfalle come quando ci eravamo scambiati il primo bacio.

    «Sai, è qui che tutto è cominciato,» disse con uno sguardo malizioso.

    Inclinai la testa da un lato per guardarlo meglio, il viso incorniciato dal chiarore delle luci di Natale.

    «Ti riferisci al giorno in cui ti ho salvato dalla disperazione e dalle acque?» scherzai, ripensando a quanto fosse stato bizzarro il nostro primo incontro.

    In buona sostanza, un anno prima mi ero innamorata del suo cuore infranto e, senza alcuna speranza di essere corrisposta, avevo giurato a me stessa che gli avrei dato una mano a guarire da quella ferita. Ma mentre cercavo di aiutarlo, era successo l’impensabile: anche lui si era innamorato di me.

    A modo nostro, eravamo assolutamente perfetti insieme. I classici opposti che si attraggono.

    Sentii la sua mano scivolarmi lungo la schiena e mi avvicinai ancora un po’. I nostri nasi si sfiorarono e poi…

    Dannazione. Per poco non persi l’equilibrio, i piedi che scivolavano sul marciapiedi ghiacciato.

    «Aiuto!» strillai. L’esclamazione si trasformò in una risata mentre Isaac mi afferrava saldamente e mi faceva roteare prima di spingermi contro la ringhiera scura del ponte.

    Intrappolata e felice.

    Lo guardai negli occhi mordendomi il labbro. «Non so nemmeno camminare. Sono un disastro. Tu, mio caro Isaac, stai con un completo disastro,» dissi, puntandogli un dito contro il petto.

    Il ragazzo perfetto e il completo disastro.

    Gli lisciai le pieghe del cappotto.

    Ogni scusa è buona per toccarlo…

    Sorrisi.

    «No,» ribatté lui scuotendo la testa e prendendo un profondo respiro. La sua espressione si fece seria e l’ilarità scomparve quasi del tutto dal suo viso. «Sto con una donna eccezionale. Sei perfetta.»

    Perfetta? Nessuno mi aveva mai definita così. Eccentrica, stramba, dolce, carina, un po’ matta, quello sì. Ma perfetta… decisamente no. Perfetta è una parola che si addice a qualcuno che non commette mai errori, a qualcuno che… be’, non saprei. A qualcuno che non dimentica di pettinarsi i capelli al mattino e che paga le bollette in tempo, magari. Oppure a chi scrive liste di cose da fare e non le dimentica a casa; a qualcuno che segue quelle liste alla lettera senza ritrovarsi a improvvisare e che non è mai in ritardo.

    Perfetta…

    Quando mai ero stata perfetta?

    Aprii la bocca per replicare, ma Isaac mi baciò. Dapprima con dolcezza, poi con trasporto, incurante della neve che cadeva più forte. «Campanellino,» disse, allontanandosi quel tanto che bastava per guardarmi in faccia. «Devo chiederti una cosa,» aggiunse, assumendo di nuovo un’espressione solenne.

    «Okay,» mormorai e…

    «E…?» domandò Mike in tono impaziente. Stava letteralmente pendendo dalle mie labbra, le chiappe sospese sull’orlo dello sgabello della cucina.

    Avete presente Mike, vero? Il mio migliore amico gay, nonché ex coinquilino.

    «Ci stai torturando! Allora, che ha detto?» m’incalzò John.

    John: secondo migliore amico gay, ex coinquilino e compagno di Mike.

    «Niente. Siamo stati interrotti dal suo collega Matthew. Era ubriaco fradicio anche lui e stava andando alla fermata della metro.»

    «Oh, no.» Mike incrociò le braccia sul petto. «E quindi?»

    «Be’…» continuai.

    «Ehi, ragazzi, aspettate!» Matthew ci fece segno con la mano dal fondo della strada. «È stata proprio una bella serata,» disse con un sorriso.

    Isaac mi teneva ancora la mano dietro la schiena, ma l’atmosfera era cambiata, e qualsiasi cosa stesse per chiedermi fu accantonata nel preciso istante in cui il suo collega ci raggiunse.

    «Prendiamo un taxi insieme!» suggerì Matthew con gli occhi che scintillavano di eccitazione e l’alito che urlava TEQUILA. Non la smetteva più di parlare.

    Poveraccio, l’indomani i postumi della sbornia sarebbero stati devastanti.

    «Perché no? Andiamo nella stessa direzione,» acconsentì Isaac con una scrollata di spalle mentre l’amico chiamava il taxi. Poi, rivolgendosi a me, aggiunse: «Sarà meglio assicurarsi che arrivi a casa sano e salvo. Non l’ho mai visto così sbronzo.»

    «Certo,» risposi con un sorriso affettuoso.

    Amavo la sua generosità, ma passai buona parte del tragitto in macchina a interrogarmi su quella domanda rimasta in sospeso. Isaac non tornò più sull’argomento: né una volta scesi dal taxi, né durante la breve passeggiata verso casa.

    Nessun accenno nemmeno quando, varcata la soglia, cominciammo a prepararci per andare a letto.

    «Sei gelata,» disse invece, dandomi un bacio sulle labbra e strofinandomi la schiena. «Vai a fare una doccia bollente mentre io preparo qualcosa di caldo.»

    Prima di lasciarmi andare, mi baciò di nuovo e io chiusi gli occhi per godermi il momento. Quando li riaprii, sorrisi nel vederlo sparire all’interno della sua minuscola cucina bianca e nera. Della nostra minuscola cucina bianca e nera. Erano mesi che vivevamo insieme, ormai.

    Non essere sciocca, Melodie. Sei pazza di lui, e lui lo è di te. Lo hai sentito, no? Ha detto che sei perfetta, il che significa che ti ama… e che è un po’ cieco.

    Mentre mi sfilavo i vestiti freddi e umidi, osservai il mio riflesso nello specchio del bagno. Tutto quello che mi stava suggerendo la mia coscienza era vero, eppure non potevo fare a meno di chiedermi…

    Se non fossimo stati interrotti, Isaac, il mio Mister Giacca e Cravatta, avrebbe

    No.

    Scossi la testa. Stavo facendo quello che fanno tutte le ragazze per poi rimanere deluse.

    Okay, voleva chiederti una cosa, ma non è detto che fosse una proposta di matrimonio.

    No.

    Scossi di nuovo la testa sotto la doccia. Eravamo più che felici. Non avremmo potuto desiderare di meglio.

    No.

    Con una scrollata di spalle lavai via il sapone dalla mia pelle bianca. Non mi era mai importato granché del matrimonio, e io e Isaac eravamo a un buon punto della nostra relazione. Dovevo darmi una calmata. Perché mi stavo agitando tanto?

    Decisi che era tutta colpa dell’alcol. Non c’era altra spiegazione.

    Accidenti agli alcolici!

    Maledissi tutti quelli a cui il mio cervello ottenebrato riuscì a pensare, e promisi di non bere mai più un goccio di tequila… non per quella settimana, almeno. La tequila rendeva le ragazze emotive, ipersensibili.

    Accidenti a te, tequila!

    «Ora uscirai da quella porta e sarai allegra come sempre,» sussurrai al mio riflesso. «Ti godrai il resto della serata con Isaac e la pianterai con queste stronzate.» Ero sul punto di andare, quando tornai indietro per un’ultima raccomandazione allo specchio. «E devi smetterla di bere. È una pessima idea, soprattutto se stai per avere le tue cose. Ti destabilizza.»

    «Melodie.» La voce di Isaac risuonò al di là della porta.

    Chiusi gli occhi e strinsi le labbra. «Sì?» Trattenni il fiato con un sorrisetto.

    «Stai di nuovo parlando da sola allo specchio?» Il suo tono era divertito, come al solito. «E se sì, posso ascoltare?»

    Beccata.

    «Ehm, no. Stavo solo cercando una cosa.» Mi portai una mano alla bocca soffocando una risata contro il palmo e rovistai rumorosamente nell’armadietto del bagno per avvalorare la mia dichiarazione. «Esco tra un momento.»

    Deve essere una bella sfida vivere con una pazza come me.

    Mi asciugai in fretta i capelli. La sgradevole sensazione d’incertezza riguardo a quella domanda lasciata in sospeso era svanita. Isaac mi trovava perfetta anche se parlavo da sola, e io lo amavo da morire. Eravamo due piccioncini innamorati persi, due piccioncini che avevano avuto la fortuna di trovarsi a dispetto del caos che regnava nel mondo.

    Con quel pensiero in mente, mi strinsi l’asciugamano intorno al corpo e mi ravviai i capelli con le dita. Poi aprii la porta e rimasi paralizzata sulla soglia.

    «Oh Dio.»

    L’ingresso dell’appartamento era disseminato di piccole candele bianche. Isaac era fermo al centro, ancora con il completo addosso, una mano nella tasca dei pantaloni. Aveva stampato in faccia un sorriso sexy e sghembo come la montatura squadrata dei suoi occhiali da nerd.

    Che colpo al cuore.

    «Cosa…?» dissi senza riuscire a trattenere una risatina.

    La mia risata lo fece sorridere ancora di più. «Sai, sono giorni che pianifico tutto nei dettagli,» spiegò avanzando verso di me.

    Giorni. Aveva programmato tutto da giorni.

    «Poi ho pensato: stanotte, sotto la neve, a quasi un anno da quando ci siamo messi insieme. Tu e io a South Bank, dove ci siamo conosciuti…» Mi prese la mano e io trattenni il fiato, inclinando la testa di lato, travolta da una piacevole sensazione di calore ed euforia. «Sembrava così giusto.»

    Oh Dio, sta per chiedermi di…

    «Ma poi mi sono detto: no.»

    No?

    Il mio sorriso si tramutò all’istante in un cipiglio preoccupato.

    «Melodie, ho già fatto questa cosa nel modo giusto una volta. Ho fatto la proposta di matrimonio perfetta. Ma l’ho fatta alla persona sbagliata. Così mi sono detto: al diavolo! Sono contento che Matthew ci abbia interrotto. Sai perché?»

    Voglio saperlo?

    Scossi la testa mentre lui intrecciava le dita alle mie.

    «Perché questa volta è reale.» Si mise in ginocchio e tirò fuori un piccolo astuccio dorato. «Non voglio che sia perfetto, voglio che sia reale. Quello che c’è tra noi lo è. Sei perfetta per me in ogni modo possibile. Soprattutto quando parli da sola allo specchio.»

    Proruppi in una risata e mi coprii la bocca con una mano, e mentre lo guardavo sentii le lacrime affiorarmi agli occhi.

    Stavo piangendo. Mister Giacca e Cravatta mi aveva fatto piangere, ma era la prima volta che un ragazzo mi faceva piangere di gioia.

    Era quello giusto. Non c’erano dubbi.

    «Campanellino…» – aprì l’astuccio svelando un anello con un diamante incastonato tra due pietre ovali dai riflessi dorati che ricordavano delle ali di fata – «… vuoi sposarmi?»

    «Oh mio Dio!» strillò John.

    Persi l’udito per un paio di secondi.

    «Le ha chiesto di sposarlo!» disse Mike, lo sguardo che si spostava dal suo ragazzo a me. «E tu che hai risposto?»

    Sorrisi e rimasi in silenzio, suscitando un coro di urletti.

    «Hai detto di sì, vero?» m’incalzò Mike in tono minaccioso.

    «Secondo te?» replicai sfilandomi un guanto per mostrare loro l’anello.

    «Isaac, ti amo da morire.» Mi asciugai le lacrime e annuii. «Sì.»

    «Sì?» domandò lui, e io annuii di nuovo.

    «Sì che voglio sposarti.» Non potevo resistere. Prima ancora che m’infilasse l’anello al dito gli saltai addosso, facendolo cadere. Ci baciammo sul pavimento, circondati dalle candele.

    Vi ho detto che avevo addosso solo un asciugamano? Be’, avevo è la parola chiave.

    Nella foga del bacio sentii il nodo che reggeva il telo sciogliersi, e il respiro di Isaac si fece più affannoso mentre le sue mani vagavano sulla mia pelle nuda.

    Ti voglio anch’io.

    Mi fermai per guardarlo in faccia, le labbra a pochi millimetri dalle sue, le fronti che si toccavano. Le sue dita tirarono giù l’asciugamano gentilmente ma con fermezza. Lui portava ancora la cravatta, e io mi morsi le labbra. Lo trovavo ancora più attraente adesso che mi aveva fatto la proposta.

    A tal proposito…

    Cominciai a sciogliergli la cravatta e Isaac allungò una mano alle mie spalle per prendere qualcosa.

    L’anello.

    Lo osservai incantata mentre me lo infilava al dito e procedeva a baciarmi il palmo, il polso, il braccio… Gettai il capo all’indietro senza staccargli gli occhi di dosso.

    «Questo sì che è sexy,» commentò lui con un sorrisetto malizioso aprendo completamente il telo. «Tu con addosso nient’altro che l’anello di fidanzamento.»

    «Oh, oh, oh.» Mike spalancò gli occhi, batté le mani e disse a John di tirare fuori le bollicine.

    «Avete dello champagne in frigo?» domandai incredula quando quest’ultimo mi porse la bottiglia.

    A quanto pareva, dovevo essere io ad aprirla. I festeggiamenti erano in mio onore. Mio e di Isaac.

    «Certo. Aspettavamo questo momento da… oh, nemmeno ricordo quanto,» dichiarò Mike agitando una mano con noncuranza.

    «Un attimo. Stavate aspettando questo momento…» – annuirono entrambi – «… o sapevate qualcosa?»

    Lo sapevano, era chiaro da come si guardavano.

    «Isaac potrebbe aver chiesto consiglio per l’anello,» ammise Mike con un sorrisetto compiaciuto.

    E non mi hai detto niente?

    Li guardai a bocca aperta. La cosa non avrebbe dovuto sorprendermi più di tanto, ma non potevo credere che sapessero tutto da prima di me. A essere sinceri, trovavo sconvolgente che Mike – soprattutto Mike – fosse riuscito a tenere la bocca chiusa per tanto tempo. Non era bravo a mantenere i segreti.

    «È tutto così eccitante,» commentò John con entusiasmo posando i bicchieri sul tavolo per abbracciarmi. «Congratulazioni, tesoro.»

    «Grazie.» Lo strinsi forte mentre mi dava un bacio sulla guancia.

    «Oh, vieni qui.» Mike si unì all’abbraccio, poi mi prese la mano per dare un’altra occhiata all’anello. «È bellissimo. Perfetto per te.»

    «Sì, vero?» Guardai le pietre. Erano incantevoli nella loro semplicità, e avevano qualcosa di magico, come se una minuscola fata si fosse posata sul mio dito.

    «Ma torniamo alla tua storia… Cos’è successo sul pavimento?» domandò Mike con una buona dose di malizia.

    «Non ho intenzione di dirti se abbiamo fatto sesso,» risposi scuotendo la testa.

    «Peccato.»

    «Guastafeste,» disse John.

    Risi e continuammo i festeggiamenti. Due bicchieri di champagne più tardi, mi trovai a fissare l’anello, accarezzandone le pietre con un groppo alla gola. Non riuscivo a respirare, e il sorriso sulle mie labbra si tramutò in un terrificante ghigno nervoso.

    I miei amici mi conoscevano abbastanza da intuire che avevo qualcosa per la mente. «Che ti prende, Campanellino?» chiesero mettendo giù i bicchieri.

    «Tesoro?» John mi sfiorò la mano.

    Scossi la testa, sforzandomi di ritrovare l’allegria perduta. «Niente. È solo che…» Lasciai la frase in sospeso, in cerca delle parole giuste per esprimere le mie preoccupazioni.

    Da dove comincio?

    «Dolcezza, ci stai spaventando. Qual è il problema?» m’incalzò Mike.

    «Sei incinta?» ipotizzò John.

    «No,» risposi con una risata. Era la cosa più ridicola che avessi mai sentito. Non la gravidanza in sé, non c’è niente di ridicolo in una gravidanza. A farmi ridere era l’idea che il mio amico potesse avere quel sospetto. No, il problema era un altro.

    «Una parte di me era convinta che non me lo avrebbe mai chiesto, e quando finalmente lo ha fatto, ho risposto subito di sì. Ora però ho tutti questi pensieri che mi ronzano per la testa…E se non fossi…» – mi morsi un labbro – «be’... se non fossi il tipo da matrimonio? Se non fossi la ragazza giusta da sposare?»

    «Che assurdità. Certo che lo sei!» replicò John.

    «Assolutamente!» Mike annuì con decisione. «Tesoro, l’hai detto tu stessa: siete perfetti insieme.»

    «È vero,» ammisi alzando lo sguardo sui miei amici con aria speranzosa.

    «Ecco. E questo è tutto quello che ti serve sapere.»

    John e Mike avevano ragione, pensai più tardi mentre uscivo dall’appartamento che un tempo era stato anche il mio. Era solo la parola matrimonio a spaventarmi un po’. Il concetto che esprimeva si applicava alle coppie ordinarie. E io non volevo far parte di una coppia ordinaria. Sapevo che io e Isaac eravamo diversi.

    Ma c’era anche qualcos’altro… qualcosa che non avevo avuto il coraggio di ammettere.

    Ci rimuginai su mentre attraversavo Camden Town diretta a Primerose Hill sotto un cielo invernale limpido e assolato, scalciando la neve con gli stivali.

    Il motivo per cui tutto a un tratto mi ero lasciata prendere dalla paura non aveva a che fare con me e Isaac. C’entravano quegli strambi hippie dei miei genitori.

    Già.

    Presi a calci tutta la neve che trovai lungo la strada di casa.

    Per certi versi erano stati degli ottimi genitori – avevano una mentalità aperta e mi avevano sempre sostenuto –, ma avevano divorziato quando avevo nove anni. Mia madre non si era mai risposata; mio padre, invece, era cambiato. Aveva avuto così tante ragazze che faticavo a ricordarne i nomi. Nonostante fossi cresciuta bene con loro, circondata dalla musica e dall’arte, due

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