Dottori ai Tropici: Harmony Bianca
Di Joanna Neil
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Info su questo ebook
La pediatra Jessie Heywood è arrivata ai Caraibi con l'unico intento di rimettere in sesto il proprio cuore e la propria famiglia. Le sue priorità ora sono unicamente ricucire il rapporto con il padre e stare vicino a suo fratello. Di certo l'amore è l'ultima cosa che ha in mente, almeno fino a quando non incontra lo sguardo magnetico del dottor José Benitez. Da quel momento in poi Jessie si troverà a combattere contro la tentazione di scivolare nel letto del suo nuovo capo. Carezza dopo carezza, gli assalti sensuali di José si riveleranno irresistibili e i suoi baci più ardenti del sole dei Tropici. Possibile che Jessie abbia trovato proprio tra le braccia del dottor Benitez il suo Paradiso?
Joanna Neil
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Dottori ai Tropici - Joanna Neil
978-88-3052-798-0
1
«Sono davvero felice che tu abbia deciso di raggiungermi qui ai Tropici, Jessie.»
Ben dovette alzare la voce per farsi sentire a causa della musica che proveniva dall'interno della casa alle sue spalle.
«Sai... Non mi aspettavo che venissi. Dev'esserti costato e mi dispiace molto averti messa sotto pressione. Non avrei dovuto.» Strinse le labbra con aria contrita. «Avevi già abbastanza problemi a Londra e so che avrei dovuto cavarmela da solo, ma non ero molto lucido. Avevo bisogno di parlarti. Tu riesci sempre a farmi sentire meglio quando sono in difficoltà.»
Allungandosi verso di lui, Jessie gli mise una mano sulla sua. «Sei mio fratello» disse dolcemente. «Per te ci sarò sempre. Sai che puoi contare su di me.»
Ben le strinse la mano. «Farò lo stesso per te quando avrai bisogno, Jessie. Stanne certa.»
Lei gli sorrise.
Erano seduti sulla terrazza di una bella casa di fronte al mare, illuminata dalla luce di torce piantate a intervalli regolari lungo i sentieri che si perdevano fra i cespugli. Le portefinestre che si aprivano sulla terrazza lasciavano circolare la piacevole aria tropicale che arrivava dal mare.
All'interno ballavano al ritmo del calypso scandito dagli steel drums, proprio come aveva fatto fino a poco prima anche Jessie con vari partner che avrebbero aspirato a seguiti romantici che lei non era disposta a concedere.
Non dopo la scottatura che si era lasciata alle spalle e dalla quale doveva ancora riprendersi.
Ora aveva solo bisogno di respirare quella piacevole aria tropicale e di passare un po' di tempo con suo fratello.
«Mi sembra di essere arrivata in paradiso» disse con un sospiro. «Quest'isola è fantastica. E questa casa è davvero molto bella. Il proprietario deve proprio fidarsi dei tuoi amici per permettere di organizzare una festa del genere in sua assenza.»
«Infatti.» Ben si strinse nelle spalle come se la cosa prima non gli fosse passata per la mente. «Comunque Zach ed Eric hanno detto che ha dato loro il permesso. Da un paio di settimane stiamo facendo dei lavori di ristrutturazione qui. Ci ha dato le chiavi e... immagino che abbia capito che può fidarsi di noi.»
«Già.» Jessie parve perplessa. «Hai detto che lavorate per lui da un paio di settimane?» Non le sembrava abbastanza tempo per potersi fidare a tal punto di estranei.
«Sì. Dopo che papà mi ha messo alla porta ho dovuto darmi da fare per trovare un lavoro. Il dottor Benitez, il proprietario, mi conosceva già perché nel tempo libero lo avevo aiutato come sommozzatore per gli studi sulla barriera corallina, così mi ha ingaggiato anche per la casa. Mi ha anche proposto di continuare a fare dei lavoretti nella sua proprietà una volta finita la ristrutturazione. Ha rapporti con una compagnia di costruzioni e affitta case ai turisti.»
«Sei stato fortunato a trovare subito un lavoro.»
A quanto pareva il nuovo datore di lavoro, il dottor Benitez, aveva le spalle coperte se oltre alla professione di biologo marino poteva dedicarsi alla gestione delle sue molteplici proprietà.
Fortunatamente Ben era caduto in piedi.
Guardò il fratello. Il fisico ben modellato dalla palestra era quello di un uomo più maturo, ma non aveva neanche diciannove anni e lei sapeva quanto fosse ancora fragile.
Pur essendo stati colpiti entrambi dal divorzio improvviso dei loro genitori, lui era quello che ne aveva sofferto maggiormente. Aveva solo undici anni quando era accaduto e il suo mondo era andato in frantumi.
Non che per lei fosse stato facile... A quel tempo aveva solo diciassette anni, ma aveva dovuto reagire per far fronte alla crisi nella quale era piombata sua madre, che si era, per così dire, ritirata nel suo mondo lasciandola sola a occuparsi anche del fratello.
Era stata dura, soprattutto da un punto di vista emotivo, e lei aveva continuato a prendersi cura di sua madre e di suo fratello fino alla laurea in medicina.
Aveva fatto di tutto per colmare il vuoto lasciato dal padre, ma com'era naturale Ben aveva sempre sentito la mancanza di una figura maschile e questo lo aveva portato a essere abbastanza instabile e un po' ribelle.
Purtroppo quell'ultimo tentativo di riconciliarsi con il padre andando fin lì per lavorare con lui non aveva sortito un esito positivo.
Ma fortunatamente il suo arrivo era riuscito a distrarlo, almeno per un po'.
«Dovresti provare questo punch al rum, Jessie» le propose prendendo del ghiaccio da un secchiello appoggiato su un tavolo da giardino e lasciandolo scivolare in un grande bicchiere prima di versarvi sopra del liquido ambrato da una caraffa di vetro. «Secondo me ti piace.» Le porse il bicchiere. «Qui va per la maggiore.» La fissò in trepida attesa.
Era davvero un bel ragazzo, il suo fratellino.
«Grazie mille...» Jessie storse le labbra, «... ma credo di essere vicina al mio limite. Prima il vino, poi quei... mojito...» Alzò gli occhi al cielo con espressione deliziata.
Portò comunque il bicchiere alle labbra e bevve un sorso di punch, facendolo scorrere sulla lingua per cercare di individuare gli ingredienti.
Rum, naturalmente, e uno spruzzo di succo di lime, sciroppo di zucchero e arancia... Forse anche un goccino di bitter Angostura.
«Mmh... hai ragione» mormorò. «Era proprio quello che ci voleva.» Sorrise, cullata da una piacevole sensazione di calore. «Penso che sia il primo momento di vero svago da quando sono scesa dall'aereo ieri.»
Ben annuì compiaciuto e si lasciò andare contro lo schienale della poltroncina. «Vedrai che ti piacerà qui. Un po' di cambiamento ti farà bene.»
«Già... Lo spero.»
Jessie si guardò intorno sorseggiando il suo drink. La bellezza del paesaggio era sottolineata dal profumo di frangipani portato dalla brezza. Attraverso la luce delle torce si potevano intravedere anche cespugli di bougainvillea e splendidi ibischi di un rosa intenso.
Ben sorrise.
«Grande festa, eh? È davvero incredibile cosa si possa organizzare all'ultimo momento... e il cibo è semplicemente fantastico. Vuoi che ti porti del pollo alla brace con salsa piccante? Te lo consiglio, magari con un po' di riso.»
«Posso andare a prenderlo io, grazie» rispose lei accennando ad alzarsi ma lui la fermò.
«No, no, stai qui a rilassarti. Immagino che risentirai ancora del jet lag. Prenditela con calma, ci penso io. Tu goditi il panorama.»
Ben si allontanò sparendo dietro le portefinestre così Jessie sospirò, lasciandosi andare contro lo schienale della comoda poltrona di legno.
Forse il fruscio delle palme mosse dalla brezza e il delicato sciabordio delle onde che sfioravano delicatamente la sabbia bianca era davvero quello che ci voleva per lei in quel momento.
Perché non ci aveva pensato prima? Dopotutto sarebbe bastato dare in affitto la sua casa e... partire lasciandosi tutto alle spalle.
Accavallò le gambe dalla carnagione chiara e socchiuse gli occhi lasciandosi accarezzare dalla piacevole aria tropicale.
«Posso portarle un altro drink?» La voce maschile a poca distanza da lei la fece sussultare.
Con un vago accento, forse spagnolo, fu come una calda e inaspettata carezza che la scosse facendola drizzare a sedere.
«Io... mmh...» Jessie guardò l'uomo che sembrava essersi materializzato dal nulla e che la fissava con due intensi occhi scuri.
Aveva capelli scuri leggermente ondulati, pantaloni blu dal taglio perfetto e una camicia di lino di una tinta più chiara.
«Grazie, ma... Non credo sia il caso. Temo di avere già bevuto abbastanza.» La testa le girava un po', segno che l'alcol aveva iniziato a fare effetto.
Lui sorrise. «Un bicchierino in più non le farà male se non è a stomaco vuoto. Credo che il suo amico sia andato a prenderle qualcosa da mangiare.»
Il suo amico, aveva detto... Doveva aver preso il suo silenzio come un sì perché le stava riempiendo il bicchiere.
«Veramente è...» Si interruppe, chiedendosi da quanto tempo fosse lì. «Non l'ho vista arrivare» mormorò. «E non l'ho neppure sentita...»
«Non mi sorprende, con questa musica a tutto volume.» Indicò la casa con un cenno del capo. «Ma a dire il vero sono appena entrato dal giardino.»
«Oh, capisco.» Ecco perché non lo aveva notato. «È per caso un vicino?» Un pensiero improvviso la fece preoccupare. «È venuto a lamentarsi per il rumore?» Le altre case erano a una certa distanza, ma il suono si propagava facilmente sulla spiaggia. «Mi dispiace se l'abbiamo disturbata.»
L'espressione dell'uomo si fece seria. «Be', diciamo che vi siete fatti sentire.»
«Già... Posso chiedere che abbassino. Del resto... non credo che manchi molto alla fine della festa.» Jessie si strinse nelle spalle. «È molto tardi e domani mattina alcuni di noi hanno degli impegni da rispettare.»
«Immagino.» Lui la fissò con una strana luce negli occhi. «Anche se devo dire che ci sono cose per cui varrebbe la pena di restare.»
Solo allora Jessie si rese conto che il suo top era piuttosto aderente e la gonna di cotone leggero dai colori caraibici le modellava i fianchi lasciando una buona parte delle lunghe gambe scoperte.
«Veramente...» Confusa dal modo in cui la guardava si alzò. «Forse è meglio che vada a dire di abbassare il volume.»
Lui scosse la testa. «Non è necessario, ci penso io.» Il suo tono si fece più grave. «Devo anche vedere qualcuno.» Poi parve rilassarsi di nuovo e aggiunse: «Ma per il momento preferisco stare qui con lei. Sempre che non le dispiaccia».
La studiò ancora, come se non riuscisse a toglierle gli occhi di dosso, accarezzando con lo sguardo i capelli castani che le scendevano morbidi sulle spalle e la sua figura sottile.
«Non credo che ci siano problemi...» mormorò lei sentendosi arrossire.
«Mi fa piacere.» Le si avvicinò, procurandole una improvvisa sensazione di calore mentre i campanellini d'allarme, che lei ben conosceva, iniziavano a tintinnare per avvertirla del pericolo.
Un pericolo che preferì ignorare. Dopotutto, che cosa c'era di male nello scambiare due chiacchiere con quella piacevole presenza?
«Non era mia intenzione origliare, ma non ho potuto fare a meno di sentire che forse è ancora sotto l'effetto del jet lag. Viene da lontano? È qui in vacanza?»
Lei scosse la testa. «Non si tratta di una vacanza, anche se a essere sincera non mi dispiacerebbe godermi un po' di questo bel sole esplorando l'isola. Di solito lavoro sodo, ma appena sono arrivata qui ho come avvertito la necessità di rallentare il ritmo. È tutto così rilassante da queste parti.» Sorrise. «Da quel poco che ho visto sono posti molto belli e... molto diversi da Londra, dove vivo io.»
«Infatti.» Lui la guardò con espressione interrogativa. «Allora se non è qui in vacanza...»
Jessie scosse di nuovo la testa, facendo oscillare i capelli castani sulle spalle nude. «Be', visto che resterò per i prossimi tre mesi sono riuscita a organizzarmi qualcosa. Lavorerò come medico al Pronto Soccorso Pediatrico dell'ospedale. Non è una posizione a tempo pieno quindi forse dovrò cercare anche qualcos'altro, ma era un'opportunità troppo interessante per lasciarla perdere.» Si strinse nelle spalle. «Inoltre era il momento perfetto per andarmene da Londra» aggiunse. «Volevo fare un po' di esperienza prima di decidere quale altra specializzazione prendere.»
Lui aggrottò un sopracciglio. «Ha fatto molta strada per scoprire cosa vuole fare.»
«È vero.» Jessie increspò le labbra. «Ma ho parte della mia famiglia qui... Mio padre è socio in una distilleria di rum dell'isola. Non ci siamo visti molto negli ultimi anni e pensavo che fosse un'opportunità anche per passare un po' di tempo con lui.»
«E sua madre?» chiese lui a quel punto, aggrottando la fronte. «Non vive qui, lei?»
Le ci volle un attimo per rispondere. Non le era facile parlarne. «No. I miei genitori sono separati da un po'. Mia madre è morta in Inghilterra un paio di anni fa.»
«Mi dispiace.» Riemerse il leggero accento spagnolo e l'espressione dei suoi occhi si ammorbidì. «Dev'essere stata dura per lei.»
Jessie annuì sperando di riuscire a cambiare argomento prima di lasciarsi prendere dalle emozioni.
Non aveva ancora superato del tutto la morte di sua madre, quanto a suo padre... il rapporto fra loro era sempre stato difficile e doveva fare in modo di trovare un punto d'incontro.
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