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I Cicinelli. Storia dinastica dei Principi di Cursi
I Cicinelli. Storia dinastica dei Principi di Cursi
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E-book310 pagine3 ore

I Cicinelli. Storia dinastica dei Principi di Cursi

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Da queste pagine emerge una vera e propria dinastia, come titola l'Autore, una raccolta di notizie che colloca i Cicinelli in prima fila nel teatro della storia, un intreccio di lodevoli – ma talvolta anche disdicevoli - vicende umane: dalle pretese origini romane ai tempi dell'imperatore Traiano, ai privilegi accordati dagli Aragonesi e dall'altro grande imperatore Carlo V, dai titoli nobiliari accumulati ai feudi posseduti nelle provincie meridionali, dalle alleanze con altre potenti famiglie ai vincoli di parentela, ai lasciti testamentari, i Cicinelli si ammantano di un'aura quasi di leggenda, si propongono come formidabili protagonisti di una stagione unica.

(Dalla prefazione di Alessandro Laporta)
LinguaItaliano
Data di uscita27 gen 2023
ISBN9791221433517
I Cicinelli. Storia dinastica dei Principi di Cursi

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    Anteprima del libro

    I Cicinelli. Storia dinastica dei Principi di Cursi - Donato Palma

    Saluto del sindaco di Cursi

    La pubblicazione di un’opera storica, sintesi di sincero affetto per la propria terra e per le tante vicende umane che ne hanno generato e distinto la cultura, è sempre un evento di particolare importanza.

    L’idea metodologica centrale che sorregge questo scritto è quella di dare un contributo alla storiografia locale, con particolare riferimento alle grandi famiglie nobili, inserite nel panorama più ampio di quella che è stata la storia della Terra d’Otranto.

    Nei diversi capitoli che compongono il libro, l’autore dimostra come il territorio su cui insiste Cursi e non solo, sia stato teatro di presenze umane, di popolazioni indigene, di transito verso altri siti e sede di vicende storiche.

    La ricerca sulla storia della nostra cittadina ha già avuto precedenti illustri: il compianto prof. Donato Giannuzzi con le sue due monografie pionieristiche, il padre Alfredo Di Landa PIME, don Totò Mileti e don Oreste Maggiulli. Il lavoro di don Donato si situa in questo solco approfondendo il dominio feudale e la storia dinastica di una famiglia, quella dei Cicinelli, che ebbe un ruolo primario nella storia del Regno di Napoli, ma che purtroppo cadde in oblio con la sua estinzione. Don Donato, già noto per diverse sue pubblicazioni storiche, in questa opera svolta con rigore storiografico e corredata di una mole considerevole di documenti inediti, rintracciati in vari archivi italiani ed esteri, non solo traccia la saga della nobile famiglia, ma tratteggia anche la successione dei Principi di Cursi e Duchi di Grottaglie fino ai giorni nostri. Scopriamo così un panorama inedito di una storia che ci riguarda da vicino. Novità assoluta di questo libro è l’aver distinto bene due personaggi chiave, fino ad oggi molto spesso confusi dagli storici: Giovanni Battista e Giovanni Cicinelli, rispettivamente padre e figlio, primo e secondo principe di Cursi. Per il nome molto simile gli storici quasi sempre, hanno attribuito quasi tutto a Giovanni Battista, liquidando Giovanni con pochissime parole. I due personaggi hanno invece entrambi una chiara, distinta ed interessantissima fisionomia storica. Anche a Cursi si parla di loro fondendoli in un’unica persona: il principe Cicinelli. Ma qui scopriamo che mentre Giovanni Battista è il primo principe che acquista il feudo di Cursi proprio negli anni stessi dell’Apparizione di Maria SS. dell’Abbondanza e diviene generoso mecenate dell’edificazione del santuario omonimo, nonché del grandioso altare del Convento degli Agostiniani, il figlio Giovanni, spadaccino di grande valore, ma anche raffinato letterato, musicista e scienziato, autore di un’opera di critica letteraria, la Censura del poetar moderno, è, in realtà, il principe di cui si parla nelle preghiere alla Madonna dell’Abbondanza, a motivo della sua memorabile vittoria sui Corsari turchi che infestavano le rive del nostro mare, da Otranto fino al promontorio di Leuca. Questo secondo principe, come vediamo qui documentato per la prima volta, nacque proprio a Cursi nel novembre del 1642. Davvero notevoli ed interessanti le novità e i documenti riportati in questo libro che riguardano, oltre la nostra cittadina, anche diversi centri del Salento come Grottaglie, Giuliano, Neviano, Palagiano, ma anche e soprattutto la storia del Regno di Napoli, perciò ritengo che questo scritto sarà sicuramente da stimolo per maggiori approfondimenti e per aprire nuove vie di ricerca alla luce di tali scoperte meraviglianti. Infatti, sapere che gli antichi abitanti di Cursi, insieme a quelli di Grottaglie, avessero intrecci con la capitale del Regno può essere elemento per riannodare relazioni con il territorio napoletano. Ciò potrebbe portare a valorizzare tratti di storia locale e legami antichi, per essere esaltati grazie all’osservazione e all’analisi delle tracce che civiltà e processi hanno lasciato sui rispettivi territori.

    Un lavoro ammirevole per la comunità cursiata che ci fa sempre più convincere che solo fondando i comportamenti di una comunità sulla conoscenza di sé e della propria storia si può produrre un maggiore rispetto per l’intero habitat in cui viviamo, interagiamo ed interveniamo.

    Con l’augurio che queste pagine possano produrre, come ben auspicato da chi tanto ha ricercato e lavorato per questo scritto, un meraviglioso senso di appartenenza ad un luogo dalle radici così profonde.

    Grazie a don Donato che ha voluto contribuire alla conoscenza del nostro territorio, della nostra Cursi, facendoci questo dono. E aggiungo che sono particolarmente onorato dell’invito a scriverne un saluto augurale. Non resta allora che auspicare a quest’opera tutta la fortuna che merita.

    Antonio Melcore,

    Sindaco di Cursi (LE)

    Prefazione

    Scrivevo tempo fa che uno dei modi migliori di raccontare la storia del Salento potrebbe essere quello di raccontare la storia delle grandi famiglie e mi riferivo ai De’ Monti ed a Corigliano d’Otranto, loro feudo per duecento anni. Sento oggi di potere non solo confermare quella mia opinione, ma aggiungere di avere intuito, forse precocemente, come si sarebbero sviluppati, in maniera intelligente, gli studi e le ricerche di ambito locale.

    E lo dico a ragione: questo libro di Donato Palma, infatti, dedicato ai Cicinelli, alimenta quella linea di un segmento consistente e brillante, di nuovi argomenti su vecchi capitoli di storia, e fa luce su un nobile predicato che, scollato poi da Terra d’Otranto, è emigrato altrove per vivere una sua vita indipendente. Famiglia certamente poco nota ai più, di loro i classici della genealogia, come Foscarini, si limitano a dire che nobili napoletani del Seggio di Montagna, divennero ragguardevoli ai tempi di Re Ladislao per gesta sia civili che militari, ed i moderni, come Montefusco, li ricordano nella lunga serie delle successioni feudali. Dalle pagine che seguono emerge invece una vera e propria dinastia, come titola l’Autore, una raccolta di notizie che li colloca in prima fila nel teatro della storia, un intreccio di lodevoli – ma talvolta anche disdicevoli - vicende umane: dalle pretese origini romane ai tempi dell’imperatore Traiano, ai privilegi accordati dagli Aragonesi e dall’altro grande imperatore Carlo V, dai titoli nobiliari accumulati ai feudi posseduti nelle provincie meridionali, dalle alleanze con altre potenti famiglie ai vincoli di parentela, ai lasciti testamentari, i Cicinelli si ammantano di un’aura quasi di leggenda, si propongono come formidabili protagonisti di una stagione unica.

    Ma quello che sorprende sicuramente è la ribalta napoletana nella quale operarono: Napoli è il centro dell’attività e delle finanze, come dei legami di sangue e delle bravate, la capitale del Regno è costruttiva alternativa al Salento che si propone come periferia del potere. E qui Cursi e Grottaglie godono di un favore esclusivo che ne proclama il nome accreditandolo presso la nobiltà di spada e di toga, elevando l’impresa araldica del cigno, o il motto più pretenzioso ricordato dall’Ammirato e tratto da Ovidio, VERA LATENT, ad altezze mai raggiunte prima. Un intrigo tutto napoletano, fatto di genio bellicoso e commercio amoroso, di sontuose lastre tombali e di solenni iscrizioni, di palazzi e di chiese, di cui con grande competenza e pari discrezione ci porta a fare la conoscenza Donato Palma. Ed altrettanta curiosità desta la concentrazione di questi avvenimenti lungo l’asse Purgatorio ad Arco-San Lorenzo-San Pietro a Majella, nel cuore di Napoli: sono i luoghi sacri del Natale, con le botteghe artigiane di via San Gregorio Armeno in cui rivive, fra i pastori di tradizione, la tragica avventura della principessa Cicinelli e in cui sembra di poter ancora ascoltare i suoni e le voci delle deliziose Cantate di Don Giovanni musico d’eccezione. E basterebbero due soli nomi tratti dalla ampia bibliografia che chiude il libro per sottolinearne l’importanza: quelli cioè di Benedetto Croce e di Roberto De Simone, l’antico e il moderno, le glorie dei teatri dove si esibiva la canterina Giulia De Caro, e la ricchezza del folklore magistralmente indagato nel presepe popolare. Se si aggiungono La censura del poetar moderno, libro di Cicinelli stampato a Napoli nel 1672, testimone autorevole della polemica sulla poesia barocca, e le Vite di Vespasiano da Bisticci, lo stesso del Lamento per la presa di Otranto, si avrà una migliore e più completa idea del contesto nel quale si mossero e si distinsero i Cicinelli.

    Ed i fasti della sirena Partenope – non sempre nuoce annunciava l’insegna dei tipografi Bulifon, con riferimento alle seduzioni della corte dei Viceré spagnoli – si riverberano sulla piccola patria salentina. A Napoli si affianca infatti Cursi attraverso il prestigioso titolo di Principe concesso nel 1651: da allora e fino ad oggi principes dictae Terrae Cursi tractari vocari et honorari debeant, come recita nell’arido latino il diploma di concessione, aggiungendo nominari volumus et perpetuo reputari. È una faccenda che continua a durare, aldilà della dinastia Cicinelli, se altri illustri ne hanno onorato la titolarità, come ci racconta l’autore e come quel perpetuo quasi profeticamente annuncia. È una storia che per quanto ci riguarda andava rivisitata e racchiusa in uno scrigno di carta per essere a disposizione di tutti: di chi punta all’essenziale, ma anche di chi volesse domani fare ulteriori ricerche.

    Un libro completo voglio dire, un omaggio a Cursi, dovuto e finalmente reso, a saldo del secondo millennio. È il libro dei Cicinelli ed il libro di Cursi, certamente, ed è perciò anche, è bene sottolinearlo, un libro che tratta di uomini - un vescovo, un governatore, due Cavalieri di Malta – e di fatti - controversie giuridiche, prepotenze subite, relazioni pericolose. Completato, a corredo del testo, di puntuali note e di una necessaria appendice. Uomini, fatti e documenti che agiscono sulle immagini mutevoli della fantasia del lettore, che ne è totalmente catturato: un libro a chiare lettere, per intenderci.

    E mi torna comoda allora una conclusione di Fernando Cezzi – la cui famiglia per coincidenza sedeva nel seggio di Montagna, lo stesso dei Cicinelli – che condivido: La storia di una famiglia è un’offerta di ricordi, un dono che custodisce i volti le parole le vite di persone perdute, nell’evolversi di un continuo presente, costituito da passato e futuro. Il dono di Donato Palma ai suoi concittadini è questo libro, ed auguro loro di accoglierlo con lo stesso sentimento d’amore – credo di poter indovinare le intenzioni dell’autore – con cui è stato fatto.

    A lui, ora, la parola.

    Alessandro Laporta

    Direttore Emerito

    Biblioteca N. Bernardini Lecce.

    Nobili origini e primi esponenti illustri

    La famiglia dei Cicinelli, originaria di Napoli, ascritta al Seggio di Montagna, fu illustrissima nelle armi, nelle magistrature del Regno e nelle lettere. Diversi storici antichi e genealogisti si sono interessati a questa dinastia tramandandoci preziose notizie, ma spesso anche inesattezze e contraddizioni¹. La prima vexata quaestio è se l’origine della famiglia sia stata nobile o plebea. Sembra che la questione sia irrilevante perché in genere le famiglie, anche le dinastie più nobili, partite spesso da origini popolari, solo in seguito sono ascese, per meriti e tramite concessioni regali, al ceto nobile. In base alle testimonianze storiche, sembra fondata l’affermazione dello scrittore umanistico Francesco Elio Marchese secondo cui i Cicinelli furono di origine plebea e soltanto al tempo di re Ladislao emersero come comandanti di eserciti e come magistrati².

    Dello stesso parere è l’autore dell’opera manoscritta Il torto ed il dritto della nobiltà napoletana, che sembra doversi attribuire a Domenico Confuorto³. L’altra questione, destinata forse a non trovare soluzione, è se questa famiglia sia stata di origine germanica o normanna. Il Candida Gonzaga, appoggiandosi all’autorità del Bolvito, che riporta due strumenti notarili rispettivamente del 1389 e del 1416, propende per l’origine normanna ed asserisce che le famiglie Cicinelli e Cimaglia fossero discese dal comune stipite de’ normanni dell’Aquila conti di Fondi. Anche il De Raho nel suo Peplus Neapolitanus (p. 261), basandosi su una costante tradizione, ritiene che dalla famiglia Cicinelli fosse discesa la nobile famiglia Cimaglia di Foggia, chiamata anche Cimulia. Così anche il Candida Gonzaga.⁴ Giovanni Battista, primo principe di Cursi, nelle lapidi commemorative che fece apporre nelle opere da lui finanziate con generoso mecenatismo, si mostra convinto della leggendaria origine romana e germanica della sua stirpe. Nella lapide soprastante la cuspide dell’altare del santuario della Madonna dell’Abbondanza di Cursi, egli si autodefinisce cavaliere romano e svevo e quattro anni dopo nella lapide più solenne apposta sull’altare principale della chiesa di san Lorenzo Maggiore costruito dal suo antenato Antonio Cicinello, altare che egli stesso fece restaurare, pomposamente fece incidere:

    Antonius De Cignis corrupta nomenclatione Cicinellus genere germanus ex principibus Coloniae Agrippinae (…) sub Fredrico Caesare in Italiam reversis.

    Secondo questa versione i Cicinelli avrebbero, dunque, origine da quei nobili romani che, partiti da Napoli per ordine di Traiano, fondarono la Colonia di Agrippina, oggi Colonia, in Germania. I De Cignis, soprannominati in seguito Cicinelli, sarebbero poi in gran parte tornati in Italia al tempo dell’imperatore Federico di Svevia, mentre alcuni rimasero in Germania. Tutta questa epica narrazione, tuttavia, non regge alla verifica documentaria dei fatti.

    Infatti non risulta chiaramente che il cognome Cicinelli derivasse da De Cignis, tuttavia nel 1520 Antonio Cicinelli, diplomatico di Carlo V, credette di trovare a Colonia in Germania nella famiglia De Cignis il ceppo originario della sua stirpe e attingendo alle memorie storiche di quella città, forse convinto dal fatto che i De Cignis si ritenevano di origini napoletane e dalla singolare coincidenza tra il nome dei De Cignis e il suo stesso stemma che raffigurava un cigno, fece scrivere una storia della famiglia che perpetuò questa leggenda⁵.

    1 e 2. British Library of London. Storia della famiglia De Cignis del 1531. Con stemma di Antonio Cicinello. Con licenza.

    I primi esponenti illustri

    I primi documenti rilevanti sulla famiglia si riferiscono ad Atanasio Cicinello. Probabilmente hanno ragione gli storici che attribuiscono a questa dinastia origini popolari, e forse proprio con Atanasio la famiglia fece il salto di qualità ascendendo al ceto nobile. Infatti, in un documento del 1270 Atanasio risulta essere magister carpenterius, cioè maestro carpentiere, insomma esperto in lavori edili di costruzione e restauro⁶. Atanasio fu, poi, insieme a Mario Ruffo, portolano di Napoli nel 1269⁷. Ma in seguito fu portolano anche di Bari, Pozzuoli e Procida⁸ ed inoltre anche percettore fiscale⁹.

    Nel 1290 ebbe da re Carlo II d’Angiò il cingolo militare, ma poiché fin da allora, salvo eccezioni, non veniva concesso questo onore se non a famiglie nobili, che avessero reso importanti servigi alla corona, dovette dimostrare di essere nobile almeno di parte materna. Col cingolo militare si diventava di fatto cavalieri e nobili¹⁰. Nella cancelleria angioina, infatti, c’è traccia di un importante documento relativo a quest’investitura:

    Karolus secundus Guidoni de Alemania mil. Iustitiario Terrae Laboris et Comitatus Molisii etc. Ex parte Athanasii Cicinelli de Neapoli fid. Nostri, culmini nostri fuit supplicatum, ut cum olim mandatum de nostra costitutione emanavit quod nullus qui esset de genere militum cingulum militare, absque nostri speciali licentia assumere auderat ac idem Athanasius, qui in subvenctionibus ceteris et collectis cum mil. Neapolis contribuit, et eius pater et antecessores contribuerant semper similiter in eisdem et ex parte matris de genere militari benigne concedere dignaremur. Nos igitur ipsius de Cicinello humilibus supplicationibus inclinati f. t. precipimus quod si costiterit pred. Athanasium Cicinelli existere pro parte matris denunciato genere militari, ac in presens ipsum contribuere nec non eius pater cum antecessoribus suis semper contribuisse cum Neapoletanis militibus prout superius est expressum super assumendo per ipsum cingulo militari constitutionem Regni nostri observes et facias observari. Dat. Neapoli, 14 februarii II ind. (reg. 51, f. 29t.)¹¹.

    Sembra che già Atanasio abitasse nei pressi del monastero di san Marcellino, così risulta da un documento del 1294 che parla di una domum seu viridiarum Athanasii Cicinelli¹².

    Il De Raho nel suo Peplus ritiene che questa famiglia inizialmente si chiamasse De Cicinis e dice che il primo esponente a cui è potuto risalire nelle sue ricerche è Bartolomeo De Cicinis citato in un documento angioino, nei Registri della Regia Sicla, del 1284, da cui risulta che Bartolomeo era stimato come pochi per la sua integrità dal re Carlo I d’Angiò. Da questo sovrano, infatti, fu annoverato tra i soci dei Sedili di Napoli che esercitavano il diritto e la giustizia. Ma da un precedente documento di Carlo d’Angiò, del 1272, apprendiamo che Bartolomeo aveva altri due fratelli, Giovanni e Nicola, e da esso ricaviamo che venivano chiamati anche De Cicinelli, ed abitavano in platea Cimbri¹³. Coriolano Cicinello fu Maestro Razionale della Corte Reale Angioina nell’anno 1340. Si ricorda il suo testamento del 1344¹⁴. Antonio Cicinello fu nominato nell’atto di costituzione della Casa o Ospedale della SS. Annunziata e ne fu governatore negli anni 1397-99 e 1403-4¹⁵.

    Questo Antonio probabilmente era notaio e in tale ruolo rogò un atto giuridico il 27 maggio 1366, che, in pergamena, è giunto fino a noi, si tratta di una lettera citatoria contro Bartolo Boniani di Firenze¹⁶.

    3. Pergamena del 1366 del notaio Antonio Cicinello. Con Licenza Archivio di Stato di Firenze.

    Camillo, detto il Grande, valorosissimo guerriero, fu Prefetto della Cavalleria della Serenissima Repubblica di Venezia¹⁷. Giacomo, fratello di Camillo, dottore in legge, fu Consigliere di re Carlo III di Durazzo e andò col re in Ungheria, negli anni 1385-1386, dove morì¹⁸.

    Nei primi documenti angioini troviamo anche un Filippo, denominato miles negli stessi documenti¹⁹. Un Nicola Francesco che fu giureconsulto e Tomaso che abitava, come già il suo avo, Atanasio, nei pressi del San Marcellino²⁰. Un Boffillo Cicinello morì nel 1300 e fu sepolto rivestito dell’abito francescano in S. Lorenzo maggiore.

    Ci è giunto un disegno del suo sarcofago e dell’iscrizione:

    HIC JACET CORPUS NOBILIS VIRI BUFFILLI CICINELLI DE NEAPOLI ANNO DOMINI MCCC SEDENTE……. TERTIO DIE MENSIS SEPTEMBRIS REQUIESCAT IN PACE²¹.

    4. Antica lapide sepolcrale di Boffillo Cicinello da Catalano.

    Un altro Boffillo morì nel 1373 e fu inumato presso l’altare di san Giovanni che probabilmente non deve essere identificato con la cappella del transetto destro. Qualche tempo prima aveva fatto testamento in favore del convento di San Lorenzo e aveva chiesto di essere sepolto con l’abito francescano. Dispose anche che agli anziani del Seggio di Montagna fossero assegnati mantelli neri del valore di due ducati l’uno, perché li indossassero al suo funerale. Avendo durante la vita fatto maritare otto ragazze di buona fama, lasciò ad ognuna di esse quattro once da liquidare entro un anno dalla sua morte. Il figlio, Giovanni detto Turco, nel 1424 autenticherà un estratto del suo testamento tramite il notaio Dionisio di Sarno²².

    ___________________

    ¹

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