Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Enderton e la fiaba d'oro
Enderton e la fiaba d'oro
Enderton e la fiaba d'oro
E-book210 pagine3 ore

Enderton e la fiaba d'oro

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

"Vi narrerò tre fiabe questa sera, miei piccoli amici: tre fiabe che si svolgeranno in quel villaggio di Fata Regina che conoscete già, e che vi apriranno le liete porte della fantasia" ... Misteriosi omicidi e strane sparizioni mettono in allerta Scotland Yard. Per risalire ai moventi, ai mandanti e, più in generale, ai dettagli, dei molti bizzarri episodi che sono accaduti, ci vorrebbe un investigatore dall'acume straordinario... E chi, meglio di Enderton, l'arguto detective nato dalla fervida fantasia di Alfredo Pitta? In uno dei suoi romanzi più avvincenti, ambientato in una Londra cupa e gonfia di pericoli, scopriremo cosa si cela dietro a un apparentemente innocuo programma radiofonico, in cui una certa Alice Buckland intrattiene i piccoli ascoltatori con le sue fiabe zuccherose... -
LinguaItaliano
Data di uscita15 feb 2023
ISBN9788728552865
Enderton e la fiaba d'oro

Leggi altro di Alfredo Pitta

Correlato a Enderton e la fiaba d'oro

Ebook correlati

Gialli hard-boiled per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Enderton e la fiaba d'oro

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Enderton e la fiaba d'oro - Alfredo Pitta

    Enderton e la fiaba d'oro

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1940, 2022 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728552865

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    ENDERTON E LA FIABA D’ORO

    I

    L’AVVENTURA DI HIRCLET

    Come , v’ho chiesta della birra scura e mi portate una limonata! — protestò, senza tuttavia irritarsi, Edoardo Hirclet; e apri appena gli occhi assonnati.

    — Perdonate, signore; ma con questo chiasso! — si scusò borbottando il cameriere, dando un’occhiata di traverso alla radio situata in un angolo della sala. — Ora vi porterò la birra.

    — Va bene, grazie.

    E Hirclet richiuse gli occhi, quasi gli conciliasse il sonno quel continuo gracchiare della radio che pareva stizzire qualcuno degli avventori e divertire altri. Né si riscosse quando il languido ed eccitante tango si chiuse bruscamente con una nota ripetuta e poi prolungata come un lamento, ed alla musica succedette una voce che aveva la limpida precisione dell’indifferenza professionale.

    «Attenzione! Attenzione! Comunicato di New Scotland Yard. Attenzione! La polizia ha identificato l’autore dell’aggressione compiuta nella ferrovia sotterranea presso la stazione di Old Court Square. Lo si ritiene rifugiato nel Kent. Connotati: statura circa un metro e settanlacinque, età apparente sulla trentina, smilzo, baffetti e capelli neri, occhi scuri. Com’è naturale, di questi connotati sono inalterabili soltanto il colore degli occhi e la statura; sicché è prevedibile che il ricercato cammini incurvato porti occhiali scuri. Segno particolare importantissimo: vasta cicatrice sulla mano sinistra. Attenzione! Chiunque ne desse notizia alla polizia in modo da rendere possibile il suo arresto avrà diritto alla ricompensa stabilita, di cinquanta sterline.»

    — Bella roba! — sogghignò un avventore seduto ad un tavolino poco distante da quello di Hirclet, e volgendosi ad un amico che aveva accanto. — Se dovessero essere sospettati tutti coloro che hanno capelli neri ed occhi scuri staremmo freschi! Quanto alla cicatrice alla mano, è facile nasconderla: mettendo i guanti, o tenendo la mano in tasca… Ecco, per esempio, come questo signore qua.

    E, detto ciò senza abbassare la voce, accennò ad Hirclet, che se ne stava sdraiato sul divano-di velluto rosso, le gambe stese, i piedi incrociati, le mani sprofondate nelle tasche dei calzoni, gli occhi appena appena socchiusi, la testa dai copiosi capelli neri appoggiata alla lista di legno pure rivestita di velluto rosso che correva intorno alla sala. Probabilmente egli udi quella preoccupante allusione, ma non vi badò né punto né poco: non apri gli occhi, non mutò positura. Soltanto allorché il cameriere gli ebbe portata l’attesa birra si raddrizzò pigramente, e, senza badare ai suoi due vicini che ora parlottavano fra loro guardandolo un po’ inquieti, sfilò dalla tasca la mano destra soltanto, si portò il bicchiere alle labbra, lo vuotò a mezzo, lo ripose sul vassoio. Poi si sdraiò di nuovo. Aveva aperti gli occhi, sia pure per qualche momento, volgendoli indifferentemente verso i suoi vicini; e quello dei due che aveva parlato aveva potuto vedere cosí che essi erano scuri, quasi neri, come atoni: occhi neri, dunque, cosí come neri erano i capelli e i piccoli baffi, cosí come la corporatura era smilza, di una snellezza da atleta. Giovane, poi, ed apparentemente sulla trentina; e teneva sempre la mano sinistra nella tasca dei calzoni. Quanto alla statura, ecco, ad occhio e croce la si sarebbe detta appena superiore alla media, press’a poco di un metro e settantacinque…

    — Cameriere! — chiamò imperiosamente uno dei due, battendo sul tavolino con la mano; e quando quello si fu avvicinato domandò, abbassando la voce ed accennando ad Hirclet con una strizzatina d’occhi: — Chi è questo signore qua accanto? Mi pare di conoscerlo.

    — Non so, signore; è la prima volta che viene qui.

    Intanto, dopo un brevissimo intervallo, la radio riprendeva la trasmissione. Una voce maschile annunciò che la signora Buckland avrebbe raccontate le sue fiabe per i bambini, concludendo: «Ed ora ascoltate i quindici minuti della Fiaba d’Oro». Un momento appena, ed una voce di donna, dolce, aggraziata, materna, cominciò:

    «Vi narrerò tre fiabe questa sera, miei piccoli amici: tre fiabe che si svolgeranno in quel villaggio di Fata Regina che conoscete già, e che vi apriranno le liete porte della fantasia. Cominciamo. Alle minuscole casette, nove compresa anche la stazione, ecco giungere un grosso autobus, diciamo simile a quelli di Hampstead. Basta questo, vero? Certo li conoscerete. Fermato che si fu, ne discesero otto nani tutti vecchini vecchini, intorno ai quali ben presto si raccolsero…»

    — Mi pare che si potrebbe anche chiuderla, la radio! — disse a questo punto Hirclet. — Siamo bambini, da divertirci con le fiabe?

    I suoi due vicini lo guardarono sospettosi e intenti, mentre cosí diceva; ma il cameriere, lieto di sentirsi appoggiato in quello che era un suo evidente desiderio dalla richiesta d’un cliente, dato uno sguardo alla signora seduta alla cassa, che rispose stringendosi nelle spalle, andò a girare un bottone dell’apparecchio: e la voce dolce e materna tacque di botto, villanamente interrotta nel bel mezzo di una frase. Poi Hirclet depose alcune monete nel vassoio, trasse di tasca l’orologio, ed improvvisamente s’alzò, dirigendosi verso la porta. Erano le otto e trentaquattro, come ebbe cura di controllare uno dei suoi vicini guardando il proprio orologio.

    In istrada s’avviò, quieto e dinoccolato, in direzione di Patham Road. Ecco, visto cosí in piedi, sebbene procedesse un po’ incurvato, si poteva credere che la sua statura fosse press’a poco di un metro e settantacinque, cioè un po’ superiore alla media. E questo dovettero notare i due avventori usciti subito dopo di lui dal bar, che s’erano soffermati a una certa distanza di nuovo parlottando fra loro e cercando di rimanere nella penombra. Comunque, di essere eventualmente pedinato Hirclet pareva non preoccuparsi, poiché non si volgeva a guardarsi indietro, non affrettava il passo. E i due, alla lontana, lo seguirono.

    Nella via, stretta e male illuminata, i passanti erano rari; e quindi i pedinatori potevano sperare che la preda non sfuggisse facilmente. Certo, se si fosse vista una guardia di polizia nella sua solita ronda, le si sarebbe potuto dire di quel piú che sospetto sconosciuto; ma non se ne scorgeva alcuna, e il giovinotto, nonostante la sua aria stanca, pareva tipo da sapersi difendere contro due uomini di abitudini pacifiche. Del resto, se veramente era quello il ricercatissimo delinquente che aveva commesso un cosí audace attentato nella stazione della Sotterranea, c’era da aspettarsi che non avrebbe accolto precisamente con sorrisi amichevoli chi si fosse arrischiato a fermarlo.

    Poi tutti e tre, i due pedinatori sempre a rispettosa distanza, sboccarono nell’ampia Patham Road. Là, certo, qualche guardia di servizio vi sarebbe stata; e infatti, pareva proprio ai pedinatori di vederne confusamente la nota figura, laggiú, ad una trentina di passi lontano. Verso di essa affrettarono il passo, sentendosi ormai protetti dalla sua presenza, pur senza perdere d’occhio lo sconosciuto dai capelli neri. Poi, d’un tratto, s’avanzò rombante e veloce un autobus ad imperiale. Per un momento, passando davanti al marciapiede opposto, esso celò agl’inseguitori la figura dell’uomo che continuava a procedere calmo e pigro come se non fosse fatto suo; ma quando si fu allontanato di pochi metri i due pedinatori mandarono un’esclamazione di stupore e di delusione. Hirclet era scomparso, senza dubbio saltando sull’autobus in corsa.

    — Maledizione! — imprecò uno dei due. — Ci sfugge!

    — No, ché la fermata è laggiú, vedi? — osservò l’altro. — Io corro ad accertarmi se c’è dentro l’amico; tu avverti la guardia.

    L’autobus infatti ora s’era fermato, ma per riprendere subito la corsa, non essendovi là alcuno che aspettasse per salirvi; e mentre uno dei due correva disperatamente, per raggiungerlo, e l’altro s’affannava a spiegare alla meravigliata guardiadi che cosa si trattasse, il veicolo era scomparso.

    Cosí come era salito sull’autobus in corsa, Hirclet, mentre questo era di nuovo in moto, balzò giú, scomparendo per una delle strette vie laterali. Volse a destra, poi a sinistra, e infine, giunto ad una delle stazioni della Sotterranea, vi discese.

    Erano esattamente le otto e cinquantasette allorché egli giunse nel viale in salita che attraversa Hampstead. Subito dopo svoltò per la strada laterale in cui era la stazione degli autobus, uno dei quali sarebbe partito di là appunto alle nove per iniziare il servizio notturno, che durava sino alle due dopo la mezzanotte. Procedeva ora a passo rapido, Hirclet, quasi che, appena giunto ad Hampstead, volesse ripartirne con quel mezzo di trasporto. Allorché poi, data un’occhiata all’orologio alla luce di uno dei radi fanali, vide che mancava appena un minuto alle nove, si mise addirittura a correre. Non s’era mai voltato indietro; ma s’accorse allora che alle sue spalle altre persone correvano. Poi udí una fresca voce femminile che diceva, fra ansando e ridendo:

    — Su, presto, o perderemo la corsa!

    E poco dopo, correndo tutti e tre, Hirclet e la coppia che veniva dietro di lui, entravano attraverso il cancello sotto la tettoia chiusa tutt’intorno da alti muri, nella quale l’autobus, già pronto a partire, rombava rumorosamente. Ma troppo tardi; ché essi erano appena a pochi passi di distanza allorché il conducente mise in moto la pesante macchina, che s’avviò con un fragoroso scoppiettare del motore.

    Sempre ridendo, come se quella fosse un’avventura piuttosto comica, la donna s’era lasciata cadere su una panca di legno quasi addossata ad una delle pareti della tettoia, presso il cancello; e l’uomo, piú pacatamente, le si era seduto accanto. Hirclet, che era appena di un passo avanti a loro, li guardò appena, e vide cosí una ragazza fresca e belloccia, con un vestitino a fiorami evidentemente a buon mercato ma piuttosto grazioso che si sarebbe detto ne facesse risaltare l’attraente femminilità, e un cappellino di paglia a tese ricadenti ai lati. L’uomo, apparentemente giovane, aveva invece un cappello di feltro con la falda abbassata sugli occhi, sicché il viso non gli si scorgeva bene. L’autobus passava in quel momento davanti a loro, rombando piú che mai. Il conducente si protese un istante verso i tre passeggeri rimasti a terra, e gridò qualche cosa che poco si comprese, a causa del frastuono; ma parve che dicesse loro:

    — Ne partirà un altro fra breve!

    Hirclet aveva fatto un passo indietro, poiché la pesante macchina gli era passata davanti proprio ad un palmo di distanza per imboccare l’ampia arcata d’uscita dal cancello aperto; e in quell’atto inciampò contro i due seduti sulla panca, sicché cadde a sedere anche lui fra loro, o meglio addosso a loro, poiché la panca era stretta, a bracciuoli laterali e a schienale inclinato all’indietro. Con una parola di scusa volle rialzarsi; ma la ragazza lo trattenne nella positura in cui era, sempre ridendo, e disse, con una voce fresca e gaia che a Hirclet parve deliziosa, e con un lieve accento irlandese:

    — State, state pure: se e’è un’altra vettura che parte fra poco, aspetteremo.

    E cosí dicendo gli passò un braccio intorno al petto, come per rattenerlo nell’incomoda positura in cui era. Né Hirclet si sforzò di rialzarsi.

    Ora alcuni operai, conducenti e fattorini passavano vociando e ridendo, diretti verso il fondo della tettoia, dove si aprivano le porte degli uffici interni; ma nessuno badava ai tre in attesa. A costoro volse appena un’occhiata un ispettore dell’azienda, e sorrise. Probabilmente la situazione di Hirclet gli pareva non spiacevole, con quella gaia ragazza che, dietro di lui, continuava a ridere come se si divertisse un mondo. Passò; poi la tettoia rimase deserta. Dall’interno veniva ora soltanto il vociare degli addetti alla stazione.

    Hirclet non cercava piú di muoversi. Udiva ora la ragazza ridere sommessamente; e ad un certo punto si volse a guardarla. Gli parve veramente graziosa, con la bocca rossa un po’ grande ma assai ben fatta, gli occhi scuri socchiusi nell’atto di ridere, qualche ricciolo di capelli di un castano scuro che sfuggiva da sotto il cappellino.

    — Scusate, ma… — cominciò tuttavia a voce sommessa, con uno sguardo inquieto all’uomo, che non s’era mosso. Ma ella sporse le labbra, come ad accennargli di tacere, ed egli si rassegnò: volentieri, si rassegnò, di nuovo volgendo la testa, ed aspettando. Dall’espressione del suo volto non si sarebbe potuto capire se desiderava ora il sopraggiungere dell’altro autobus che avrebbe dovuto ripartire presto, o preferisse attendere ancora.

    Poi, quasi ad assicurarsi del suo silenzio, la ragazza, strisciandogli il braccio sul petto, levò la mano sino alla bocca di lui, ve la tenne. Fresca, piccola, morbida, quella mano, e lievemente profumata; e poiché gli rimaneva ora sulle labbra, Hirclet, evidentemente un po’ inebbriato per quell’inattesa avventura, la baciò. Ripetutamente, la baciò; e la ragazza non la ritrasse, continuando a ridere sommessamente.

    Alcuni minuti trascorsero cosí. Poi l’ispettore riapparve dalla porta di fondo, attraversando la tettoia per uscire; e senza fermarsi disse:

    — Se aspettate la prossima corsa, badate che mancano ancora venticinque minuti.

    — Che noia! — mormorò la ragazza; ma Hirclet, voltosi di nuovo a guardarla, vide che il sorriso, gli occhi gai, smentivano le parole. E poiché in quell’atto la mano di lei gli era rimasta carezzevolmente sulla guancia, egli di nuovo indicò con lo sguardo l’uomo seduto accanto, quasi a dire che si sarebbe potuto accorgere di quella eccessiva familiarità di lei verso uno sconosciuto. Ma ella scrollò la graziosa testa soggiungendo in un soffio: — Dorme!

    Poi ritrasse il braccio e sospinse dolcemente Hirclet, come per farlo alzare. Egli si alzò, infatti. Subito si alzò anche lei, diede un’altra occhiata al presunto dormiente, che aveva la testa reclinata sul petto ed una mano abbandonata oltre il bracciuolo della panca, e, preso il braccio di Hirclet, con un grazioso gesto della testa parve dirgli: «Andiamo».

    E si allontanarono, infatti, in punta di piedi, sino a che giunsero all’aperto. Là incontrarono l’ispettore, che rientrava.

    — Vi siete stancati di aspettare, eh? — sorrise quello. — O fate una passeggiatina? Non v’allontanate, se non volete perdere quest’altra corsa.

    — Grazie, saremo puntuali — rispose Hirclet, macchinalmente. E, con la ragazza che ora gli si stringeva al braccio, si allontanò verso il viale.

    Ella pareva ridivenuta improvvisamente seria, ora, trovandosi sola con quell’uomo che le era perfettamente sconosciuto; anzi, fatti pochi passi, sciolse il braccio da quello di lui, senza fermarsi.

    — Cara! — le sussurrò Hirclet; e volle passarle un braccio intorno alla vita; ma ella si divincolò con un rapido movimento, lo guardò con occhi quasi minacciosi, e inaspettatamente corse via, scomparendo alla svolta del viale mentre il giovinotto, meravigliato per quell’improvviso accesso di riservatezza femminile piuttosto strano dopo un contegno cosí provocante, rimaneva a seguirla con lo sguardo, sbalordito.

    Si sarebbe detto che egli, anche ora che la sconosciuta era scomparsa, se ne stesse a riflettere su quel piccolo mistero di cui non gli riusciva di trovare la spiegazione. Poi, ad un tratto, si riscosse udendo risuonare un grido sotto la tettoia, un tramestio, seguito subito dopo da altre grida e da un’esclamazione concitata:

    — Ma è morto!

    Rapidamente, allora, ritornò indietro; e pochi momenti dopo era di nuovo sotto la tettoia, dove, intorno alla panca su cui era stato seduto insieme coi suoi improvvisati compagni, s’era raccolto un piccolo gruppo di

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1