La mente sulla luna
Di Elisa Barone
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Troppo in fretta Assuntina ha dovuto rinunciare al sogno di una vita completa, felice. Imprevedibile e crudele è il destino che la vede già matura, ma ancora indifesa, a cercare il suo posto nel mondo. Lontana dall’unico uomo che abbia mai amato, pienamente ricambiata, sacrificati entrambi sull’altare dell’interesse e del tornaconto, dove sono gli altri a giocare, a scommettere e a vincere. Ma forse un posto nel mondo non c’è, forse la luna… sì, la luna, può accogliere chi dal mondo è ferito. Una donna come tante, fragile e resiliente, la cui storia vuole alzarsi a candido vessillo di resa. Accurate descrizioni di umori segreti e sentimenti delicatissimi fanno di queste pagine una lettura audace; l’anima di Assuntina le permea e riempie di note leggere, regalando al lettore un’armonia intensa e struggente.
Elisa Barone è nata a Salerno. Vive a Como, dove svolge la professione di avvocato. Ha pubblicato poesie e romanzi, partecipando a concorsi letterari organizzati da diverse associazioni ed accademie, conquistando importanti riconoscimenti. La mente sulla luna ha ottenuto il primo premio alla XVI edizione del Concorso Internazionale “Premio Alfonso Grassi”– Città di Salerno, 2021.
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Anteprima del libro
La mente sulla luna - Elisa Barone
Elisa Barone
La mente sulla luna
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6869-0
I edizione novembre 2022
Finito di stampare nel mese di novembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
La mente sulla luna
Introduzione
È la storia di un amore grande, di una magia che veste di gioia la vita di due giovani e che poi trasforma in dolore e strazio il loro addio.
Assuntina e Giulio si incammineranno per strade che mai più si intersecheranno e nessuno dei due riuscirà a perdonare l’altro.
Nell’Italia degli anni ’50 amare una persona già sposata, sia pur separata, costituiva un misfatto umano e sociale, con risvolti anche penalistici se l’amore usciva dalla clandestinità e dal buio in cui era nascosto.
Lui, per amore, le nasconde il passato e la trascina nell’inganno.
Ma, quando lei viene a conoscere il suo segreto, lui è pronto a sfidare le bombe sotto un cielo di guerra, convinto di vincere se fossero rimasti insieme.
Invece, lei non ha il coraggio di volare sopra bieche regole sociali di borghesia ipocrita e puritana e preferisce camminare da sola per il resto della vita, escludendo di volere e potere amare mai più un uomo.
Ad un certo punto però la vita si farà perdonare.
Assuntina avrà un figlio e riverserà sul proprio bambino tutta la sua immensa capacità di amare.
Alla fine della vita la sua mente vecchia, malata, smarrita la trascina lontana da tutto e da tutti e la fa rifugiare su un altro pianeta, forse sulla luna dove solo il volto di lui torna dal suo passato, si staglia avanti ai suoi occhi ed ancora esiste.
1.
15 agosto 2016.
Il sole di Ferragosto aveva fatto apparire più lungo il tragitto fra Napoli e Sorrento il cui paesaggio, pittoresco e colorato, puntualmente incantava anche chi ben lo conosceva, come Andrea e sua moglie.
Da molti anni andavano a Sorrento dove Andrea aveva un carissimo amico, vecchio compagno di scuola, ma anche altri amici che avevano acquistato proprio a Sorrento la seconda casa, per rifugiarvisi nel fine settimana e godere la quiete rilassante che a Napoli non c’era.
L’auto, benché confortevole e con l’aria condizionata al massimo, si era oltremodo riscaldata e i bambini sul retro mostravano insofferenza dopo poco più di un’ora di viaggio.
Di lì a poco sarebbero arrivati alla casa per anziani, Villa Paradiso.
Andrea capiva che moglie e figli non avrebbero voluto quella sosta forzata ed infelice ma lui non poteva concedersi quella lunga vacanza a San Marco senza rivedere sua madre, Assuntina, che lui andava a trovare ogni settimana ma che per quel mese, a causa delle vacanze, avrebbe rivisto dopo una trentina di giorni. Infatti sarebbero rimasti nella villa di San Marco di Castellabate fino a metà settembre, e cioè fino all’inizio della scuola dei bambini e la ripresa del lavoro per Andrea.
Sua moglie Colette, seduta accanto a lui, appariva infastidita, del resto non poteva comprendere l’importanza che il Ferragosto aveva avuto in passato per sua madre e per tutta la famiglia.
Il 15 agosto era il giorno onomastico di sua madre ed era anche il compleanno: per tale motivo le era stato dato il nome della Madonna, assunta in cielo.
Ogni anno, a Ferragosto, nella villa di San Marco, i suoi genitori facevano una grande festa; Andrea ricordava le grandi grigliate, tutti gli amici e i parenti e in particolare, con tenerezza, ricordava sua madre, al centro dei festeggiamenti fra auguri e tanti regali.
L’abito per il Ferragosto veniva acquistato a Napoli fin dal mese precedente; era sempre colorato perché Assuntina amava i colori, quei colori con cui non aveva potuto colorare la sua vita.
Lei, a un certo punto, aveva sposato, senza amarlo, Nicola, vedovo con due figli, dopo soli pochi mesi di conoscenza.
Dopo un anno circa era nato Andrea, suo unico figlio, e lo aveva amato come di più nessuno avrebbe potuto amare.
Tutti normalmente amano i propri figli ma non per tutti un figlio rappresenta la sola ragione per vivere.
Per Assuntina fu così.
Lei finse di vivere per sé e volle vivere realmente per Andrea che non comprese mai le ragioni di un amore così totalitario ed esclusivo.
Le feste di Ferragosto si erano tenute anche dopo la morte di suo padre Nicola finché sua madre Assuntina cominciò ad ammalarsi.
Il male, inizialmente, si manifestò attraverso una sorta di assenza, di mancanza di interessi, di scarsa attenzione per l’unico adorato figlio e per i due nipoti, Nico ed Alessandro, che Andrea aveva avuto da due donne diverse, Beatrice, la prima moglie, e Colette, parigina conosciuta a Roma durante un viaggio di affari, in un hotel dove la giovane girava spot pubblicitari per una azienda di cosmetici.
L’incontro con Colette aveva sconquassato una vita comunque serena ed appagante, che fece affrontare a Andrea e a Beatrice il dramma della separazione.
A causa dell’amore per Colette, fra Andrea e sua madre, per la prima volta, un muro di incomprensione, di giudizio, di condanna venne elevato, mattone su mattone, da Assuntina, sorda alle ragioni addotte dal figlio in nome di un grande amore che cancellava una famiglia.
L’innamoramento del figlio per la giovane parigina, riportò alla mente di Assuntina ciò che Andrea ignorava del passato di sua madre, le sue scelte obbligate, la lotta di una vita per seppellire un amore di gioventù grande come il mare e devastante come un maremoto.
La strada per giungere al lussuoso istituto per anziani era collinare.
Colette aveva taciuto per tutto il viaggio.
Non amava incontrare la suocera e, benché consapevole della malattia, puntualmente, si irritava quando la chiamava Beatrice, riconosceva il nipote Nico e del più piccolo, Alessandro, con la sua aria stralunata, diceva: «Chi è questo?».
Eppure, a un certo punto Colette interruppe il lungo silenzio e non poté non parlare in presenza di una fioritura di begonie, bouganville, amanthea lungo il viale alla fine del quale il cancello di Villa Paradiso venne aperto dal custode dalla guardiola, che aveva scorto l’avvicinarsi dei visitatori.
Colette esclamò: «Capisco il nome di Villa Paradiso dato a questo posto; non so quanta gente abbia mai visto in una volta questa miriade di colori ed abbia potuto godere di simile profumo».
L’auto si addentrò nel grande parco e Andrea la mise in sosta a pochi passi dai gradini in marmo, con ai lati fiori colorati, meravigliosi, profumati come quelli del viale e di tutto l’immenso parco.
All’interno della villa antica, mobili sontuosi e barocchi, specchiere dorate e quadri incantevoli alle pareti, arricchivano grandi sale pavimentate con maioliche colorate con fiori e foglie della ceramica vietrese.
Il fresco del luogo con aria condizionata regalò sensazione di comodo sollievo.
Attesero pochi minuti, Colette malcelava l’insofferenza nel vero senso della parola e cioè avrebbe voluto celarla ma non ci riusciva, e i bambini facevano fatica a restar fermi in una situazione che obbligava a silenzio ed immobilismo, sicuramente non adatti per la loro età.
Sentirono il rumore di passi per i tacchetti che Assuntina non voleva smettere di calzare nei giorni in cui la vestivano elegantemente e lei, conservando piccoli sprazzi di una sorta di barlume, sceglieva fra i suoi abiti colorati e pregiati e fra un certo numero di scarpe portate da casa.
Nel salone comparvero Assuntina e Maria Pia, l’educatrice a cui era affidata.
Aveva un abito di seta blu, con piccoli fiori gialli, la scollatura mostrava carni più sode e più lisce rispetto alle altre donne ultraottantenni, aveva la collana di perle sempre avuta da quando Andrea potesse ricordare così come il brillante solitario all’anulare sinistro.
Era pettinata con cura e i capelli ondulati ed argentati incorniciavano il volto che riusciva a conservare tracce della bellezza passata.
Gli occhi, ancora incredibilmente azzurri, erano incantati, persi; il sorriso strano, diverso da quello che aveva prima di ammalarsi: ora lei sorrideva ma appariva distante, come stesse su un altro pianeta, come se la sua mente fosse altrove insieme a pensieri ignoti, a ricordi nebulosi, a immagini che vedeva solo lei.
Andrea l’abbracciò forte, come sempre, Colette avvicinò le sue guance a quelle di Assuntina, senza neanche sfiorarle, indifferente al disagio di suo marito che pure lei riteneva di amare molto.
Con un filo di voce Assuntina riuscì a dire: «Beatrice, grazie che sei venuta!» e poi: «Nico, Nico mio, come sei bello» e ancora: «Chi è questo bambino?» rivolto al piccolo Alessandro.
Andrea le ricordò che Alessandro era il suo secondo figlio e che la moglie non era più Beatrice ma Colette.
Assuntina disse: «Ma è rosso questo bambino, nessuno è rosso di noi, chi è?».
Andrea comprese che la visita doveva concludersi in breve.
I bambini rimasero seduti mentre Colette si avvicinò alla finestra ad ammirare la bellezza del prato e il mare in grande lontananza, mentre mentalmente diceva a se stessa che l’enorme costo di Villa Paradiso era giustificato mentre non era giustificabile che una vecchia che non si rendeva neanche conto di stare al mondo, dovesse stare in un posto simile con inutile spreco di denaro familiare.
Assuntina alzò tutto il braccio e così la mano raggiunse il viso di suo figlio per accarezzarlo e lui si chinò e la strinse forte e poi al centro fra i due bambini, sospinse entrambi verso la nonna che sorrise al più grande non riuscendo, appunto, a riconoscere l’altro.
Colette, sollevata per la fine della visita, si chinò per una sorta di bacio e quasi le sfiorò la guancia con la sua.
Assuntina rimase a guardare suo figlio che si allontanava insieme alla moglie e ai due figli; l’assistente le stava accanto e appena non fu più possibile scorgere i familiari, accompagnò Assuntina in camera, in attesa del pranzo che sarebbe stato allietato con musica e canti da animatori professionisti.
La donna si avvicinò alla finestra chiusa e guardò i mille colori del parco e l’azzurro forte di mare e cielo.
Nessuno sapeva, nessuno poteva sapere e comunque a nessuno interessava ciò che vedeva Assuntina quando gli occhi stralunati vagavano sulla distesa azzurra né quando di notte, senza esser vista, si avvicinava alla finestra sbarrata e, attraverso i vetri antisfondamento collocati in ogni camera, guardava il cielo e cercava la luna.
E anche in quel giorno di Ferragosto, mentre passava il tempo prima del pranzo, avanti ai suoi occhi compariva quella solita immagine vaga, ormai sconosciuta, un volto sfocato con ricci neri e cadenti sulla fronte e sul collo.
Chi era?
Lei non lo conosceva.
Lei non conosceva più nessuno o quasi.
Ma quel volto era esistito, tanti, tanti, tanti anni prima.
E cosa c’entrava il mare?
Cosa c’entrava la luna?
2.
Settembre 1954
La corriera era partita da Cava dei Tirreni da circa un’ora e procedeva lentamente verso Amalfi.
Come ogni giorno le lezioni per lei iniziavano alle 9 e cioè 2 ore dopo la partenza e anche quella mattina lo scenario meraviglioso della costiera, le rocce alte, l’immensa distesa di acqua dalle mille sfumature d’azzurro, i colori dei paesi attraversati, sarebbero stati ignorati e trascurati per riguardare passi di letteratura e appunti per la lezione presso la scuola privata retta da suore.
A pochi mesi dalla laurea, Assuntina riusciva già a fare supplenze in un prestigioso collegio e, consapevole della importante opportunità, impiegava quei primi pomeriggi da insegnante a studiare intensamente.
L’attendeva un anno scolastico faticoso e, anzi, cominciava a prendere in considerazione di trovare un alloggio dove trascorrere i giorni fino al venerdì; sua madre Rosaria, infatti, benchè anziana e malata, si era preoccupata dell’esigenza di Assuntina, l’ultima di otto figli e aveva chiesto a una cugina di Vietri di aiutarla per trovare un alloggio tanto che il sabato seguente Assuntina, accompagnata dalla parente, avrebbe visitato la casa di Amalfi dove stare fino a quando il professore titolare rientrasse dalla malattia certificata per almeno 5 mesi.
Però non sarebbe stato così.
Non fu così.
La vita, senza preavvisare, pose sul tavolo un’altra carta e Assuntina obbedì al comando della vita.
Lei aveva inviato lettere per insegnare