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I Guardiani Immortali II: L'Arcano Destino
I Guardiani Immortali II: L'Arcano Destino
I Guardiani Immortali II: L'Arcano Destino
E-book442 pagine6 ore

I Guardiani Immortali II: L'Arcano Destino

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Info su questo ebook

Ritrovandosi all'improvviso figlie di Ignazio, le tre sorelle vengono catapultate ad affrontare molte insidie. Le gemelle Kendra e Amalia diventano complici della "prescelta", Isotta, alla quale toccherà l'onere di affrontare un arcano destino per salvare le anime degli avi. Tra rocambolesche avventure e ignari enigmi, Isotta si ritroverà a essere una pedina nella rete del fato, circondata dai Guardiani che da sempre vigilano sulla sua persona, proteggendo il ruolo a lei affidato.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mag 2021
ISBN9791220807333
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    Anteprima del libro

    I Guardiani Immortali II - Sandra Balbonesi

    cover.jpg

    Sandra Balbonesi

    L’arcano destino

    Sandra Balbonesi

    ©2021 Sandra Balbonesi

    Prima edizione: Maggio 2021

    Tutti i diritti sono riservati

    Ogni riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo, deve essere preventivamente autorizzata dall’Autore.

    Sandra Balbonesi

    L’Arcano Destino

    I Guardiani Immortali II

    Il destino non perse tempo,

    elaborando un nuovo machiavellico percorso.

    Tutto era pronto per l’innocente maga,

    conosciuta come Isotta la Prescelta.

    Nuove entusiasmanti emozioni la aspettavano

    e strani enigmi attendevano di essere risolti.

    Impensabili incontri stazionavano dietro l’angolo

    e nuove responsabilità la cercavano.

    Pronta e attenta, disputò una sfida epocale,

    la più grande che il destino potesse escogitare.

    Poppi

    Furono giorni pieni di soddisfazioni, organizzare il matrimonio di Dora e Ignazio impegnò le sorelle che, strette in un’unica morsa di complicità, pensarono a quello che l’evento richiedeva. Mancavano solo due giorni all’attesa cerimonia ma quella sera, presa dalla nostalgia, Isotta si rifugiò in biblioteca in cerca di Dante, il fantasma diventato ormai un amico e un sincero confidente.

    «Ciao Dante. Ho bisogno di parlare con te, ci sei?» si guardò intorno con insistenza aspettando il famoso e ovattato pouf.

    Rammaricata per non aver ricevuto nessun tipo di risposta, la ragazza prese un libro e, prima di iniziare la lettura, accese il PC e digitò:

    Da Streghetta a Merlino:

    Ciao mago, finalmente la scuola è finita. Sono felice, perché tra pochissimo i miei tutori diventeranno a tutti gli effetti genitori. Anche se tutto sarà fantastico, una cosa di sicuro mi mancherà e sai qual è? Stare con Gabriele, lui mi piace ma purtroppo l’anno prossimo si trasferisce. Uffa, mai niente che vada per il verso giusto. Con simpatia, la tua streghetta.

    Improvvisamente, l’aria intorno a lei si agitò, mostrando poco dopo l’immagine del fantasma: «Ciao piccola, hai bisogno di un amico?» chiese beffardo l’ectoplasma, constatando che la ragazza ogni tanto ne sentiva la mancanza e questo gli procurava un certo piacere.

    Sentirsi utile come uno zio lo gratificava.

    «Ciao Dante, non sai quanto. Voglio invitare Gabriele a Capalbio ma non trovo il coraggio, mi puoi aiutare?» disse con occhi lucidi e supplichevoli.

    Isotta era certa che quella bocca, da secoli silenziosa, avrebbe rilasciato un consiglio.

    «Mi dispiace piccola, non posso intervenire nelle questioni di cuore».

    Sapendo bene quale strano destino la ragazzina avrebbe affrontato, rimase generico nella risposta, non voleva illuderla con false certezze.

    Il giorno del matrimonio arrivò e Dora era bellissima con l’abito da sposa color avorio, un abito per niente sfarzoso: la donna aveva trovato quel che più le piaceva nella semplicità. Ignazio indossava un completo grigio perlato con un cappello a forma di cilindro, e sembrava emozionato mentre guardava quella donna che presto sarebbe diventata sua moglie.

    La cerimonia avvenne in forma privata perché non volevano avere intorno molta confusione, ma niente mancò per incoronare quell’amore sbocciato all’improvviso.

    «Siete bellissimi, adesso possiamo sentirci una famiglia?» domandò Kendra ai due neosposi mentre si apprestava a dare uno dei suoi abbracci, di quelli belli, stretti.

    Loro, in risposta, le circondarono con le braccia più amorevoli che avrebbero potuto trovare. Gli sposi rinunciarono ad andare in viaggio di nozze, perché volevano condividere quegli attimi di felicità con le figlie. Il tempo che il destino gli aveva riservato stava scorrendo, per loro protagonisti, primi attori, di quella nefasta storia redatta.

    Era luglio, un mercoledì mattina molto bello, il sole era alto quando Ignazio salì in macchina per andare a Capalbio. Come ogni anno, era il primo a lasciare il castello con l’intento di arrivare in Maremma e controllare che tutto fosse stato ben organizzato per accogliere la nuova famiglia. Ogni volta era sempre più difficile per lui allontanarsi dalla moglie, sapendo quale destino li unisse.

    «Ciao babbo, allora ci vediamo sabato giusto?» disse Amalia, senza distogliere lo sguardo dal display del cellulare.

    Aspettava infatti con impazienza una chiamata di Donovan, era ammirevole con quanta facilità prendesse a cuore l’amicizia con le persone.

    «Sì cara, non fate dannare vostra madre» disse l’uomo salutando le figlie, mentre si accertava che il rimorchio in cui era stato messo il cavallo fosse ben chiuso.

    Così, il piccolo corteo che ogni anno si formava per dedicarsi alle vacanze, lasciò la cittadina di Poppi. I preparativi per la lunga assenza portarono via molto tempo ed energie alle sorelle, le quali, a causa della stanchezza, la sera si addormentavano ovunque, come se niente fosse. Dora rideva quando la mattina, riunite intorno al tavolo per la colazione, si raccontavano il posto più bizzarro in cui si erano addormentate: nel bagno, sul tappeto dietro a una poltrona o sul pianerottolo delle scale e Kendra appoggiata alla porta della camera. Giunse infine il momento tanto atteso, le vacanze estive promettevano un sano divertimento e le gemelle sognavano a occhi aperti la compagnia dei due fratelli Donovan e Dilan, mentre per Isotta ancora una volta, il divertimento fu rimandato.

    Capalbio

    «Ciao belle, ben arrivate».

    Contento di vederle, Ignazio andò incontro a quelle meravigliose figlie. Diede il personale benvenuto alla moglie con un bacio, sapendo che certe attenzioni non avrebbero messo in imbarazzo le presenti.

    «Allora, solite camere?» domandò Kendra tirandosi dietro il trolley pieno zeppo di abiti.

    Amalia si sorprese nel notare la differenza dei due bagagli, il suo e quello che in quel momento stentava a salire le scale, trascinato su da una ragazzina frettolosa. Isotta, invece, si fermò sulla soglia e guardandosi intorno ricostruì i momenti più bui della sua vita. Ammirando il ritratto di Pamela e Ludovico cominciò a piangere, nel suo cuore il loro ricordo era ancora una ferita aperta.

    «Entra cara, lo so, è difficile, ma vedrai che tutto passerà».

    Con l’amore di una vera madre, Dora spinse Isotta per le spalle, le fece oltrepassare la soglia di casa e la baciò su quella nuca ancora troppo giovane. Così facendo, le trasmise un po’ di magia curativa, quella che di solito dava alle sorelle nel momento del bisogno. Le tre sorelle si sistemarono nelle rispettive camere, quelle che Ignazio aveva arredato seguendo le loro direttive. Mentre agli sposi spettava una nuova camera, all’interno vi era un enorme letto con coperte di raso e tendaggi di pizzo che addobbavano la stanza, era presente anche un soppalco da dove scendevano centinaia di filari verdi di edera, una sorpresa che l’uomo volle fare alla sua sposa.

    Dopo cena la serata fu tranquilla, decisero di giocare tutti insieme a carte, tra le varie opportunità di gioco optarono di cimentarsi in una sfida a Pinnacolo. Da molti anni la tenuta ospitava quella famiglia e la complicità riuniva i presenti in una splendida convivenza. Gli inservienti, gli animali e gli alberi da frutto facevano da cornice a quei momenti, regalando piccoli frammenti di vita vissuta, mentre ricordi del tempo passato riaffioravano nelle loro menti.

    La mattina successiva Isotta, dopo colazione, andò alle scuderie poiché sentiva il bisogno di montare Thaurus, di galoppare sulle colline che ogni volta si vestivano di uno strabiliante scenario. Osservandolo dall’alto, ancora coperto da un velo di foschia, il paese sembrava nascondere segreti e misfatti. Il sole contribuiva all’aria magica che respiravano proiettando una luce rossastra, calda e corposa quasi nascondendo inconsapevoli enigmi. Pensava spesso a Jacopo, quel ragazzo l’aveva delusa e nello stesso tempo intrigata con quell’avvicinarsi particolare che adoperava. Era un periodo strano per lei, non voleva avere niente a che fare con nuovi amici o nuovi incontri. Si sentiva triste perché non poteva fare con Gabriele quello che invece il cuore le ordinava.

    Quando rientrò fece una doccia, poi accese il PC e ancora una volta il pensiero si soffermò su quell’amico virtuale e aprendo la chat scrisse:

    Da Streghetta a Merlino:

    Ciao mago. Qui in Maremma il tempo si ferma con il clima tenue, il verde e le feste, tutto ti catapulta in un altro mondo. Anche se Poppi ti racconta la storia, Capalbio ti trasporta nella natura. Un bacione, tua streghetta.

    Una volta scritto, andò in cerca delle gemelle, voleva invitarle a fare un giro in bicicletta, ma Kendra e Amalia non ne ebbero voglia così ancora una volta si ritrovò da sola: per niente al mondo voleva poltrire, un atteggiamento del genere non era da lei. Prendendo la bicicletta si allontanò dalla tenuta, si recò in paese a vedere se qualche ragazza conosciuta l’estate prima avesse scelto di nuovo Capalbio come meta delle proprie vacanze. Per andare al paese la strada obbligatoria da fare era quella che passava davanti alla tenuta dei I due diavoli, Isotta vide che le persiane erano ancora chiuse, segno che i proprietari non erano ancora arrivati. Quando arrivò in paese legò la bicicletta davanti a un negozio di alimentari, comprò un gelato alla fragola e cioccolato e andò sulla terrazza che offriva una bella veduta sulla vallata. Distratta nell’ammirare tale bellezza, non fece caso al ragazzo che con passo felpato, da predatore, si era avvicinato per farle una sorpresa. Improvvisamente due mani le tapparono gli occhi, da quel particolare profumo riconobbe il suo assalitore.

    «Ciao Jacopo, non sai che è maleducato avvicinarsi così di soppiatto?» dimostrandosi tranquilla, custodiva dentro di sé un vulcano di emozioni.

    Con scioltezza levò le mani del ragazzo dal volto e girandosi lo guardò con aria indagatrice.

    «Buongiorno bellezza, quando sei arrivata? Noi in questo momento ci siamo fermati per un caffè».

    Chiamato dal fratello, Jacopo si allontanò e salutò frettolosamente la vecchia amica promettendole di farsi vivo il prima possibile. E lei, delusa dalla novità, pregò affinché non diventasse il guastafeste delle vacanze.

    Firenze

    Benché fosse luglio, i due fratelli Donovan e Dilan erano indaffarati al pub, la clientela infatti non mancava e ormai i ragazzi che abitavano in zona erano una presenza fissa attirati dai tornei di carte e dai vari karaoke. Il pub era una buona occupazione per quei fratelli complici del grande mago. Gabriele presto avrebbe ripreso la sua vera identità, ritornando a essere Raphael, ma ancora una volta avrebbe dovuto subire un’aggressione sul corpo a causa delle attenzioni che Isotta riceveva.

    Di nuovo, si ritrovò a gridare e a contorcersi come un folle per quell’assalto, maledicendo di nuovo l’inopportuno ragazzetto. Donovan, come fosse la sua ombra, si accorse del fatto e, lanciando il grembiule da lavoro sul bancone, scappando via avvisò con lo sguardo suo fratello. Era brutto vederlo così sofferente, ogni volta che vi assisteva, pregava che tutto quello a cui era sottoposto il suo re finisse quanto prima.

    Quando arrivò in casa lo trovò sdraiato sul tappeto in camera con il telefono in mano e nel display il suo numero di cellulare, una chiamata mai fatta dal momento che era svenuto.

    Lo prese in braccio e lo posò sul letto, poi si allontanò per andare a prendere delle pezze, doveva fare degli impacchi di acqua fredda e lenire quel dolore così opprimente.

    «Cazzo, che spavento!»

    Arrivando di corsa non immaginava di trovarsi davanti Raphael nella sua vera identità, lasciando un ragazzino alle prime conquiste in quel letto dove molte volte il cuore camaleontico che possedeva, lo tramutava in altre sembianze.

    «Dai, non ti meravigliare, lo sai che il tempo della trasformazione è scaduto per questa volta. Ho tre mesi da passare nella mia vera identità e poi di nuovo un’altra trasformazione» rispose il mago mentre accettava con gratitudine l’antidolorifico e le pezze fresche che il fratello gli stava passando.

    «Sì, lo so, però non pensavo che sarebbe successo proprio ora e poi copriti, cazzo, sei inguardabile!»

    Sorridendo, Donovan gettò una coperta addosso al fratello.

    Ma davvero era inguardabile oppure era solo frutto della gelosia con gli attributi che Raphael aveva?, pensò, mentre gli gettava sul letto una tuta per farlo vestire.

    «Mi raccomando, appena hai tempo telefona e senti cosa è accaduto, anche se ho già la risposta sulla punta della lingua. Se adesso è a Capalbio, Jacopo è tornato a importunarla» commentò con rabbia il mago mentre, indossando la tuta, si recava a piedi nudi in cucina per farsi una tisana, lasciando che il fratello ritornasse al pub.

    Nel pomeriggio andò al locale a trovare i fratelli, poi mangiò qualcosa e assistette alla telefonata che Donovan fece a Isotta.

    «Ciao Isy, sono Donovan. Come vanno le cose, le tue sorelle come stanno, hai incontrato amici del passato?» sembrando un vecchio zio curioso, tempestò la ragazzina di domande.

    Accorgendosi dello sbaglio, guardò il mago e alzando gli occhi al cielo pregò che lei non si accorgesse di nulla.

    «Ciao Donovan, grazie per avermi chiamato anche se non mi spiego perché non hai telefonato ad Amalia. Qui tutto okay, il tempo è bellissimo e cerchiamo di tenerci impegnate durante il giorno. Per adesso ho rivisto solo Jacopo perché il paese è in attesa dei suoi villeggianti, voi tutto bene?» rispose Isotta, decidendo di non rivelare a nessuno quella telefonata.

    Per lei qualcosa stava bollendo in pentola: aveva sentito il ragazzo titubante e dal tono di voce incerto, era sicura che stesse nascondendo qualcosa.

    Donovan guardò Raphael che, gesticolando, incitava il fratello a portare avanti quella pantomima.

    Sentendosi in colpa per l’inganno in atto, chiuse la chiamata e gettò il cellulare con rabbia sul bancone e senza troppa grazia disse: «Non obbligarmi più a mentirle, non mi piace!».

    Raphael capì il disagio che aveva dovuto sopportare e rassicurò il fratello che non avrebbe preteso più un intervento di quel tipo.

    Capalbio

    Sconcertata dalla telefonata appena ricevuta, Isotta andò nella stalla dove Thaurus, rinchiuso nel box, stava aspettando il momento di uscire. Quando la fantina entrò, l’animale si inchinò e nitrendo dette il benvenuto alla sua regina, ancora una volta Isotta si chiedeva per quale motivo il cavallo le dedicasse un tale omaggio. L’aria era frizzante, calda e carica di sensazioni, ricordi e allegria, lei e lo stallone avevano un’intesa unica, insieme galoppavano nelle valli verdeggianti mentre il cielo mostrava bianche nubi che sembravano panna montata. In lontananza, a sua insaputa, il destino era in movimento e nascosto come un ladro, stava elaborando il suo progresso.

    Le gemelle, nel frattempo a casa, la cercavano in ogni dove perché dopo aver parlato con i genitori, avevano deciso di andare a mangiare fuori. Ma la ricerca non ottenne alcun risultato, quindi decisero di lasciarle un biglietto con scritto che la governante le avrebbe preparato qualsiasi cosa avesse desiderato mangiare.

    Quando arrivò a casa, Isotta telefonò a Dora rassicurandola che li avrebbe aspettati sveglia, non immaginando di ricevere una visita inopportuna alle nove di sera.

    «Signorina, mi scusi, c’è il signorino Jacopo che vuole parlarle, lo faccio accomodare?» chiese la governante con aria indispettita per quella visita improvvisa, chiedendosi se i giovani non sapevano fare uso delle buone maniere.

    «Sì, ma saresti così gentile da rimanere qui? Non mi va di stare sola con lui» rispose Isotta andando verso la donna e ringraziandola in anticipo non dimostrò l’ansia che aveva addosso.

    «Ciao bella, ti disturbo?» entrò saltellando, baldanzoso e gaio non si curò dello sguardo severo che la governante gli lanciava.

    «Non solo disturbi me ma anche la mia governante, cosa diavolo vuoi?»

    In collera con se stessa, la ragazzina si pentì di averlo fatto passare. Vederlo in quello stato la traumatizzò, se ne rese conto tardi, altrimenti non avrebbe dato il consenso a quell’inutile dialogo che stavano avendo.

    «Come siamo acide, tranquilla non ti salto addosso. Volevo invitarti domani sera a cena a casa mia, così colgo l’occasione di farti conoscere mio padre e, se vuoi, porta pure le tue sorelle».

    Le rivolse quell’invito con fare cerimonioso mentre, non invitato, si versò due dita di amaro, guardandola con occhi accattivanti, si passò la lingua sulle labbra come assaporasse un gusto tutto suo.

    «Ti ringrazio, ne parlerò con le mie sorelle e ti farò sapere domani entro mezzogiorno, ora se non ti dispiace vorrei ritirarmi».

    Spegnendo la televisione, gli fece capire che doveva andarsene, un invito che non tardò a essere afferrato. Il ragazzo con un inchino traballante si congedò, pregustando già la visita del giorno dopo. Sapeva infatti che avrebbero accettato perché come sempre tutto venne calcolato, stabilito da quel destino in atto. Chiusa la porta a doppia mandata, Isotta ringraziò la donna e salì in camera, una volta indossato il pigiama prese il PC:

    Da Streghetta a Merlino:

    Ciao mago, non sai cosa diavolo è successo poco fa, sembra proprio che Jacopo voglia darmi il tormento. Si è presentato qui come fosse ubriaco, biascicando un invito a cena. Secondo me, se non accetto, cercherà di farmela pagare. Cosa dici, mi conviene andare? Tanto con me ci saranno anche le gemelle. Ti saluto, ciao.

    Poi prese un libro e si mise a leggere per ingannare l’attesa dei genitori. Ormai era quasi mezzanotte e Morfeo esigeva quell’abbraccio che non tardò ad arrivare. Cadendole dalle mani, il volume chiudendosi andò a rifinire sul tappeto, una traiettoria seguita da due occhi che, come guardiani, la controllavano.

    La mattina seguente Kendra e Amalia le proposero di fare un giro in bici ma si rifiutò: senza capirne il motivo, l’irrequietezza, la noia e un po’ di paura padroneggiavano in lei. Si ritirò in biblioteca con il portatile di Ignazio e con svogliato interesse aprì la posta, la risposta inattesa arrivò.

    Da Merlino a Streghetta:

    Ciao streghetta, mi mancavi. Un mio consiglio? Non andare, e poi se sei convinta che sia in cerca di altro, a gran voce ti dico lascia perdere. Con affetto, tuo Merlino.

    Lei ne era certa che non le avrebbe suggerito di andare, ma si sentiva eccitata all’idea di vedere l’ambiente in cui Jacopo abitava. Si era accorta che lui era diverso da come si mostrava. Ignazio si offrì di accompagnarle, assicurandosi che non fossero soli in casa.

    Quando arrivarono, il padre si presentò all’uomo, mentre sopraggiungeva il gemello che, con galanteria, salutò le sorelle comportandosi da vero gentiluomo, ciò che a suo fratello mancava era un po’ di civiltà.

    A tavola le portate potevano essere considerate degne di un imperatore, per fortuna era stato apparecchiato in maniera strategica con le sorelle da una parte e i fratelli dall’altra, il padre a capotavola. C’era un coperto in più e Isotta sapeva che doveva arrivare un ospite ma quello che la incuriosiva era sapere se il terzo giovane era stato invitato per portare una sorta di parità tra femmine e maschi. Infatti, con dieci minuti di ritardo, arrivò Federico, il cugino dei gemelli, un ragazzo sui diciotto anni, capelli rossi tagliati a spazzola e le sopracciglia che rispecchiavano lo stesso colore dei capelli, occhi verdi, il mento dritto che ospitava labbra carnose: nell’insieme era un bel vedere e, ignaro, catturò da subito l’attenzione di Amalia.

    Dopo cena il padre li lasciò soli, prima di andarsene sorrise sotto i baffi a quel figlio particolare, perché lui era complice dei suoi assurdi piani. Finito di mangiare e fatto le presentazioni, i sei ragazzi decisero di giocare al gioco della bottiglia, scelto perché offriva più spettacolo grazie alle penitenze.

    Il tempo passava e la bottiglia girava, fino a quel momento erano state affrontate penalità tranquille ma a quel giro… «Adesso, quando la bottiglia sceglierà il candidato, ci sarà una punizione che vorrei svolgere in privato. Si tratta di salire dieci minuti in camera mia con lo sfortunato o la sfortunata che sarà stata scelta dal fato».

    Naturalmente fu Jacopo a girare la bottiglia e, aiutandosi con la magia, che teneva segretamente nascosta, fece sì che Isotta fosse la prescelta di quell’attesa punizione.

    «Dai, non ci credo, posso rifiutare?» domandò Isotta, non volendo assecondare quella richiesta che sapeva con sicurezza essere stata manovrata.

    «Dai, mica ti salto addosso, di cosa hai paura?» incoraggiato dal cugino e dal fratello, Jacopo insisteva, pregustando già quel contatto cercato da tempo.

    Lei, incitata dalle sorelle, accettò la mano che il ragazzo le porgeva e salirono in camera. Quando entrarono, Jacopo chiuse la porta a chiave, intimando così gli altri di non intervenire in quel contesto, escludendo la compagnia da quello che aveva in mente di fare. Raggiunse Isotta che si era rintanata in un angolo e tremava per le avance che lui le stava per fare, si avvicinò, le prese il volto tra le mani e la baciò. Fu un bacio casto ma non era quello il motivo della sua agitazione, bensì le mani che volevano a tutti i costi toccare ciò che a ogni ragazzo piace. Riuscendo a sgusciare via dalla presa, sconvolta e tremante raggiunse la porta; uscita dall’incubo arrivò dalle sorelle con aria spaventata e arrabbiata. Jacopo rimase ansimante ed eccitato, con rabbia giurò di fargliela pagare, quella stronza non poteva trattarlo così. Con la mano cercava di aggiustarsi il membro gonfio e turgido nei pantaloni, ma non ne voleva sapere di obbedire e così dovette darsi soddisfazione: azione che gli fece perdere minuti preziosi. Appena Isotta ebbe raggiunto le sorelle, digitò sul cellulare, con una certa agitazione, il numero del babbo e gli chiese se potesse andarle a prendere prima del previsto, per lei la serata si era conclusa.

    Firenze

    I fratelli come sempre si dedicavano cuore e anima al lavoro, le giornate erano soddisfacenti, la clientela sembrava aumentare e di questo ne erano felici. All’ora di pranzo, decisero di mangiare insieme, ma Raphael non ebbe il tempo di pregustare l’invito che, lanciando all’improvviso un urlo, capitolò nell’agonia. La febbre e le convulsioni, si manifestarono senza preavviso, ancora una volta tutto stava accadendo, ed era troppo presto. Con solerte freddezza, Donovan lo accompagnò sul retro del locale dove tenevano una brandina per riposarsi e, come sempre, gli prestò le prime cure, ormai era diventato il suo personale guardiano.

    «Cazzo, ci risiamo, quando finirà questa maledizione?» disse con rabbia e flebile voce Raphael.

    Di sicuro avrebbe fatto volentieri a meno di quel dolore, come di consueto una telefonata doveva essere fatta per accettarsi di cosa diamine avesse messo in funzione quel tormento.

    «Che diavolo! Ancora una volta quell’impiastro di Jacopo, ci scommetto».

    «Dai ti capisco, ma non lamentarti troppo: sai cosa sei e cosa devi affrontare, quindi cerca di vivere la tua vita con tranquillità».

    Il fratello non si risparmiò nel dire quello che pensava, ma allo stesso tempo capiva le difficoltà che il re doveva subire. Donovan, venendo a conoscenza di ciò che era accaduto, telefonò di nuovo a Isotta che ancora una volta si domandava come mai non telefonasse ad Amalia, in fin dei conti lei era la sua prediletta. La strana e l’inattesa situazione iniziò a insospettirla, aveva infatti notato che dopo ogni intromissione di Jacopo, con estrema puntualità arrivava l’inusuale telefonata. Decise di mantenere segrete quelle chiamate alle gemelle, così facendo non avrebbe dato spazio a strani fraintendimenti.

    Capalbio

    La stagione estiva aveva preso il via, i bagnanti assalivano le spiagge che in un batter d’occhio si trasformavano in distese colorate, colpa degli ombrelloni variopinti e di diverse misure che venivano aperti. La spiaggia fine e calda si faceva protagonista di svariate attività; un improvvisato campo da pallavolo costruito con parsimonia con rete e confini, si apprestava a ospitare una partita tra i bagnanti di una certa età e quelli più giovani, il premio in palio era un coupon per una cena a due presso un ristorante di lusso che si trovava lungo la costa. Lì vicino, sempre sulla spiaggia, si scavò una pista per fare gareggiare le biglie dai mille colori, venivano spinte con un tocco detto biscotto, il gioco preferito dai bambini più piccoli. Il primo partecipante che raggiungeva il traguardo avrebbe ricevuto un buono per assistere allo spettacolo di burattini che tutte le sere deliziava i turisti della zona. Poi c’era il concorso a cui tutti si iscrivevano con gioia: si trattava di costruire castelli di sabbia, una visione spettacolare grazie alla cura messa nei dettagli, all’altezza e all’ampiezza che conferivano all’opera un aspetto quasi surreale. Tutte queste attività avevano reso quel fazzoletto di spiaggia una piccola oasi di divertimento che attirava giornalmente le tre sorelle. Le ragazze si facevano accompagnare dai genitori in macchina, ma quella mattina Isotta preferì andare al mercato per comprare un presente ai ragazzi di Firenze. E come era sua consuetudine, quella sera, prima di mettersi a letto, prese il PC e mentre si gustava una tisana digitò:

    Da Streghetta a Merlino:

    Ciao mago, mi auguro che le tue vacanze siano migliori delle mie, non so se è per il morale basso oppure per altro, ma sinceramente niente mi attira più come una volta e l’odioso Jacopo non perde occasione di assillarmi. Mi dispiace se mi sono dilungata, spero con tutto il cuore che le cose a te procedano per il verso giusto, ti saluto con affetto.

    Il sabato mattina una certa persona attendeva le sorelle o meglio la sorella, infatti Jacopo, una volta scoperto a quale punto esatto di spiaggia si recavano, si organizzò per seguire quel terzetto. Per Isotta non fu una sorpresa trovarselo davanti, perché dall’ultimo incontro che avevano avuto, le aveva lasciato intendere che l’avrebbe importunata ancora, ma lei voleva capire se era Jacopo la causa di quelle inattese telefonate e, atteggiandosi con fare civettuolo, gli rivolse la parola.

    «Ciao, guarda che combinazione, nemmeno ci fossimo dati appuntamento» voltandosi verso le gemelle sviolinò quella frase banale, sicura di avere attirato una certa attenzione, le bastava davvero poco per agguantare l’interesse maschile di Jacopo.

    «Dai Isy, andiamo a fare il bagno» gridava Amalia mentre si dirigeva con fretta verso il bagnasciuga, voleva a tutti i costi accaparrarsi il posto migliore dove poter stendere il proprio asciugamano.

    «Tra un minuto arrivo!» rispose Isotta alla sorella mentre si spogliava davanti al biondino che, guardando quella bellezza che aveva davanti, non voleva perdersi lo spogliarello in atto.

    Quella intrigante provocazione venne accolta e Jacopo propose all’amica di andare a fare il bagno insieme, contento come non mai quando accettò, ignara delle avance che stava per ricevere. Si intravedevano tra le onde spumeggianti cinque teste, due che nuotavano, una che faceva il morticino e due che parlavano con complicità troppo vicini lasciandosi cullare dal moto perpetuo del mare.

    Venti minuti dopo Kendra, Amalia e Manuel uscirono dall’acqua, mentre Jacopo e Isotta rimasero ancora per godersi appieno il cullare delle onde. Isotta, assorta nei propri pensieri, si gustava gli ultimi cinque minuti di rilassamento quando all’improvviso un tocco non autorizzato fece guadagnare un sonoro e inatteso schiaffo alla guancia del biondino, il quale, trattenendola per la vita, tentava a tutti i costi baciarla. Lei però reagì dandogli uno spintone, con forza lo allontanò e una furibonda Isotta uscì arrabbiata dall’acqua, lasciandolo solo.

    «Andiamocene!» disse la maga rivolta alle sorelle le quali, senza obbiettare, seguirono quella sorella speciale; infatti si erano accorte che Jacopo, una volta avvicinatosi con malizia, aveva cercato di baciarla e di toccarla con insistenza.

    Una volta prese le borse, le sorelle attesero dentro il bar l’arrivo dei genitori che avevano chiamato prima del previsto e quel tempo bastò a Isotta per intuire che presto una telefonata l’avrebbe cercata.

    Firenze

    I tre fratelli stavano giocando a carte con degli amici quando un urlo, le convulsioni, la febbre alta e improvvisa avvolsero di nuovo Raphael. Erano trascorse meno di quarantotto ore e, se continuava così, non ce l’avrebbe fatta. Donovan lo adagiò sulla solita brandina, diventata ormai una sorta di barella ospedaliera, anche per toglierlo dall’imbarazzo dato che si trovava in compagnia di ragazzi ignari di tutto.

    «Cazzo, ma dai ancora, non può essere. Chiama Igor e digli di venire immediatamente, voglio assegnargli una missione, voi due ormai siete bruciati».

    Con voce balbuziente il re cercava di impartire quelle volontà che teneva ben salde nel cuore. Ma adesso doveva trovare un rimedio perché ogni volta ci metteva sempre un giorno in più per riprendersi. Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, ecco che arrivò la chiamata per Isotta, ma quella volta lei non rispose, voleva capire se lui avrebbe cercato o meno Amalia.

    «Non risponde, che faccio?» guardando il fratello, Donovan stava aspettando una risposta da Raphael, si era domandato molto spesso quanta pazienza gli occorresse per affrontare tutto questo.

    Con il morale basso, il mago rispose di lasciare perdere perché sapeva che Isotta si stava avvicinando a scoprire il motivo di tale sorveglianza. Stufo e annoiato dalla continua presenza di quel biondino che non perdeva occasione per importunare la sua Isy, decise di mandargli un degno rivale, un bel ragazzo che, oltre ad avvicinarsi a lei, poteva ostacolare le avance di quel maghetto da strapazzo. Era impaziente di vedere Igor e si trovò d’accordo con Donovan quando gli suggerì di congratularsi con lui per aver saputo mantenere così bene la sua identità.

    «Sì, è vero, è stato un grande ed è sempre intervenuto in maniera discreta, il nostro Ambrogio è degno di vincere un oscar, mi dispiace solo tradire la mia ragazza» con mesta tristezza Raphael cercava di sopportare quella situazione, per dovere, amore e onore.

    «Ho telefonato, ha detto che arriverà questa sera e non vede l’ora di sapere quale missione deve affrontare, lo sai è un gran curioso» commentò Donovan mentre versava del caffè a suo fratello, quella miscela nera era entrata da tempi remoti nelle grazie dei tre ragazzi.

    Capalbio

    Isotta aveva capito che le sue intuizioni erano giuste. Le telefonate cessarono e per fortuna non rese partecipe i genitori di ciò che stava avvenendo, aveva tenuto all’oscuro anche le gemelle e viveva il quotidiano con serenità. Solo una questione la infastidiva: era Jacopo il biondino. Lei cercava di evitarlo in tutti i modi non sapendo che più si allontanava, più lui si avvicinava come se si trattasse di un fidanzato che bramava con insistenza quelle attenzioni che lei gli negava. Era appena uscita dalla doccia quando il cellulare squillò, buttando un’occhiata sul display riconobbe il numero del biondo, voltandosi lo ignorò e tornò in bagno ad asciugarsi i capelli ma, così facendo, accese ancora di più la miccia di quella vendetta che il ragazzo stava orchestrando.

    Quando tornò in camera vide che l’aveva chiamata ben dieci volte, quella insistenza la infastidiva oltremodo ma ancora non voleva parlarne con nessuno certa che una soluzione sarebbe prima o poi arrivata. I giorni passavano scorrendo tra gioia e tristezza, divertimento e noia. Quando non aveva la complicità delle gemelle, Isotta cadeva in depressione, ogni luogo di quella casa la riportava ai dolorosi giorni di quell’immane perdita. Si augurava che il passare degli anni contribuisse e rendere meno doloroso il senso di vuoto che portava nel cuore. Stava riflettendo mentre si cullava sulla sedia a dondolo posta in veranda, e non si accorse subito del ragazzetto che la stava fissando.

    «Cosa diavolo vuoi? Non ti è chiaro che non voglio avere niente a che fare con te? Cosa non capisci della parola lasciami perdere, non afferri?»

    Scattando come una molla, Isotta aggredì l’ospite non invitato e reagì come un’isterica, arrabbiata per essere stata distolta dai propri pensieri. Lo invitò ad andarsene senza troppe cerimonie e, stufa della situazione, decise di mettere al corrente i genitori quella sera stessa, certa che suo padre, l’uomo che da sempre la proteggeva come un guardiano impavido, le avrebbe dato un consiglio sul comportamento da tenere verso quello stalker.

    Ma la risposta che la ragazzina ricevette la deluse e mai avrebbe pensato di udire quelle parole: «Dai tranquilla, è solo un ragazzo, aggiustate la cosa tra di voi, non vedo la necessità di coinvolgere il padre. Di sicuro si tratta di una cosa passeggera».

    Ignazio dette una risposta generica disilludendola sull’intervento che la figlia sperava di ottenere.

    Nei giorni successivi alla sfuriata che aveva fatto, Jacopo non la importunò più. In paese, al mare, a cavallo e in bicicletta non vi era più traccia di lui, come se non fosse mai esistito e, ritenendosi vittoriosa, Isotta si complimentò con se stessa e, da vera narcisista, fece apparire un sorriso sulla bocca a fragola che a pochi era concesso di baciare. Quello che però non immaginava era che quel silenzio serviva a Jacopo per elaborare nuove strategie inusuali nei suoi confronti: come è risaputo dopo la calma arriva la tempesta e niente si rivelò più azzeccato di questo detto.

    Infatti, il giorno di Ferragosto iniziò il calvario: rimasta sola con la servitù Isotta, una volta finito di pranzare, si ritirò in camera per riposare, non si sentiva bene e per questo aveva rifiutato l’invito di Dora ad andare con loro al Cavallino Matto, un parco giochi molto conosciuto dove il divertimento era all’ordine del giorno.

    Alle tre del pomeriggio si ritirò in camera per un riposino, fuori il sole padroneggiava su ogni cosa, l’afa rendeva l’aria irrespirabile, le cicale con il loro frinire accompagnavano le note di una canzone che uscivano lente da un vecchio giradischi che gli inservienti tenevano nella dependance, gli addetti alla vigilanza dei cavalli ogni mezz’ora andavano a bagnarli e a fargli sentire un po’ di fresco, solo Thaurus, impeccabile nella sua stazza principesca, era tranquillo nel suo box. Un animale davvero particolare, un pensiero che da sempre attraversava la mente di Isotta. Sola, con gli occhi chiusi, sdraiata sul letto in tutta libertà, indossando il reggiseno e le mutandine cercava un po’ di refrigerio, in quella stanza sembrava che ci fossero quaranta gradi, un vero forno. C’era un caldo afoso e niente sembrava lenire lo sconforto e l’impazienza della ragazzina, la quale si ritrovò coperta da un velo di sudore pochi minuti dopo essersi messa comoda sul letto, decise quindi di togliersi anche il reggiseno: forse avrebbe risolto qualcosa, ma niente cambiò. Quel corpo impaziente, reso lucido dal velo di sudore, attirava a maggior ragione uno sguardo lascivo, smanioso e caldo. Jacopo, con la magia che esercitava, era riuscito a entrare in tutto anonimato nella sua camera. Si era nascosto dietro a un separé che si trovava nella stanza e da lì la guardava mentre, con la mano in movimento, si dava soddisfazione. La scena che osservava lo teneva caldo al punto giusto, il seno che seguiva il lento respiro era sublime, le mutandine di microfibra tese come un elastico sul basso ventre non lasciavano spazio all’immaginazione, i capelli, una matassa di ricci neri adagiati sul cuscino, la rendevano selvaggia. La catenina aveva preso a scintillare mostrando il ciondolo a forma di chiave, sembrava un caleidoscopio grazie ai tanti colori che rilasciava. Davano l’impressione di rincorrersi, come se escogitassero una composizione di difesa verso l’inaspettato attacco magico. E ora rifiutami se ci riesci, disse nella propria mente Jacopo, mentre estraeva da una busta che aveva portato con sé un fazzoletto imbevuto nell’etere, si avvicinò al letto e le salì sopra per contrastare la forza che lei avrebbe messo per non cadere di nuovo tra le sue braccia. Le premette con forza il fazzoletto sul naso e affrontò il divincolarsi della ragazza che, mostrando una determinata forza, non gli rese il gioco facile.

    Isotta, svegliandosi all’improvviso, si divincolò intuendo che niente sarebbe stato sufficiente a scongiurare il rapimento, si arrese cadendo come una bambola di pezza, addormentandosi di nuovo per raggiungere luoghi incantati. Sentendosi un dominatore, Jacopo si azzardò con occhi lussuriosi ad accarezzarle il volto, ma sapeva di avere poco tempo a disposizione e con maestria si preparò a mettere in atto quello che si era prefissato di fare, non cambiando una virgola da ciò che aveva in mente. Adoperandosi nel concludere bene il piano escogitato si ritrovò eccitato, segno inequivocabile della lussuria che stava avanzando. Avvolgendola nel lenzuolo di seta, la prese in braccio e pronunciando una formula

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