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Tra Cielo e Mare
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E-book194 pagine3 ore

Tra Cielo e Mare

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Info su questo ebook

Nicole è una ragazza di venticinque anni, bella e determinata, dal passato difficile e pieno di rimpianti, che vive la sua giovane vita combattendo con forza contro i fantasmi che da sempre la tormentano; e lo fa saldamente ancorata alle poche certezze che ha sempre avuto.

E' in una giornata come un'altra però, sullo sfondo di una Palermo incantevole e decadente, che Nicole osserva la sua vita cambiare improvvisamente, quando un evento apparentemente casuale mette sulla sua strada Luigi Licata, un mite vecchietto dal passato misterioso e perfetta rappresentazione di un uomo d'altri tempi, che entra in punta di piedi nella vita della ragazza scuotendo le scricchiolanti fondamenta su cui si tiene in piedi, e a cui lei stessa regala in maniera del tutto involontaria ma spontanea la chiave per aprire il forziere in cui, ormai da anni, tiene chiusi tutti i suoi sentimenti più profondi. Da quel momento nulla sarà più come prima, e al fresco della grande biblioteca in cui i due, giorno dopo giorno, si legano sempre di più l'uno all'altra, Nicole ritrova la forza di rinascere dalle ceneri del suo passato arrivando infine ad una inaspettata quanto sconvolgente verità
LinguaItaliano
Data di uscita26 mar 2020
ISBN9788831665155
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    Anteprima del libro

    Tra Cielo e Mare - Carla Oddo

    1

    L'acqua era il suo elemento naturale. A dispetto di quel che sostenevano le stelle imprigionandola irrimediabilmente tra i segni d'aria, era soprattutto con l'acqua che riusciva a sentirsi veramente a suo agio. Poche cose al mondo erano in grado di trasmetterle lo stesso senso di pace e libertà che provava quando i suoi occhi si perdevano in quell'immenso spettacolo che era il mare; in quell'eterno movimento in cui tante volte si era specchiata alla ricerca delle risposte che la vita non aveva ancora saputo darle. Un'altra estate le era appena scivolata fra le dita, ma il sole, quel giorno di fine Agosto, sembrava annunciare alla città di Palermo la sua ferma intenzione di starsene lì, fiero e rovente, ancora per molto.

    La spiaggia di Mondello si allungava per quasi due chilometri di sabbia finissima. Su di essa vegliava severo e paterno il Monte Pellegrino.

    Nicole era seduta su una panchina del piccolo molo. Le urla dei pescatori si mischiavano a quelle dei bagnanti creando nell'insieme un suono unico che per i tanti turisti diceva caos, ma per lei diceva solo casa. Viveva perennemente tra le nuvole, come camminando su un filo sottile in grado di mostrarle tutto dall'esterno. Si nutriva di pane e sogni.

    Non saprei descrivere con parole la luminosità vaporosa che fluttuava intorno alle coste quando arrivammo a Palermo in un pomeriggio stupendo. La purezza dei contorni, la soavità dell'insieme, il degradare dei toni, l'armonia del cielo, del mare, della terra..chi li ha visti una volta non li dimentica per tutta la vita.

    Quelle parole di Goethe le rimbombavano nella testa ogni volta che si fermava a respirare la città, quella vecchia e rumorosa città di cui non si sarebbe mai stancata.

    urlò Salvatore mentre sistemava sul suo banchetto il frutto di quella giornata di lavoro. Aveva circa sessant'anni, e una cura nel maneggiare il pesce, che non aveva mai avuto con gli esseri umani.

    pensò Nicole sorridendo tra sé e sé. Ma con lei era diverso, a lei voleva bene. La vedeva lì su quella panchina quasi ogni giorno da cinque anni a questa parte a prendersi la sua mezz'ora di pace, e col tempo aveva persino imparato a conoscere e capire i suoi silenzi, le sue espressioni, la sua anima... e senza mai cercare di violarle.

    Era un mondo che non conosceva confini, pieno di sogni, cose non dette e sentimenti sopiti. Un mondo profondo, sincero. Un mondo cui poche persone nella sua vita avevano avuto veramente accesso, ed erano le stesse persone che vi erano entrati rovinandone la bellezza per poi uscirne senza una parola. Una su tutte suo padre.

    disse Nicole con malcelata ironia.

    Avrebbe voluto raccontargli Nicole di com’erano stati proprio i bravi ragazzi di cui parlava lui a portarla su quella o qualunque altra panchina per poi deluderla uno dopo l'altro rubandole un po' di se stessa ogni volta, ma si limitò a sorridergli con un velo di tristezza a fior di labbra.

    La macchina andava da sola, come ognuna delle volte in cui l’aveva portata da qualche parte. Girava la chiave, schiacciava l’acceleratore e lei andava, come se sapesse ogni volta dove avrebbe dovuto condurla.

    Furono sufficienti non più di venti secondi affinché Nicole si perdesse tra il dedalo intricato dei suoi pensieri smettendo di pensare al resto, come se quel breve tragitto fosse in realtà il viaggio della vita, quello che avrebbe dovuto darle le risposte di cui avrebbe avuto bisogno.

    La strada scorreva morbida con il mare che le accarezzava il fianco e il sole che ne illuminava i contorni, e più Nicole si avvicinava alla meta più il suo stomaco si contorceva come una creatura finita suo malgrado in trappola che cerca disperatamente di liberarsi da quella morsa. La stessa amara sensazione da cinque anni ormai.

    Sorrise amaramente di sè per l'assurdità di quella conversazione a senso unico.

    Incastonata nella lapide la foto di Anna, sua madre, la guardava con quell’espressione d’involontaria freddezza che aveva sempre avuto, anche quando era in vita. Quegli occhi azzurri, di ghiaccio, che la scrutavano e le leggevano dentro come nessun altro era in grado di fare; quegli occhi veri grandi e sinceri che le aveva lasciato in eredità.

    Anna era stata una bellissima donna, timida e austera, perennemente imbronciata e orgogliosa, testarda e permalosa. Poco avvezza ai gesti affettuosi, aveva vissuto per Nicole, sempre a suo modo, con la tipica discrezione di chi c’è ma vuole lasciare gli altri liberi di fare, e la capacità di insegnare ma non senza sbagliare. Una donna tutta d'un pezzo, che non aveva mai avuto grandi possibilità nella vita, ma aveva sempre trovato il modo di costruire il suo mondo e crescere da sola.

    Aveva incontrato il padre di Nicole nei primissimi anni 80 e lo aveva sposato appena un anno dopo. Antonio, brillante medico fresco di laurea era il tipico ragazzo serio e ben educato, capace di conquistare chiunque con le sue buone maniere e la sua viva intelligenza, ed era riuscito così a conquistare anche Anna in una splendida mattina di Settembre, su quella stessa panchina su cui Nicole provava ogni giorno a se stessa che era viva e felice nonostante tutto.

    Il matrimonio tra Anna e Antonio, complici le enormi differenze caratteriali tra i due che spesso li rendevano insofferenti l'uno all'altra, era andato avanti tra fiducia e rispetto reciproco ma non senza difficoltà. Dopo quasi dieci anni quando nessuno ormai osava più sperare, era arrivata Nicole e da lì in poi, purtroppo, tutto precipitò. Gli equilibri già precari subirono un contraccolpo che nessuno dei due fu in grado di sopportare. Ognuno dei due con le sue chiusure, con i propri muri indistruttibili e le proprie indiscutibili priorità riuscì a portare l’altro fino al punto di non ritorno, finché Antonio, preda di un nuovo e infiammante amore, non decise di aprire la porta di casa e chiuderla per sempre alle sue spalle.

    La vita di Nicole da quel momento si divise tra due genitori che si sforzavano di non farle sentire alcun dolore ma che ci riuscivano a fatica e, il giorno in cui sua madre le annunciò che da quel momento in poi non avrebbe mai più visto Antonio, fermamente deciso a dimenticare persino sua figlia, il suo mondo non fu più lo stesso. Aveva solo quindici anni.

    Anche il rapporto con sua madre finì inevitabilmente con l’incrinarsi. La convivenza con quella donna sempre più chiusa, sempre più impenetrabile, sempre più distante, diventava ogni giorno più difficile. Nicole sapeva di non essere brava neanche lei con i sentimenti e le emozioni, non era mai stata brava a gestirli e ancora oggi andava in panico quando doveva mettere a nudo la propria anima, il che la spingeva a chiudersi irrimediabilmente a riccio o, ancora peggio, a sembrare una stronza patentata. La loro storia di madre e figlia andò avanti così, tra ti voglio bene mai detti e abbracci mai dati, e quando sua madre morì consumata da una lenta depressione cinque anni dopo, per Nicole iniziò un tormento interiore contro il quale lottava ogni giorno, ma con cui imparò a convivere.

    Rimase lì a raccontarle per filo e per segno la sua giornata, ciò che aveva fatto e ciò che ancora doveva fare. A volte si sentiva stupida, ma sapeva anche di averne bisogno.

    2

    Il piccolo appartamento di Piazza Mondello era la sua isola felice. Un mondo che con tanti sacrifici si era costruita e che rappresentava un po’ la sua personale fortezza della solitudine, a dispetto del caotico caffè in cui lavorava, costringendo ogni giorno se stessa a sfoderare sorrisi luminosi e sincera cordialità tra un cappuccino da servire e un drink da preparare. Era una ragazza piena di contraddizioni, Nicole. Dura e rigida come sua madre le aveva insegnato, ma con un animo infinitamente sensibile e generoso. Le piaceva stare in mezzo alla gente, la faceva sentire parte integrante del mondo, ma al contempo amava stare sola con se stessa, continuando a pensare che quella col proprio io e la propria anima fosse la relazione migliore che si potesse avere. La sua adolescenza, per ovvi motivi, non era stata serena né spensierata, e l’aveva portata a chiudersi sempre di più rifugiandosi in un mondo fantastico che si teneva ben stretto.

    Fu poco dopo che suo padre andò via che incontrò la prima vera amica della sua vita, quella che per la prima volta la fece sentire leggera e vicina a qualcun altro al mondo. Si chiamava Elizabeth, Elizabeth Bennet, e non appena la incontrò tra le pagine di quel romanzo che per primo si trovò tra le mani, fu subito amore.

    Orgoglio e Pregiudizio, era stato semplicemente il titolo ad affascinarla, e dopo le ventiquattro ore più intense della sua vita in cui mille sfumature di emozioni le attraversarono il cuore e la mente, il suo spirito riprese finalmente a vibrare. Quel libro fu l’inizio di una profonda passione rivelatasi negli anni la più grande ancora di salvezza che potesse immaginare. I libri diventarono il passaggio segreto verso un nuovo mondo, notevolmente migliore, puro e sereno. Di un libro poteva essere lei la regista scrupolosa, poteva decidere come e quando rifugiarsi in quel luogo ovattato ogni volta che ne aveva bisogno, ogni volta che il mondo reale la deludeva. Così ogni sera, quando rientrava a casa esausta dopo un’altra giornata vissuta al massimo delle sue possibilità, la prima cosa su cui posava gli occhi erano loro: i suoi libri, il suo tesoro, il suo io più vero e profondo racchiuso tra pochi sgangherati scaffali.

    Non fece in tempo a chiudere la porta che lo squillo stridulo del citofono la risvegliò dai suoi soliti pensieri.

    Francesca, Cristina e Terry entrarono in casa con la sicurezza di chi in quel posto praticamente ci viveva, ognuna da un tempo preciso, ognuna col suo ruolo ben definito. Non ce n’era una cui voleva più bene delle altre, erano tutte e tre speciali a loro modo, e tutte e tre non potevano essere più diverse tra loro. A volte faceva fatica a capire come fosse riuscita a far legare tra loro tre persone che normalmente non sarebbero riuscite a passare nemmeno un’ora nella stessa stanza.

    Francesca con la sua concretezza era la persona che più si avvicinava a Nicole, erano entrambe solide, razionali, terribilmente emotive e certamente disposte a buttarsi nel fuoco l’una per l’altra. Nate a tre giorni di distanza erano quelle che si possono definire letteralmente anime affini.

    Cristina era il suo esatto opposto, impulsiva e lunatica, testarda e permalosa ma infinitamente premurosa e romantica ogni oltre possibile immaginazione. Si erano conosciute tra i banchi di scuola con Terry, e nonostante le incolmabili differenze tra loro si era creato un rapporto fortissimo basato sulla sola certezza che ciò che le rendeva diverse era in realtà ciò che le univa di più.

    E infine Terry, la più fragile di tutti. Era una ragazza intelligente e capace ma non aveva mai avuto abbastanza fiducia in se stessa, tanto da vivere tutta la sua vita come sentendosi sempre un passo indietro rispetto agli altri. Nicole si divertiva a chiamarla Calimero, e aveva sviluppato nei suoi confronti un istinto di protezione vero e profondo.

    Quel velo a metà fra tristezza e istinto omicida sceso sul volto dell’amica, fu sufficiente a Nicole per capire che genere di risposta avrebbe ottenuto.

    le fece eco Francesca.

    Quell’ultima frase fu pronunciata con un tale tono di disappunto da Cristina, che Nicole si sentì in dovere di porre immediatamente rimedio a quell’imperdonabile mancanza.

    Le loro riunioni finivano sempre così, con un sorriso e un bicchiere sollevato alla faccia di chi gli voleva male, e ogni volta si lasciavano col cuore più leggero, consapevoli che l’amicizia era il bene più prezioso al mondo e che andava preservato ad ogni costo, nonostante le diversità, nonostante le incomprensioni e le giornate no che ognuna si portava dietro.

    Si salutarono con la solita sequenza infinita di baci, pratica che Nicole avrebbe evitato volentieri, e la promessa di rivedersi ancora il giorno dopo.

    Nicole fece una doccia veloce con un leggero senso d’inquietudine addosso sperando che un colpo di spugna potesse riuscire a farla sentire meglio, ma quella giornata proprio non riusciva

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