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Boomerangers: Edizione italiana
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E-book278 pagine3 ore

Boomerangers: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Spencer
Amo il sesso. Amo il potere, l’intimità, l’euforia che implica… Peccato che non ne stia facendo... Essendo la sessuologa più rinomata di New Orleans, si potrebbe pensare che sguazzi in un oceano di uomini. In un certo senso è vero... tranne per il fatto che uno degli uomini in questione indossa un pannolino e gli altri due sono in pieno caos preadolescenziale. Madre single di tre figli, le mie giornate ruotano attorno ai clienti e ai miei bambini, mentre le notti le passo con Fabio, il mio leale vibratore. Quando il mondo mi crolla sotto i piedi, non ho altra scelta se non tornare a vivere con mia madre. Nella mia città natale rincontrerò il mio fidanzato del liceo, che scatenerà drammi e caos.
Che posso dire?
Uomini… Non saprò sceglierli, forse, ma ho una lista di clienti lunga un chilometro che è la prova che almeno so curarli.

Cooper
Non appena l'inchiostro si è asciugato sui documenti del mio divorzio, ho fatto un voto solenne: basta relazioni. Il piano era di tornare a casa dai miei per rilevare l'azienda di mio padre, finché Spencer non ha deciso di tornare, insieme ai tre souvenir della vita che ha vissuto senza di me.
Sono innamorato della ragazza della porta accanto da praticamente tutta la vita, il resto l'ho passato cercando di dimenticarla. Darei ogni cosa per avere una seconda possibilità con lei, ma non ho tempo per le distrazioni, soprattutto quelle che riguardano pannolini, biberon e adolescenti.
Il problema è che lei mi tiene già per le palle... e comincio a sentire il cappio che si stringe intorno al cuore.
LinguaItaliano
Data di uscita6 feb 2023
ISBN9791220705042
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    Anteprima del libro

    Boomerangers - Heather M. Orgeron

    1

    SPENCER

    Amo il sesso. Amo il potere, l’intimità, l’euforia che implica.

    Non fraintendetemi, non sono una troia. Dio, anche solo pensare a questa parola mi fa rabbrividire dal disagio. Sono semplicemente una donna che non si vergogna dei propri desideri. Una donna che conosce il proprio corpo e vuole che anche voi conosciate il vostro.

    Per esempio, sapevate che il clitoride ha circa il doppio delle terminazioni nervose di un pene? In effetti, è l’unica parte del corpo – maschile o femminile che sia – che è finalizzata unicamente a donare piacere. Proprio così, ragazze. Il sesso dovrebbe essere piacevole. Se non lo è, chiamate il mio studio e fissate un appuntamento. Vedrò cosa posso fare per aiutarvi.

    No, non conduco nessun tipo di attività scandalosa. Sono una psicologa familiare specializzata in terapia sessuale – o più comunemente una sessuologa – e amo il mio lavoro. Ci sono poche cose che trovo più gratificanti del sapere di aver aiutato una persona o una coppia a trovare piacere in quello che considero una delle cose più vitali al mondo.

    Ci sono molte ragioni, al di là di un legame emotivo, che rendono importante una sana relazione sessuale. Il sesso contribuisce al benessere generale. Ha poteri magici. Dico sul serio. Rilascia ormoni che calmano e alleviano lo stress, è scientificamente provato. È un antidepressivo naturale, un antidolorifico. Pertanto, la prossima volta che respingete il vostro uomo perché avete mal di testa, prendete in considerazione l’idea di fare il suo gioco. Quando raggiungerete l’orgasmo, avrete già dimenticato il mal di testa da tempo. Ve lo assicuro.

    Se sono una tale esperta, allora vi starete chiedendo come ci sono finita qui. Una donna di trentatré anni con tre figli avuti da due uomini diversi e non sposata con nessuno dei due. Smettetela di giudicarmi. Alcuni problemi non si possono risolvere in camera da letto e, a quanto pare, io attiro questo tipo di problemi.

    Vedete, ho fatto sesso solo con tre uomini e due di queste relazioni hanno dato vita a piccoli esseri umani che i suddetti donatori di sperma non hanno voluto saperne di crescere.

    Quando avevo diciannove anni e frequentavo il secondo anno di università, due anni dopo una brutta rottura, incontrai Tate Tenning. Frequentava l’ultimo anno ed era la stella della squadra di football. I suoi riccioli biondi, gli occhi azzurri e il sedere perfetto erano troppo per essere rifiutati dalla mia mente ubriaca. L’abbiamo fatto sul sedile posteriore della sua Explorer durante la festa di una confraternita e ne nacque una storia d’amore travolgente. C’era tantissima chimica. Quel ragazzo riusciva a farmi godere ed era anche un bravo fidanzato. Tate era gentile, attento e baciava la terra su cui camminavo. Viaggiavamo molto e facevamo festa. Circa un mese dopo la sua laurea, andammo a Las Vegas per festeggiare e quando tornammo, avevamo un anello al dito. Era un buon marito, perlopiù, ed eravamo felici, giovani e innamorati. Dopo qualche mese, un test di gravidanza positivo, un’ecografia e due battiti del cuore… e beh, immagino riuscirete a ricostruire il resto della storia.

    Lake e Landon nacquero sei mesi dopo il nostro divorzio. Tate non si preoccupò nemmeno di venire in ospedale, ma io volevo che i miei figli avessero un padre. Speravo che alla fine si sarebbe ripreso. Così, misi il suo nome sui loro certificati di nascita e, su insistenza di mio padre, chiesi il mantenimento. Per qualche anno, non fu altro che un assegno nella posta. I suoi miseri settecento dollari al mese bastavano a malapena per pannolini e vestiti. I miei genitori pagavano l’asilo nido perché io potessi finire gli studi e si assicuravano che avessimo sempre cibo in tavola. Pagavano già il mio appartamento da quando avevo cominciato l’università, ma me ne trovarono uno più grande per i gemelli. È stato molto difficile, ma ce l’abbiamo fatta.

    Dopo l’università, il mio piano era sempre stato quello di tornare a Cedar Grove, la mia città natale, ma la mia migliore amica, Gina, che era rimasta a lavorare per suo cugino Dillon nel suo nuovo studio, mi pregò di raggiungerla. Avevo già completato il mio master in Psicologia, quindi Dillon pagò per la nostra formazione aggiuntiva e, una volta completate le ore di osservazione obbligatorie, Gina e io andammo a lavorare al NOLA Sexual Health.

    Quando i ragazzi compirono cinque anni, Tate decise improvvisamente di voler far parte delle loro vite. Dopo i momenti più difficili, ovviamente: i pianti, i continui cambi di pannolino e le poppate notturne. Legalmente aveva il diritto di visita, quindi non potevo impedirgli di portarli con sé nei fine settimana. A volte lo faceva, altre no. Ma succede ancora abbastanza spesso da rovinare tutto il mio duro lavoro: Tate mi riporta sempre due piccoli stronzi irrispettosi. E proprio quando li rimetto in sesto a suon di sgridate, lui torna e il ciclo ricomincia. Ma la parte peggiore del suo entrare e uscire dalle loro vite è il modo in cui ferisce i miei ragazzi. Non c’è niente di peggio che vedere la delusione sul volto dei miei bambini quando quest’uomo promette loro che si farà vivo e poi non lo fa.

    Per molto tempo mi è stato impossibile frequentare qualcuno. Tra l’essere una madre single di due gemelli e il vivere a quasi tre ore da qualsiasi componente della famiglia, trovare il tempo per me stessa è sempre stato difficile. Avevo a malapena il tempo di farmi una doccia. Credetemi, un uomo era l’ultima delle mie preoccupazioni. Ma nei fine settimana in cui i gemelli partivano per andare a casa di Tate, mi ritrovavo ad avere nient’altro che… tempo. Gina, stanca di vedermi depressa, decise che i weekend sarebbero stati weekend da ragazze. Avevo dimenticato quanto fosse divertente bere, ballare e non dover essere sempre quella responsabile. E forse mi lasciai trasportare un po’ troppo.

    Una sera di quasi tre anni fa, mentre eravamo fuori, incontrai un dio latino-americano di nome Alex e, a quanto pare, mi sono ubriacata abbastanza da dimenticare che lo sperma fa rimanere incinta. Io e Alex ci frequentavamo solo da pochi mesi. Aspettate, così suona formale. Lo dirò senza mezzi termini: scopavamo, ma solo quando i ragazzi non c’erano. Ero ossessionata dal suo corpo e dipendente da ciò che sapeva fare con il mio. Dopo essermi occupata dei miei orgasmi per così tanto tempo, era bello affidare il compito alle sue mani più che abili e al suo… ehm, arnese.

    Quando mi ritrovai incapace di alzarmi dal letto e a vomitare l’anima per una settimana intera, Gina si presentò a casa mia con un sacchetto della farmacia nascosto sotto la maglietta, poi mi accompagnò in bagno. Mi augurò buona fortuna e chiuse la porta. Non so perché a me non venne in mente, forse ero in un momento di negazione. Ma quando vidi la piccola scatola rettangolare, la realtà mi colpì come una tonnellata di mattoni. Non di nuovo.

    Se avete fatto bene i conti, saprete già che il test era positivo. Avevo trent’anni, non ero sposata ed ero incinta del mio terzo figlio.

    Quando lo dissi ad Alex, lui si offrì di pagare l’aborto. Forse ero stata irresponsabile a non usare protezioni, ma non avevo intenzione di interrompere la gravidanza. Avevo già accettato il fatto che ci sarebbe stato un bambino. L’unico dubbio che avevo in mente a quel punto era se lui sarebbe stato coinvolto o meno. Non mi stavo illudendo. Non eravamo una coppia e non avevo intenzione di cercare di forzare una relazione tra noi solo perché ero rimasta incinta. Ma non volevo commettere lo stesso errore che avevo fatto con Lake e Landon. Se non aveva intenzione di partecipare attivamente alla vita del bambino, non l’avrei costretto.

    Gli dissi che avrei avuto questo bambino, con o senza di lui, e che se avesse deciso di essere un vero padre per il nostro piccolo, non lo avrei ostacolato. Ma se non ci fosse stato, e intendo dire se non ci fosse stato davvero, allora non avrei voluto i suoi soldi e lui avrebbe potuto far finta che l’intera faccenda non fosse mai accaduta. Alex non si prese nemmeno un giorno intero per riflettere, prima di rispondermi. Il suo messaggio diceva semplicemente: Mi chiamo fuori.

    Potreste pensare che tutto questo mi abbia resa cinica. Che ci crediate o no, non lo sono. So che ci sono uomini validi là fuori, ma non ho più né il tempo né l’energia per cercare il mio principe azzurro. I miei tre figli, con lavoro e vibratore annessi, dovranno bastarmi per il prossimo futuro.

    Ma i miei pazienti mi danno speranza. Mi dimostrano ogni giorno che ci sono ancora principi azzurri che vivono tra i maiali, uomini disposti a umiliarsi per fare tutto il necessario per salvare i loro matrimoni. Non saprò sceglierli, forse, ma ho una lista di pazienti lunga un chilometro che è la prova che almeno so curarli.

    E questo, cari amici, è il modo in cui sono diventata una contraddizione ambulante: una sessuologa di trentatré anni con una vita sessuale assolutamente inesistente.

    2

    SPENCER

    «Spencer?» Annie, la mia segretaria, parla attraverso il citofono interrompendo il mio fantasticare.

    Allungo la mano e premo il pulsante per risponderle. «Sì?»

    «Il capo è qui per vederti.»

    Fantastico.

    Spero non sia qui per farmi pesare l’episodio di ieri con il signor Monroe. I Monroe sono stati miei pazienti per alcuni mesi e ho cercato – con successo, pensavo – di aiutarli a risolvere i loro problemi intimi. Poi, dal nulla, si sono presentati nel mio ufficio trasformando la seduta in un episodio del Jerry Springer Show. La mia libreria è finita sul pavimento e in giro per la stanza era pieno di scartoffie e vetri rotti. Un vero disastro. A quanto pare, Tom ha sorpreso Sue e Rosalie, la sua migliore amica, a darci dentro sul divano. Si è precipitato qui senza nemmeno prendere appuntamento per fare da spia. Solo che nel mio ufficio c’erano altri pazienti. È piombato qui con Sue alle calcagna. Hanno fatto a botte, il mio ufficio ne è uscito mezzo distrutto e abbiamo dovuto chiamare la sicurezza per scortarli fuori dall’edificio. Mi sono scusata un’infinità di volte con i Bourdreaux per l’interruzione. Non c’era altro che potessi fare. Nei sette anni in cui ho esercitato qui, una cosa del genere non mi era mai successa.

    Riattivo il computer scuotendo il mouse e, prima di risponderle, chiudo Facebook. «Fallo entrare.»

    Mi viene un groppo in gola, poi la porta scorrevole del mio ufficio si apre ed entra Dillon Bourque. Diamine, quest’uomo è il Sesso in giacca e cravatta. La stanza si riempie del profumo della sua colonia speziata. Di solito mi mette in agitazione, oggi mi provoca un po’ di nausea.

    «Spencer, dobbiamo parlare.» Sembra così serio… Sulle sue labbra non c’è il minimo accenno di un sorriso e i suoi occhi – che di solito mi mettono a disagio per una ragione totalmente diversa – sono privi di lussuria.

    Oddio, vuole licenziarmi?

    Provo a restare calma, ma non ci riesco. Quando sono nervosa, dalle mie labbra tende a uscire un rigurgito di parole. «Dillon, quello che è successo ieri esulava completamente dal mio controllo. Non sapevo che ci fosse un’altra donna coinvolta. So solo quello che mi dicono e…»

    Lui alza una mano, interrompendomi. Dillon, che di solito è divertito dalle mie divagazioni, è freddo come una pietra, sembra privo di vita. «Lo so, non è per questo che sono qui.»

    Mentre lui comincia a camminare nel mio piccolo ufficio, mi sudano le mani. Se non metterà fine alle mie sofferenze al più presto, credo che comincerò a vomitare. Cerco di mandare giù il senso di nausea che mi chiude la gola e annuisco, facendogli cenno di proseguire.

    «Non c’è un modo semplice per dirtelo, Spencer…»

    Dillo e basta!

    «Prova con le parole.» La frase mi esce seria, priva del solito sarcasmo, ma diciamo che la pazienza non è la mia più grande virtù.

    «Chiudiamo la clinica.»

    La stanza comincia a girare. Affondo le dita nei braccioli di pelle della sedia. Non è possibile che l’abbia detto davvero. «No.» L’unica parola che riesco a pronunciare suona come una supplica; comincio a scuotere il capo. Mi sento venir meno. Non riesco a respirare. La voce di Dillon somiglia a quella dell’insegnante di Charlie Brown, ma nel panico, lo ignoro completamente. Mi concentro solo sulla mia capacità di aspirare aria nei polmoni, che in questo momento sembrano non funzionare.

    Prima ancora che abbia finito di parlare, la porta del mio ufficio si apre di scatto e Gina irrompe nella stanza. I suoi capelli corti e biondi, di solito acconciati alla perfezione, sono arruffati, e la sua pelle di porcellana ha assunto una tonalità cremisi. È una furia. Immagino che Dillon sia già stato da lei.

    «Per Dio, Gina!» ringhia Dillon, mettendosi le mani nei capelli.

    Lei lo fulmina con uno sguardo, poi si volta verso di me. «Mi dispiace tanto, Spence.» La mia migliore amica si precipita da me e mi avvolge in un abbraccio, le sue lacrime mi bagnano la camicia. «Se n’è appena andato dal mio ufficio. Volevo venire subito qui, ma ha insistito per dirtelo lui.»

    Mi tremano le labbra. «Perché?»

    Dillon si schiarisce la voce, sul suo volto è palese l’esasperazione che sta provando. «D’accordo, vi lascio sole. Per quello che vale, mi dispiace tanto, avrete entrambe una bella liquidazione.»

    Gina si divincola dall’abbraccio e si gira di scatto verso di lui, lo sguardo diabolico. «Oh, ma levati dal cazzo, Dillon Bourque.» Somiglia a un folletto posseduto. Non l’ho mai vista arrabbiarsi con Dillon, mai.

    Per un attimo, Dillon rimane a bocca aperta, poi scuote il capo in segno di resa e si volta per uscire. Mentre se ne va, lo sento fermarsi per dire a Annie di cancellare tutti i miei prossimi appuntamenti e di informare i miei pazienti che la NOLA Sexual Health non riceverà più pazienti.

    Non appena la porta si chiude, balzo in piedi. «Gina, che sta succedendo? Abbiamo un sacco di pazienti, non è possibile che stiamo fallendo. Non è per il casino di ieri, vero?»

    Non ho mai visto la mia migliore amica così arrabbiata. Beh, forse tranne quando le ho mostrato quel messaggio di Alex, qualche anno fa. È rossa come una betulla e la piccola vena blu che le pulsa al centro della fronte sembra sul punto di esplodere. «Quel coglione si è scopato una delle sue cazzo di pazienti e ci hanno fatto causa!»

    Spalanco gli occhi. Beh, questa non me l’aspettavo. «Che… che ha fatto?!»

    «A quanto pare, andava avanti da un po’. Lei poi, durante un litigio con il marito, gliel’ha rinfacciato e lui ci ha fatto causa.»

    Andrà tutto bene. Staremo bene. Ho solo bisogno di un piano.

    Qual è il piano, Spence?

    Sistemo l’ultima scatola con i miei effetti personali nel retro della mia Tahoe e chiudo il bagagliaio. Sembra tutto un sogno orribile. La nostra professione è già difficile di per sé – la gente pensa che gestiamo un bordello del cazzo – e ora, con Dillon che perpetra questo maledetto stereotipo, Gina e io non eserciteremo mai più in questa città.

    Non posso crederci… quello stronzo. Come può essere stato così stupido da andare a letto con una sua paziente? Per di più nel suo cazzo di ufficio. Come ha potuto fare questo a me e Gina? Come se non potesse scoparsi chiunque voglia. È bellissimo, intelligente, di successo… Non riesco a capacitarmene. Ma d’altra parte, so meglio di chiunque altro che gli uomini pensano sempre con il loro maledetto cazzo.

    Non riesco a fermare le lacrime che mi rigano il viso. Apro la portiera e mi rannicchio sul sedile. La mano mi trema così forte che non riesco a inserire la chiave. Dopo svariati tentativi, aziono finalmente il motore. Si accende l’aria condizionata, che mi soffia in faccia un getto freddo. Dio, che bella sensazione. Appoggio la fronte sul volante, così che l’aria fredda possa calmare la mia pelle infuocata. Quando finalmente riesco a placare il pianto, prendo il telefono e scorro la rubrica fino alla lettera M, premendo il dito su Mami.

    «Ehi, Spence! Che succede?» Il calore della sua voce, simile a una coperta, mi avvolge il cuore mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime.

    Avete presente quando state male e una persona vi chiede cosa c’è che non va e voi non riuscite più a trattenervi? Ecco.

    «Ma… mami?» balbetto tra i singhiozzi.

    Alla faccia del pianto placato.

    «Tesoro, stai bene? I ragazzi stanno bene?»

    «Stanno, ehm, stanno bene. È solo che… beh, Dillon si è scopato una sua cliente, cazzo, e ora stanno chiudendo tutto. Non ho più un cazzo di lavoro perché quell’uomo è un coglione. Come diavolo farò a mantenere tre bambini senza un lavoro, mamma? Ha rovinato tutto solo per ficcare il suo cazzo…»

    «Rallenta, e smettila di usare questo linguaggio volgare. Lo sai che detesto quando parli così. Ti ho cresciuta in un certo modo, Spencer Rose!»

    Sbuffo una risata e tossisco tra le lacrime. Mia madre che mi rimprovera per il mio linguaggio poco femminile nel bel mezzo di un esaurimento nervoso. «Scusa,» borbotto.

    «Ora, per quanto riguarda il da farsi, parlerai con i ragazzi, chiamerai una ditta di traslochi e tornerai a casa. Puoi stare da me finché non venderai casa e non troverai un lavoro decente. Al diavolo, puoi restare qui anche se lo trovi subito.»

    «Mamma, non voglio essere un peso. Non ci sono solo io, lo sai.»

    «Non dirlo nemmeno per scherzo. Da quando tuo padre è morto, me ne sto da sola in questa casa ormai da un anno, mi piacerebbe avere compagnia. Hai sempre detto che se avessi potuto, avresti spostato la clinica a Cedar Grove. Beh, ora non ce n’è più bisogno. Torna a casa.»

    Lo fa sembrare così semplice. Come se non fosse impegnativo per me fare le valigie e trasferirmi a ore da qui con tre bambini. Come se questi tre mostriciattoli non le sconvolgeranno la vita. Non credo che abbia la minima idea di quello che l’aspetta, ma che altra scelta ho? Per quanto non voglia lasciare la città, non potrò mai ricominciare, qui. Non con lo scandalo che ha creato Dillon.

    È lunedì. Se lo dirò ai ragazzi questa sera, avranno il resto della settimana per salutare gli amici. Il mio lavoro è l’unica cosa che ci teneva qui, sarebbe bello non doversi più preoccupare di incontrare il donatore di sperma di Kyle in giro per la città.

    Immagino che torneremo a casa.

    Cittadina sperduta in Louisiana, arriviamo.

    «Arriviamo domenica. Grazie, mamma.»

    «Ti voglio bene, tesoro. Si risolverà tutto. Vedrai. Il cambiamento è difficile, ma talvolta è una benedizione sotto mentite spoglie.»

    C’è una sfumatura nel suo tono di voce che mi porta a credere che ci sia qualcosa che non mi sta dicendo. Spero solo che sappia cosa l’aspetta. Vivere con tre ragazzi è molto diverso da una visita di una settimana ogni due mesi.

    Dopo aver attaccato, scorro i messaggi che si sono moltiplicati mentre ero al telefono. Lancio una rapida occhiata all’orologio: sono le tre e mezza. I ragazzi saranno appena tornati da scuola. Ero nervosa all’idea di lasciarli a casa da soli per le poche ore dopo la scuola fino al mio rientro pomeridiano, ma dato che l’estate scorsa hanno compiuto dodici anni e non hanno più la babysitter, non avevo molta scelta. Di solito fisso il telefono, aspettando che mi mandino un messaggio per dirmi che sono tornati. Oggi sono

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