Da qui si vedono gli angeli
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Può l'Amore presentarsi sotto altre sembianze? Può il destino ricongiungere i pezzi di un puzzle disordinato?
Si consiglia la lettura di questo romanzo soltanto dopo previa lettura del primo volume: "Come candela nel buio".
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Anteprima del libro
Da qui si vedono gli angeli - Giulia Filippini
lui.
1
Raffaele
Sono passati esattamente diciotto anni. Io ed Emma viviamo sempre nella nostra bella casa e siamo abbastanza sereni. La mia bambina ormai è diventata una splendida donna di ventun anni. Frequenta la facoltà di Psicologia ed è un vero e proprio concentrato di energia e positività. Vi ho detto che siamo sereni, sì. Diciamo che nel corso degli anni abbiamo cercato di crearci una nostra dimensione, un nostro equilibrio. Per quanto riguarda la felicità, beh quella è un’altra cosa. Sarei felice al cento per cento se Caterina fosse ancora con noi.
La sua assenza ci ha lasciato un vuoto incolmabile dentro, sia in me che in nostra figlia. Lei, però, a differenza mia, è giovane e merita di essere felice. Io, sopravvivo aggrappandomi con tutta la forza che ho a ciò che mi rimane.
Dopo la scomparsa di Caterina dissi che non avrei mai potuto trovare una donna che la rimpiazzasse ed avevo ragione. In tutti questi anni non sono uscito con nessuna donna. Vi starete chiedendo come sia possibile che Raffaele Vestoni non si sia lasciato andare a frivolezze o a semplici notti di sesso? Semplice: non sono più quell’uomo vuoto.
Caterina mi ha cambiato e dopo di lei nessuna potrà mai prendere il suo posto.
Negli anni i miei fratelli e persino Emma mi hanno spinto a rifarmi una vita. Mi hanno detto che anche Caterina mi avrebbe voluto vedere felice. Il punto però era, ed è rimasto, lo stesso: nessuna donna mi darà più quel tipo di emozione perché la mia felicità ha sempre avuto un solo nome, il suo, quello di mia moglie.
Sono a posto così. Vivo accanto alla mia più grande gioia, mia figlia. La guardo crescere ed inseguire i suoi sogni e questo mi basta.
Io e i miei fratelli abbiamo preso in gestione una grande catena di ristoranti sparsi per il mondo. Eravamo tutti e tre decisi a cambiare aria e a buttarci in qualcosa di nuovo. Siamo tutti molto soddisfatti ed orgogliosi.
Andrea ora vive con sua moglie Rossana e la loro figlia adottiva Carmen. Gabriele convive con Luce, una delle nostre migliori segretarie e Christian, mio cognato, è sposato con la nostra adorata Jess e hanno un figlio, Jacopo di diciotto anni. Lui ed Emma sono praticamente come fratelli, sono sempre insieme e si vogliono un bene infinito. Il gruppo comprende anche Carmen, ovviamente. Credo che il suo arrivo nelle nostre vite sia stato un dono di Caterina. Lo penso perché lei è la migliore cugina e la migliore amica che mai potessi desiderare per mia figlia. Ha due anni in più rispetto ad Emma, è una ragazza solare, giudiziosa ed leale ed estremamente dolce.
Oltre al lavoro ho aperto insieme ai miei fratelli, a Christian e Jess un centro di recupero per ragazzi in difficoltà, tossicodipendenti e alcolizzati. La mia famiglia si impegna a finanziare questo progetto, operatori del settore, come psicologi e medici dirigono la struttura.
Aiutare queste persone mi permette di sentire mia moglie vicina. Attraverso loro lei continua a vivere.
Emma
Ho deciso, oggi glielo dico! Sono stanca di farmi mille paranoie, insomma lui è mio padre e spero capisca la mia scelta. Non devo chiedergli il permesso, ho già deciso. Voglio solo fargli conoscere le mie intenzioni. Ok, Emma, vai!
Busso piano alla porta dello studio di mio padre. Dopo qualche istante sento lui dirmi di entrare.
Ciao papà! Scusa il disturbo, posso parlarti un momento?
gli dico cercando di sfoderare tutta la mia sicurezza. Chiarisco una cosa: io non ho paura di parlare con mio padre, anzi abbiamo un rapporto bellissimo, ma credo non sarà entusiasta della mia scelta.
Lui mi sorride e dice: Ma certo tesoro. Dimmi pure.
Io mi siedo di fronte a lui e inizio: Io… ho preso una decisione. So che probabilmente non sarai felice di questa cosa ma ti prego cerca di ricordare quanto per me sia importante avere la tua approvazione
dico tutto d’un fiato.
Se inizi già così Emma mi fai solo preoccupare. Continua dai, lo sai che cerco di fare sempre tutto pur di renderti felice!
mi rassicura.
Forza Emma, ce la puoi fare! Io voglio dare una mano al centro. Come volontaria, ovviamente. So che non è un luogo in cui è facile muoversi, so che ci sono persone che hanno grossi problemi, me ne rendo conto, ma vedi papà io so che è la cosa giusta per me. Non voglio studiare soltanto, voglio rendermi utile
gli dico quasi supplicandolo e sfoderando i miei occhioni da cerbiatta.
Lui mi guarda, sbuffa nervoso e mi dice: No Emma. Potevi chiedermi altre mille cose e probabilmente ti avrei accontentato ma su questa cosa non si discute. Tu non andrai al centro!
Non sto chiedendo il permesso! Sono grande e posso decidere da sola. Ci tenevo soltanto a fartelo sapere e avrei preferito essere supportata da te in questa cosa ma non importa. Oggi pomeriggio vado con o senza il tuo consenso, mi spiace ma lo devo fare. Mamma avrebbe voluto così, ne sono certa!
gli rispondo determinata.
Mio padre si alza veloce e mi viene accanto posandomi le mani sulle spalle: Cristo, Emma sei testarda come tua madre! Non capisci che io voglio solo proteggerti? Al centro ci sono persone tranquille ma anche soggetti difficili da gestire, con trascorsi pesanti e…
non lo lascio finire, lo abbraccio e stringendolo gli dico: Lo so papà. Stai tranquillo, io starò attenta e cercherò di avere vicino qualcuno degli operatori. Ok? Ti prego permettimi di dare una mano!
Lui mi bacia su una guancia e mi dice serio: Va bene ma se solo mi viene riferito di qualche problema il tuo aiuto lì dentro finisce subito chiaro? Ora chiamo Mirko e gli spiego tutto. Alle 14:00 ti accompagno là così ti mostro la struttura.
Sono riuscita a convincere papà! Sono così elettrizzata! Spero solo che Mirko non mi stia rigido.
Mirko è il capo
. Tiene tutto sotto controllo. E’ un amico di papà e dei miei zii. Potrei anche definirlo una specie di spia perché lui è le orecchie e gli occhi di mio padre, in sostanza.
Prendo il telefono e scrivo su Whatsapp a Carmen e Jacopo che mio padre ha accettato la mia decisione. Carmen è contenta e si lascia trasportare dalla mia euforia, mentre Jacopo rimane un po’ sulle sue. Lo immaginavo. Lui tende sempre a farci da guardia del corpo e quindi sapere che trascorrerò del tempo, come volontaria, in centro di recupero per tossicodipendenti uomini, ecco non lo lascia proprio tranquillo.
Ah, già, forse il fatto che ci siano solo ospiti
di sesso maschile non entusiasma nemmeno molto mio padre, ma per me non è un problema, non mi intimorisco facilmente.
2
Sono nello studio di Mirko. Mio padre e lui stanno discutendo e valutando insieme di che mansioni mi possa occupare. Non ho ancora grandi competenze tecniche nel settore, ma mi piacerebbe semplicemente far compagnia a queste persone, parlare con loro in modo tranquillo, ascoltarli.
Emma con tuo padre abbiamo deciso di affiancarti al dott. Milas nelle sedute di gruppo e nello specifico del gruppo dei più anziani
mi dice Mirko massaggiandosi la barba.
In questo preciso istante sto cercando di contare fino a cento prima di rispondere. So che mio padre non ama vedermi esplodere quindi respiro a fondo e dico:
Perché avete deciso di rifilarmi SOLO i pazienti over? Credete non sappia gestire dei ragazzi?
Non è questo il punto Emma. Crediamo tu possa essere una distrazione per i soggetti più giovani. Sei bella e loro qui dentro non possono avere contatti con l’altro sesso. Non possiamo permetterci casini e soprattutto non possiamo mettere loro nella condizione di cedere o ancor peggio di farti del male
Mirko mi dice queste parole con estrema limpidezza e io capisco che ha ragione. Voglio essere d’aiuto qui e non d’intralcio.
Avete ragione. Farò ciò che mi viene detto. Grazie papà per questa opportunità
vado verso mio padre e lo bacio sulla guancia, lui mi fa l’occhiolino e sorridendomi mi dice: So quanto bene tu possa dare a queste persone, Emma. Ringrazia Mirko però, senza il suo permesso non avresti avuto questa opportunità! Ti dirò di più, se lo vorrai, tramuteremo questo tuo volontariato come tirocinio formativo per tua facoltà. L’università è già convenzionata con il nostro ente.
mi dice soddisfatto.
Sono felicissima e proprio per il mio temperamento esageratamente spontaneo abbraccio di slancio Mirko che mi afferra e ridendo mi dice: Sarò io a valutare il tuo lavoro qui, vedi di rigare dritto ragazzina!
Saluto Mirko e insieme a mio padre faccio una specie di tour della struttura.
Mi vengono presentati i due psicologi, il dott. Milas che mi sembra subito un uomo calmo e rassicurante e il dott. Sacchi, uno psicologo vecchio stampo, serio e professionale. Papà poi mi presenta i due infermieri, la cuoca e tre operatori.
Finite le presentazioni di rito entro con mio padre nella prima sala dove conosco il gruppo del quale mi occuperò insieme al dott. Milas. Sono cinque signori dai cinquantasette anni in su. Mi sembrano delle brave persone e cosa che mi ha fatto subito sorridere orgogliosa, sembrano adorare mio padre. Lo ringraziano continuamente per quello che fa qui al centro. Io stringo la mano a mio padre e appoggio la testa sulla sua spalla, estremamente fiera di lui.
Poi è il turno dell’altro gruppo. Non nascondo di essere un po’ agitata. Sapere già a priori di non poter interagire con questi ragazzi mi fa tristezza da una parte, ma dall’altra fa nascere in me la curiosità, comunque. di conoscere anche loro. Ecco magari Emma evitiamo casini no? Ok, ci sono, entriamo.
Quando entriamo in questa stanza conto sette uomini. Mio padre cerca di attirare la loro attenzione ma soltanto uno gli presta ascolto.
Buon pomeriggio a tutti. Sono qui per presentarvi mia figlia, Emma. Lo faccio solo a titolo informativo. Lei farà il suo tirocinio in questa struttura ma affiancherà il dott. Milas con il gruppo dei vostri colleghi più anziani
dice fermo ma cordiale mio padre.
L’unico ragazzo che si è girato ad ascoltare mio padre ci sorride e poi allunga la mano presentandosi: Piacere Emma, io sono Thomas. Mi spiace tu sia stata affidata agli over. Sai un po’ di giovinezza qui dentro ci sarebbe servita!
e mi schiaccia l’occhiolino.
Ricambio la stretta e gli dico: Piacere mio. Beh, chi lo sa, magari…
mio padre mi interrompe: Nessun chissà. Vedrete Emma girare per il centro ma voi continuerete il vostro percorso con i vostri psicologi.
Guardo truce mio padre ma so di non potermi permettere scenate in questo momento.
Stiamo per uscire, data la mancanza di interesse da parte del resto del gruppo di fare la mia conoscenza quando una voce mi fa bloccare: Meno male non l’hanno affidata al nostro allegro gruppetto. Ci mancava solo la piccola studentessa che si atteggia a professionista!
Mi volto e i miei occhi inquadrano subito il soggetto che ha fatto tale battuta. Rimango un attimo perplessa. Lo guardo e non mi sembra così giovane come gli altri. Ma è il suo sguardo puntato su di me che mi fa trattenere il respiro. Mi fissa arrabbiato. Ci guardiamo qualche secondo e mi accorgo di quanto sia bello. E’ evidentemente più grande di me e anche di parecchio, credo, ma è semplicemente… wow. Sarà alto un metro e novanta, è ben piazzato a livello di muscoli, lo capisco da come la sua maglietta gli resta aderente al busto. Ha i capelli castani un po’ lunghi, gli occhi scuri, talmente scuri da farmi perdere l’orientamento. Da farmi pensare al cioccolato fondete, fuso. Mi squadra dalla testa ai piedi e io sento la temperatura del mio corpo salire improvvisamente. Si sofferma sul mio viso e rimane lì, fermo, a fissarmi ancora serio.
Emma! Emma ripigliati cavolo! Per prima cosa hai tuo padre accanto e poi quel tizio ti ha appena offesa!
Mi riprendo e parto spedita verso quell’uomo incazzato col mondo e che ha osato prendersi gioco di me.
Mi piazzo di fronte a lui, gli punto un dito contro e parto a razzo: Scusami tu sei? No perché sai se hai qualcosa da dirmi gradirei lo facessi dopo esserti presentato e guardandomi negli occhi. Punto numero uno tu non mi conosci, punto numero due non mi atteggio a professionista. Sono qui per dare una mano, razza di imbecille!
gli dico gesticolando.
Lui non risponde, prende semplicemente la mia mano ancora protesa tra di noi e la abbassa, piano. Non mi aspettavo quel contatto e infatti trasalisco sorpresa.
Mio padre ci raggiunge e dopo aver fulminato lui con uno sguardo mi invita (obbliga sarebbe più appropriato) ad andare. Lo seguo ma prima di uscire mi volto e dico: Sia chiara una cosa a tutti voi. Soltanto perché sono una giovane donna questo non significa che io sia debole. Porto rispetto e lo esigo a mia volta, arrivederci!
3
In macchina papà mi sgrida per la sfuriata che ho fatto ma si complimenta per come ho messo le cose in chiaro.
Ora capisci perché non abbiamo voluto assegnarti a quel gruppo? Loro sono ragazzi imprevedibili e non è facile gestirli.
Si, capisco ma quel tipo non mi sembrava così giovane in fin dei conti!
Noah è il più vecchio di quel gruppo. Ha trentasette anni, se non ricordo male, ma non è passato all’altra sezione perché non sta facendo un percorso lineare. Noi non obblighiamo nessuno a rimanere, lo sai. Lui infatti viene e se ne va. Quando torna deve ricominciare tutto da capo perché ogni volta che rientra al centro non è pulito.
Noah. Avevo intuito fosse un caso singolare e problematico. Il fatto che non riesca a togliermi dalla testa i suoi occhi potrebbe essere un problema?
Mio padre mi ridesta dai pensieri prendendomi