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Sanremo e il tesoro di Hitler: La terza indagine del commissario Orengo
Sanremo e il tesoro di Hitler: La terza indagine del commissario Orengo
Sanremo e il tesoro di Hitler: La terza indagine del commissario Orengo
E-book291 pagine3 ore

Sanremo e il tesoro di Hitler: La terza indagine del commissario Orengo

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Info su questo ebook

Venerdì sera è la vigilia del torneo internazionale di Texas hold ‘em al Casinò di
Sanremo. Un concorrente iscritto, Thomas Lenhoff, è appena arrivato in città. Ma uno sconosciuto lo uccide in una camera dell’hotel Royal. Ad occuparsi del delitto è il commissario Francesco Orengo. Durante le prime verifiche emergono alcune anomalie: la carta di identità fasulla dell’assassino e alcuni fogli in una tasca dei pantaloni della vittima, nei quali si parla di un misterioso tesoro di Hitler. Si tratta di una vicenda controversa, risalente all’epoca dell’occupazione nazista di Sanremo. E con molti elementi mai svelati. L’indagine si trasforma così in un viaggio tra passato e presente, tra difficoltà e ostacoli, compresi pedinamenti e agguati. Quell’omicidio era infatti necessario per tenere occultato un segreto nascosto nel ponente ligure. A mano a mano che va avanti, il commissario Orengo rischierà tutto per difendere se stesso e le persone più vicine. Fino al più incredibile degli epiloghi.

Achille Maccapani (Rho, 1964) è laureato in giurisprudenza ed è segretario comunale di alcuni comuni nelle province di Savona e Imperia. Dopo aver pubblicato diversi saggi e manuali di diritto degli enti locali, ha esordito nella narrativa con il romanzo Taci, e suona la chitarra – Milano rock Ottanta (Fratelli Frilli Editori, 2005 – XXII Premio Città di Cava de’ Tirreni), cui sono seguiti Delitto all’Aquila nera (Zona, 2007), Confessioni di un evirato cantore (Fratelli Frilli Editori, 2009 – fiorino d’argento del Premio Firenze) e Bacchetta in levare (Marco Valerio, 2010). Successivamente ha dato inizio al ciclo seriale delle indagini dell’ufficiale dei carabinieri Roberto Martielli e del magistrato Viviana Croce con i romanzi Il venditore di bibite (Fratelli Frilli Editori, 2018), Destini in fumo (Fratelli Frilli Editori, 2019) e Ventimiglia riviera dei fuochi (Fratelli Frilli Editori, 2020). Con il romanzo Delitto al Festival di Sanremo (Fratelli Frilli Editori, 2021 – Premio speciale Giallo & noir della 44° edizione del Premio letterario “Santa Margherita Ligure – Franco Delpino”) ha avviato la serie delle indagini del commissario Francesco Orengo, che prosegue con Lo smemorato di Sanremo (Fratelli Frilli Editori, 2022) e con questo libro. Alcuni racconti dedicati ai suoi personaggi seriali sono stati pubblicati nelle antologie Una finestra sul noir (Fratelli Frilli Editori, 2017), 44 gatti in noir (Fratelli Frilli Editori, 2018), Tutti i sapori del noir (Fratelli Frilli Editori, 2019), I luoghi del noir (Fratelli Frilli Editori, 2020), Odio e amore in noir (Fratelli Frilli Editori, 2021) e Quei sorrisi noir (Fratelli Frilli Editori, 2022), tutti curati da Armando d’Amaro, in ricordo dell’editore Marco Frilli.
LinguaItaliano
Data di uscita1 mar 2023
ISBN9788869436765
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    Sanremo e il tesoro di Hitler - Achille Maccapani

    1

    Seborga, 9 dicembre 1943

    Alle otto di sera, il pentolone appoggiato sulla cucina a legna inizia a bollire. Nel casolare dislocato nel cuore della campagna collinare, il partigiano Corvo affonda la forchetta nell’acqua e verifica a che punto è la cottura della pasta.

    «Direi che tra poco ci siamo» commenta, rivolto ai suoi amici della brigata.

    I compagni preparano il tavolaccio, l’acqua e il vino. «Abbiamo ragù per tutti?» domanda un altro uomo.

    Il capo della squadra si volta ancora.

    «Certo. Poi, controllate le armi, andremo a dormire. Domattina dobbiamo scendere presto per essere pronti all’agguato.»

    «Ma sei sicuro che passeranno i tedeschi?»

    Corvo scruta quel giovanotto magro, fresco di diploma liceale. Gli sorride.

    «Ho avuto conferma dalla staffetta di oggi» risponde. «Il messaggio è chiaro. Hanno portato via tutti gli ebrei da Sanremo. E metteranno i loro oggetti al sicuro. Passeranno tra le undici e mezzogiorno lungo la costa.»

    «Come lo hai saputo?» lo incalza Santiago.

    «Hanno mandato dispacci dappertutto. E quando le notizie iniziano a circolare, diventano meno controllabili. Prima o poi c’è sempre uno spiffero» gli risponde Corvo.

    Il giovane scorge intanto l’acqua in crescente ebollizione. «Direi che ci siamo: la pasta dovrebbe essere cotta al punto giusto» gli dice, col dito puntato al pentolone.

    Il capo annuisce e, dopo un assaggio di conferma, solleva il rame dal fuoco.

    Un altro compagno prende una decina di piatti dalla cassapanca. Dopo una manciata di minuti, si trovano tutti insieme a cenare.

    «Stasera niente polenta in bianco, eh?» commenta Nico.

    «Quel tocco di carne che hai recuperato per il sugo ci darà un po’ di energia» risponde Corvo. «Bravo. E meno male che l’altro ieri gli inglesi hanno paracadutato le armi a Buggio. Abbiamo messo un po’ a trasferirle, ma almeno ora siamo pronti. E abbiamo anche una scorta di munizioni utile per le prossime settimane.»

    Pochi istanti, e nessuno più fiata. Si mangia e si beve.

    Per quanto possibile ci si rilassa. D’altronde si deve essere sempre pronti a reagire alle eventuali incursioni del nemico.

    Di solito i tedeschi faticano ad addentrarsi in questi luoghi di entroterra, perché non hanno una grande dimestichezza con le strade campestri, i percorsi più impervi di queste valli. Però hanno un aiuto importante: quello dei fascisti.

    Ebbene sì.

    Ci sono anche le camicie nere della RSI – che affiancano soldati, graduati e alti ufficiali delle SS – pronte a fare di tutto per impedire la riscossa dei partigiani.

    Ma quando ci si trova a combattere, ogni mezzo è lecito pur di vincere anche la più piccola delle battaglie. Nel frattempo prosegue la cena, allietata da alcune bottiglie di vino rosso.

    «Finalmente abbiamo tutto, siamo pronti all’agguato» commenta un altro partigiano. «Fucili, pistole, munizioni, bombe a mano. Carburante?»

    «Quello che serve» dice Corvo, tra una forchettata e un sorso al bicchiere. «Quando ci sono le discese, possiamo spegnere il motore. Al massimo si frena per non commettere idiozie.»

    Un quarto d’ora dopo, è il momento del bis per chi lo richiede. In pratica, tutti.

    «Dovremo stare attenti a quei crucchi. Soprattutto non aver pietà per nessuno» commenta un altro uomo.

    «Questo è certo. Non si discute. Domani potremo dimostrare che ci siamo. E che non stiamo giocando, ma combattiamo per la libertà. Siamo pronti a uccidere quei bastardi!» sentenzia Corvo.

    La cena finisce in modo spensierato, tra un canto sommesso e parole di reciproco incoraggiamento.

    «Certo, stare in clandestinità è dura» commenta il giovane Santiago. «Ma non avevamo scelta. Sanremo, la mia città, è sotto assedio.»

    Il capo della brigata lo osserva e gli sorride.

    «Purtroppo, soprattutto in momenti come questo, si devono fare tanti sacrifici. Ci si deve schierare e lottare senza mai arrendersi. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questo disastro, a questa perdita della nostra libertà, di ciò che vogliamo vivere insieme. Dobbiamo liberare l’Italia dai fascisti e dai nazisti» dice, mentre ritira i piatti perché il più giovane li lavi.

    Mezz’ora dopo, ci si ritrova insieme a preparare le armi.

    «Domattina» commenta un uomo «saremo già pronti, appena svegli.»

    Al termine di tutta quella fase preparatoria, il gruppo decide di uscire all’aperto. Sono le nove di sera. Attorno alla campagna c’è buio e l’aria è fresca.

    Scrutando il cielo, si intravedono le stelle.

    Nessuna nuvola all’orizzonte.

    «Non rischiamo di beccare pioggia domattina?» domanda un uomo.

    Scheggia scuote la testa.

    «Si vede che vieni dalla città. Sei di Bordighera, vero?»

    «No, di Ospedaletti.»

    «Ah, vero. Avete sempre il bel clima, d’inverno e d’estate. Comunque non tira aria di pioggia. Vedi? Se vivi nell’entroterra, ti abitui a capire quando arriverà: stai tranquillo, domani sarà una giornata serena. Perfetta per noi.»

    E si allontana poco più in là.

    Alza lo sguardo e si gode la vista delle vicine montagne, illuminate dalla luna piena. A poca distanza c’è la strada per Bordighera, l’Aurelia, sulla quale domattina passerà il camion scortato dalle SS.

    L’uomo si siede sopra un sasso. Riflette, pensa alla sua fidanzata, a queste settimane difficili, a questo brutto periodo fatto di giorni fin troppo intensi.

    Si concede un lungo respiro e infine ritorna verso la cascina.

    2

    Sanremo, epoca attuale

    L’uomo saluta l’amico, rimasto fermo nel parcheggio a pagamento vicino alla vecchia stazione. Con lo zaino sulla spalla attraversa le strisce pedonali, quindi svolta a sinistra per affrontare una breve scalinata.

    Ritrovatosi sul tratto terminale di corso Matteotti, nelle vicinanze del Casinò municipale, percorre il lungo marciapiede in discesa. Mantiene un passo regolare e si avvicina alla rotonda: a destra ci si avvia verso il corso degli Inglesi, ma deve dirigersi altrove, sempre dritto. Un centinaio scarso di metri, prima di trovarsi nelle vicinanze dell’ampia salita pedonale, diretta verso l’ingresso dell’hotel Royal.

    Ha un appuntamento tra dieci minuti, confermato poche ore prima su una chat criptata. Cerca di sopportare il cappello, il parrucchino e la barba posticcia. È il modo migliore per evitare di essere riconosciuto dalle videocamere di sorveglianza.

    Percorre lentamente la strada. È pensieroso. Portare certi oggetti nello zaino è un rischio. Ma impossibile da evitare. Non poteva certo presentarsi a mani vuote.

    Mancano ancora pochi metri. Scorge l’imponente ingresso dell’hotel. Sorride.

    Appena arrivato, si ferma per pochi istanti. Estrae il cellulare dal giaccone, controlla che ore sono, quindi inserisce la modalità aereo. Lo rimette in tasca e si incammina verso la porta girevole a vetro.

    Mentre si accosta all’entrata sfarzosa dell’atrio, fatta di marmi, capitelli e altri ornamenti in stile liberty, si ritrova in un’atmosfera di lusso, di accoglienza formale, e sente alcune persone, sedute non lontano in poltrona, dialogare in inglese.

    Raggiunge il bancone e attende di parlare con l’addetto alla reception.

    «Buonasera, desidera?»

    In effetti sono le diciannove, anche se fuori c’è la luce del giorno.

    «Buonasera a lei.»

    L’uomo estrae la carta di identità e la poggia sul tavolo.

    «Desidera una camera?»

    «No, ho un appuntamento con il signor Thomas Lenhoff. So che è arrivato da voi stamane, dobbiamo incontrarci proprio adesso.»

    L’uomo afferra il documento, lo scruta e: «Un attimo.»

    Alza la cornetta del telefono, schiaccia alcuni tasti. Attende qualche istante.

    «Pronto? Buonasera. È arrivato il signor Novelli, dice di avere un appuntamento con lei.»

    L’addetto ascolta e annuisce.

    «Sì, è lui. Scende giù nella saletta? No?»

    L’uomo cerca con un gesto dell’indice di fargli un cenno negativo, devono incontrarsi in camera. Non può certo consegnargli quell’oggetto prezioso in un luogo nel quale possono passare altre persone. Ci vuole la giusta riservatezza.

    Eppure il portinaio non gli dà retta, ma ascolta al telefono la reazione del suo interlocutore. Ha una voce piuttosto secca e alterata, quasi a voler confermare gli accordi via chat di stamattina.

    Alla fine si lascia scappare un sorriso stretto, gesto di fermezza professionale.

    «Va bene, allora posso farlo salire?»

    Ancora la voce dell’ospite bavarese riprende a tuonare dalla cornetta. Si sente quel grugnito teutonico fino al posto in cui l’uomo è appoggiato in attesa.

    L’addetto della reception si arrende: «Va bene, arriva tra poco.»

    E ripone la cornetta.

    «Mi concede un istante?» chiede, dopo aver afferrato la carta di identità per fare una fotocopia.

    Raggiunge un angolo vicino e apre lo scompartimento della stampante. Se la cava rapidamente con un gesto meccanico, quindi pinza i fogli e gli restituisce il documento. «Abbia pazienza, è la prassi.»

    «Non ci sono problemi» gli risponde. «In quale camera si trova il signor Lenhoff?»

    «Duecentotrenta, quinto piano».

    «Perfetto, grazie.»

    Lo saluta con un cenno e si dirige verso l’ascensore. Si ritrova nel corridoio retrostante e clicca sul bottone verde.

    Aspetta ascoltando la musica rassicurante diffusa dalle casse acustiche. Fissa intanto lo sguardo sul piccolo display sopra la porta dell’ascensore. I numeri digitali indicano che l’impianto sta scendendo. Quando giunge al piano terreno entra nella cabina.

    Dopo pochi attimi si trova al quinto piano.

    Pochi minuti prima

    Arrivato da poche ore nella camera 230 dell’hotel Royal, Thomas Lenhoff ha messo in ordine l’abbigliamento contenuto in una delle due valigie.

    Aveva sentito in chat Fausto Novelli, il suo interlocutore, ancora poche ore prima.

    Finalmente potranno vedersi di persona. E sapere qualcosa di più, a proposito dei ‘cimeli’ del bisnonno, di cui ha tanto sentito parlare in famiglia.

    Soprattutto di quel famoso pezzo unico di cui aveva trovato le tracce durante un confronto sulla rete peer-to-peer di collezionisti conosciuti sul dark web.

    Quella è materia che scotta. Difatti non ne ha mai parlato con nessuno, tanto più con i suoi colleghi di lavoro.

    Anche perché non conviene.

    Quel tesoro proviene da un periodo maledetto ormai cancellato dalla memoria ufficiale della storia. Una parentesi che dà fastidio. Meglio fingere di rimuoverla.

    Perfino i libri scolastici si limitano al minimo essenziale. Quella è infatti una delle pagine più tristi della storia dell’Europa del Novecento. Tanto vale camminarvi a passi felpati.

    Difatti ufficialmente è in vacanza.

    Proprio durante i colloqui notturni online con Novelli ha accettato il suo suggerimento di iscriversi al torneo internazionale di Texas hold ’em nella categoria degli esordienti.

    Aveva pagato la quota di mille euro e ricevuto l’accettazione dagli organizzatori. E domattina dovrebbe presentarsi nella sede della manifestazione: il Casinò di Sanremo. A nemmeno un chilometro di distanza dalla sua camera d’albergo.

    In realtà la vera ragione del soggiorno nella città matuziana è ben diversa. Vuole infatti entrare in possesso del prestigioso gioiello tanto ricercato e ambito.

    Lo aveva avuto tra le mani, il 25 novembre 1943, il suo bisnonno: il feldmaresciallo Karl-Heinz Gruber, comandante del distaccamento della Wehrmacht a Sanremo, uno degli uomini di fiducia di Joseph Goebbels, riabilitato dopo parecchi anni.

    Ora finalmente avrà tra le mani ciò che cercava!

    Controlla l’orologio. Fausto Novelli non dovrebbe tardare. Sorride mentre si guarda allo specchio.

    Ma in quel momento sente la suoneria del telefonino. Un messaggio in arrivo.

    Chi è?

    Lenhoff estrae dalla tasca dei pantaloni il cellulare e scruta il display.

    Scuote la testa.

    È Hans, il suo diretto collaboratore all’ufficio politiche comunitarie della Bayerischen Staatsregierung¹.

    Nemmeno un paio di giorni di ferie, che diamine. E subito il collega lo cerca. Apre la app verde e legge il messaggio.

    Cercano un fascicolo per un rendiconto da spedire a Bruxelles.

    Il solito idiota. Gli aveva lasciato le istruzioni sulla scrivania.

    Intanto ci si mette di mezzo pure il telefono della camera d’albergo. Con uno squillo prolungato.

    Lascia il cellulare sulla mensola e raggiunge il comodino.

    Afferra la cornetta. È il portinaio.

    «Pronto? Buonasera. È arrivato il signor Novelli, dice di avere un appuntamento con lei.»

    Thomas conferma.

    «Fausto Novelli. Giusto?» risponde in uno stentato italiano.

    «Sì, lui. Scende giù nella saletta?» gli domanda ancora il portinaio.

    L’uomo sbuffa.

    «No, il signore può salire. È chiaro?»

    Ancora qualche battuta, infine l’usciere gli conferma l’arrivo dell’amico in camera. Quindi Thomas appoggia la cornetta con vigore. E torna verso il telefonino.

    C’è ancora quel messaggio.

    Risponde ad Hans, scrivendogli che il materiale è catalogato in un fascicolo e può trovarlo nello scaffale della stanza vicina.

    Clicca il tasto di avvio. Anche questa è fatta.

    Tra poco, finalmente, vedrà il venditore per la prima volta in assoluto. Hanno chiacchierato tantissime volte in chat, sempre su linee criptate. Prima in inglese, poi in italiano: meno male che ci sono i traduttori automatici su internet.

    Così potrà avere tra le mani il pezzo più pregiato del tesoro di Hitler.

    Nel frattempo controlla di nuovo l’orologio da polso.

    Ormai è questione di poco.

    La porta dell’ascensore si è appena aperta. L’uomo esce e si trova sul corridoio del quinto piano. E ritrova la solita musica rassicurante. Quasi un segnale di tranquillità, come se la vita fosse una passeggiata priva di ostacoli.

    Ma non è così.

    L’uomo avanza lungo la corsia e cerca la camera 230. Manca ancora qualche decina di metri, è solo all’altezza della 215.

    Si volta e controlla se c’è qualcuno nelle vicinanze. Ascolta e, a parte la musica di sottofondo, non percepisce nessun rumore. La moquette del pavimento attutisce ogni minimo movimento. Gli bastano pochi sguardi per avere conferma della situazione.

    Non c’è nessuno.

    Nemmeno Thomas Lenhoff dovrebbe avere accompagnatori in camera.

    Riprende a camminare, stavolta con passo più lento.

    3

    L’uomo si avvicina alla camera. Sa perfettamente dove si trova, in mattinata ha studiato le mappe online dell’hotel. Si porta in una rientranza non coperta dalle telecamere di sorveglianza.

    Si toglie di dosso lo zaino, lo apre per estrarne la pistola munita di silenziatore. Sfiora la custodia che contiene uno dei gioielli più ricercati nel mercato nero.

    Magnifico, tanto luminoso da affascinare e rendere più attraente la donna che sa indossarlo con classe. Sorride con un leggero compiacimento: ne è in possesso praticamente da sempre.

    Tanti, forse troppi, lo cercano. Se ne parla da anni nel dark web. Proprio in quel modo era entrato in contatto con Thomas Lenhoff. E avevano contrattato in chat, su una rete peer-to-peer, l’importo finale per l’acquisto.

    L’intesa raggiunta era chiara: una parte con bonifico, utilizzando una rete estera off-shore. E il rimanente, ottocentomila euro, in contanti.

    Aveva giustamente sconsigliato quell’uomo di utilizzare l’aereo per viaggiare: i controlli doganali negli aeroporti sono severi. Come avrebbe giustificato il possesso di quella somma? Come affrontare il sequestro e lo scandalo che sarebbero seguiti? Meglio passare i confini in automobile. E così era stato. Lenhoff gli ha riferito di aver noleggiato una Mercedes con autista che lo ha portato senza alcun intoppo a destinazione. Con tutte quelle banconote racchiuse in una valigia.

    Si scuote.

    Prende l’arma silenziata e la controlla per l’ennesima volta. Deve essere pronto ad utilizzarla al momento giusto. Toglie la sicura e la sistema nel giaccone.

    Sarà la prima volta in cui incontrerà il collezionista tedesco. Ma conosce il suo volto: gli sono bastate alcune foto, trovate in un motore di ricerca web, scattate in occasione del gala di Oper für alle, l’evento speciale che si svolge tutti gli anni a Monaco, a metà luglio, quando la Bayerische Staatsoper organizza un allestimento operistico, visibile su maxischermo all’aperto per tutti nella Max-Joseph-Platz.

    Tra tanti politici e vari dirigenti del sistema pubblico bavarese, sul red carpet e poi nelle prime file dei posti a sedere, c’era proprio lui: Thomas Lenhoff.

    Quest’ultimo, invece, non ha mai visto il suo volto. Ha sempre evitato di accendere la videocamera del computer.

    Meglio evitare di lasciare ogni tipo di traccia. Soprattutto trattando con il pronipote di Karl-Heinz Gruber.

    Si infila un paio di guanti in pelle. Rimette lo zainetto in spalla e raggiunge la camera 230.

    Bussa alla porta un paio di volte, leggermente.

    Dopo qualche secondo di silenzio il tedesco gira la chiave, tira il pomello verso destra, e infine verso di sé.

    «Fausto?»

    L’uomo con barba e occhiali lo fissa. «Sì.»

    «Entra» lo invita, richiudendo l’uscio alle sue spalle. «Non stai bene?» gli dice, osservando i guanti in pelle.

    «Preferisco così» risponde l’uomo.

    «Finalmente è giunto il momento! Hai con te quell’oggetto, vero?»

    «Certo»

    «Non sto più nella pelle. Ho persino ordinato una bottiglia di champagne, la porteranno su tra poco. Ma raccontami…»

    «Prima gli affari.»

    Lenhoff sorride: «Ja! Concordo». E, prendendo il tablet: «Faccio subito il bonifico, intanto tira fuori il monile.»

    «Ce l’ho qui» ribatte l’altro, mentre si toglie lo zainetto e ne estrae una custodia ottagonale in marocchino verde. «Vuoi vederla?»

    «Certo!» afferma il dirigente bavarese mentre termina l’operazione online, da Dubai alla filiale di Cardiff di una banca britannica, mostrandone l’esito all’italiano, che domanda: «Il resto dei soldi?»

    Lenhoff si dirige verso i trolley. Dentro ci sono venti mazzette di banconote da cinquecento euro, contornate da appositi elastici.

    «Eccoli.»

    «Immagino ci siano tutti» dice l’altro.

    «Natürlich! Naturalmente, volevo dire…» risponde l’acquirente «ottocentomila.»

    «Bene, affare fatto» e gli consegna l’oggetto dei suoi sogni.

    «Wunderbar! Meraviglioso…» si lascia scappare Thomas, mentre prende tra le mani quel gioiello preziosissimo, ancora in eccellente stato, nonostante le traversie trascorse nell’arco di quasi un secolo.

    Lenhoff estrae dalla tasca una lente e lo controlla in modo accurato.

    Poi alza lo sguardo e: «Adesso è mio. Finalmente.»

    «Sì, ma per poco tempo» gli risponde l’uomo, estraendo dal giaccone la pistola.

    «Ma…»

    L’altro gli spara al cuore, poi dritto alla tempia.

    Lenhoff stramazza a terra, a pancia in giù.

    Lo sconosciuto aspetta

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