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Il rubino della sirena
Il rubino della sirena
Il rubino della sirena
E-book196 pagine2 ore

Il rubino della sirena

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Info su questo ebook

Lucy ha diciassette anni ed è una sirena. Vive nelle acque di Profondo Blu insieme ai nonni e ai suoi amici Marina e Jacob. Tutti loro sono consapevoli di quanto sia pericoloso avvicinarsi troppo alla terraferma; tuttavia Lucy sente un irresistibile richiamo. Un giorno la nonna decide di rivelarle la verità: i suoi genitori non sono morti, suo padre è umano, e lui e la madre vivono sulla terra. Hanno inscenato la loro morte e lasciato che la figlia crescesse con i nonni per proteggere se stessi e Lucy dalla cieca follia di Otar, un uomo malvagio, ossessionato dall’idea di catturare le sirene. Lucy è determinata: tornerà sulla terraferma alla ricerca dei suoi genitori. Tra amori, amicizie, scoperte, la sirena dovrà affrontare un’avventura molto più rischiosa di quanto immagina.
LinguaItaliano
EditoreBookRoad
Data di uscita18 nov 2021
ISBN9788833226262
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    Anteprima del libro

    Il rubino della sirena - Catia Fotia

    Los Angeles

    Era una notte di fine estate a Los Angeles: la luna piena alta nel cielo, disseminato qua e là di stelle, illuminava la superficie piatta del mare, di fronte alla baia di Long Beach. A un tratto un lieve movimento increspò appena l’acqua e tre teste dalle chiome folte e dai grandi occhi affiorarono, scrutando circospette la zona intorno a loro.

    Lucy si voltò prima verso Coral e poi verso Marina. «Okay, ragazze, via libera!»

    Le tre nuotarono verso la riva. Lucy, la più intraprendente, arrivò quasi a toccare la sabbia con le dita.

    Marina le gridò: «Lucy… stai attenta! Lo sai, Triton non vuole che ci avviciniamo troppo alla spiaggia, chissà cosa potrebbe succedere».

    Lucy indugiò qualche secondo, poi, voltandosi verso le due sirene, fece un mezzo sorriso. Alzando il sopracciglio, allungò ancora di più il braccio per toccare la sabbia asciutta. Si fece scorrere i granelli tra le dita. Provò una strana sensazione, quasi le salisse alla memoria un ricordo nascosto dalla profondità del suo cuore. Persa nella sua reminiscenza, non si accorse che le due l’avevano raggiunta.

    Coral, toccandole la spalla, la fece tornare alla realtà. «Lucy, stai bene?»

    «Sì, tutto bene, Coral. È solo che…»

    «Che cosa?»

    «No, niente.» Lucy scosse la testa. «Dai, forza, andiamo sulla spiaggia!»

    «Ma Lucy, conosci le leggende che ci ha raccontato Triton. Non vogliono che usciamo dall’acqua, potrebbero…» cercò di dissuaderla Marina.

    «Appunto, non è detto che sia vero. Lo sai anche tu, sorellina, che ci hanno raccontato tutto per farci stare lontano dalla terraferma!»

    «Ma se avessero ragione… se veramente ci trasformassimo in statue di sale, uscendo dall’acqua?»

    «Oh, Coral, sei la solita fifona. Io ci provo» rispose Lucy.

    Stava per allungare anche l’altro braccio verso la spiaggia, quando Marina la prese per la spalla e la strattonò, indicandole un punto in lontananza davanti a loro.

    «Guarda…»

    Una coppietta stava camminando mano nella mano lungo la riva: le tre subito si allontanarono dirigendosi verso il largo, per poi tuffarsi nelle profondità dell’oceano, lasciandosi dietro una scia di bollicine.

    «Per fortuna non si sono accorti di nulla» sospirò Coral.

    «Pensa se ti avessero visto. Lo sapevo, che non dovevamo venire in superficie. Ormai a Profondo Blu ci staranno cercando.»

    «Sì, sorellina, a quest’ora Triton avrà già sguinzagliato i suoi pescecani per fiutare le nostre tracce.»

    «Spiritosa la signorina! Prega solamente che non si siano accorti della nostra assenza» le rispose l’altra.

    Quando arrivarono al portale di Profondo Blu, era tutto tranquillo. Le sirene e i tritoni nuotavano sparsi tra le vie della città, presi dalle loro faccende, senza curarsi di Marina, Coral e Lucinda che attraversavano il grande portale, rallentando.

    Le tre si diressero verso il centro, dove si ergeva un monumento in marmo bianco: la scultura raffigurava Triton, che teneva in mano il suo tridente ben piantato in terra, con le tre punte rivolte al cielo. Con l’altra mano cingeva la vita di una sirena, Gran Ma. Erano fieri e maestosi, e sembravano fare la guardia alla città.

    Le tre si salutarono.

    «Okay, ragazze, domani ci riproviamo» disse Lucy.

    «Tu sei tutta matta, Lucinda.» Coral, senza aspettare una risposta, prese il largo, con la sua chioma bionda come il sole che ondeggiava a ogni colpo di pinna.

    Marina sorrise all’amica. «Lucy, non ti preoccupare, io ci sarò, lo sai… Per te ci sarò sempre.»

    Lucinda e Marina erano amiche per le pinne. Fin dall’età di sei anni, erano inseparabili: dove c’era l’una, c’era l’altra. Si lasciavano solo per tornare nelle rispettive case e, non appena potevano, cercavano un’occasione per incontrarsi di nuovo.

    Marina era una splendida sirena. Aveva il viso tondo incorniciato da capelli a caschetto, neri con qualche riflesso oltremare, e con una frangetta appena accennata sugli occhioni di un blu profondo quando il mare era in tempesta, e azzurri quand’era calmo. Anche la sua coda era di un blu che virava al nero, con sfumature argentate. Il suo collo era adornato da un ciondolo color acquamarina.

    Coral era la terza incomoda. Si aggregava a loro solo quando si organizzava qualcosa di affascinante con qualche tritone. Era lei la prima a parlare e a essere sempre al centro dell’attenzione. Sembrava che tutto il mondo sottomarino ruotasse intorno a lei, e come poteva essere altrimenti? Era la più carina fra loro tre, con quei suoi occhi castano-ambrati e quella lunga chioma color del sole. Il suo viso era fine e aggraziato, la sua coda aveva tutte le sfumature del giallo, dall’oro all’ocra, il suo ciondolo era color ambra e i vari giovani tritoni che abitavano a Profondo Blu pendevano tutti dalle sue labbra.

    Pensandoci bene, però, non tutti. L’unico a non farlo era forse Jacob, il migliore amico di Lucy: aveva un anno in più di lei, capelli neri sempre arruffati, un viso dolcissimo, occhi blu oceano e – Lucy doveva ammetterlo – un fisico ben palestrato. Ogni volta che ne aveva l’opportunità, Coral faceva di tutto per attirare la sua attenzione, ma lui non le dava retta più di tanto e questo la infastidiva.

    Lucy si voltò verso Marina, abbracciandola. «Grazie, lo so. Però credo di aver esagerato un pochino, questa volta, ad avvicinarmi tanto alla riva.»

    Le due amiche si guardarono negli occhi, si salutarono e si diressero verso le rispettive abitazioni.

    Profondo Blu. Lucinda, da quando abitava lì, se la ricordava sempre uguale: le vie erano costeggiate da alti coralli dai vari colori e forme, ben saldi sulle rocce, in cima ai quali si ergevano ampolle di vetro contenenti lucciole di mare, che illuminavano le strade in mezzo a tutto quel blu oceano.

    Porte di marmo chiudevano l’entrata delle case, scavate nella roccia più dura del mare in cui nessun uomo aveva mai messo piede; alle finestre pendevano tende fatte con conchiglie e alghe. Ogni tritone o sirena che si incontrava per strada si salutava, i più piccoli giocavano allegramente tra le vie, indisturbati, e a ogni angolo si trovavano bancarelle dove i commercianti vendevano ogni tipo di manufatto.

    Lucy doveva ammetterlo, si stava bene in quella cittadina sommersa. Ma dentro di sé sapeva che là fuori il mondo era diverso. Esistevano cose che in fondo al mare non si potevano fare, soprattutto con le pinne.

    Quand’era più piccola, la Grande Madre le raccontava, la sera prima di addormentarsi, delle favole incredibili su uomini che solcavano i mari con grandi navi e dame con ampi abiti scintillanti, adorni da pizzi, perle pescate nel blu del mare, e collane fatte con i gioielli più lucenti e bizzarri.

    Ricordando le storie di Gran Ma, Lucy cercò di immaginare quelle scene. Saloni immensi in cui le persone ballavano a tempo di musica e muovevano i piedi… Sì, proprio i piedi, e non quella stupida coda! Anche se in realtà, pensandoci su, le poche volte che Lucy era salita in superficie, non aveva mai visto persone passeggiare sulla spiaggia con quei vestiti, ma con pantaloncini cortissimi e canottiere aderenti. Forse Gran Ma era da un po’ di tempo che non visitava la terraferma.

    Quando aprì la porta di casa, Gran Ma, una stupenda sirena dalla chioma color argento raccolta in una lunga treccia, si girò a guardarla. «Sei pronta per la cena, tesoro? Dove sei stata? Mi sembri un po’ giù di morale.»

    Lucy, tornando in sé e cercando di non far notare nulla, l’aiutò a preparare la tavola. «No, niente. Siamo andate in giro per l’oceano a cercare coralli… Lo sai com’è fatta Coral, dev’essere sempre la più bella, avere tra i capelli i colori che non ha nessuno.»

    In quel momento si aprì la porta di casa e sull’uscio apparve un tritone, con il viso corrucciato contornato da capelli brizzolati e una lunga barba bianca. Mentre la nonna armeggiava con i piatti, il tritone le andò incontro e, prendendola per la vita, la girò verso di sé e le diede un bacio.

    «Buonasera anche a te, Triton» fece la nonna.

    Il tritone diede un bacio sulla guancia anche a Lucy. «Allora, mie belle sirene, cosa c’è di buono questa sera da mangiare per un vecchio tritone come me?»

    Le due si misero a ridere e tutte e tre si sedettero al tavolo, mangiando e discutendo della giornata trascorsa, senza che Lucy si lasciasse scappare nulla della salita in superficie.

    La mattina seguente la sirena, facendo un giro per il mondo sottomarino, incontrò Jacob. Decisero di farsi una nuotata insieme. Uscirono dalle porte – la barriera di protezione era già alta da un pezzo – e si allontanarono indisturbati.

    «Jacob, posso chiederti una cosa?»

    «Certo, dimmi.»

    «Tu ci sei mai stato, in superficie?»

    Jacob si fermò con aria interrogativa. «Ragazzina, cosa pensi di fare? Non è un mondo per noi, anche se certe volte vorrei provare anch’io a salire. Ma guarda da cosa siamo circondati, dove trovi un mondo così là fuori?»

    Il tritone si riferiva a tutto quello che in quel momento stava intorno a loro. Balene, scogliere, pesci e ogni più piccola particella che formava il loro mondo meraviglioso.

    «Sì, però, come hai detto tu, qualche volta vorrei sapere cosa potremmo fare senza questa maledetta coda.» Lucy alzò lo sguardo.

    Jacob capì all’istante quello che intendeva la sirena. Le accarezzò la guancia. «Lucinda, devi capire che ognuno è perfetto così com’è, non ha bisogno di diventare qualcun altro o qualcos’altro.»

    Le fece cenno di seguirlo. Dopo qualche colpo di pinna, si trovarono davanti a un’entrata: ai lati si ergevano due statue di leoni con le fauci aperte e sotto la zampa destra una sfera di cristallo puro. Era strano, le alghe non avevano ricoperto la superficie, come se ogni giorno qualcuno la lustrasse.

    Oltrepassati i due leoni, si apriva davanti a loro un mondo meraviglioso. Si trattava di una vecchia cittadella degli umani, sprofondata in mare per colpa di un terremoto secoli prima. Certe case ormai distrutte dal tempo non avevano più il tetto. In altre, una parete aveva ceduto per i troppi secoli passati in fondo al mare.

    Si vedeva un campanile in lontananza tra le case, con ancora attaccata alla torre la campana un po’ arrugginita e coperta da qualche lichene. Più avanti trovarono un edificio con enormi scalinate. Doveva essere molto importante, perché il portone che chiudeva l’ingresso era scolpito con effigi di uomini in tunica e corone di alloro. Lucy aiutò Jacob ad aprirlo ed effettivamente, quando entrarono, si trovarono davanti enormi scaffali pieni di libri ormai del tutto logori, tanto che la sirena aveva paura persino a toccarli.

    «Jacob, ma è fantastico!»

    «Sì, quando mi sento giù di morale, io vengo qui a riflettere.»

    «Grazie, Jacob.» Lucy lo guardava con i suoi occhi verdi e si poteva perdere in quelli blu del ragazzo. Con un po’ di imbarazzo, si scostarono entrambi. Poi la sirena si ricordò dell’appuntamento nel pomeriggio con le amiche, e con una scusa ritornò a Profondo Blu.

    Nel pomeriggio aveva detto a Gran Ma che sarebbe andata a casa di Marina per delle faccende, ma invece si diresse nuotando velocemente all’appuntamento con le due amiche. Nel centro della piazza, sui gradini della statua, c’era solo Marina ad aspettarla. La salutò alzando la mano.

    «Ciao, sei pronta?» le chiese Lucinda.

    Marina annuì. «Ma Coral non viene?»

    «Non so, non l’ho vista per tutto il giorno.»

    Si allontanarono insieme oltrepassando il portale di Profondo Blu. Questa volta, nella notte illuminata dalla luna ormai piena, le teste che affiorarono dall’acqua furono due. Scrutando il panorama circostante, si assicurarono che non ci fosse nessuno a guardarle e si accostarono alla riva.

    «Lucy stai attenta…»

    «Oh, sorellina, non cominciare, ieri l’ho toccata e non è successo niente.»

    «Tu stai attenta lo stesso.»

    Lucy, senza indugiare oltre, si avvicinò lentamente, allungò le braccia e si appoggiò con tutte e due le mani sulla sabbia, tirandosi su con estrema cautela. Era quasi fuori. Si voltò verso Marina, felice. «Hai visto?»

    Si stava allungando, rimanendo solo con la pinna in acqua, quando improvvisamente spalancò gli occhi, fu attraversata da un tremito incontrollabile e si accasciò sulla sabbia.

    «Lucy, cosa ti sta succedendo? Lucy, rispondi!» Marina, impaurita, la raggiunse.

    Lucy sembrava svenuta. L’amica la scosse, prima delicatamente, poi più forte. Non ricevendo nessuna risposta, iniziò a trascinarla indietro verso l’acqua, scoppiando a piangere dalla disperazione.

    «Buh! Ti sei spaventata?»

    Marina fece un balzo all’indietro e, con il volto tutto rosso, sbottò: «Lucinda di Profondo Blu, sei davvero perfida. Non ti parlerò mai più!».

    Lucy l’abbracciò forte. «Scusami, non volevo spaventarti… Ma dovevi vedere la tua faccia!».

    Le due risero.

    Marina alzò gli occhi al cielo e vide che la luna era già alta. «Okay, anche per questa sera può bastare, mi hai spaventato abbastanza. Possiamo tornare e poi siamo in ritardo.»

    Le due si allontanarono dalla riva, ma Lucy si girò un’ultima volta. Sospirò e pensò al giorno in cui finalmente avrebbe camminato sulla terraferma.

    Nel voltarsi per prendere il largo, con la coda dell’occhio notò, sulla spiaggia, una donna che veniva fuori da dietro una duna di sabbia e si avvicinava timidamente alla riva. Accennò un saluto verso la sirena.

    Lucy la guardò per un breve istante, anche se, al chiaro della luna piena, si intravedeva solo una sagoma. Notò che era alta e magra, e aveva la sua stessa massa di capelli.

    Poi Marina la fece voltare, chiamandola e protestando che era tardi. Lucy si girò di nuovo e vide che la donna era scomparsa. Delusa, domandandosi chi fosse quella persona, si tuffò per raggiungere l’amica, facendo intravedere la sua coda rossa con sfumature gialle e verdi.

    Mentre le due sirene rientravano a Profondo Blu, Lucy si accorse che dal portone stava uscendo Jacob, così gli nuotò incontro.

    «Ciao, Jacob.» Arrivò davanti a lui, sorridendogli.

    «Ciao, Lucy! Marina… Cosa ci fate in giro a quest’ora?»

    Lucy sgranò gli occhi verso Marina. «Siamo andate a…»

    Per fortuna una pattuglia di tritoni stava uscendo in ricognizione proprio in quel momento. «Ragazzi, forza, rientrate. Dobbiamo chiudere il cancello e abbassare la barriera tra qualche minuto!»

    Le due sirene si precipitarono all’ingresso, invece Jacob seguì i tritoni.

    «Jacob, dove vai?»

    «Triton mi ha chiesto di fare

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