L’infinito gastronomico di Giacomo Leopardi: Uno Zibaldone di ricette
Di Andrea Maia
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Se da bambino odiava la minestra che la madre gli imponeva, in seguito amerà con passione i dolci e i gelati e si diletterà in lunghi elenchi di ricette. Scopriamoli!
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Anteprima del libro
L’infinito gastronomico di Giacomo Leopardi - Andrea Maia
Leggere è un gusto
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L’infinito gastronomico di Giacomo Leopardi
Uno Zibaldone di ricette
Andrea Maia
Il leone verde
Questo libro è stampato su carta prodotta nel pieno rispetto delle norme ambientali.
Direzione editoriale: Anita Molino
Progetto grafico della copertina: Francesca Pamina Ros
In copertina: L’infinito, frammento del manoscritto originale di Giacomo Leopardi
ISBN: 9788865804858
© 2023
Edizioni Il leone verde
Via Santa Chiara 30 bis, Torino
Tel. 011 5211790
info@leoneverde.it
www.leoneverde.it
www.leggereungusto.it
Anèr polùtropos (Premessa sul genio multiforme)
Leopardi è un poeta? Certo, un grandissimo poeta, come dimostra nelle sue opere in versi; ma è anche tante altre cose
.
È uno straordinario filosofo, che espone le sue teorie nel capolavoro in prosa Le operette morali; un filologo di altissima levatura (a 13 anni possedeva conoscenze profonde su greco ed ebraico, latino e francese, ricavate dal suo lavoro di autodidatta, basato su una versione plurilingue dell’Antico Testamento), un antropologo, un esperto di musica… e anche di gastronomia.
Questa sua attenzione rivolta in diverse direzioni lo porta talora ad atteggiamenti apparentemente contraddittori: così in teoria egli si presenta come avverso al Romanticismo, contro cui prende posizione in una lettera programmatica inviata alla Biblioteca italiana, ma quando elabora i suoi testi in versi risulta poi il nostro più grande poeta romantico.
Leopardi è intanto, grazie in particolare alle Operette Morali, composte nel periodo del silenzio poetico (durato dal 1823 al 28), un grande filosofo, che si può collocare accanto ad altri originali pensatori asistematici
dell’Ottocento, quali Schopenhauer e Nietzsche, che non a caso lo apprezzarono. Formatosi fin dall’infanzia sui testi degli Illuministi francesi (Voltaire e Rousseau, Diderot e D’Alambert) arriva presto a una visione materialistica, e pessimistica, che si sviluppa attraverso i tre momenti fondamentali del pessimismo storico (natura positiva rovinata dall’uomo e dalla storia), pessimismo cosmico (natura matrigna e distruttrice) e pessimismo agonistico (appello agli uomini per una ritrovata fraternità per lottare contro la comune nemica, cioè la natura). Schopenhauer in particolare manifesta la sua ammirazione verso Leopardi filosofo, e vede in lui analogie con il proprio pensiero, e si compiace di constatare come in un medesimo anno (il 1819) soggiornino in Italia i tre più grandi pessimisti, cioè egli stesso, Byron e Leopardi. E nella sua opera fondamentale, Il mondo come volontà e rappresentazione, nel paragrafo XLVI, offre al poeta di Recanati un esplicito e forte riconoscimento, scrivendo: Nessuno ha mai trattato in modo così compiuto e profondo l’argomento del nulla e dei dolori della vita, come nei nostri giorni il Leopardi
.
Leopardi è poi uno dei più esperti filologi europei, riconosciuto come tale soprattutto nel mondo germanico: le sue conoscenze del greco e del latino, elaborate fin dalla fanciullezza e perfezionate negli otto anni di studio matto e disperatissimo
(come scrive in una lettera al Giordani) fanno di lui un esperto analista e commentatore dei testi classici e gli consentono esiti clamorosi come quelli delle Odae adespotae, che egli finse di aver trovato in un antico manoscritto (mentre le aveva create lui in greco antico e in stile anacreontico) e sulla cui attribuzione gli esperti europei discussero a lungo. La sua fama di filologo gli procurò poi anche la proposta, nel 1827, da parte dell’università di Bonn, di coprire una cattedra dantesca, cui egli rinunciò per motivi di salute.
La varietà dei suoi interessi ha una grande estensione. Nelle pagine dello Zibaldone (una immensa raccolta di pensieri, osservazioni, riflessioni su tematiche di ogni tipo), troviamo, tra altri aspetti, le annotazioni di un musicologo attento e profondo, capace di osservazioni precise e motivate ad esempio su Rossini, di cui è un appassionato ammiratore; capace di indagare con finezza e straordinaria competenza sul settore delle opere romantiche del compositore pesarese, come quella Donna del lago, che aveva visto nel soggiorno romano e che analizza con efficace perspicacia, rivelando una particolare sensibilità su un tipo di composizione musicale che presenta aspetti analoghi a quelli delle atmosfere presenti nelle sue creazioni poetiche.
Ma egli è anche uno storico, un sociologo, uno studioso dei comportamenti umani, un attento osservatore dei fenomeni psicologici e comportamentali… e anche un uomo interessato al cibo e alla gastronomia.
A proposito del cibo, in data 18 ottobre 1821 Leopardi si sofferma sulle diversità tra le cucine dei vari paesi (pag. 1942): "Osservando che l’armonia o la disarmonia dei sapori è determinata nella massima parte dalla assuefazione, non ci meraviglieremo che le cucine e i gusti delle diverse nazioni differiscano tanto più quanto esse nazioni sono lontane e diverse…" In data 6 agosto 1822, egli tratta a lungo del gusto e cita una sua esperienza personale: "Io mi ricordo molto bene che da fanciullo mi piaceva affettivamente e parevami di buon sapore tutto quello che m’era lodato per buono da chi mi dava a mangiare. Moltissime delle quali cose, che effettivamente secondo il gusto dei più, sono cattive, ora non solo non mi piacciono, ma mi dispiacciono. Né per tanto il mio gusto intorno ai detti cibi s’è mutato a un tratto, ma appoco appoco, cioè di mano in mano che la mia mente s’è avvezzata a giudicar da sé, e s’è venuta rendendo indipendente dal giudizio e opinione di altri…" In una annotazione scritta a Bologna il 6 luglio 1826 (Zibaldone p. 4184) egli osserva che il mangiare "è una occupazione interessantissima, la quale importa moltissimo che sia fatta bene, perché dalla buona digestione dipende in massima parte il ben essere, il buono