Travel Security Management: La sicurezza del lavoratore all’estero e la responsabilità del datore di lavoro
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Anteprima del libro
Travel Security Management - Mario Carotenuto
1
1 LE FONTI NORMATIVE A TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEI LUOGHI DI LAVORO
1 a) Le principali fonti internazionali
La Convenzione n. 190/2019 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro¹ si applica alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro che si verifichino in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro, compresi gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro (art. 3). La Convenzione definisce violenza e molestie
l’insieme di comportamenti, pratiche o minacce che mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici. Essa richiede agli Stati membri di adoperarsi per assicurare la tolleranza zero nel mondo del lavoro. È previsto che ciascun Stato membro si debba impegnare ad adottare leggi, regolamenti e politiche idonei a garantire il diritto alla parità e alla non discriminazione in materia di impiego e professione per i lavoratori e per altri soggetti appartenenti a uno o più gruppi vulnerabili o a gruppi in situazioni di vulnerabilità che risultino sproporzionatamente colpiti da violenza e molestie nel mondo del lavoro.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000) sancisce che
«ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose» (art.
31, para. 1). Il paragrafo si basa sulla direttiva 89/391/CEE del Consiglio concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro². La direttiva stabilisce, altresì, che il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro. Qualora poi un datore di lavoro ricorra a competenze (persone o servizi) esterne all’impresa e/o allo stabilimento, egli non è per questo liberato dalle proprie responsabilità in materia (art. 5).
La normativa e le politiche europee in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono diverse, sebbene in Europa non esista ancora una legislazione specifica sui rischi psicosociali. Da menzionare è l’Accordo Quadro Europeo sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro causate da terzi (2007), che regolamenta la prevenzione e la gestione delle molestie e della violenza nei luoghi di lavoro e sancisce il dovere dei datori di lavoro di adottare una politica di tolleranza zero
nei confronti della violenza, promuovendo procedure per prevenire e gestire i casi di molestie e di violenza.
1 b) Le fonti nazionali
La Carta costituzionale italiana (1948) tutela la salute sia come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, sia come limite al libero esercizio dell’iniziativa economica privata, i cui fondamenti sono definiti dagli artt. 32 e 41. Recita infatti il primo articolo che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività [...]», mentre il secondo che «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana [...]». L’art. 32 in combinato disposto con l’art. 41, obbliga quindi lo Stato a promuovere idonee iniziative e ad adottare specifici comportamenti al fine di migliorare la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Nella «gerarchia dei valori fondamentali, la dignità e la salute del lavoratore sono anteposti al profitto, dovendo, dunque, l’azienda identificare tutte le regole cautelari suggerite dal rischio effettivo o potenziale, senza arrestarsi al semplice rispetto delle disposizioni vigenti»³.
Il Codice Civile all’art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro), norma cardine in materia di sicurezza sul lavoro, recita che «L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».
L’art. 2087 c.c. ha un contenuto precettivo: «il datore di lavoro, nell’esercizio dell’attività d’impresa, ossia nell’esercizio dell’attività di produzione o di scambio di beni e servizi, deve tutelare il prestatore di lavoro tanto in relazione alla sua integrità fisica quanto alla sua personalità morale, predisponendo tutte le misure, i mezzi e gli accorgimenti idonei ad evitare il verificarsi di eventi pregiudizievoli. I criteri in base ai quali tali misure si rendono necessarie sono: la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica»⁴.
Da quanto sopra, si può quindi affermare che il legislatore intende «anticipare e colmare positivamente ogni situazione di rischio»⁵. Nell’attività professionale il datore di lavoro deve pertanto porre una particolare diligenza nell’adottare tutte le misure necessarie a tutelare i lavoratori in Italia e all’estero. Si può chiaramente affermare che «l’imprenditore risulta quindi garante in senso lato dell’integrità fisica dei prestatori di lavoro»⁶.
Il datore di lavoro è quindi soggetto a un obbligo preciso e puntuale: tenersi aggiornato; acquisire le esperienze di aziende similari; individuare caso per caso, secondo le particolarità del lavoro, le esperienze e la tecnica, le misure da adottare in concreto; così da garantire al lavoratore una protezione che inglobi misure non estemporanee, bensì sperimentate e soprattutto individuabili senza incertezze, perché acquisite in quel determinato ambiente o settore.⁷
La genericità dell’obbligo di sicurezza disposto dall’art. 2087 c.c. ha presto evidenziato la necessità di integrare il quadro normativo con disposizioni più specifiche e più tecniche. Cosicché, a seguito della Legge n. 51/1955 (Delega al Potere esecutivo ad emanare norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro) furono emanati diversi provvedimenti di carattere generale e speciale negli anni 1955 e 1956.
Solo con il Decreto Legislativo n. 626/1994 (e successive modificazioni e integrazioni), che recepiva ben 18 direttive comunitarie (vincolanti per uno Stato membro), fu introdotta la logica dell’anticipazione dei rischi e della prevenzione degli infortuni che diede una forma organica alla materia. Recitava infatti l’art. 4 (Obblighi del datore di lavoro) che «Il datore di lavoro è tenuto all’osservanza delle misure generali di tutela previste dall’art. 3 e, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda ovvero dell’unita’’ produttiva, deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari [...]». Il legislatore non definiva quindi in modo preciso quali fossero i rischi che il datore di lavoro avrebbe dovuto valutare, cosicché, per quanto concerne il rischio criminoso, ci vollero diverse importanti sentenze dell’Autorità