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Omicidio di Emma Canton: Atti processuali - Archivio di Stato di Venezia 1933
Omicidio di Emma Canton: Atti processuali - Archivio di Stato di Venezia 1933
Omicidio di Emma Canton: Atti processuali - Archivio di Stato di Venezia 1933
E-book238 pagine3 ore

Omicidio di Emma Canton: Atti processuali - Archivio di Stato di Venezia 1933

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Info su questo ebook

Novant’anni fa, nella frazione di Sant’Antonio di Tortal (Borgo Valbelluna), la giovane Emma Canton  veniva uccisa barbaramente per mano del suo coetaneo Abele De Barba con il quale aveva avuto una relazione sentimentale. La vicenda, è ricostruita attraverso gli atti processuali conservati all’Archivio di Stato di Venezia.
Emma Canton, 22enne di Confos, viene attirata in una trappola mortale e assassinata brutalmente nella notte tra sabato 4 e domenica del 5 febbraio del 1933 a Sant’Antonio Tortal (Borgo Valbelluna - Belluno) dal suo ex fidanzato Abele De Barba. Un omicidio orrendo, per le modalità adottate dall’assassino, reso ancor più odioso perché Emma era incinta di due mesi a seguito della relazione poi interrotta con lo stesso De Barba. Ma c’è di più, come rivelano gli atti processuali. Perché anche da morta Emma sarà lasciata sola dalla comunità in cui vive. Possibile che su una sessantina di testimoni, che sfilano dinanzi al pubblico ministero, se si escludono i parenti più vicini, ad inquadrare la personalità criminale del De Barba sia solo un’altra donna, la vicina di casa dell’omicida, che dichiarerà agli inquirenti: “E’ un giovane falso, e nell’intimità un violento”! Per tutti gli altri, Abele De Barba è un bravo giovane laborioso! Ebbene, novant’anni sembrano trascorsi inutilmente, dal momento che anche oggi succedono fatti analoghi, dove talvolta è ancora la vittima ad essere colpevolizzata. La vicenda processuale si concluderà otto mesi dopo l’omicidio, il 12 ottobre 1933, con una serie di colpi di scena con la sentenza di condanna all’ergastolo di Abele De Barba, pronunciata dalla Corte d’Assise di Belluno, pena inasprita da un anno di isolamento, per aver ucciso per motivi abbietti e con premeditazione. Ma l’ergastolo in Italia, non significa fine pena mai, come si vedrà, nemmeno per i peggiori criminali.  
LinguaItaliano
Data di uscita5 set 2023
ISBN9791222444291
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    Omicidio di Emma Canton - Roberto De Nart

    Roberto De Nart

    Omicidio di Emma Canton

    Atti processuali - Archivio di Stato di Venezia 1933

    Bellunopress editore

    Settembre 2023

    Codice ISBN: 9798389986077

    Il quadro generale

    Sono passati solo quindici anni dalla fine della Prima guerra mondiale. L’Italia è in ginocchio, afflitta da fame, povertà e rivendicazioni. E tuttavia, all'inizio degli anni '30, il nostro Paese raggiunge l'apice dell'ammirazione da oltreoceano. Le trasvolate di Balbo nel Mediterraneo e nell’Atlantico fino in Canada sono mitiche. Primo Carnera diventa il simbolo del riscatto tra gli italo-americani degli Stati Uniti d’America. Ma il 1933 sarà anche un anno determinante nella storia del ‘900. Il 30 gennaio 1933, infatti, il presidente della Repubblica della Germania, von Hindenburg, nomina cancelliere Adolf Hitler leader (Führer) del Partito nazista, con le conseguenze che ahimè conosciamo. In Italia Mussolini è al potere dal 1922 e la sua popolarità continua ad aumentare. Nel 1933 nascono Inail e Inps, e prosegue la campagna demografica voluta dal duce, che attraverso l’Omni - Opera maternità nazionale infanzia - potenzia le strutture dedicate alla maternità, premia le madri più prolifiche, incoraggia i matrimoni e tassa il celibato.

    A Gruaro (Venezia) il regime fascista si rende responsabile di una sperimentazione che costa la vita a 28 bambini. Episodio oscurato da giustizia, stampa e Chiesa. Tra l'8 e il 16 maggio del 1933, 254 bambini sono sottoposti al vaccino sperimentale antidifterico dell'Istituto Sieroterapico di Napoli. Molti dei sopravvissuti porteranno le conseguenze degli effetti avversi per tutta la vita. Venne inoculata una anatossina antidifterica in una dose al posto delle tre collaudate del sistema Ramon. A ciò si aggiunse l'errore umano nella preparazione del vaccino contenente il batterio ancora attivo anziché attenuato. A Belluno il 1° novembre 1933 viene inaugurata L’Opera Nazionale Balilla o Casa del Balilla, dedicata ai Caduti di guerra. La costruzione, nota con il nome di Gil (Gioventù italiana del littorio) è costituita da tre corpi di fabbricati allineati su via Girolamo Segato, collegati fra loro da una galleria. In uno del tre corpi sono distribuiti gli uffici, nell’altro la sala di lettura e delle riunioni e nel terzo la palestra con i servizi di guardaroba, gli spogliatoi, il reparto sanitario e le docce e comprende anche un campo di giochi sportivi. Negli anni ’60 e ’70 diventerà sede delle scuole medie Dal Pan (oggi Nievo), dopodiché sarà abbattuta per costruire l’attuale Palazzo di giustizia. Nel 1933 iniziano anche i lavori della Scuola più bella d’Italia intitolata al pedagogista bellunese Aristide Gabelli (1830-1891). Gli spazi interni ed esterni sono progettati dagli ingegneri Agostino e Guglielmo Zadra per la migliore applicazione didattica del metodo Montessori-Pizzigoni, importato a Belluno ed applicato da Pierina Boranga. Sempre nel 1933 ad occupare le pagine di cronaca nera sono i cosiddetti misteri di Alleghe, una vicenda giudiziaria che si chiuderà 31 anni dopo, nel 1964 alimentata da cinque omicidi, il primo dei quali avvenuto nel maggio ’33 dove la morta è una cameriera di nome Emma, come la vittima della nostra storia. Il Comune di Trichiana (oggi Borgo Valbelluna per fusione nel 2019 con Mel e Lentiai) territorio dove si svolgono i fatti che andiamo a raccontare, viene collegato definitivamente alla destra del Piave nel 1930, con l’inaugurazione del Ponte di San Felice. Prima di allora si doveva attraversare il fiume con un traghetto. Nel censimento del 1931 Trichiana totalizzava un picco massimo di crescita, toccando i 4.635 abitanti. Per poi scendere nei decenni successivi e risalire fino al suo massimo storico nel 2011 con 4.832 abitanti di cui 342 residenti nella frazione di Sant’Antonio Tortal. Le altre località citate nel libro sono: Frontin, con circa 195 abitanti, Campedei 140 abitanti, Confos 30 abitanti, Cavaril 20 abitanti, Pian Grande (o Piangrande) 10 abitanti. Il processo per l’omicidio di Emma Canton, dunque, con la sua settantina di testimoni, possiamo dire che coinvolse l’intera frazione di Sant’Antonio di Tortal e le località limitrofe. Spiace constatare che novant’anni dopo, poco è cambiato per le donne. Ogni giorno o quasi, la cronaca nera riporta fatti di sangue dove la vittima è nella maggior parte dei casi ancora la donna. Nei secoli passati, la situazione era addirittura peggiore. Durante il Medioevo, la cosiddetta caccia alle streghe, che si abbatté in tre ondate, dalla fine del 1400 alla prima metà del ‘600, poi dal 1480 al 1520 e dal 1560 al 1650 fu la causa di morte per un numero che va dalle 35mila alle 100mila persone. Centomila processi di cui l’80% aveva sul banco degli imputati delle donne, accusate di stregoneria o eresia. Il 55% dei procedimenti finiva con una sentenza di condanna a morte. Un massacro, insomma, dove bastava poco per finire sotto le sgrinfie dei carnefici. Le ultime esecuzioni in Europa arrivarono fino al XVIII secolo. L’ultima strega in provincia di Belluno pare sia stata bruciata nella frazione di Castion alla fine del ‘700. In America, per la fine dei roghi si dovrà attendere il 1800.

    Introduzione

    Emma era una bella ragazza e, che io sappia, dopo essere stata lasciata dall’Abele, non amoreggiò con altri uomini. Sono le parole della sua amica ventenne Ida, rese al giudice istruttore subito dopo l’omicidio. La vicenda succede nel febbraio del 1933 nella frazione di Sant’Antonio Tortal, all’epoca Comune di Trichiana, oggi Comune di Borgo Valbelluna. E’ la storia dell’orrendo femminicidio della povera Emma Canton, una ragazza 22enne incinta di due mesi barbaramente uccisa dal suo ex fidanzato, e qui ricostruita attraverso gli atti processuali conservati all’Archivio di Stato di Venezia. Ma la storia contiene anche uno spaccato di vita di provincia, che si può leggere tra le righe delle varie testimonianze degli abitanti del paese. C’è ad esempio la preoccupazione di una famiglia povera che dovrà far fronte all’arrivo del secondo figlio. C’è la condivisione delle camere e anche del letto tra i figli oramai in età adulta di famiglie numerose. Le chiacchiere di paese, che attribuiscono delle relazioni probabilmente inesistenti ad Emma. Le interminabili partite a carte nei bar. Emma, che per metter fine alle chiacchiere di paese e sollecitata dal fidanzato che diventerà poi il suo assassino è costretta a rivolgersi al medico per farsi rilasciare il certificato di verginità. Non ricordo - testimonierà il medico al giudice - ma certamente rilasciai un certificato a favore della ragazza. E poi le feste da ballo, una di queste in un albergo di San Ubaldo che altro non è che il nome italianizzato dell’attuale San Boldo. Un testimone parla anche di cocaina; nel 1933 a Sant’Antonio di Tortal girava la cocaina? Nessuno la vide mai, infatti, era solo Abele, l’omicida, che si vantava dicendo che utilizzava la droga per sedurre le ragazze. Insomma, un passato remoto per lo più dimenticato che ritorna con forza nelle carte processuali riaperte per la prima volta dopo novant’anni che ci restituiscono vari fotogrammi di vita di tutti i giorni nelle campagne bellunesi negli anni a cavallo tra le due guerre mondiali. Dalle testimonianze, inoltre, il lettore potrà constatare come viene rappresentata l’immagine pubblica dell’omicida, un giovane virtuoso, dal profilo positivo, che tutti dicono essere laborioso, beve moderatamente e si ferma poco nei bar. Va detto che nel 1932 a Sant’Antonio di Tortal, bere un quarto di vino era considerato appunto un comportamento di una persona moderata. Solo una donna, per la verità, la vicina di casa dell’omicida, riesce a mettere a fuoco con precisione la personalità di Abele, dichiarando al giudice istruttore: E’ un giovane falso, e nell’intimità un violento.

    I fatti

    Nella notte tra sabato 4 e domenica 5 febbraio del 1933 a Sant’Antonio Tortal, Abele De Barba 22enne del posto uccide brutalmente la sua coetanea Emma Canton residente nella frazione di Confos, colpendola ripetutamente al capo con delle pietre. L’omicidio avviene sulla strada che dal paese di Campedei porta a Pianezze. Novant’anni fa era un sentiero che saliva verso le casere, dove veniva portato il bestiame al pascolo. Il luogo del crimine è conosciuto come Riva dell’orbo (salita del cieco) dopo il Pont de la olta (Ponte della curva). In ricordo della povera ragazza, oggi c’è una lapide sulla destra della strada salendo verso Pianezze con la scritta Canton Emma nata il 2.12.1910 Mano malvagia le troncò la vita sul fiore degli anni il 5.2.1933 La famiglia pose. Emma risulterà incinta di circa due mesi a seguito della relazione avuta con l’assassino stesso. Seguirà il processo nel quale vedrà inizialmente imputato, oltre a De Barba, anche Zanin Olivo poi scagionato, entrambi accusati di omicidio premeditato. Il 12 ottobre 1933, otto mesi dopo il delitto, la Corte d’Assise di Belluno presieduta dal cavalier ufficiale Piessi, procuratore generale Prospero, condanna all’ergastolo, inasprito da un anno di isolamento, il 22enne di Sant’Antonio di Tortal, Abele De Barba, per aver ucciso per motivi abbietti e con premeditazione la povera Emma Canton. L’omicida viene altresì accusato di calunnia nei confronti dei fratelli Albino e Ernesto Mattiuz, per averli incolpati dell’omicidio, pur sapendoli innocenti. Sentite le deposizioni dei testimoni e le arringhe degli avvocati difensori Boscolo e Rubino, il presidente condanna l’imputato all’ergastolo, oltre al pagamento delle spese processuali, la perdita dei diritti civili e il risarcimento dei danni alle parti civili. Leggendo le testimonianze contenute negli atti processuali, si percepisce  una mentalità che, anche a fronte della morte di una ragazza per mano del suo ex compagno, cerca a tutti i costi di colpevolizzare la donna per alleggerire le responsabilità dell’omicida. Solo un testimone dichiarerà di non aver mai visto la ragazza con altri uomini al di là dell’omicida. Un clima, insomma, dove la donna ha tutti contro. Spiace constatare che a 90 anni dai fatti, talvolta riemerge ancora questo atteggiamento colpevolista nei confronti della donna. Giova ricordare che la giustizia dell’epoca rimase imparziale, attenendosi ai fatti, inchiodando l’omicida alle sue responsabilità, infliggendogli il massimo della pena, l’ergastolo. Che però in Italia non significa fine pena mai come vedremo.

    Esposto ai carabinieri di Trichiana di Dal Magro Guido, cognato della vittima

    Le indagini sull’omicidio partono con il piede giusto. La mattina stessa del ritrovamento del cadavere, verso le ore 8:30 del 5 febbraio 1933 si presenta alla Stazione dei reali carabinieri di Trichiana Dal Magro Guido, fu Giovanni Battista, nato il 2 aprile del 1902 a Trichiana ed ivi domiciliato nella frazione di Confos, paese della vittima, contadino, il quale espone quanto segue: Stamane alle ore 7 fui avvertito da Mattiuz Albino di Adamo, d’anni 20, da Campedei di Trichiana, contadino, che in località Costa di Rore e precisamente sulla strada comunale che conduce alla frazione di Campedei a quella di Pranolz, sul lato sinistro della strada giaceva il cadavere di mia cognata Canton Emma di Vittore e Canal Giacoma, nata a Trichiana il 2 dicembre 1910 ivi domiciliata, contadina; quindi mi portai subito colà, ove purtroppo tutto ciò mi risultò veritiero. Il cadavere della povera Emma e precisamente il capo, era tutto intriso di sangue che formava una grande chiazza, ed altre piccole chiazze di sangue nel luogo in cui fu assassinata la ragazza. Vicino al cadavere della stessa vidi pure tre grossi sassi di color rossastro, pure questi intrisi di sangue, usati dal malvivente o dai malviventi per trucidare barbaramente la povera ragazza. A quanto mi dissero i miei suoceri, e cioè i genitori della Emma, essi avevano forti sospetti che l’autore del delitto fosse l’ex fidanzato De Barba Abele, fu Marino Antonio e Peltran Regina, nato il 17 novembre 1910 a Trichiana, ivi domiciliato in località Piangrande, che aveva per due anni amoreggiato con l’Emma fino al maggio 1932 quando l’abbandonò per motivi che non saprei dire. Il De Barba durante l’epoca del fidanzamento regalò a mia cognata un anello d’oro a titolo di promessa di matrimonio, che poi pretese in restituzione per il troncato amore, ma ella non acconsentì alla restituzione. So anche che il De Barba, quantunque avesse altra fidanzata, certa D’Incà Albina, che abita nella stessa frazione, tentava di riallacciare la relazione di un primo tempo

    Verbale dei carabinieri alla Procura del Re

    Il 5 febbraio 1933 (XI Anno fascista, dicitura riportata in tutti gli atti processuali) il comandante della Stazione dei reali carabinieri di Trichiana (Legione Territoriale dei Reali Carabinieri di Bolzano), brigadiere Mantese Giuseppe, invia alla Procura del Re, di Belluno e per conoscenza al Comando della Divisione dei Carabinieri reali di Belluno, al Comando Compagnia interna e al Comando Tenenza il seguente rapporto avente per oggetto: Omicidio in persona di Canton Emma di Vittore e Canal Giacoma, nata a Trichiana il 2.12.1910 ivi domiciliata nella frazione di Confos, contadina. Verso le ore 7 di oggi, 5 febbraio 1933, in località Costa della Rore, frazione Confos di Trichiana, veniva ritrovata uccisa a colpi di sasso sulla testa la ragazza indicata all’oggetto. Dalle prime constatazioni fatte dallo scrivente, si ritiene che la Canton sia stata uccisa a scopo di vendetta, oppure di violenza carnale, a quanto ha potuto dichiarare anche il medico condotto del Comune di Trichiana, signor Mazzanti dottor Giovanni, recatosi anch’esso in luogo del delitto verso le ore 9:30 – Il cadavere della povera ragazza giace sul fianco sinistro e presenta forti colpi di sasso alla testa, intriso tutto di sangue come attorno vi è una larga chiazza, vi sono poco lungi dallo stesso tre grossi sassi che gli assassini si servirono a compiere il delitto. Il cadavere della Canton fu piantonato dai militari di questa Stazione e non rimosso in attesa del sopralluogo dell’Autorità Giudiziaria, per la necessaria autopsia e i rilievi sul caso. Alle ore 15:30 del 5 febbraio 1933, il documento era sul tavolo del procuratore del Re.  Il giudice istruttore Nicolò Viezzoli, letta la richiesta del P.M. visto l’art.295 Cpp (Codice di procedura penale), ordina si proceda con rito formale; visto l’art.309 Cpp ordina l’immediato accesso sul posto del delitto per accertare le tracce e gli altri effetti materiali.

    Testimonianza del brigadiere Mantese dei reali carabinieri di Trichiana

    Il 5 febbraio 1933 alle ore 20:30 nell’ufficio dei reali carabinieri di Trichiana, dinanzi al giudice istruttore cavalier dottor Viezzoli Nicolò, con l’intervento del procuratore del Re cavalier ufficiale Prospero Giuseppe, e assistiti dal cancelliere Oliva Tommaso, compare come testimone il brigadiere dei reali carabinieri di Trichiana Mantese Giuseppe fu Agostino, di anni 40, nato a Schio (Vicenza). Ammonito sull’obbligo di dire tutta la verità null’altro che la verità ai sensi dell’art. 357 del Codice di procedura penale, come da procedura di rito, il militare a domanda risponde: "Questa mattina verso le ore 8:30 si presentò nel mio ufficio Dal Magro Guido fu Giov. Batta, di anni 31 da Confos di Sant’Antonio Tortal, il quale mi comunicò d’aver saputo, da parte di certo Mattiuz Albino di Adamo abitante a Campedei di Sopra, che sua cognata Canton Emma di Vittore e di Canal Giacoma, nata a Trichiana il 2 dicembre 1910 e residente nella frazione di Confos, era stata trovata morta con gravi lesioni al capo in località ‘Costa delle Rore’ nella stessa frazione di Confos e che secondo lui la morte sarebbe avvenuta a seguito di delitto, ed esternò dei sospetti su certo De Barba Abele fu Marino da Pian Grande di Sant’Antonio Tortal, già fidanzato della vittima. Dal Magro Guido fondava i suoi sospetti sul fatto che il De Barba poco tempo addietro aveva tentato di riallacciare le relazioni con Canton Emma, oppure di farsi restituire dalla stessa l’anello di fidanzamento che le aveva regalato a suo tempo. Mi portai subito sul posto insieme al Dal Magro Guido - prosegue il brigadiere – ed ivi trovai il cadavere e accertai subito che doveva trattarsi di un delitto. Il cadavere si trovava circa a 50 passi dal cosiddetto ‘Del Foss della Volta’ in direzione verso Pranolz, mentre a circa 7 metri dello stesso ponte e nella stessa direzione trovai nel mezzo della strada in direzione longitudinale una sciarpa di lana di color verde, che fu poi riconosciuta appartenente alla morta da parte della di lei madre Canal Giacoma e dal padre Canton Vittore, che si trovavano sul posto vicino al cadavere. Il corpo senza vita si trovava in direzione longitudinale sul lato sinistro della strada in direzione Pranolz, venendo da Campedei, in una pozza di sangue adagiato sul fianco sinistro, e vicino al capo trovai tre grossi sassi intrisi di sangue. Il cadavere giaceva con i piedi verso Pranolz e con la testa rivolta verso Campedei. Provvidi al piantonamento e diedi le segnalazioni all’autorità giudiziaria. Seppi dai genitori della vittima presenti sul posto che Emma dormiva in una stanza con una sorellina o nipotina di anni tre e che ieri sera si era coricata verso le ore 20; nessuno si era accorto che Emma poi si fosse allontanata da casa durante la notte. Supponevano, però, che verso le ore una di notte fosse andata nella stalla per allattare un agnellino, come faceva già da parecchi giorni. I genitori mi raccontarono poi che Emma aveva amoreggiato per due anni e cioè fino al maggio 1932 con certo De Barba Abele fu Marino, il quale, come mi disse la madre, la lasciò per motivi a lei ignoti. In questi ultimi tempi, il De Barba avrebbe cercato di riallacciare delle relazioni con Emma che però non voleva acconsentire, sapendo che il De Barba amoreggiava con un’altra ragazza. Il De Barba avrebbe allora richiesto la restituzione dell’anello di fidanzamento, ma Emma non era disposta a farlo poiché glielo aveva regalato. Sul posto si

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