La storia di Anne Frank
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La storia di Anne Frank - Giancarlo Villa
La storia di Anne Frank
Copyright © -, 2021 Giancarlo Villa and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726886955
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
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Introduzione
La storia di Anne Frank è di quelle che tutti conoscono. Persino chi non ha mai letto il suo celebre diario, scritto tra il giugno del 1942 e l'agosto del 1944, l’ha senza dubbio sentita nominare, o si è imbattuto in uno dei tanti film, documentari, pièce teatrali, serie televisive a lei dedicati. Nessuna vittima dell’Olocausto è altrettanto nota, altrettanto letta, altrettanto amata. Anne è diventata una figura mitica, che nessuno di noi ha potuto conoscere, ma che tutti chiamiamo per nome.
Quali sono le ragioni di un tale successo? La ragazzina di Amsterdam non è stata certo l’unica bambina a tenere un diario durante la Shoah: molte altre opere sono arrivate fino a noi. Eppure, se pensiamo ad una vittima dell’Olocausto e chiudiamo gli occhi, è probabile che ci appaia il sorriso di Anne, il suo sguardo luminoso così come fu ritratto nell’ultima foto che abbiamo di lei, scattata nel maggio del 1942, poco prima che suo padre Otto le regalasse il taccuino dalla copertina rossa che lei trasformò in opera d’arte.
Ed è proprio in quel diario che si trova la risposta al nostro interrogativo, la ragione dell’affetto che generazioni di lettori nutrono per una persona che non hanno mai incontrato e che ha vissuto in luoghi e tempi diversissimi dai loro.
Per paradossale che possa sembrare, la più nota vittima della Shoah non ha scritto un’opera sulla Shoah. Certo, Anne è testimone del tempo in cui vive: racconta di come agli ebrei vengano vietate sempre più attività, riferisce delle persecuzioni a cui sono sottoposti i suoi amici, si tormenta pensando di non poterli aiutare. Ma nelle sue pagine non c’è la morte. Al contrario: quello che c’è, e che seduce il lettore, è la vita, la voglia di vivere irrefrenabile di una ragazza giovane ed intelligente, affamata di esperienze.
Per due anni, la ragazza scrisse il suo diario senza alcuna intenzione di pubblicarlo. Al contrario: non permetteva a nessuno di leggerlo, e progettava di nasconderlo per impedire che gli altri inquilini dell’annesso scoprissero cosa le passava per la testa. Cambiò idea nel 1944, quando sentì alla radio che il primo ministro olandese del governo in esilio invitava la cittadinanza a conservare tutti quei documenti – compresi lettere e diari – che testimoniassero la brutalità dell’occupazione tedesca. Anne si dedicò allora ad una parziale riscrittura di quanto già registrato nell’anno e mezzo precedente: riscrittura che, quando venne arrestata nell’agosto del 1944, non aveva terminato. Il suo diario è rimasto quindi in larga parte un documento intimo, scritto con tutta l’onestà di cui può essere capace un’adolescente. Anne non scrive per compiacere un pubblico: scrive perché la carta ha più pazienza degli uomini
. E a quella carta paziente affida tutto il suo cuore, la sua anima, le sue speranze: quelle che il lettore ritrova ancora oggi, dopo più di sette decenni dalla morte dell’autrice. La voce di Anne non ha perso nulla della sua attualità, della sua importanza ma anche della sua leggerezza: è ancora capace di prenderci per mano e portarci su per le ripide scale delle case
olandesi, dietro una finta libreria, dentro l’annesso segreto in cui passò i suoi ultimi due anni. Ci fa sedere con lei alla scrivania condivisa con il signor Dussel, ci porta in camera di Peter, oppure nell’attico, alle cui finestre Anne si affacciava per rubare uno spicchio di cielo azzurro. Noi vediamo Anne vivere, e crescere, e maturare tra le mura del suo nascondiglio. Ed impariamo a volerle bene.
L’Olocausto ha mietuto sei milioni di vittime: altre centinaia di migliaia di persone hanno dovuto nascondersi, fuggire, vivere nei boschi, in tane del terreno, oppure sopportare il ghetto e la deportazione. La dimensione della vicenda è talmente grande che si rischia di perdere contatto con i singoli. Intere comunità sono state spazzate via: uccisi giovani, vecchi, bambini, rubati i loro beni, distrutte o occupate da altri le loro case, bruciato tutto ciò che i nazisti non ritenessero degno di essere depredato: foto, appunti, album di disegni, bibbie, quaderni di bambino, libri, diari. In alcune zone dell’est Europa persino i cimiteri sono stati smembrati. Ci sono famiglie, generazioni di cui non resta nulla: non una riga scritta da loro, non una foto, non un discendente, non una traccia del lavoro che per secoli gli portarono avanti, a volte neanche il nome. Come se non fossero mai esistiti. Si può provare vera empatia per qualcuno che non è altro che una sagoma indefinita nella nebbia? Si può sentire la mancanza di qualcuno di cui non sappiamo neanche il nome?
Ma Anne, con la sua vivacità, la sua paura, le sue arrabbiature, speranze, emozioni, ci ricorda che ogni vittima dell’Olocausto è esistita. Noi sappiamo che il 12 giugno 1929 è nata una bambina di nome Annelies Marie Frank, che voleva vedere Londra e Parigi e che non ha potuto farlo perché è stata uccisa a quindici anni in un campo di concentramento. Anne è un nome, un volto, una storia, ed è per questo che proviamo vero dolore nel sapere che è morta, che la storia interrottasi il 1° agosto 1944 non ha avuto un lieto fine: sappiamo cosa abbiamo perso. E questo ci aiuta a ricordare che coloro di cui la storia non conserva neppure il nome erano anch’essi persone. Come lei. Come noi.
Questa è la storia di Anne Frank. Una storia unica, che parla a milioni di persone.
I primi anni in Germania
Annelies Marie Frank nasce a Francoforte sul Meno il 12 giugno del 1929. È la seconda figlia di Otto ed Edith Hollander. I Frank sono ebrei riformati: mantengono le tradizioni dell’ebraismo, ma