Esame di coscienza di un letterato: Examen de conscience d'un littéraire, Examination of conscience by a man of letters, Examen de conciencia de un hombre de letras
Di Renato Serra
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Anteprima del libro
Esame di coscienza di un letterato - Renato Serra
Collana Entroterra | Vogliamo parlare all’Europa
Titolo Esame di coscienza di un letterato
© 2021 Mincione Edizioni
ISBN 978-2-921144-07-7
www.mincionedizioni.com
Renato Serra
Esame di coscienza di un letterato
introduzione di Dario Pontuale
Mincione Edizioni
Un letterato dissidente: Renato Serra
Dario Pontuale
Al confine orientale, sulla collinetta del Podgora, sulla destra dell’Isonzo, di fronte a Gorizia, nel luglio del 1915 cadeva, per mano austriaca, uno dei maggiori letterati del nostro Novecento: Renato Serra. Cadeva nelle medesime trincee che, poche settimane dopo, sarebbero state anche ultimo riposo dello scrittore e patriota triestino, Scipio Slataper.
Serra nasce trentuno anni prima a Cesena, da una famiglia benestante. Alunno di Carducci, si laurea in lettere a Bologna con una tesi sullo stile dei Trionfi
del Petrarca e perfeziona gli studi letterari a Firenze. Dopo i primi articoli sulla rivista La Romagna
entra giovanissimo nell’ambiente de La Voce
, ma nel 1908, per contrasti ideologici con la redazione, torna nell’amata città natia. Da direttore della biblioteca Malatestiana prosegue la collaborazione, pur se saltuaria, con i vociani fino alla definitiva rottura tre anni dopo.¹
Di indole pigra, inconcludente, scontroso, restio alle scadenze lavorative, d’animo riservato, scettico verso la comune opinione, ma mente sempre affilata e mai scontata, Serra resta una delle figure più complesse del Ventesimo secolo. In lui c’è l’assidua ricerca di un’identità non soltanto letteraria, ma principalmente umana, che lo pone in uno stato di permanente disadattamento con la vita e con il mondo. Fondamentale è precisare che tale incapacità d’adattamento non è sintomo caratteriale, bensì conseguenza di un meticoloso processo logico sull’imponderabilità del reale. Il suo è uno sguardo limpido e assoluto sulle cose, risolto con l’onesta lucidità intellettuale della ragione che si realizza in un’inesorabile incertezza dei principi capaci di governare le azioni umane.²
L’umanista cesenate prende le distanze dall’intero mondo letterario d’inizio Novecento, assumendo posizioni sempre individualistiche, spesso contrarie. Non si lega ad alcuna avanguardia, ma sguaina la penna per dimostrare, persuadere o approfittare delle coscienze in un periodo in cui la letteratura, sovente, traina il pensiero collettivo. Viene perfino tacciato da Prezzolini di non possedere una linea di pensiero; poco gli importa, non c’è ordine nella sua scrittura perché non c’è ordine nel mondo, ma solo una consapevolezza impigliata in continue domande sulla percezione personale. Senza retorica, protagonismo, eloquenza o parzialità, si definisce un letterato di provincia
³ non cedendo al nutrito schieramento propagandistico, soprattutto in riguardo all’incalzante conflitto bellico. Resta un baluardo del puro e inappellabile diritto di fare letteratura
. Non che Serra non abbia avuto opinioni sull’intervento armato, anzi, inizialmente si pone tra gli interventisti, vedendo nella guerra un’esperienza di inevitabile e dolorosa unione con gli altri, tuttavia non disconosce mai il compito intimo della letteratura, la prospettiva con cui guarda l’azione armata è comunque indicativa per il pensiero serriano. In un primo momento l’entrata in guerra viene giustificata come atto necessario, portatore negli uomini, soprattutto nei letterati, di un sentimento nuovo:
Forse il beneficio della guerra, come di tutte le cose, è in sé stessa: un sacrificio che si fa, un dovere che si adempie. Si adempie a soffrire, a resistere, a accontentarsi di poco, a vivere più degnamente, con più seria fraternità, con più religiosa semplicità. ⁴
Ma in seguito in Esame di coscienza di un letterato, queste visioni vengono severamente rivedute:
É inutile aspettare delle trasformazioni o dei rinnovamenti dalla guerra, che è un’altra cosa: come è inutile aspettare che i letterati ritornino cambiati, migliorati, ispirati dalla guerra. Essa li può prendere come uomini, in ciò ce ognuno ha di più elementare e più semplice. Ma per il resto ognuno rimane quello che era, ognuno ritorna al lavoro come aveva lasciato; stanco forse, commosso, assorbito come emergendo da una fiumana: ma con l’animo, coi modi, con le facoltà e le qualità che aveva prima. ⁵
Un così netto ripensamento mostra assai bene l’incorrotta trasparenza ragionatrice di Serra e il completo distacco dalle pressioni politiche. Facendo perno su una salda coscienza razionale, è capace di rivedere integralmente un’opinione se non profondamente sentita, segno di rara, quanto autentica, indipendenza intellettuale. Il volontario esilio dell’epicentro culturale non è una condizione esclusivamente letteraria, altresì fisica poiché la scelta della cattività della provincia
è tanto cercata quanto trovata, sia pure con continue tensioni attrattive e repulsive. Cesena resta il porto tranquillo dove ormeggiare, il luogo simbolico dove potersi abbandonare e accomiatare dagli schemi rigidi della cultura ufficiale, dove non sentire la responsabilità di un ruolo predeterminato. Il romagnolo non vuole neppure assumere il compito di scrittore o critico, ma proprio vestire i panni di semplice lettore di provincia
.
Leggere è per Serra un appassionato allenamento dell’anima, mai mero esercizio di tecnica o passo forzatamente preliminare verso la scrittura. I libri vengono amati con spontaneità e candore, svincolati da valutazioni critiche aprioristiche o dogmaticamente. Lo studio su Pascoli e su Carducci ne sono la conferma in quanto palesi tracce di un’inclinazione ingenita per il frammento poetico
. L’analisi del testo era per lui un modo istintivamente lineare per scovare la musicalità e il respiro anche di un solo verso, stabilendo tra lo stesso e l’autore un vivo legame introspettivo. Un metodo, questo, estremamente distante dall’allora imperante dottrina crociana, un procedimento nuovo che rinuncia al ruolo di giudice oggettivo per aprire la strada a un nascente lirismo. ⁶
Non dar nessun giudizio, non fidarsi a nessuna impressione se non dopo aver conosciuto veramente e per minuto e coi miei soli occhi l’argomento. Non parlar di un autore per averne letto un brano in una antologia e non giudicare mai, che è da gaglioffi senza pudore, ma comprendere, sentire la qualità dell’animo, del pensiero e dello stile: sentire fin dove l’ingegno mio lo permetta.⁷
La critica ha più volte ribadito come Serra vanti l’indole del lettore di poesia
piuttosto che di critico letterario in senso stretto, che è poi proprio dell’approccio al verso o alla singola parola, piuttosto che all’intero impianto poetico.
Degna di approfondimento è anche la vicenda che intreccia il letterato cesenate con il più conosciuto critico, filosofo, storico e scrittore: Benedetto Croce. Croce sa del talento serriano leggendo sbadatamente gli articoli che questi redige per la rivista regionale La Romagna
. Lo esorta ad abbandonare quelle pagine provinciali per svelarsi ad altre più importanti e lette da un più vasto pubblico, ma inaspettatamente riceve un diniego: Croce mi ha parlato con molto calore di quelle mie cose sulla Romagna che aveva letto soltanto da pochi giorni. Vorrebbe che abbandonassi quelle colonne che dice troppo clandestine. Ma io non farò nulla
.⁸
Il filosofo abruzzese, percependo immediatamente le potenzialità del giovane letterato, intravede in quel carisma cultura e lungimiranza, i canoni essenziali dell’intellettuale capace di dirigere i giudizi e i gusti della gente. Tale finalità, però, come precedentemente affermato, è il motivo imprescindibile dal quale Serra intende sottrarsi e, coerente con il proprio sentire, declina l’invito. Croce valuta l’atteggiamento impudente, riottoso non comprendendo, invece, come fosse l’ultimo termine di un ampio processo meditativo e filosofico. Processo che lascia sintomatici strascichi anche nel rapporto e nella visione che Serra ha con la scrittura, con il mondo editoriale e con il pubblico dei lettori.
Esclusi i saggi critici e gli articoli, pubblicati postumi, il volume delle lettere dal fronte, i celebri: Commemorazione di Giosuè Carducci; Saggio su Pascoli, le Storie Fiorentine del Machiavelli e, infine, Esame di coscienza di un letterato, poco altro resta. Lo scrivere, vista la non certo sterminata bibliografia serriana, è il frutto di una reale esigenza, non di incolto fanatismo. Questo impulso giunge, tuttavia, solo dopo un lungo periodo di libera lettura, di serena gestazione, di dotti rovelli, ma il risultato è una pagina lucente e purissima come il diamante. In Serra si manifesta intatto il disagio dell’intellettuale che non ritrova più sé stesso in una società in via di sviluppo, che foraggia una letteratura di consumo. In lui c’è tutto lo strenuo sforzo di chi non intende confondere il ruolo del giornalista con quello dello scrittore, perché il primo Fabbrica il suo articolo per riempire uno spazio genericamente determinato nelle colonne di un foglio; nella aspettazione o nella sorpresa di un pubblico reale egli sente le sue parole non in sé stesse, ma nel pubblico
.⁹ Mentre il secondo: Quando è puro, conversa con sé stesso e con le forme fantastiche verso cui ingenua vaghezza lo tiri
.¹⁰
Nel pensiero serriano c’è il fervido impegno critico di chi scinde gli editori e il pubblico in due tipologie, in due differenti modi di scrivere e leggere. Essere un umanista dal sano gusto per la scrittura e per la religione delle lettere
da una parte e dall’altra sedare la personale sete di conoscenza o di pubblico inseguendo le mode letterarie. Chiuso in un limitato universo omogeneo, secondo Serra, ristagna perciò il panorama letterario italiano di primo Novecento, dove il livello culturale è scemato a vantaggio delle esigenze di mercato e, con esso, chi avrebbe dovuto tutelarlo.
Colpito da una pallottola in fronte, forse, Renato Serra non era consapevole del prezioso contributo che il suo approccio avrebbe dato alla nostra letteratura. Forse non immaginava che quella posizione da responsabile letterato dissidente si sarebbe cristallizzata in una dei maggiori filoni critici e poetici italiani. Era giovane, tutto ciò poteva non saperlo e neppure immaginarlo, ma che la fine di un così grande ingegno fosse una grave perdita lo si presagì presto. Antonio Gramsci il 20 novembre del 1915 scriveva:
La guerra l’ha maciullato, la guerra della quale egli aveva scritto con parole così pure, con concetti così ricchi di visioni nuove e di sensazioni nuove. Una nuova umanità vibrava in lui; era l’uomo nuovo dei nostri tempi, che tanto avrebbe ancora potuto dirci e insegnarci. Ma la sua luce si è spenta e noi non vediamo ancora chi per noi potrà sostituirla.¹¹
¹ Grande Dizionario Enciclopedico, Torino, Utet, vol XVIII, 1997, p. 626
²
Roberto Sandrucci
, Educare alla coscienza secondo Renato Serra, in L’università, la didattica, la ricerca. Primi studi in onore di Maria Corda Costa, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 2001
³
Renato Serra
, Le lettere, Bologna, CLUEB, 2006, p. 112
⁴
Id
., Esame di coscienza di un letterato, Milano, Est, 1994, p. 22
⁵ Ivi, p. 46
⁶
Giuseppe Leonelli
, La critica letteraria in Italia, Milano, Garzanti, 1994, p. 37
⁷
R.Serra
, Le lettere, cit., p. 136
⁸ Ibidem
⁹
Alberto Cadioli
, Letterati editori: l’industria cultura e come progetto, Milano, Net il Saggiatore, 2003, p. 74.
¹⁰ Ibidem
¹¹
Antonio Gramsci
, Cronache torinesi, Torino, Einaudi, 1980, pp, 25 e 26
Biografia dell'autore
Renato Serra, (Cesena 1884 – Podgora 1915). Laureato in lettere nel 1904 a Bologna, con una tesi su Francesco Petrarca, insegna a Cesena nella Scuola normale femminile e dal 1909, diviene direttore della Biblioteca Malatestiana. Esordisce con saggi relativi a scrittori contemporanei, legati all'ambiente romagnolo (Pascoli, Panzini, Beltramelli, Oriani), articoli nei quali presenta già le caratteristiche della sua critica, attenta, sull’esempio di Carducci, agli elementi tecnici dell'arte, allo stile, e insieme mirante, al modo di Sainte-Beuve, a disegnare attraverso di essi il ritratto psicologico dei singoli autori. Inoltre, per influsso delle dottrine crociane e per sollecitazione delle esperienze del frammentismo, isola i passi o momenti di un'opera nei quali la poesia sembri vibrare allo stato puro. Una critica che, anche quando tenta la delineazione storica, il quadro d'insieme (Le lettere, 1914), si configura come confessione e testimonianza; e che pertanto Serra esercita di preferenza sulla letteratura contemporanea, a cercarsi una consonanza alle inquietudini del proprio temperamento, diviso fra l'esigenza di un rigore morale e una sensibilità decadente, fra un bisogno di abbandono e un riserbo o una scettica rinuncia. Contrasto che si riflette anche nel suo atteggiamento verso la guerra, considerata, nell'Esame di coscienza di un letterato, come un evento enorme ma che non cambia nulla assolutamente nel mondo, neanche la letteratura
, e pur sentita, con intima emozione, come un sacrificio. Ma è appunto questo contrasto che vivifica stilisticamente le pagine di Serra, alternanti alla riflessione e al giudizio critico aperture di paesaggio, in cui quel suo fondo lirico-autobiografico trova la sua artistica espressione.
Esame di coscienza di un letterato
Credo che abbia ragione De Robertis; quando reclama per sé e per tutti noi il diritto di fare della letteratura, malgrado la guerra. La guerra ... Son otto mesi, poco più poco meno, ch’io mi domando sotto quale pretesto mi son potuto concedere questa licenza di metter da parte tutte le altre cose e di pensare solo a quella. I giorni passano, e il peso di questo conto da liquidare colla mia coscienza mi annoia e mi attira: come l’ombra del punto che non ho voluto guardare cresce oscura e invitante nell’angolo dell’occhio; finché mi farà voltare. Ora è certo che non può esser permesso a nessuno di prender congedo dal suo proprio angolo nel mondo di tutti i giorni; deporre sull’orlo della strada il suo bagaglio, lavoro e abitudini, sogni e amori e vizi, via tutt’insieme, come una cosa improvvisamente vuotata di sostanza e di vincoli; scrollarci sopra la polvere del passaggio, voltando come verso un destino rivelato e decisivo un’anima leggera, affrancata da tutte le responsabilità