Un Amore Perso A Positano
Di D.P. Rosano
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Info su questo ebook
Dopo aver lavorato per parecchi anni a Kabul, Danny d'Amato ha bisogno di una pausa. Stressato dalla guerra, sceglie le acque cristalline di Positano per la sua fuga.
Presto, le pagine del suo diario si riempiono di annotazioni sulla donna incontrata sulle soleggiate scogliere sul Mar Mediterraneo, sulla sua conversione da veterano di guerra ad uomo innamorato. In pochi giorni, sia lui che Gaia si innamorano ed immaginano un futuro insieme.
E poi, lei sparisce.
Dopo che Danny trascorre innumerevoli giorni a cercarla, la vasta distanza che li separa ha la meglio... per ragioni che nessuno dei due poteva prevedere.
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Anteprima del libro
Un Amore Perso A Positano - D.P. Rosano
Un Amore Perso A Positano
D.P. ROSANO
TRADUZIONE DI
SOPHIA RITA JADDA
Copyright (C) 2017 D.P. Rosano
Layout design e Copyright (C) 2023 by Next Chapter
Pubblicato 2023 da Next Chapter
Copertina di The Cover Collection
Questo libro è un’opera di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e incidenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza ad eventi attuali, locali, o persone, vive o morte, è puramente casuale.
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, incluse fotocopie, registrazioni, o da qualsiasi archiviazione delle informazioni e sistemi di recupero senza il permesso dell’autore.
Indice
17 maggio 2007
Il mio diario – 14 luglio 2004
17 maggio 2007
Il mio diario – 15 luglio 2004
17 maggio 2007
Il diario di Mike – 17 settembre 1988
Il mio diario – 15 luglio 2004
17 maggio 2007
Il mio diario – 15 luglio 2004
Il diario di Mike – 19 settembre 1988
17 maggio 2007
La lettera di Gaia – 14 giugno 2005
Il diario di Gaia – 15 giugno 2004
Il diario di Mike – 19 settembre 1988
Il mio diario – 15 luglio 2004
La lettera di Gaia – 16 luglio 2005
17 maggio 2007
Il mio diario – 15 luglio 2004
Il diario di Gaia – 15 luglio 2004
Il mio diario – 15 luglio 2004
Il diario di Mike – 19 settembre 1988
La lettera di Gaia – 9 maggio 2006
17 maggio 2007
Il mio diario – 15 luglio 2004
Il diario di Gaia – 15 luglio 2004, notte fonda
Il diario di Mike – 19 settembre 1988
Il mio diario – mattina del 16 luglio 2004
17 maggio 2007
Il mio diario, pomeriggio del 16 luglio 2004
Il diario di Mike – 19 settembre 1988
La lettera di Gaia – 4 settembre 2006
Il diario di Gaia, sera del 16 luglio 2004
17 maggio 2007
Lettera di Gaia – 16 novembre 2006
Il diario di Mike – 1 agosto 2003
Il mio diario – mattina del 17 luglio 2004
Il diario di Gaia – mattina del 17 luglio 2004
17 maggio 2007
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007
Il mio diario, sera del 17 luglio 2004
Il diario di Gaia – sera del 17 luglio 2004
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
Il diario di Mike – 2 agosto 2003
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
Il mio diario – tarda serata del 17 luglio 2004
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
17 maggio 2007
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
Il mio diario – 18 luglio 2004
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
Il diario di Gaia – mattina del 18 luglio 2004
17 maggio 2007
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
17 maggio 2007
Lettera di Gaia – 12 febbraio 2007, continuazione
18 maggio 2007
Il diario di Mike – 3 agosto 2003
Il diario di Gaia – 18 luglio 2004, ultim’ora
Il diario di Mike -3 agosto 2003
26 maggio 2007 – Washington D.C
Il mio diario – 18 maggio 2007
Lettera di Gaia -12 aprile 2007
3 giugno 2007 – Washington D.C
Positano – dieci anni dopo
Il diario di Mike – 3 agosto 2003
Caro lettore
A Linda e Kristen
17 maggio 2007
A volte, penso che l'unica cosa che ho di Gaia è il pensiero.
La mia mente è parzialmente divisa tra sonno ed insonnia, un sorriso appagato persiste sulle mie labbra, le ciglia sbattono delicatamente mentre la mia parte cosciente comincia a rendersene conto.
Poi, i miei occhi si spalancano, il sorriso scompare dolorosamente ed un mucchio di lettere immaginarie mi sbatte contro.
Tre anni fa, ero in guerra, una guerra che ha prosciugato molte delle mie energie e, a quanto pare, anche delle mie emozioni. Ero assegnato in Afghanistan, nell'ufficio del Dipartimento di Stato a Kabul, e trascorrevo ore interminabili a tradurre pezzi di registrazioni di conversazioni dal Pashto al Farsi, lingue che ho studiato mentre frequentavo l'università ma che ho iniziato ad usare solo quando la mia vita ed il mio lavoro sono dipese da queste.
Il mio lavoro, da stridi file audio a frammentati appunti scritti a mano, univa il monotono lavoro di un archeologo che spolvera una pietra antica, con la scrupolosa consapevolezza che una parola mancata o un'errata interpretazione potevano uccidere qualcuno. Sapevo che indovinare poteva far finire un ricercato nel mirino dei droni americani ma sbagliare, invece, poteva distruggere una famiglia innocente.
Trascorrere dei giorni dando istruzioni ai miei leader civili, che ricevevano ordini dalla loro controparte militare, nella sottigliezza della cultura e della tradizione locale, era, allo stesso tempo, stancante ed esaltante. Sapevo che gli altri si aspettavano da me sia i talenti di un linguista che di un diplomatico, l’essere cosciente delle tradizioni civili e governative dell’Afghanistan, ed attento a non calpestare i piedi ai poteri militari locali. Era un difficoltoso atto di equilibrio, a dirla tutta.
Trascorrere mesi dopo mesi a preoccuparsi dell’ego delle altre persone – sia americane che afghane- e, nel poco tempo rimasto, preoccuparmi dell’opinione su me stesso. Avevo bisogno di una pausa. Tornare negli Stati Uniti era ancora una cosa remota quindi, una veloce vacanza all’insegna del riposo e del relax in Italia sembrava il miglior modo di riequilibrare la mia vita.
Dopo diciotto mesi di permanenza nella base, non era difficile farsi approvare brevi periodi di riposo, così mi sono preso un paio di settimane libere e sono andato a Positano, sulla costiera amalfitana italiana. Avevo sentito e letto molto a riguardo del piccolo villaggio di pescatori, essendo diventato eurofilo per la destinazione da me scelta, e sembrava la prescrizione perfetta per quello che mi affliggeva.
Riempii il mio zaino con vestiti puliti e poi andai a prendere il mio laptop ed il telefono satellitare. Soppesai il computer, osservandolo con rassegnazione, poi lo feci riscivolare nel cassetto della scrivania, soddisfatto di aver spezzato la corda che mi legava a lui. Non avevo avuto lo stesso successo con il telefono satellitare, sapendo di non poter perdere del tutto i contatti con la base.
Un autista alla guida di un polveroso camioncino militare mi accompagnò all’Aeroporto Internazionale Hamid Karzai, dove un volo militare mi trasferì fuori dal paese. Un altro scalo ed un altro volo e raggiunsi Roma, a bordo di un volo commerciale, atterrando all’Aeroporto Leonardo da Vinci. Ebbi una mezza idea di trascorrere la notte a Roma ma il baccano mi ricordò da dove stavo scappando. Invece, salì su un treno per Sorrento, dove mi trasferì, questa volta su un piccolo taxi, senza aria condizionata, che mi portò a Positano.
Non appena l’auto lasciò Sorrento, le grandi distese di campagna e la lunga striscia d’asfalto dinanzi a me, mi diedero tutto il tempo per rilassarmi ed iniziare ad abituarmi ad un ritmo più calmo.
Poco dopo, il tassista si diresse verso una via, stretta e tortuosa, costeggiava, a sinistra, dalla parete di un monte che si innalzava fino ad altezze invisibili, e, da destra, avevo la percezione che la montagna si gettasse nelle profondità del mare.
Non era esattamente un territorio di capra delle nevi ma, in parte, speravo che l’autista rallentasse ed impedisse che i penumatici stridessero ad ogni morente curva.
Eravamo sul viale Pasitea quando, improvvisamente, l’auto si fermò e l’autista scese per recuperare il mio zaino dal bagagliaio. Alla mia sinistra c’era una sfilza di negozi e caffè; alla mia destra un grande strapiombo che finiva dritto nel Mare Mediterraneo. Non riuscivo a trovare l’hotel che avevo prenotato, così decisi di chiedere al tassista.
Dov’è la Casa Albertina
L’autista mi indicò un’angusta stradina tra due negozi, vidi degli scalini di pietra, inclinati verso l’alto, e verso il fianco della collina.
Recuperai la mia borsa, mi intrufolai nel vicolo tra i due negozi ed iniziai a salire gli scalini in direzione dell’hotel. Dovetti sforzarmi un po', ma quando raggiunsi la cima e guardai indietro, oltre la mia spalla, rimasi senza fiato a causa della scena. Il Mar Mediterraneo che luccicava sotto di me e per infinite miglia fino all’orizzonte. Il cielo azzurro sopra di me e i tetti multicolore degli edifici davanti e dietro, erano un’ampia conferma che avevo scelto il posto giusto per la mia vacanza all’insegna del relax.
Dopo aver fatto il check-in con un sorridente receptionist, mi ritirai nella mia camera. Lanciai la borsa sul letto e spalancando le tende incamerai la scena che avrei visto per i prossimi cinque giorni. Ogni stanza, in Casa Albertina, aveva una terrazza privata, con alcune sedie ed un tavolino. Tirai il grande manico della portafinestra ed uscì in quella che sembrava essere una fantasia mediterranea.
Il balcone era rivolto verso la spiaggia, poco distante, e sul paese che circondava la cupola, verde ed oro, della chiesa locale di Santa Maria Assunta.
Era un inizio sbalorditivo dell’esperienza a Positano e, per un momento, non riuscivo quasi a credere che fossi lì per davvero. Era molto più affascinante di quanto letto in qualsiasi descrizione romantica. Mi affacciai al muro di pietra che circondava la mia terrazza, con l’intenzione di memorizzare tutto e renderlo parte di me, avere qualcosa da poter riportare a Kabul.
Il pensiero della guerra, del lavoro al Dipartimento di Stato e Kabul stessa, invasero la mia mente solo per qualche istante poi,