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La Galassia della sopravvivenza
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La Galassia della sopravvivenza
E-book434 pagine6 ore

La Galassia della sopravvivenza

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Info su questo ebook

La galassia della sopravvivenza pur essendo un libro di fantascienza, mette in risalto le qualità positive e negative degli esseri umani ed anche degli alieni descritti nel racconto, le loro emozioni, pensieri, decisioni ecc. Ti porta in mondi completamente diversi dal nostro, ma che hanno punti in comune. In un futuro (non troppo lontano) l'umanità scopre di non essere sola. In un modo misterioso, esseri di un'altra galassia invadono la nostra. Mentre i supestiti in fuga cercano scampo in un'altra galassia, si intrecciano intrighi di ogni genere. Vi sono nemici all'interno e all'esterno che cercano di dominare la razza umana, la lotta è serrata. Nonostante tutto questo caos, pochi uomini e donne determinati mantengono la razza umana competitiva contro alieni spietati, alleandosi con altri alieni e combattendo insieme a loro lo strapotere avversario. Iniziato come un libro breve, la Galassia della sopravvivenza

si è espanso, includendo tre galassie. La nostra e altre due misteriose. Buona lettura.
LinguaItaliano
Data di uscita22 nov 2023
ISBN9791221421774
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    Anteprima del libro

    La Galassia della sopravvivenza - Migigari

    CAPITOLO I

    Il soldato era appollaiato su di uno sgabello spaziale antigravità e osservava fuori dall’oblò quel mare nero che era l’Universo, reso meno cupo dalle piccole e grandi luci di astri e galassie lontani. Alla sua postazione, chiamata ‘Masso 43’, situata su un asteroide delle dimensioni di quattro chilometri quadrati, era affidato il compito di osservare eventuali oggetti in avvicinamento alla nostra galassia.

    ‘Masso 43’ era forse la postazione più esterna, oltre il sistema solare, in una posizione così lontana che alla base più centrale di Masso 1 veniva chiamata scherzosamente... ‘e nulla più’ dai militari addetti a questo settore.

    La vita che si svolgeva su queste postazioni era veramente esasperante, sempre le stesse cose, gli stessi orari di cambio della guardia e i soliti rapporti su cui veniva schizzata una barra indicante... ‘niente di nuovo’.

    La ‘faccenda’, cioè l’idea di controllare lo spazio esterno della galassia, era venuta da qualche ‘capoccione’ della Terra che sicuramente stava ‘guadagnando sulle forniture ai militari’, così pensava il soldato Tommy mentre era intento a guardare stancamente all’esterno dell’oblò.

    In realtà la decisione era venuta dal ‘Consiglio interplanetario del sistema solare’, poiché c’era stato, 27 anni prima, lo sgradito ingresso dall’esterno della galassia di un corpo estraneo che era stato fortunatamente distrutto prima che precipitasse sulla Terra.

    Il Consiglio aveva quindi deciso di mettere delle postazioni di osservazione per poter difendere il sistema solare dai pericoli extragalattici per cui, negli anni che seguirono, furono costruite gradualmente delle postazioni su asteroidi esterni, dal più grande ‘Masso 1’ all’attuale più esterno ‘Masso 43’ … e nulla più.

    Virgil! disse Tommy al camerata. Perché non ci facciamo una partitina a dadi? Non ho nessuna intenzione di passare le prossime ore incollato a questo stupido oblò!

    Lo sai che se ci trova il Sergente andiamo dentro tutti e due? gli rispose Virgil.

    Solo una partitina, il Sergente non sarà qui che tra un’ora almeno, è fuori con l’astro-navetta per raccogliere campioni di questi schifosi asteroidi con gli altri due e quindi non c’è nessun pericolo, fidati, e poi non volevi la rivincita, Virgil? lo stuzzicò Tommy.

    Ok, va bene accondiscese Virgil guardando fuori dall’oblò per assicurarsi ancora, temendo ripercussioni, che non ci fosse in giro il Sergente. I due si misero ad un tavolo con due sgabelli spaziali e iniziarono la partita a dadi. Virgil, però, aveva la mente altrove, a quando sarebbe rientrato sulla Terra dopo un mese passato sull’asteroide.

    Due settimane erano trascorse e ne mancavano ancora due, un’eternità, pensava, poiché da sempre non accadeva nulla... sarebbe continuato così o forse sarebbe successo qualcosa?

    Nel suo intimo sperava che succedesse qualcosa, nello stesso tempo non lo sperava veramente.

    In ogni caso, non era un suo problema e nemmeno lo considerava come tale, qualunque allarme avvenisse era compito del Sergente risolverlo. Ciò che contava era la paga tripla che si sarebbe messo in tasca e che avrebbe speso tra bevande e festini organizzati per i militari nei locali confinanti con la sua base terrestre vicino a Los Angeles.

    Mi devi due crediti!

    L’improvvisa affermazione di Tommy lo fece sussultare e uscire di colpo dai suoi pensieri.

    Maledizione, non mi sono neppure accorto di aver giocato disse con collera.

    Mi spiace, Virgil, non è colpa mia se hai la testa nelle nuvole. Hai fatto un quattro ed io ho fatto un sette e questa è la prima giocata.

    Va bene, va bene... continuiamo gli rispose Virgil riprendendosi e rendendosi conto del luogo in cui si trovava.

    Ogni postazione esterna, in particolare questi asteroidi adattati come punti di osservazione dello spazio esterno, aveva in dotazione dei particolari strumenti di segnalazione, le ‘Iper-onde’, che scandagliavano silenziosamente lo spazio esterno per centinaia di migliaia di chilometri e riportavano informazioni riguardanti corpi celesti di qualunque tipo, trovati lungo la loro corsa nello spazio.

    Le informazioni riportate venivano ritrasmesse alla base ‘Masso 1’e da qui alla Terra, dove un mega-computer le analizzava, le catalogava e segnalava ‘situazioni particolari’ su schede rosse che venivano subito controllate dai tecnici i quali, nei casi più gravi, passavano immediatamente le informazioni ai dirigenti militari dell’Ammiragliato interplanetario da dove, se necessario, venivano ulteriormente inoltrate al ‘Consiglio interplanetario del sistema solare’.

    Il sistema di controllo ad Iper-onde funzionava tutto intorno al sistema solare a 360 gradi.

    Enormi archivi computerizzati raccoglievano milioni e milioni di dati.

    Le informazioni, per il 95%, erano raccolte dall’interno della nostra galassia, poiché le Iper-onde registravano i milioni di corpi celesti che incontravano, comprese le astronavi che andavano e venivano da altri sistemi stellari verso il sistema solare.

    Questi sistemi stellari erano già colonizzati o in via di colonizzazione, ma in ogni caso il sistema solare era sempre a capo ed era il fulcro anche per sistemi planetari più interni alla galassia.

    La scienza ufficiale si stava occupando anche dell’idea pazzesca di raggiungere altre galassie.

    Parecchi studi erano già stati fatti a riguardo e la possibilità di entrare in contatto con un’altra galassia diventava sempre più reale. Però, nonostante la velocità delle astronavi, che era superiore di molto alla velocità della luce, un viaggio di questo tipo, cioè su un’altra galassia, richiedeva lo sviluppo di una tecnologia più avanzata rispetto a quella esistente.

    Uno degli scienziati più accreditati e di successo, il professor Benjamin Bonnet, aveva fatto un progetto per un viaggio intergalattico nel quale era calcolato ogni dettaglio per trasportare un milione di persone sulla galassia più vicina, addirittura con una mappa approssimativa di cosa si sarebbe trovato all’arrivo su di essa, ed il punto di approccio adatto all’ingresso dell’uomo nella nuova area, tutte informazioni basate su studi e rilevamenti fatti attraverso le Iper-onde inviate da astronavi che si erano avventurate nello spazio intergalattico.

    Il progetto del Prof. Benjamin Bonnet era stato ampiamente divulgato negli ambienti scientifici, politici e militari del sistema solare, ed era anche stato pubblicizzato da vari giornali e riviste interplanetarie, ma avendo un costo assurdo per la sua attuazione, nessun politicante si era voluto accollare la responsabilità di una simile impresa. Il progetto dunque, designato con la sigla G Futura(Galassia futura-), era stata archiviato, ma copie di esso erano state distribuite in tutte le biblioteche civili e militari e veniva saltuariamente usato a scopi didattici per i nuovi allievi delle scuole civili e militari che studiavano materie collegate ai viaggi spaziali, per l’accuratezza delle informazioni e misurazioni scientifiche riportate.

    Il Prof. Bonnet, appagato da una fama notevole grazie a tale progetto, non aveva proseguito gli studi per renderlo più pratico e fattibile, si era crogiolato nei riconoscimenti e lodi ricevuti dal Mondo scientifico, ma qualsiasi persona che si inoltrava in studi superiori, conosceva tali informazioni.

    Nessuno, neanche il professor Benjamin Bonnet, si sarebbe immaginato quanto questo progetto sarebbe diventato spaventosamente vitale per il futuro dell’umanità.

    Una birra davvero disgustosa, possibile che lo Spaccio Centrale di ‘Masso 1’ continui ad inviarci gli avanzi dei suoi depositi alimentari? esclamò il soldato Virgil rivolgendosi al soldato Tommy, mentre guardava fuori dall’oblò di osservazione.

    In quel momento il Sergente di turno, con altri due militari, stava rientrando con l’astro-navetta, dopo aver raccolto alcuni reperti campione su un vicino asteroide. I due soldati di guardia si affrettarono a ritirare i dadi con i quali avevano giocato per più di un’ora.

    Tutto in ordine? chiese il Sergente.

    Tutto a posto! risposero, quasi simultaneamente, i due soldati.

    C’è la registrazione di uscita delle Iper-onde, ma nessuna segnalazione di ritorno che risulti dal computer aggiunse il soldato Tommy.

    Molto bene, molto bene! disse il Sergente, in modo monotono.

    Ci risentiamo fra due ore, quando vi manderò il cambio! continuò senza dar loro modo di rispondere.

    I due si guardarono reciprocamente con sguardo rassegnato, era inutile lamentarsi con il Sergente dello squallore di quel lavoro assurdo.

    Uscito dal locale, il Sergente, con i due militari di scorta, si avviò nel laboratorio scientifico della postazione per imballare i campioni di asteroide recuperati, passando per un lungo corridoio ovoidale che collegava il locale di osservazione ad altri locali della postazione di ‘Masso 43’, compreso il laboratorio. In base allo stato dei campioni raccolti, gli scienziati sulla Terra erano in grado di stabilire l’evoluzione degli asteroidi e di avere altre importanti informazioni scientifiche.

    Improvvisamente il computer della stazione spaziale di Masso 43 incominciò a rilevare qualcosa...

    Cosa diavolo ha da cigolare? domandò il soldato Tommy con un po' di collera. Il soldato Virgil, si avvicinò al computer che stava rilevando le Iper-onde, sbiancò in volto e con voce tremante esclamò:

    Tommy... questi sono segnali veri! Mettiti subito in contatto con ‘Masso 1’, io chiamo il Sergente gridò uscendo di corsa.

    Mezzora più tardi: Capitano Parson? chiamò l’operatore alla ricezione di ‘Masso 1’, Ci sono segnali da ‘ Masso 43’.

    Sergente, spero per lei che sia rilevante... altrimenti... non finì il discorso che già il Sergente aveva ripreso:

    Capitano Parson, le Iper-onde stanno riportando segnali continuamente da almeno mezz’ora, c’è una miriade di oggetti che si stanno avvicinando a grande velocità, sono ancora lontani, ma calcolando la velocità saranno nel sistema solare entro 6 giorni!

    Nel mentre avveniva la conversazione, l’operatore di ‘Masso 1’ aveva aperto la linea con la Terra ed ora tutti i segnali venivano inviati direttamente al Mega-computer.

    Dopo un attimo di sgomento, il Capitano Parson ordinò:

    Sergente, dica a quelli di ‘Masso 43’ di continuate a registrare. Arriveranno presto nuove istruzioni, che rimangano in attesa.

    Avete sentito gli ordini? gridò il Sergente di ‘Masso 1’ agli uomini di ‘Masso 43’, essendo la linea in viva voce.

    Sissignore! gli fu risposto dall’altra parte. Passo e chiudo.

    Intanto sul pianeta Terra il Mega-computer cominciò a vomitare schede rosse a profusione con tutti i dati accuratamente registrati del movimento extra-galattico in avvicinamento.

    Colonnello Backer, Colonnello Backer! Brutte nuove da ‘Masso 1’, guardi qui!

    Così dicendo, il tecnico di turno al Mega-computer mostrò all’ufficiale di turno le schede rosse.

    Per tutti i diavoli! esclamò il Colonnello precipitandosi al video-telefono su cui schiacciò il bottone rosso con la scritta ‘Allarme generale’.

    Dall’altra parte comparve il volto duro e fiero di un alto ufficiale.

    Cosa succede Colonnello? chiese l’alto ufficiale.

    Generale Dixon, alieni!! Un’invasione in piena regola dal settore esterno. Entro 6 giorni, saranno nel sistema solare!

    Mi faccia una rapida relazione e la faccia pervenire entro un’ora al quartier generale dell’Ammiragliato galattico. Convocherò subito l’Alto Comando! affermò il Generale Dixon.

    Intanto il ‘bottone rosso’ dell’allarme generale aveva già allertato la flotta e 200 caccia spaziali da combattimento si stavano portando nel settore esterno del sistema solare, mentre altri, sui vari pianeti, si stavano equipaggiando in pieno assetto di guerra, in attesa di entrare in azione appena l’Ammiraglio ne avesse dato l’ordine.

    Convocato tutto il Quartier generale, la relazione sull’attacco, che conteneva le informazioni fornite da ‘Masso 43’, venne presentata dal Generale Dixon all’Ammiraglio ed a tutti i generali convenuti.

    Dopo la lettura della relazione, ci fu un attimo di silenzio e poi un vociare quasi simultaneo, con commenti di ogni genere. Chi faceva domande, chi faceva affermazioni sulle possibili azioni da intraprendere, chi commentava soltanto, e chi, scioccato, se ne stava zitto con lo sguardo fisso nel vuoto.

    L’Ammiraglio Porter, chiesto e ottenuto il silenzio in pochi minuti, disse:

    "Questo non è il momento delle chiacchiere, ma dell’azione! Da noi dipenderà il futuro della razza umana. Migliaia di astronavi aliene si stanno dirigendo nel sistema solare venendo dallo spazio esterno, il computer ne ha segnalate 200.000 e sono di varie dimensioni, alcune spaventosamente grandi. Non abbiamo nessuna informazione riguardo a questi intrusi, ma una cosa è certa, non sono venuti per motivi pacifici! Ed a quanto pare potrebbe essere solo la prima ondata, poiché il computer sta riportando altre tre formazioni del medesimo tipo, molto più distanziate. Quello che possiamo dedurne è:

    1) La formazione è aliena! 2) L’invasione non è solamente nel sistema solare ma, presumibilmente, nell’intera nostra galassia 3) Noi non siamo in grado di contenere questa forza d’urto!

    Se vogliamo uscirne, dobbiamo giocare d’astuzia,!" così concluse l’Ammiraglio Porter.

    Nelle ore che seguirono, all’Ammiragliato ci fu un fermento di piani, di progetti, di informazioni, di persone che andavano e venivano ad ogni minuto.

    Mentre all’Ammiragliato si studiavano piani di difesa dal misterioso invasore, altrettanto fermento si stava verificando al ‘Consiglio interplanetario del sistema solare’ (la parte politica e civile), dove rappresentanti di tutti i pianeti preparavano piani di evacuazione per i civili, utilizzando ogni risorsa. Un’azione di vitale importanza fu l’invio di 100 astronavi mercantili, di enorme tonnellaggio, cariche di ogni ‘ben di Dio’, comprese cisterne di carburante per viaggi di lunga durata. Furono inviate in un diverso settore dello spazio extragalattico, ad un milione di chilometri dal sistema solare, con una scorta di 20 caccia spaziali da combattimento.

    150 astronavi messaggere erano già partite verso l’interno della galassia per dare l’allarme nei pianeti di altri sistemi, nelle colonie terrestri e per organizzare l’evacuazione immediata a causa dell’invasione incombente.

    Erano passati tre giorni, ne rimanevano tre!

    Al comando del Generale Abuk, i 200 caccia spaziali da combattimento nel frattempo erano andati incontro al nemico per saggiarne la forza e cominciare a mettere un piccolo ostacolo all’avanzata della ‘forza di invasione aliena’.

    Al centro di comunicazioni dell’Ammiragliato arrivò un comunicato. Mentre le parole comparivano sul quadrante del monitor, venivano scritte simultaneamente da una stampante. Gli occhi attenti dell’ufficiale addetto alle comunicazioni lessero:

    "Rapporto del Generale Abuk, Missione Alieni! Stiamo contattando un numero enorme di astronavi aliene, è veramente impressionante, di colpo mi rendo conto di quanto sia piccola la flotta della Confederazione.

    Sono andato in avanscoperta con una pattuglia di 10 caccia spaziali , avevo idea di contattare gli intrusi con ogni tipo di comunicazione di cui conoscessimo l’esistenza per poter avere un dialogo con loro… siamo stati attaccati senza nessun messaggio o preavviso da parte degli sconosciuti.

    La mia e un’altra astronave si sono sottratte all’aggressione per pura fortuna e per la guida del mio eccezionale pilota, le altre sono andate distrutte.

    Non è stata l’abilità degli intrusi, che hanno perso 25 astronavi, ma il numero degli attaccanti che ha avuto la meglio sulla pattuglia. Le armi usate, di cui ho fatto rapporto, sono simili alle nostre.

    Sono missili interstellari ad alta velocità e raggi laser di luce giallastra, invece che rossa come quella dei nostri cannoni laser.

    Non abbiamo ancora compreso l’identità degli aggressori, però abbiamo riscontrato una strana scritta, attraverso le registrazioni delle nostre due astronavi superstiti, distinguibile sotto lo scafo delle astronavi nemiche.

    La scritta ha una somiglianza con le nostre lettere alfabetiche e letta secondo il nostro linguaggio potrebbe essere interpretata come ‘ILIOXS’.

    Siamo attualmente a tre ore da loro, nel settore esterno 23, ci teniamo a distanza di sicurezza e ci stiamo avvicinando al sistema solare con loro. Fine rapporto. Firmato, Generale Abuk".

    L’ufficiale alle comunicazioni dell’Ammiragliato rimase sbigottito dopo aver letto il comunicato.

    Invece delle solite ‘scartoffie’ da smistare con lentezza e noia, ora era arrivato qualcosa di estremamente sconvolgente. Schizzò dunque di corsa, come mai aveva fatto prima, nell’ufficio più importante dell’intero Comando generale: l’ufficio dell’Ammiraglio Porter.

    CAPITOLO II

    Sistema di ‘Micros’, pianeta ‘Pinto’, zona equatoriale.

    Il veicolo avanzava a velocità ridotta, era un’auto antigravità che si poteva sollevare dal suolo fino a cinque metri ed era in grado di ospitare anche quattro passeggeri.

    L’uomo, o meglio dire, il giovane che la stava conducendo attraverso alcune piste della giungla, aveva 16 anni, il suo nome era Kim Axo, era alto circa m.1,75, aveva capelli neri e occhi azzurri, e una corporatura regolare, di carnagione leggermente scura a causa della posizione geografica ed era anche, pur se all’apparenza non visibile, di notevole forza fisica e agilità.

    Queste doti erano il frutto della sua nascita sul pianeta ‘Pinto’ e della vita sana e naturale che aveva condotto fin dall’infanzia grazie all’aiuto dei genitori, che non avevano mai permesso al giovane di utilizzare, al contrario dei suoi coetanei, droghe disponibili in commercio e farmaci devastanti o debilitanti.

    Lo sguardo vivo e attento del giovane vagava qua e là intorno al percorso che stava facendo, ma i suoi pensieri interiori erano rivolti a tutt’altro che alla stupenda flora che lo circondava.

    Pensava ad un remoto sistema planetario, chiamato sistema solare, ai confini della galassia.

    Kim era stato addestrato su ogni materia esistente, fin da quando aveva tre anni, ed anche se non aveva mai visto il pianeta Terra, nel lontano sistema solare, grazie ai vari video-film che erano stati parte del suo addestramento, conosceva praticamente tutto quello che c’era da conoscere sul pianeta d’origine.

    Si stava ora concedendo il suo giorno settimanale di riposo gironzolando per la giungla del pianeta nativo, cosa che aveva fatto con il padre fino all’anno precedente.

    In questi giri, oltre che sganciarsi dallo studio abituale e dall’intensa attività fisica della palestra di ‘Arti della difesa’, aiutava il padre a raccogliere campioni di vegetali che venivano poi analizzati con calma nell’arco della settimana, e dai quali il padre ricavava tutto ciò che serviva come farmaco o integratore alimentare.

    In più studiava anche la fauna planetaria, venendone così direttamente a contatto, ad esempio un uccello variopinto con quattro ali, comune nella giungla di Pinto, o una specie di elefante con l’unicorno e così via...

    Il professor Axo, padre del ragazzo, era stato anche Capitano nella flotta, nella Centrale della Confederazione del sistema solare, ma per disaccordi con i superiori, aveva lasciato la flotta dando le dimissioni ed essendo anche uno scienziato e tecnico di valore era entrato a far parte della spedizione scientifica N.37 sul pianeta Pinto del sistema di Micros.

    Qui aveva conosciuto la madre di Kim, con la quale si era sposato 18 anni prima. Il professor Axo era a conoscenza del progetto ‘G Futura’, avendo lavorato direttamente, su alcune fasi del calcolo astrofisico del progetto stesso, con il Prof. Benjamin Bonnet e naturalmente anche Kim era stato informato dal padre riguardo a questo famoso progetto.

    Ritornando a Kim, i pensieri del ragazzo erano rivolti al viaggio sul pianeta Terra, prospettato dal padre, che avrebbe dovuto fare all’età di 18 anni, quando il suo addestramento fosse stato completato.

    Sapeva già molto del sistema solare, ma il fatto di fare un balzo di milioni di chilometri, era pur sempre un avvenimento che gli creava una certa emozione.

    Kim aveva fatto alcuni viaggi spaziali di minore importanza con il padre o con colleghi studenti, su pianeti del sistema di ‘Micros’ per gite o viaggi studio, ma la distanza era naturalmente insignificante al confronto di un viaggio sulla Terra.

    Il sistema di Micros era stato colonizzato già da 500 anni ma esistevano ancora regioni selvagge sui pochi pianeti che ne facevano parte.

    Su Pinto, il pianeta di Kim su cui si trovavano, esistevano varie città collegate fra loro da superstrade e linee aeree, quasi tutte nella zona equatoriale, poiché le regioni a nord e a sud del pianeta non erano abitabili a causa del freddo intenso.

    Tra il nord ed il sud queste aree comprendevano un terzo del territorio planetario. La zona equatoriale arrivava ad essere, quindi, in quanto a temperatura, come le zone tropicali della Terra, con più o meno gli stessi gradi, l’equivalente della zona del mar Mediterraneo terrestre.

    Il che rendeva il clima accettabile e favorevole agli insediamenti umani.

    La maggior parte del pianeta era solido, a causa del freddo che bloccava grandi quantità d’ acqua nel ghiaccio, a nord e a sud. Anche se i fiumi erano numerosi, esistevano solo alcuni ‘mari’ ristretti e parecchi laghi di varie dimensioni, con una buona fauna ittica, non intaccata dall’inquinamento.

    Rimanendo assorto nei suoi pensieri, Kim parcheggiò l’auto antigravitazionale in una radura boscosa riparata dagli alberi e scese a bere ad una sorgente, poi approfittò per fare un buon bagno nella grossa pozza d’acqua originata dalla sorgente, vista la confortevolezza e sicurezza del posto.

    Ritornato sull’auto antigravitazionale, si accorse che nella parte posteriore dell’auto, seminascosta da una coperta, c’era una cassettina con su scritto ‘progetto E’.

    Probabilmente il padre l’aveva lasciata nell’auto per poter fare qualche esperimento nella foresta, pensò Kim.

    Durante il percorso fatto dal ragazzo, c’era stato qualche spostamento brusco nelle curve del sentiero che aveva causato il sollevamento della coperta e messo allo scoperto la cassettina misteriosa.

    Il primo pensiero di Kim era stato di ignorarla e ricoprirla ma poi, preso dalla curiosità tipica della sua età, decise di aprirla per vedere cosa contenesse.

    Sollevato facilmente il coperchio, si trovò di fronte una specie di cintura regolabile, con al centro una specie di scatoletta in lega leggera, larga cinque centimetri, lunga tre e spessa mezzo centimetro.

    Ad entrambi i lati della scatoletta c’era un bottoncino, rosso a destra e verde a sinistra; il peso dell’insieme non superava i due etti e mezzo. Il ragazzo indossò la cintura e provò a schiacciare il bottone rosso. Improvvisamente intorno al suo corpo comparve un alone di energia leggermente azzurrino.

    L’alone non dava alcun fastidio ma il ragazzo, avvertendo una strana sensazione di potenza, si avvicinò ad un grosso arbusto e, dopo averlo afferrato, provò a far forza.

    Con meraviglia si accorse di sradicarlo con facilità, senza alcun sforzo.

    La sua forza, grazie a quella cintura, si era amplificata enormemente. Provò a colpire un masso roccioso e quello si spaccò in due parti, come se fosse stato colpito da un raggio demolitore.

    Kim schiacciò il bottone verde e l’alone di energia azzurrino sparì. Fece un profondo respiro, rendendosi ben conto della realtà e della potenzialità di quella cintura, mentre al contempo, sprizzava gioia per aver collaudato quella meravigliosa invenzione di suo padre.

    Andò a vedere se nella cassettina vi fosse altro e trovò una busta e, dentro, uno scritto del padre, il Prof. Axo. Sempre più interessato, ne lesse il contenuto che spiegava l’invenzione:

    ‘Progetto E’: "Questa macchina moltiplica il campo di energia che esiste intorno al corpo, potenziando la forza dell’individuo che la usa e proteggendolo da colpi fisici o raggi laser di qualunque tipo. Non conosco ancora con precisione la potenza utilizzabile, non avendola sperimentata completamente, ma di sicuro è enorme.

    Anche l’intensità dei colpi fisici o raggi laser a cui resiste non è stata valutata completamente.

    La luce azzurrina che compare intorno al corpo è la parte visibile del potenziamento, poiché l’energia si rende visibile a causa della sua amplificazione. La cintura utilizza l’energia del corpo stesso per entrare in funzione, di conseguenza non occorre nessuna altra fonte di energia per la ricarica, purché la persona sia viva".

    Lo scritto continuava con i dati tecnici di composizione delle varie parti della cintura, di cui descriveva in dettaglio ogni pezzo.

    Letto questo, il giovane si tolse la cintura, la ritirò nella busta e la ripose accuratamente con il suo contenuto nella cassettina.

    Guardando l’orologio si accorse che il tempo era passato ed era ora di rientrare.

    Si rese anche conto di essersi allontanato parecchio dalla sua casa, che si trovava alla periferia della città, ed ora doveva recuperare il tempo perduto, poiché doveva fare almeno tre ore di strada.

    Partì subito a gran velocità, ma mentre tornava, sentì delle esplosioni in lontananza e vide dei bagliori in direzione della città, anche se era ancora pieno giorno.

    Un brutto presentimento lo colpì: la sensazione che qualcosa di tremendo stesse accadendo. L’istinto gli suggeriva di abbreviare la distanza spingendo al massimo il motore della sua auto antigravità, ma il buon senso prevalse e controllò questa sua prima reazione istintiva.

    Mentre guidava, le sue percezioni avevano ripreso a funzionare a tutto vapore; non che prima non funzionassero, ma ora il suo ‘livello di necessità’ le aveva amplificate.

    Sentiva ogni rumore intorno a sé e inoltre sentiva le distanti esplosioni sempre più chiaramente man mano che si avvicinava. Ad un tratto avvertì uno strano sibilo e nella mente gli balenò la parola ‘astronavi’. Fece fare uno scarto all’auto che si infilò alla sua sinistra in una folta macchia di verde che la mimetizzava con la foresta.

    Dopo pochi secondi fu sorvolato da decine di astronavi nere, di forma strana, con una scritta rossa mai vista, altrettanto strana, sulla parte inferiore dello scafo, che poté interpretare come ‘ILIOXS’.

    Passarono alcuni minuti durante i quali il ragazzo rimase immobile nella macchia verde, mentre quattro o cinque ondate di astronavi in formazione gli passavano sopra puntando verso la città.

    Se prima era stato solo un brutto presentimento, ora era una spaventosa certezza.

    Stanno attaccando pensò. Uscì cauto dalla vegetazione assicurandosi che non ci fosse più nessuno in giro.

    Rientrato sulla pista principale, sfrecciò di nuovo sul percorso che portava alla sua dimora. C’era una piccola collina, prima di arrivare in vista della sua casa e della città, da cui si poteva osservare tutta la zona circostante, che era pianeggiante.

    Kim si diresse verso di essa, e passarono quasi tre ore prima che vi giungesse, anche se al ragazzo parvero un lampo, tanto la sua attenzione era puntata sul raggiungere l’obbiettivo.

    Quello che vide a quel punto se lo portò dietro per il resto dei suoi giorni. La bella villa di periferia dove aveva vissuto dalla nascita, era ridotta ad un cumulo di macerie e così la città più avanti. Del fumo si levava qua e là tra le macerie, ma nessun segno di vita!

    Avvicinatosi alla villa vide che una parte era ancora in piedi; parcheggiò l’auto dietro un muricciolo e si avvicinò.

    Sentendo dei rumori provenire dall’interno, la speranza di trovare qualcuno vivo lo percorse come un fremito dalla testa ai piedi.

    Trovato un ingresso, si precipitò all’interno convinto di trovare qualcuno dei suoi genitori.

    Non vedendo molto bene a causa della semi-oscurità, inciampò su una trave e cadde in mezzo ai rottami facendo molto rumore. Mentre si rialzava sulle ginocchia, sentì in un locale vicino uno strano stridio e del movimento. Si avvicinò e rimase bloccato vedendo davanti a sé uno strano essere di forma umanoide, alto circa due metri, che al posto delle mani aveva due strani arti composti da vari artigli neri alternati da peli ed ancora artigli, cinque o sei artigli alternati da peli altrettanto neri e, alle estremità, due artigli più grossi. La testa, pur non avendo antenne, era quella di un insetto, la bocca mostruosa era simile a quella di una cavalletta.

    Il mostro fece per alzare una specie di tubo che aveva appeso al fianco, probabilmente un’arma, e Kim in un secondo, afferrò e scagliò uno strumento di ferro che si trovava per terra e balzò in avanti.

    L’arpione saettò nell’aria e, trapassando la testa del mostro, si conficcò nella pesante porta di legno che stava dietro di lui, sostenendone il peso morto. Il ferro si tinse del sangue verde che fuorusciva dal foro provocato dall’arpione. Il ragazzo, appena ripresosi dall’evento, rimase a guardare per alcuni secondi quello strano corpo, poi uscì velocemente dal locale, facendo attenzione a che non ce ne fossero altri in giro.

    Quando fu all’aperto, la dura realtà lo attanagliò: l’emozione appena vissuta, tutta quella distruzione, le macerie, i rottami fumanti dove prima c’era vita...

    Ripensò ai genitori, agli amici, alle ore trascorse ad addestrarsi… A cosa era servito? A nulla, visto il risultato finale!

    Forse sarebbe stato meglio se fosse morto anche lui insieme agli altri. Tutti questi pensieri confusi percorsero la sua mente messa a dura prova, e lo sconforto si abbatté su di lui, gli occhi luccicarono, poi le lacrime scesero incontrollate.

    Il ragazzo rimase in afflizione per almeno mezz’ora, poi la paura di altri esseri simili a quello che aveva ucciso, lo fece reagire alla situazione.

    Incominciando a riprendersi, prese a guardarsi intorno con circospezione e piano piano, stando attento a qualsiasi movimento intorno a lui, raggiunse l’auto antigravitazionale.

    Cosa poteva fare? Lui era un ragazzo solo, su un pianeta invaso da esseri mostruosi.

    Doveva trovare qualcuno!

    Senz’altro c’erano dei sopravvissuti che avrebbero potuto aiutarlo, ma ora doveva togliersi da quella posizione troppo scoperta e rifugiarsi sulla collinetta, da lì avrebbe potuto osservare l’area e trovare prima o poi qualcuno, qualche persona.

    Salito sull’auto antigravitazionale, si ricordò della cintura ‘energetica’. Aprì subito la cassettina, estrasse il sacchetto, prese la cintura e se la mise intorno alla vita.

    Buttò la cassettina, conservando però le istruzioni del padre in una tasca interna dei calzoni.

    Arrivato sulla collinetta, cercò un buon punto di osservazione da cui poter controllare visivamente l’area intorno a sé e qualsiasi movimento di cose o persone.

    Lo trovò in mezzo ad una macchia di alberi, la macchia verde era composta da una quindicina di alberi, con erba alta un metro, in cui poteva nascondersi. Non visto, poteva osservare un ampio raggio intorno a lui, quindi si appiattì in mezzo all’erba alta e si portò al limite della macchia di verde. La luce del pomeriggio gli consentiva di poter vedere a parecchi chilometri di distanza.

    Il panorama era deprimente, davanti a lui si stendeva la città, ridotta ad un cumulo gigantesco di macerie, per chilometri e chilometri.

    Nella parte est della città si trovava lo spazio-porto e guardando in quella direzione vide un’enorme palla nera, con intorno decine e decine di astronavi nere, con un segno rosso scritto sopra, non comprensibile a quella distanza.

    Dal ventre dell’enorme palla nera, entravano e uscivano file interminabili di strane macchine da trasporto. Quelle che entravano erano cariche di qualcosa di verde e quelle che uscivano erano vuote. Seguendo con lo sguardo la direzione del convoglio, vide che le strane macchine si addentravano nella giungla vuote e ne uscivano cariche.

    Questo era un mistero che bisognava chiarire. Ora però l’attenzione di Kim era rivolta al suo stomaco che cominciava a borbottare; la fame cominciava a farsi sentire prepotente. Riguardò attentamente tutta la scena intorno a lui e decise che doveva entrare in città a rifornirsi.

    Lo avrebbe fatto all’imbrunire, per non farsi cogliere dai mostri nella piena luce del pomeriggio. Lo scopo era procurarsi cibo ed eventuali armi da difesa.

    Attese pazientemente per alcune ore, mentre saltuariamente teneva d’occhio lo spazio-porto. Si ricordò della cintura che aveva intorno alla vita e per un momento si sentì quasi come un ‘dio vendicatore’ ed ebbe, nei suoi pensieri, l’idea e la tentazione di andare in mezzo ai ‘mostri’ per farne polpette. Poi rifletté, la cintura non lo rendeva invisibile e non conoscendo le armi dei mostri, c’era la possibilità che la loro tecnologia fosse superiore e che, di conseguenza, avrebbe potuto essere falciato via prima di avere avuto la possibilità di vendicare la sua famiglia, la sua città, il suo pianeta. Mimetizzò l’auto antigravitazionale sotto alcuni rami carichi di foglie che raccolse nella macchia verde di alberi e cespugli.

    Nel tardo pomeriggio, come un’ombra scese dalla collina furtivamente e si inoltrò, dopo aver percorso velocemente delle zone piane e scoperte, tra le rovine della città, avanzando in direzione dei depositi alimentari centrali.

    Intorno a lui tutto era silenzio, gli unici rumori erano quelli che si sentivano a parecchi chilometri di distanza nello spazio-porto dove le strane macchine dei mostri continuavano senza sosta la processione nella giungla.

    Dopo un paio d’ore Kim era arrivato nella zona dei depositi alimentari, lo si sentiva anche dall’odore che il cibo emanava, dopo che l’incursione dei mostri aveva distrutto i magazzini di cibo congelato e questo era rimasto esposto al sole tutto il pomeriggio tra le macerie.

    Per quanto puzzolente, l’odore del cibo fermentato era comunque attraente per la pancia vuota del ragazzo.

    Raggiunto tra le macerie del cibo a lunga conservazione, scelse quello ancora commestibile e ne mangiò a sazietà, dopo riempì lo zaino che si era portato dietro.

    Senz’altro non era la cena che era solito

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