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Ultimo treno in una notte d'inverno
Ultimo treno in una notte d'inverno
Ultimo treno in una notte d'inverno
E-book199 pagine2 ore

Ultimo treno in una notte d'inverno

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Info su questo ebook

Luca Corini, commesso in una libreria di Milano, ha assistito molti anni prima a un omicidio che ancora tormenta i suoi sogni. Stava viaggiando in treno quando, dal finestrino, aveva visto gli ultimi istanti di vita di un uomo accoltellato. Il luogo del delitto era una sala d'aspetto ermeticamente chiusa e nessuno a quel tempo riuscì a risolvere l'omicidio. Molti anni dopo, una visita inaspettata darà a Luca l'occasione per affrontare i suoi incubi, portandolo a indagare su cosa sia davvero accaduto quella notte.

Federico Angiò (Legnago, 1954), laureato in Fisica presso l'Università degli Studi di Padova, ha lavorato come project manager e analista funzionale nell'ambito di progetti informatici bancari. Nel 1984 ha pubblicato La barriera logica (Ila Palma), un saggio sull'epistemologia della meccanica quantistica. Dal 2000 al 2001 ha collaborato con la rivista Scienza e Storia (Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo) pubblicando articoli e recensioni librarie. Nel 2022 il suo racconto Il volto della follia è stato pubblicato nella raccolta Racconti di viaggio e d'avventura (Historica Edizioni).
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2024
ISBN9791222498188
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    Anteprima del libro

    Ultimo treno in una notte d'inverno - Federico Angiò

    COLLANA

    Le Fenici

    Federico Angiò

    ULTIMO TRENO IN UNA NOTTE D'INVERNO

    MONTAG

    Edizioni Montag

    Prima edizione novembre 2023

    Ultimo treno in una notte d'inverno

    © 2023 di Montag

    Collana Le Fenici

    ISBN: 9788868927479

    Copertina: dipinto Treno nella notte

    di Rossana Mattioli

    Quest’opera è esclusivamente frutto della fantasia dell’autore. Ogni riferimento a persone esistite, esistenti o a fatti accaduti è

    puramente casuale.

    PERSONAGGI PRINCIPALI

    Luca Corini – Commesso di libreria

    Piero Reggiani – Agricoltore

    Donatella Ambrosi – Studentessa

    Paride Ambrosi – Medico, padre di Donatella

    Michele Goretti – Capostazione di Bevilacqua

    Francesco Guidi – Capotreno

    Marina Mantovani – Casalinga

    Lucia Marelli – Portinaia

    Aurelio Meneghetti – Gommista

    Paolo Michetti – Macchinista

    Elio Mingozzi – Coinquilino di Luca

    Giulia Moretti – Cugina di Luca

    Dario Reggiani – Agricoltore, figlio di Piero

    Silvia Reggiani – Insegnante, moglie di Dario

    Donato Togni – Bracciante agricolo

    Antonio Tonini – Operaio

    Mario Verdolin – Operaio

    Capitolo 1

    Per anni, dopo il fatto, i suoi sogni erano stati tormentati dal volto di quell’uomo.

    Non avevano le caratteristiche di veri e propri incubi ricorrenti, in quanto il loro tema era diverso e non sempre inquietante. A volte erano le solite situazioni ansiogene nelle quali si deve raggiungere un obiettivo, come arrivare al lavoro o prendere un treno, e non ci si riesce a causa di una serie di contrattempi, altre volte erano immagini raccapriccianti popolate da serpi e da topi, altre volte ancora erano eventi sereni, sintesi di momenti felici dell’infanzia, nei quali, però, egli presentiva la successiva apparizione di quel volto, talvolta mutato in un viso di donna.

    Un volto distorto in una smorfia orribile che esprimeva un insieme di disperazione, di odio e di morte e che appariva nel corso del sogno facendolo svegliare in un bagno di sudore.

    Venerdì 18 gennaio 1985

    – Ma l’hai letto quello in cui lui scopre che il dottor Pardon, l’amico di famiglia, è l’amante di sua moglie?

    – No, in quelli che ho letto lui non l’ha ancora capito. Lo sai che, prima di scoprire un mistero, deve calarsi completamente nell’atmosfera dell’ambiente in cui si è svolto il fatto.

    Da quando Giorgio aveva saputo che Luca stava leggendo tutti i Maigret, non mancava mai di salutarlo con una battuta in proposito e, in particolare, insisteva sulla contrapposizione tra la compulsiva sessualità dell’autore e la vita della coppia più asessuata della storia della letteratura occidentale.

    Sotto una capigliatura nera che cominciava a scolorire, Luca Corini presentava un viso ancora fresco e un corpo lungo, snello, leggermente incurvato. Una prima impressione di freddezza, forse dovuta al colore grigio chiaro degli occhi, svaniva non appena lo si sentiva parlare in modo sempre affabile e diretto. Aveva assunto, dopo molti anni, inflessioni milanesi e solamente un orecchio esperto avrebbe potuto riconoscere, specialmente dall’assenza di alcune doppie, un’origine veneta.

    Quella sera, stava uscendo un po’ in anticipo dalla libreria nella quale lavorava da quasi vent’anni.

    La Libreria Formigli aveva un’antica tradizione, enfatizzata da insegne che asserivano risalisse al 1892. Alcuni degli scaffali erano ancora quelli ottocenteschi e ad essi i fratelli Formigli affidavano la piccola ma preziosa sezione dei libri antichi, nella quale facevano bella mostra di sé una quarantina di edizioni aldine. Questa sezione era resa omogenea da un velo giallo-bruno steso dal tempo, un’affascinante doratura per l’amorevole sguardo di estasiati bibliofili e, al tempo stesso, un preoccupante indice di foxing e di imminenti muffe per gli smaliziati occhi di un esperto di materiale cartaceo.

    La sede era molto ampia e per diverse collane era presente l’intero catalogo. Proprio per questo motivo, la libreria aveva una numerosa clientela ed era il riferimento degli studiosi e dei lettori più assidui, che garantivano un flusso di entrate sufficiente a giustificare una decina di addetti, tra titolari e commessi. Questi ultimi si occupavano un po’ di tutto, ma ognuno aveva una propria area di maggior competenza e sulla preparazione di Luca in materia di libri gialli nessuno osava avanzare riserve. Peraltro, quella dei gialli era considerata una letteratura minore e i suoi colleghi, tutti più anziani di lui, non ambivano al settore.

    Fare il commesso non è, in genere, il progetto di vita che un giovane si propone, ma la vita di Luca era andata un po’ così... era come se tutto si fosse fermato a metà, dagli studi, al lavoro, ai rapporti affettivi, fino ad altre mille piccole cose.

    Luca era l’unico figlio di un impiegato bancario e di una maestra elementare. Un liceo classico portato a termine con ottimi risultati, un buon inizio alla facoltà di Filosofia, dove aveva superato tutti gli esami dei primi due anni, anche se con votazioni non altissime.

    Poi il grande buio. In breve tempo, tutto aveva cominciato ad allontanarsi dalla sua vita. Gli interessi, gli affetti, le gioie: tutto si era velato, circondato da una nebbia d’indifferenza.

    Depressione, avevano sentenziato gli specialisti.

    Solo alcuni mesi dopo era subentrato quel pensiero fisso che, ben presto, sarebbe diventato una vera ossessione: l’immagine di quell’omicidio al quale aveva assistito due anni prima. Era un’immagine che lo aveva molto turbato ma che, in precedenza, non aveva influito in alcun modo sulla sua vita. Adesso, invece, aveva assunto un’importanza assoluta. Inoltre, nei suoi deliri, si era aggiunto un crescente senso di colpa. Lo sguardo di quell’uomo lo perseguitava, lo accusava di non aver detto nulla per far scoprire l’assassino, fino a farlo sentire come un complice o, addirittura, come il vero colpevole.

    Ne era uscito dopo oltre due mesi. Farmaci, sedute psichiatriche, l’affetto dei suoi genitori l’avevano sicuramente aiutato, ma il vero motivo per cui tutto era finito Luca non l’aveva mai compreso e, proprio per questo, gli era rimasta sempre la paura che tutto potesse ricominciare.

    Di quella ferita era restata, come una cicatrice ineliminabile, una refrattarietà a farsi coinvolgere in sentimenti forti. Per molto tempo, aveva tenuto lontane dalla sua vita le passioni e, anche in seguito, le aveva vissute sempre con circospezione. Era subentrato un sostanziale disinteresse per tutto ciò che, in precedenza, lo aveva entusiasmato. Questo lo portò ad abbandonare gli studi e, in seguito, lo allontanò da qualunque risultato importante.

    I suoi genitori se ne erano andati prematuramente, prima la madre e poi, forse di conseguenza, il padre.

    Neppure lui avrebbe saputo dar ragione della scelta di andare a Milano, semplicemente aveva deciso di cambiare qualcosa e, non avendo più legami a Padova, dove non aveva neppure veri e propri amici, aveva cambiato città.

    ***

    Tra i commessi della libreria Formigli, Luca era quello che abitava più lontano e le nevicate di quei giorni avrebbero reso il rientro più avventuroso del solito. Fu per questo che, quella sera, uscì prima.

    Da anni non si vedeva tanta neve a Milano. La maggior parte dei taxisti aveva preferito evitare di mettere a repentaglio la propria auto su quelle lastre di ghiaccio e la quasi totale assenza di taxi, oltre ad incrementare l’attività degli abusivi, aveva affollato i mezzi pubblici ancor più del solito.

    Per prendere un treno della metropolitana, Luca dovette attendere a lungo. Riuscì a salire solamente sul terzo convoglio per poi rimanere schiacciato tra viaggiatori stanchi e assenti. Scese a Piazza De Angeli e si avviò a prendere l’autobus che lo avrebbe portato davanti a casa. C’erano ampie superfici ghiacciate, per cui doveva fare attenzione a dove mettere i piedi. Tra l’altro, per il peso della neve, era addirittura crollato un piccolo poggiolo e il tettuccio sfondato di una sfortunata auto, parcheggiata proprio lì sotto, suggeriva ai passanti di camminare al centro della strada, dove quasi non transitavano macchine e quelle poche viaggiavano a passo d’uomo.

    Non erano solo le auto ad essere rallentate. In quei giorni tutto procedeva a rilento e, forse anche a causa dei rumori ovattati, Milano forniva una diversa immagine di sé, come si fosse riavvolta in un passato che non aveva nulla della frenetica e rumorosa metropoli attuale.

    Solo una volta giunto alla fermata dell’autobus alzò lo sguardo, fino a lì rivolto a terra per evitare le lastre di ghiaccio. Sotto la pensilina, un uomo seduto sulla panchina stava rovistando nella sua borsa, una donna anziana, avviluppata in un pesante cappotto, batteva leggermente i piedi per scaldarsi. Dall’altro lato della strada, nella direzione opposta a quella della linea che lui stava attendendo, un autobus in partenza iniziava a muoversi, i suoi finestrini riflettevano le luci dei lampioni mentre una ragazza, con espressione delusa, frenava la corsa con la quale aveva inutilmente cercato di entrare prima della chiusura delle porte.

    Sentì una scossa, qualcosa di inatteso era salito improvvisamente dalle più remote profondità del suo animo e gli aveva tolto il fiato. Si girò di scatto verso la fiancata dell’autobus cercando ciò che aveva visto poco prima, ma ormai il mezzo si stava allontanando.

    L’immagine che lo aveva tanto impressionato non c’era più, ma Luca ne era certo: il volto dei suoi incubi era emerso per un istante dal riflesso di un finestrino.

    Un solo istante, ma sufficiente a capire che quell’uomo lo stava guardando!

    ***

    Il resto del viaggio procedette in un’atmosfera surreale. Luca fece, meccanicamente, i gesti di sempre, salì sull’autobus, dove viaggiò in piedi, scese e, dopo essersi fermato in un piccolo supermercato ad acquistare il necessario per la cena, percorse l’ultimo, breve tratto di strada che lo portava a casa.

    All’ingresso si fermò un attimo a scambiare due parole con la portinaia. Gli usuali commenti sul tempo erano, in quei giorni, un po’ meno insignificanti, data l’eccezionalità del clima.

    Lucia Marelli era lì da prima che Luca andasse ad abitare in quel condominio e viveva sola nel piccolo appartamento a piano terra la cui porta di ingresso stava dietro il banco della portineria. Era una donna sui quarant’anni di statura medio bassa, capelli scuri tagliati a caschetto, forme arrotondate ma sode. Gli occhi neri erano vivaci e, talvolta, ammiccanti o tali potevano apparire a chi la sapeva in cerca di un marito o, almeno, di un compagno.

    In realtà non era sempre stata sola. Si era sposata quando era ancora molto giovane e il matrimonio era durato, pur senza figli, per una decina d’anni fino alla mattina in cui, al risveglio, aveva trovato un biglietto del marito che dichiarava torno dopo pranzo. La promessa fu mantenuta, ma solo parzialmente. In effetti il marito non tornò prima di pranzo, semplicemente non tornò più.

    – Speriamo sia finita con questa neve – iniziò la Marelli.

    – Le previsioni dicono che migliora, speriamo che sia vero – rispose Luca che, a differenza del solito, quella sera voleva chiudere rapidamente la discussione.

    – Ho passato tutta la mattina ad aiutare il giardiniere a togliere il ghiaccio dal marciapiede e dal vialetto d’entrata. Abbiamo anche cercato di sgomberare dalla neve una parte del cortile interno per poter accedere alla caldaia – continuò Lucia che, evidentemente, aveva voglia di chiacchierare, nonché di magnificare le sue imprese.

    – I mezzi sono sovraffollati e, camminando, c’è sempre il rischio di uno scivolone con frattura – altra banalità, che Luca sperava essere conclusiva.

    Parlandogli, Lucia spesso lo guardava con un certo interesse, ma era un interesse distaccato, privo di empatia, come se lo dovesse valutare e si stesse chiedendo cosa si potesse ottenere da quell’uomo solitario.

    – Certo che vado meglio io, che non mi devo spostare per andare al lavoro – aggiunse la portinaia.

    – Già. Ci vediamo domattina – concluse Luca, che aveva altri pensieri per la testa, anche se qualche volta, in passato, aveva guardato Lucia con un certo interesse, seppur limitato alla sfera sessuale e non certo a quella affettiva, a lui da molto tempo estranea.

    – A domani, buona serata – rispose lei, un po’ delusa.

    Luca salì in ascensore ed entrò nel piccolo appartamento, al quarto piano, in cui abitava: un bilocale composto di una sala con angolo cottura e di una stanza da letto abbastanza ampia. Unica concessione al superfluo era una terrazza funestata, però, da una vista anonima che dava sul retro del grande condominio grigio che si ergeva di fronte.

    Doccia calda, cena frugale, caffè zuccherato, sigaretta con filtro, televisione senza audio, tutto con una sola immagine davanti: il volto di Reggiani, riemerso dal passato, ventidue anni dopo che era morto.

    Quella notte non lo sognò.

    Come spesso accade, quando un incubo si realizza finisce per scomparire improvvisamente dai sogni e questo accadde anche nel suo caso. È per questo che quando, al risveglio, il pensiero tornò a quanto era successo, la realtà gli risultò ancora più amara.

    L’avrebbe rivisto? Adesso, che sapeva quando e dove poteva incontrarlo, Reggiani o il suo fantasma che fosse, sarebbe tornato a cercarlo?

    E poi: quell’uomo era già sull’autobus o era nella piazza ed era salito solo in quel momento? Se fosse stato già sull’autobus poteva darsi che fosse passato di lì per caso. Era una possibilità meno inquietante, forse non sarebbe tornato mai più. Ma se, invece, fosse stato nella piazza, forse lo stava aspettando e magari si era allontanato salendo sul mezzo solo dopo averlo visto. Era una domanda alla quale Luca non sapeva rispondere: non sapeva dove quell’individuo fosse prima del suo arrivo.

    Ma cosa mai stava pensando? Era solo una somiglianza, un’immagine alla quale aveva sovrapposto il volto dei suoi incubi. Basta con queste sciocchezze!

    Capitolo 2

    Mercoledì 9 gennaio 1963

    Meccanicamente, ancora una volta, passò la mano sul vetro per togliere l’umidità condensata dal finestrino e cercare di vedere fuori. Ma l’unica cosa che si riusciva a vedere era la nebbia, un muro di nebbia che solo nelle stazioni, diradato dalle poche luci, consentiva di scorgere qualcosa.

    Luca non aveva portato libri, giornali o riviste. Gli sarebbe parso irriguardoso nei confronti di Giulia, che lo stava accompagnando nel viaggio. Avevano molte cose da dirsi e non voleva perdere nemmeno per un attimo il piacere della sua compagnia.

    Non aveva previsto che lei si sarebbe addormentata. Dapprima si era sentito un po’ umiliato, poi si era posto il problema di come passare il tempo. Aveva provato a dormire anche lui, ma ci era riuscito solo per poco.

    E poi, anche

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