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Sanguinis effusione: Assedio e resilenzio
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Sanguinis effusione: Assedio e resilenzio
E-book165 pagine2 ore

Sanguinis effusione: Assedio e resilenzio

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Info su questo ebook

Estate del 1528. Mentre le truppe francesi di Francesco I calano, quasi incontrastate, alla conquista del Regno di Napoli, la Capitale e Catanzaro sono le ultime due roccaforti a difesa dell’Impero di Carlo V. Entrambe sotto spietato assedio. Un testimone oculare degli eventi annota in un diario i tre mesi di strenua resistenza della città calabrese in cui i fatti d’armi s’intrecciano in trame d’amore, cadute e resilienze, vergate con l’effusione del sangue. Sanguinis effusione.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2024
ISBN9791220502733
Sanguinis effusione: Assedio e resilenzio

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    Anteprima del libro

    Sanguinis effusione - Michele Fontana

    Sommario

    Prologo Catanzaro. Porta di Mare. Giovedì 21 maggio 1528

    Castrovillari. Castello. Sabato 30 Maggio 1528

    Mesoraca. Palazzo del Marchese. Venerdì 29 Maggio 1528

    Castrovillari. Castello. Sabato 30 Maggio 1528

    Catanzaro. Quartiere Palmenta. Sabato 30 Maggio 1528

    Catanzaro. Monastero Santa Chiara. Lunedì 1 giugno 1528

    Catanzaro. Quartiere Palmenta. Lunedì 1 giugno 1528

    Catanzaro. Quartiere San Giovanni. Martedì 2 giugno 1528

    Catanzaro. Giardino di Santa Chiara. Martedì 2 giugno 1528

    Catanzaro. Monastero Santa Chiara. Martedì 2 giugno 1528

    Catanzaro. Largo San Trifone. Martedì 2 giugno 1528

    Catanzaro. Portella. Mercoledì 3 giugno 1528

    Catanzaro. Duomo. Giovedì 11 giugno 1528

    Catanzaro. Piazza Maggiore. Giovedì 18 giugno 1528

    Piani di Santa Domenica. Venerdì 19 giugno 1528

    Catanzaro. Via Mesa. Sabato 20 giugno 1528

    Catanzaro. San Nicola Coracitano. Sabato 20 giugno 1528

    Catanzaro. Largo San Giovanni. Martedì 23 giugno 1528

    Catanzaro. Porta di Mare. Mercoledì 24 giugno 1528

    Catanzaro. Pianicello. Giovedì 25 giugno 1528

    Catanzaro. Monastero di Santa Chiara.

    Venerdì 26 giugno 1528

    Catanzaro. Terrazzo del Castello. Venerdì 26 giugno 1528

    Catanzaro. Carceri del Castello. Venerdì 26 giugno 1528

    Catanzaro. Monastero di Santa Chiara. Venerdì 26 giugno 1528

    Catanzaro. Terrazzo del Castello. Venerdì 26 giugno 1528

    Catanzaro. Piazza Maggiore. Sabato 27 giugno 1528

    Catanzaro. Castello. Sabato 27 giugno 1528

    Catanzaro. Largo San Giovanni. Sabato 27 giugno 1528

    Catanzaro. Largo San Giovanni. Sabato 27 giugno 1528

    Catanzaro. Piazza Maggiore. Sabato 4 luglio 1528

    Montesoro. Domenica 12 luglio 1528

    Catanzaro. Piazza Maggiore. Giovedì 16 Luglio 1528

    Catanzaro. Piazza Maggiore. Giovedì 27 agosto 1528

    Catanzaro. Porta di Mare. Venerdì 28 agosto 1528

    Piè di Sala. Venerdì 28 agosto 1528

    Colle del Monacaro. Venerdì 28 agosto 1528

    Piè di Sala. Venerdì 28 agosto 1528

    Catanzaro. Lunedì 7 settembre 1528

    Epilogo Abazia Santa Maria Zarapotamo. Anno del Signore 1540

    Nota dell’autore e ringraziamenti

    Collana

    Romanzi

    diretta da

    Antonio D’Elia

    MICHELE FONTANA

    SANGUINIS

    EFFUSIONE

    Assedio e resilienza

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    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore – Cosenza – Italy

    Stampato in Italia nel mese di gennaio 2024 da Pellegrini Editore

    Via Camposano, 41 – 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 – Fax (0984) 792672

    Sito internet: www.pellegrinieditore.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Ai miei avi.

    Agli avi dei miei avi.

    Prologo

    Catanzaro. Porta di Mare.

    Giovedì 21 maggio 1528

    Un’animata percussione scuote il portone destando due assopite guardie in piena pennichella postprandiale.

    Chi sarà mai a quest’ora, bofonchia irritato uno dei due piantoni maledicendo il giorno in cui hanno disposto di tenere chiuse le porte d’accesso.

    Ancora intorpidito, con una smorfia affaticata apre l’imponente anta giallognola di pino marittimo che fa orgogliosa ostentazione delle rughe impresse dal tempo.

    Chi siete?, trattiene tra i denti uno sbadiglio a due ombre, avvolte di tabarro, che si stagliano davanti al disco solare ai piedi di altrettanti cavalli.

    Padre Giovanni Caliò, abate del monastero di Zarapotamo. Chi mi accompagna è il novizio Gregorio Proto, la voce roca dell’anziano dalla barba cinerea cerca di celare il disgusto per la zaffata di scadente mosto alitatagli addosso.

    Ricordando le ferree disposizioni ricevute, il più alto in grado tra le guardie mostra perplessità: E se siete impostori o spie francesi camuffate da religiosi?.

    Quella mattina, dopo la recita corale delle Lodi nella chiesetta dedicata a Santa Maria, l’abate aveva chiesto al novizio di sellare i morelli per accompagnarlo alla festa del Corpo del Signore. Quando il sole si era levato a piombo in direzione dell’abbazia i due, giunti oramai alle pendici della meta, avevano fatto sosta per la preghiera dell’ora sesta.

    Perché, Padre, procediamo così lentamente?, aveva chiesto l’incuriosito novizio al taciturno abate intento a roteare lo sguardo come civetta accovacciata su una quercia.

    Dopo qualche minuto d’imbarazzato mutismo, l’anziano aveva cercato di riparare al silenzio da lui cagionato imbastendo un tentativo di dialogo. Sapete perché questo colle si chiama Trivonà?, indicando il declive su cui è appollaiato il borgo.

    In greco significa tre monti, aveva arguito l’interpellato, felice di sentire il suono delle parole riempire quel fastidioso oblio. Volendo approfittare della mutata disponibilità comunicativa del superiore Come mai questo nome?.

    Il colle somiglia di profilo alla soma di uno di quei quadrupedi esotici che percorrono i deserti dell’oriente. Tuttavia, non con una sola gobba come i dromedari, nemmeno con due come i cammelli, addirittura con tre. E disposte in ordine crescente dall’altura di San Trifone, passando per quella del Vescovado fino al Castello.

    Incuriosito dall’insolita illustrazione e distratto dallo stridere di un astore dalla bruna livrea che stava volteggiando sulle loro teste in cerca di cibo, Gregorio si era domandato: Chi sa come appare il borgo alla vista di questo falco.

    Molto probabilmente vede case, palazzi, conventi e chiese affastellati l’uno accanto all’altro, separati da vicoli strettissimi, piccole viuzze e, di tanto in tanto, modesti slarghi.

    Una fortezza, il novizio navigava lo sguardo in un veloce periplo. Con torri, bastioni e dirupi inaccessibili che la rendono impenetrabile.

    Una fortezza agiata, aveva concluso l’anziano. Per il commercio della seta e per questi rigogliosi orti fecondati dalle acque del Massente e del Musofalo, coltivati ad alberi di gelso e ampi frutteti.

    Il preoccupato abate cerca di persuadere le guardie a desistere dall’equivoco. Non siamo spie. Siamo giunti dal cenobio di Zarapotamo per partecipare alla processione in Festum Sanctissimi Corporis Christi.

    Sa che sta dicendo solo una parte della verità. L’altra metà è che il Vescovo gli ha chiesto di osservare attentamente lungo il tragitto ogni movimento e stazionamento che risultino insoliti o fuori posto. Da lettore della Bibbia pensa di non commettere peccato di bugia occultando una fetta delle intenzioni, come fece il profeta Samuele nel giustificare il viaggio per consacrare Davide, facendolo intendere come pellegrinaggio per offrire un sacrificio al Signore.

    Non vi abbiamo mai visto varcare questa porta assevera la voce argentina della più giovane delle guardie mentre la mano destra posta a paletta indica di dirigersi verso una garitta distante pochi passi. Abbiamo ordini precisi che c’impongono di trattenervi.

    Un’intestina collera s’impossessa di Gregorio mosso da giovanile istinto di ribellione. Quei due balordi li potrebbe mettere fuorigioco in men che lo si dica.

    Leggendo nelle sue infuocate iridi intenzioni non prudenti, il canuto abate allarga le braccia per erigere una cortina tra il novizio e i piantoni: Possiamo offrirvi tutte le prove che desiderate per chiarire l’increscioso equivoco dice con tono pacato e conciliante, quando alle spalle delle guardie si ode una voce squillante.

    Vi prego di fermarvi. Garantisco io per loro un ecclesiastico con berretta e abito del medesimo colore corvino dei capelli e della folta barba è appena uscito dalla cappella di Santa Tecla.

    Don Aloisio!, il più anziano delle guardie rivolto al cantore intona la voce a un improvvisato inchino che suona tra il saluto e l’ossequio. Voi conoscete questi monaci?, aggiunge cambiando radicalmente registro nei loro confronti.

    Sono l’abate e un novizio del cenobio di Zarapotamo. Il Vescovo li attende per la festa del Corpo del Signore.

    Mappa_Catanzaro.jpg

    Castrovillari. Castello. Sabato 30 Maggio 1528

    Sanguinis Effusione. Con l’effusione del Sangue. L’esclamazione riecheggia argentina nella sala delle udienze.

    Fuori, don Ferrante Spinelli, Capitano Generale della Calabria sta attraversando il ponte levatoio per rientrare nel maniero insieme all’inseparabile palafreniere Antonio D’Atri e al fedele cane Venus, un impavido pastore della Sila dal pelo nero e calzini bianchi.

    Ripetendo un gesto rituale respira a pieni polmoni il familiare profumo proveniente dalla magnolia dai fiori rosacei che ha fatto piantumare in prossimità del portone.

    Quando un improvviso mulinare di terra, polline e foglie secche spodesta dalle narici il piacevole effluvio, ripara la bocca nella nera gabbana ornata di frange e dirige gli occhi socchiusi verso l’imponente lapide che troneggia sull’unico portale d’ingresso.

    Ad continendos in fides cives, legge ad alta voce per farsi sentire dal cavaliere che lo affianca su un frisone color pece con una stella bianca sulla fronte.

    Per mantenere fedeli i cittadini, pareggia la tonalità don Pedro Gonzales de Mendoza y Alarcòn, Preside e Governatore della Calabria. Più che un vincolo d’onore per chi dimora dentro sembra un avvertimento per chi abita fuori, per sopprimere ogni minima fantasia di rivolta, celia con fare sornione.

    Entrati nell’ampio cortile con la chiostra di massicce pietre che gli conferiscono foggiatura quadrangolare, i due si dirigono verso una delle imponenti torri angolari che si affacciano sui quattro punti cardinali. Quella che guarda a mezzogiorno.

    Dopo essere balzato dall’arcione con un movimento allenato, don Ferrante gratifica giocosamente lo scodinzolante vassallo. Bravo, Venus! Questo è per te!. Gli lancia un gustoso pezzetto di selvaggina che il cane addenta con un salto acrobatico prima di recarsi in un riposto cantuccio dall’altra parte dello spiazzo per gustarlo in tranquillità.

    Consegna, quindi, le redini ad Antonio ordinandogli con voce incrinata da un improvviso colpo di tosse, Accompagna anche il destriero di don Pedro nella scuderia.

    Il colore lattescente di un cirro sospinto dal maestrale risalta nell’azzurro cielo di quella tarda mattina. I gradevoli pensieri germinati da questa visione sono, tuttavia, distratti da un inatteso nitrito che impone allo sguardo di dirigersi in direzione delle stalle dove stazionano tre cavalli sconosciuti.

    Caro don Pedro, noto che abbiamo visite. Conoscete i proprietari di quegli stalloni che stabulano nel mio maniero?, squittisce riferendosi alla poderosa stazza dei corsieri, mantenendo il clima scanzonato della passeggiata.

    Al momento non mi sovviene alcun possidente. Tuttavia, tra poco scopriremo l’arcano, risponde con tono enfatico per prolungare la piacevole aria ironica il nerboruto comandante incamminandosi verso il palazzo insieme al signore del maniero.

    Percorrendo allineati e con passo deciso un arioso vestibolo che introduce a un ampio ambulacro, puntano la porta che fa accedere alla sala delle udienze, ornata dei blasoni che richiamano i numerosi titoli in possesso del duca, accuratamente affrescati per far respirare agli ospiti la grandezza del suo lignaggio. Mentre si avvicinano si ode all’interno un indecifrabile brusio sovrastato da una voce tonante che attira la loro curiosità. Sanguinis Effusione.

    Appena entrati sono salutati dall’olezzo di chiuso che fa intuire al sagace comandante che la presenza di quegli sconosciuti, disposti a capannello al centro della sala e intenti a confabulare davanti a un imponente tavolo in pregiato ebano, si protrae da almeno un’ora.

    Benvenuti, lor signori, nella mia magione, inarcando le sopracciglia color castagno come la curata barba che dà continuità alla corta capigliatura,

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