Una storia di successo
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Info su questo ebook
Bruno è il socio in affari di Aldo; scompare per settimane e riappare come per magia solo quando viene convocato per una riunione importante.
E poi Fabio, Tito, Tiziano, Tiago e Silvia; ognuno con la propria storia che si intreccia con quella dell'azienda per cui lavorano.
Con l'ironia che è propria della realtà, “Una storia di successo” racconta la vita all'interno di un'impresa del produttivo nord-est, tra scelte azzeccate e clamorosi svarioni, idee strampalate e continue riorganizzazioni.
Un libro che è un invito a riflettere sul mondo del lavoro.
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Recensioni su Una storia di successo
1 valutazione1 recensione
- Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Il libro di Sara Luisa Cogo è veramente piacevole. La sua penna è leggera, brillante. Conquista. La briosa leggerezza non va però a scapito della profondità, anzi la esalta, donando un interessante e accurato ritratto che accomuna molte aziende del Nordest, costruite da abili self made men, cresciute velocemente in maniera ipertrofica, ma dove spesso la crescita veloce non è accompagnata anche da una adeguata evoluzione della loro organizzazione. In quest'ottica appare molto ben disegnata la figura di Silvia, personaggio femminile affascinante, pragmatico, funzionale ad una elevazione tecnica dei temi del racconto, che contribuisce a portare magistralmente alla sua chiusura. In sintesi. un ottimo romanzo breve , soprattutto considerando che è l'opera prima dell'autrice.
Anteprima del libro
Una storia di successo - Cogo Sara Luisa
Codice ISBN 978-88-6336-640-2
© il prato publishing house srl
Pubblicato il 02/2024
Tutti i personaggi e gli eventi descritti in questo romanzo sono frutto della fantasia dell’autrice. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o a persone è da ritenersi puramente casuale.
Versione digitale realizzata da Streetlib srl
INDICE
PARTE PRIMA
Aldo
Good Healthy Food SpA
Bruno
L’incontro
Sardee in saor
La crescita
PARTE SECONDA
Lavoro qui
Troppe richieste
Riorganizzazione
Obiettivo cinquecento
La tecnologia
Non funziona
Un’azienda modernamente organizzata
Ricominciamo
PARTE PRIMA
Aldo
Io sono per metà chef e per metà imprenditore, Aldo ama definirsi così. Lo chef e l’imprenditore, le sue due metà, non gli permettono distrazioni. Niente vacanze, nessun passatempo; un po’ di attenzione alla famiglia, ecco, questo sì. Niente amici, niente malattie: non c’è tempo per loro.
Una dedizione al lavoro che gli ha consentito di costruire un piccolo impero. La sua creatura, la catena di ristoranti Le Sarde, ha generato fatturati con crescita a doppia cifra anno dopo anno. Uno dei tanti miracoli del produttivo nordest, frutto di tanto lavoro, passione, ambizione, abnegazione e la solita immancabile attrazione per i schei
¹.
Aldo ha sessantacinque anni, non è né alto né basso, è grassottello ma non troppo. Ha ancora tutti i suoi capelli ed è rigorosamente canuto. È un uomo d’altri tempi e si vede anche da come si veste: quando non è in divisa porta un completo grigio (al più blu scuro) e cravatta. Solo nelle giornate estremamente calde d’agosto lo si può vedere senza cravatta e con la camicia sbottonata sul collo.
In realtà è da sei anni che in azienda non lo si vede in giacca e cravatta e i suoi dipendenti ormai hanno dimenticato com’è il loro capo in abiti civili. Quando arrivano in sede, Aldo è già lì. Si è già cambiato e ha indossato la divisa. Quando escono e tornano a casa, Aldo è ancora lì. Perché, da buon capo, è il primo ad arrivare in azienda e l’ultimo a uscire. Eppure il camice da chef ad Aldo non serve poi così tanto. Sempre più di rado scende al piano terra dove si trovano le cucine e il ristorante, il primo della catena Le Sarde. Passa tutto il tempo in ufficio, all’ultimo piano della palazzina dove ha stabilito il suo quartier generale.
¹ Soldi
in veneziano.
Good Healthy Food SpA
La GHF SpA è stata costituita dopo l’avvio dei primi ristoranti Le Sarde, come azienda capogruppo.
Nel nome era stata messa la parola healthy (sano) per sottolineare la proposta imprenditoriale di offrire dei piatti salutari e di buona qualità pur essendo offerti da una catena fast food.
Aldo avrebbe preferito un nome italiano, come cibosano
o cibobuono
ma Bruno, il suo socio in affari, gli aveva suggerito quel nome in inglese perché maggiormente spendibile sui mercati internazionali. Se solo Aldo avesse saputo della scelta che avrebbe fatto, di lì a pochi anni, il collega imprenditore pugliese che ebbe successo in Scozia con i suoi locali chiamati Scassa Kazz
e Kaka Kazz
, probabilmente oggi il nome sarebbe diverso.
Grazie ai buoni risultati ottenuti con i primi ristoranti e con l’idea fissa di incrementare fatturati e margini, Aldo non smetteva mai di sfornare nuove idee. Perché quando annusava delle opportunità di business o intravedeva la possibilità di aumentare la marginalità dei business già avviati, diventava un vulcano incontenibile. Eruttava senza fine idee e proposte. Idee e proposte che, come lava, avanzavano incontenibili e travolgevano chiunque e qualunque cosa si trovasse nel suo percorso. Un vulcano in continua eruzione.
Ma Aldo non è sempre stato così. Se escludiamo gli anni recenti in cui si era reinventato imprenditore, la sua storia professionale si può definire anonima.
Con in tasca un diploma di un istituto tecnico industriale, cominciò a lavorare nelle cucine fin da subito. Non per scelta, ma perché questa fu la prima occasione che gli capitò. Superato l’esame di maturità aveva subito cercato un’occupazione che gli potesse dare un minimo di autonomia economica. Si ritrovò così a fare la stagione a Jesolo, la nota località balneare veneta.
Erano gli anni settanta. Il miracolo italiano del dopoguerra era terminato, ma gli italiani non l’avevano mica capito e continuavano a spendere e a consumare sull’onda dell’ottimismo generato negli anni precedenti. Le vacanze jesolane erano un must per molti italiani del nord e meta ambita per tanti turisti stranieri, soprattutto tedeschi, che dopo i mesi invernali migravano verso le lunghe spiagge bagnate dall’Adriatico.
In quei mesi Aldo non conosceva sabati e domeniche. Faceva un po’ di tutto nell’hotel a conduzione familiare dove era stato assunto per la prima volta. I titolari ogni anno lo richiamavano: già a gennaio, per essere sicuri che non venisse assoldato da qualche altro albergatore concorrente. Erano soddisfatti di quel ragazzo volenteroso. Lavapiatti, receptionist, cameriere, Aldo si adattava senza problemi a ogni tipologia di lavoro e di richiesta. Il lavoro era pagato bene e le mance non mancavano. Ogni tanto capitava qualche turista – in genere straniera e spesso un po’ attempata – che chiedeva qualcosa in più rispetto ai classici servizi in camera e Aldo certo non si tirava indietro. Le mance che arrivavano per quel tipo di servizio erano dieci volte maggiori rispetto a quelle che riusciva a spillare trasportando valigie dalle dimensioni spropositate. Perché dire di no?
La retribuzione di quei mesi intensissimi dal punto di vista lavorativo gli permetteva di vivere anche nel periodo invernale. Rimpinguava i guadagni realizzati durante le estati jesolane con qualche lavoretto qua e là sfruttando le competenze maturate. Soprattutto sostituiva camerieri e aiuto-cuochi nei ristoranti del trevigiano e del veneziano.
Il resto del tempo Aldo lo passava bighellonando a Treviso, fantasticando sul suo futuro lavorativo. Si immaginava con un ruolo importante già a quarant’anni. Magari manager di una catena di hotel di lusso. Ma si trattava comunque di fantasie, perché nulla fece per arrivare a quel risultato: niente studi di specializzazione, nessuna esperienza lavorativa in linea con le sue ambizioni. Si accontentava. Non guardava nemmeno le inserzioni sui giornali dove non di rado comparivano ricerche di personale coerenti con il percorso professionale che aveva in mente. Aldo vivacchiava, trascorrendo il suo tempo nella cucina dei ristoranti dove lavorava, nelle sale da pranzo dei ristoranti dove lavorava, o percorrendo instancabilmente la distanza che separava le cucine dai tavoli delle sale dei ristoranti in cui lavorava.
I suoi sogni di trovare una posizione di rilievo nell’ambito dell’hospitality svanirono definitivamente in una fredda settimana invernale. Aldo era stato chiamato per la sostituzione del cuoco di un ristorante abbastanza famoso nella zona del trevigiano. Il cuoco aveva avuto un malore improvviso e aveva lasciato a piedi il titolare proprio il giorno che precedeva un’importante cena aziendale. Il titolare del ristorante pensò subito ad Aldo: l’ultima volta che lo aveva chiamato aveva avuto dei feedback negativi perché aveva infastidito tutti in cucina con un atteggiamento supponente, la classica persona so tuto mi². Ora quella caratteristica gli sarebbe stata utile. Nessuno dei suoi in cucina sarebbe stato in grado di gestire una situazione come quella e Aldo-so-tuto-mi era l’unico che avrebbe potuto togliergli le castagne dal fuoco.
La cena aziendale andò più che bene. L’amministratore delegato dell’azienda fece i complimenti per il menu che venne apprezzato da tutti.
Aldo dimostrò tutte le sue capacità culinarie e soprattutto esercitò per la prima volta la sua attitudine al comando.
Nonostante lo sforzo profuso per la gestione della cena, Aldo quella notte non sentì la stanchezza. L’adrenalina che aveva in corpo gli permise di affrontare l’impegno con una lucidità e un’attenzione fuori dal comune. Ma fu l’esercizio del potere