Tutto a posto, bof!
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Info su questo ebook
Gabriele è affascinato da Leonardo, così come lo è da Emma: la ragazza dei suoi sogni, inavvicinabile da tutti tranne che da Leonardo.
Ed è proprio grazie all'amicizia con Leonardo che Gabriele trova il coraggio e si avvicina a Emma.
La sua vita si complica, però, quando decide di entrare nella squadra di basket della scuola, sfidando Cris, il playmaker bullo. Cris prende di mira Gabriele e Leonardo, ma Gabriele tace per paura, finché un incidente durante un allenamento romperà gli equilibri.
Ora Gabriele deve scegliere: proteggere la sua amicizia con Leonardo e i suoi sentimenti per Emma o affrontare le sue paure rivelando gli atti di bullismo di Cris.
Sarà pronto a sfidare il futuro con determinazione e amore e cambiare il destino di tutti?
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Anteprima del libro
Tutto a posto, bof! - Simon a Massera Caudera
Simona Massera Caudera
Tutto a posto, bof!
ISBN 9788867522606
Questo libro è stato realizzato da AbelBooks
www.abelbooks.net
Indice dei contenuti
Tutto a posto, bof!
Dedica
Introduzione
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
XXII
XXIII
XXIV
XXV
XXVI
XXVII
XXVIII
XXIX
XXX
XXXI
XXXII
XXXIII
XXXIV
XXXV
XXXVI
XXXVII
XXXVIII
XXXIX
XL
XLI
Punti di riferimento
Copertina
Simona Massera Caudera
TUTTO A POSTO, BOF!
AbelBooks
A te che sei la storia più bella
che potessi mai scrivere, figlia mia.
A te che sei le mie radici, mamma,
colei da cui tutte le storie
hanno avuto origine.
Se guardo dalla finestra vedo i sederi infangati delle mucche e le code nervose che frustano le mosche. Ma come fanno a resistere? E poi masticano, masticano, masticano. Stupide mucche.
Meno male che ci sono anche le nuvole. Sembrano draghi che con un soffio di vento diventano panna o fumo. Se almeno si potessero cavalcare.
Ultimo giorno di vacanza. Non vedo l’ora di cominciare le medie!
I
L’APPELLO
Mia mamma dice che la nuova scuola è speciale. Sento puzza di fregatura!
Lei non lo sa ancora, ma io non voglio più fare il veterinario da grande. Vorrei diventare un giocatore di basket o, se mi va male, uno youtuber. L’idea di essere famoso, postando video sulla mia squadra preferita è molto meglio di gatti che ti graffiano terrorizzati ogni volta che tenti di visitarli. Sia chiaro, io non ho niente contro di loro, ma adoro lanciare bombe a canestro.
Adesso che inizierò la prima, spero di essere anche io uno di quelli che piace e non restare nel gruppo degli invisibili. C’è però un problema: non posso indossare jeans strappati, felpe enormi e magliette con i manga visto che dalle elementari mi sento ripetere che per rispetto degli insegnanti bisogna andare vestiti bene. Ogni volta che riesco a farmi uno strappo sui pantaloni nonna me li rattoppa subito. Non ho nemmeno il permesso di vedere le serie TV che seguono gli altri.
Ma una cosa l’ho ottenuta: niente più merende sane
, solo patatine, Fanta, Kinder Duplo alle macchinette.
Oggi ho conosciuto la prof di italiano che ci ha dato il benvenuto e mi è sembrata simpatica e tranquilla. Per fortuna non ha fatto quegli stupidi giochi di conoscenza in cui ognuno deve dire chi è e una cosa che gli piace. Molti dicono il gusto preferito della pizza, ma a me sembra da sfigati. Poi ha fatto l’appello e ci ha detto che mancava un compagno speciale che sarebbe arrivato fra qualche giorno. Ho immaginato che fosse il figlio di un personaggio famoso e che fosse ancora in vacanza in un posto bellissimo, beato lui! Io invece sono stato un mese con mamma e nonna in montagna a guardare le mucche.
Nell’intervallo sono rimasto in coda dieci minuti per cercare di prendere qualcosa alle macchinette, ma quelli di terza non la finivano più di riempirsi le tasche di merende e appena avanzavo di un passo qualcuno più grosso di me mi superava. Non so cosa mi sia saltato in mente, ma a un certo punto ho risposto a uno di quei tipi che era il mio turno e che non era giusto passare sempre davanti agli altri. Quello mi ha risposto che la prossima volta che si fosse incastrata una lattina mi avrebbe usato come testa d’ariete per farla scendere. Quando è suonata la campanella sono tornato in classe con più fame di prima ma sano e salvo. Temo di essermi messo in un mare di guai.
Il tizio seduto vicino a me, Claudio, mi ha offerto una gomma da masticare durante l’interminabile ora di musica. Ha passato quasi tutta la mattina a giocare con le biro, la rossa contro la blu, la verde contro la nera. Le agitava e le faceva scontrare, fino a quando quella rossa è caduta ferita sul banco, allora una chiazza si è espansa silenziosa sulle sue mani e sui fogli. Quando il prof ha chiesto chi di noi ascoltasse la classica, lui è stato l’unico ad alzare la mano (quella che non era macchiata di inchiostro). Io mi sono vergognato e non l’ho fatto, anche se mi devo sorbire lo Schiaccianoci tutte le domeniche perché mamma va pazza per il balletto.
Nella nostra prima ci sono un sacco di ragazze, alcune hanno un’espressione antipatica, si capisce che pensano solo a studiare e che non ti aiuterebbero mai durante una verifica. Poi ci sono quelle che sembrano le piante che mamma si dimentica in un angolo della sala, tormentate dal gatto.
Infine, c’è lei, Emma, la ragazza al secondo banco vicino alla finestra. Ma non l’ho guardata bene, primo perché è minuscola, quasi sprofonda nella sedia, secondo perché mi sembra carina, invece io non lo sono. O almeno penso di non esserlo. La cosa che mi ha colpito è che ha disegnato tutta la mattina. Ha un block notes sotto il libro di testo e finge di prendere appunti; invece, fa strane creature che ho visto sbucare da un foglio.
Tutto sommato non ero capitato male, ognuno si faceva abbastanza i fatti suoi, a parte il gruppetto delle secchione sempre pronte a lamentarsi di tutti.
Verso la fine della settimana la situazione è cambiata.
– Ragazzi, v i presento il vostro nuovo compagno. – ha detto la prof di italiano entrando con uno che non avevo mai visto. – Vuoi dire come ti chiami?
– Come ti chiami? – ha detto lui.
Con un certo imbarazzo la prof ha aggiunto un particolare che lo aiutasse a capire meglio.
– Devi dire come ti chiami tu.
– Come ti chiami tu? – ha ripetuto lui.
A quel punto la situazione era sfuggita di mano. Metà classe rideva.
– Abbassate il volume. – ha detto la prof.
Vedendo che le cose non miglioravano, lo ha introdotto lei.
– Lui è Leonardo.
Lo sapevo che c’era la fregatura! Il tipo speciale in realtà è un disabile! D’istinto ho abbassato lo sguardo cercando di nascondermi dietro la schiena di quello davanti a me, soprannominato Testa d’ariete, uno che viene costretto da alcuni di terza a prendere a spallate la macchinetta per far scendere il pacco di patatine che è rimasto incastrato.
– Buongiogio. – ha detto Leonardo e ha puntato dritto verso Emma, quella che disegna sempre.
Si era piantato di fronte a lei e la indicava dicendole qualcosa di poco comprensibile. La prof, cercando di interpretare le sue parole, gli ha chiesto se volesse sedersi accanto a Emma. Per tutta risposta Leonardo ha incominciato a ritirare le cose sul banco di Martina, la ragazza di fianco a Emma, mettendogliele nello zaino, ripetendo in continuazione una frase.
– Ma tutto a posto, ma tutto a posto.
Sì, Leonardo voleva sedersi proprio vicino a lei.
Nell’intervallo ho scritto un WhatsApp a mia mamma.
– Qui non ci resto!
– Perché?
– Ho chiuso con i tipi così.
– Cosa?!
– Il compagno speciale è un handicappato!
– Lo sai che non si dice quella parola.
– Va beh, è un d-i-s-a-b-i-l-e-d-i-v-e-r-s-a-m-e-n-t-e-a-b-i-l-e-e-x-h-a-n-d-i– c-a-p-p-a-t-o-.
– Piantala!
– Almeno fammi cambiare sezione. Mi è già bastata Eva alle elementari.
– Non pensarci neanche.
– Ti prego, non gioco più con la Play per una settimana…
– E poi c’è la stessa situazione in tutte le classi. Questa è una scuola speciale.
Dovevo restare lì, nella I D, che mi piacesse o no.
II
IL COMPAGNO SPECIALE
Leonardo mi rende inquieto. Non sai mai cosa aspettarti da uno così. Per fortuna io non sono seduto vicino a lui, ma riesco lo stesso a vedere che combina. Passa la prima mezz’ora a temperare sul banco tutte le matite fino a ridurle a moncherini. Gli scarti formano un vulcano che erutta polverina colorata. Poi inizia a dire la solita frase: Ma tutto a posto, ma tutto a posto
.
Si alza, travolgendo qualche zaino, e butta nel cestino le macerie. Saluta il bof
, che sarebbe il prof, e torna a posto accanto a Emma. Ritira le sue cose nella cartella, incrocia le braccia e incomincia a dire che ha fame. Lo ripete in continuazione.
– Leonardo, sono solo le 8,30 e mancano ancora due ore e mezza all’intervallo. – gli dice Giulia, la sua insegnante di sostegno, da lui soprannominata Giugna
.
Lei gli fa fare dei compiti diversi dai nostri.
– Leo, ti va di disegnare la tua casa e la tua famiglia? – gli ha chiesto una volta.
Leonardo ha fatto un orso sul divano che guarda la tv. Lei gli ha detto che lui non aveva un orso ma il gatto Bibo. Così lui si è rattristato e ha iniziato a nominare tutte le cose che ama e che non può avere.
– No c’è l’orso, no c’è Fleccialossa, no c’è Mangiailfuoco, no c’è pruscotto, c’è sensa glutine.
Quando entra la prof di italiano, che lui chiama dottoressa, Leonardo si alza e saltella dalla gioia. Lei gli risponde gentilmente e lo invita a sedersi ma lui va alla cattedra e, sbattendo una mano sul tavolo, grida verso di noi: Galazzi, bassa il lume
, che tradotto dalla sua lingua speciale, il leonardese, vuol dire: ragazzi, abbassate il volume.
In effetti siamo una classe rumorosa.
Leonardo scoppia a ridere quando qualcuno si soffia il naso. Se sente il rumore di un clacson lo imita all’istante e riconosce da quale mezzo proviene.
– Bi, bi, tu, tu. No c’è la macchina, no c’è bullman, no c’è ninoninolanza, c’è camion.
Detesta quando qualcuno gli fa l’occhiolino, si copre la faccia con le mani e grida: No va!
Così passiamo le mattinate alternando le spiegazioni dei prof con la strana lingua di Leonardo, che sembra vivere in un mondo parallelo al nostro in cui sente e nota cose di cui noi nemmeno ci accorgiamo.
Oggi abbiamo saltato l’ora di matematica, perché siamo andati a messa, nella cappella privata che c’è nel cortile della scuola, dato che è la festa del santo protettore.
Leonardo sembrava più felice del solito, si è piazzato alle spalle del prof di musica, che dirigeva il coro, ridendo e bofonchiando strane parole.
Il prof non lo considerava, perciò lui gli ha toccato la spalla con l’indice, poi ha puntato quel suo dito grassottello sul collo, sulla nuca e di nuovo sulla spalla. Il prof lo ha scacciato con un gesto della mano, senza guardarlo, come si fa con una mosca. Allora Leonardo ha preso il flauto del prof, che era appoggiato accanto a lui nella custodia di velluto rosso, e io ho trattenuto il respiro. Quello strumento è sacro, nessuno di noi può toccarlo, se lo sfioriamo appena il prof minaccia di darci 3. E Leonardo lo ha ciucciato. Che schifo!
Giulia è diventa tutta rossa, non l’ho mai vista tanto agitata, ha riacciuffato Leonardo e lo ha fatto sedere in mezzo a noi. Al momento della comunione, però, mentre lei era in fila per ricevere l’ostia, Leonardo si è alzato e le è andato incontro, superando tutti.
– Per favore, il pipì. – ha detto, tenendosi il cavallo dei pantaloni.
Lei gli ha bisbigliato qualcosa, ma lui glielo ha ripetuto con rabbia.
– Per favore, devo il pipì.
Allora sono sgattaiolati fuori dalla chiesa e non sono più rientrati.
Quando Leonardo va in bagno ci sta un sacco di tempo. So cosa fa, perché l’ho visto più volte nell’intervallo. Apre tutti i rubinetti al massimo, guarda l’acqua scorrere e schizzare. E ride. Sfrega solo i polpastrelli e non bagna i palmi. Poi strappa mezzo rotolo di carta, lo accartoccia e lo butta via, senza asciugarsi. Si soffia sulle mani ed esce soddisfatto, ignorando le lamentele di Giulia coperte dal rumore dell’acqua.
Sarà per questo che ci hanno messo tanto tempo e non ci hanno più raggiunto. Ma forse aveva anche fame.
III
EMMA
Quando siamo tornati in classe, Leonardo stava colorando di verde un enorme sole.
Mentre il prof di arte e tecnologia interrogava, Emma si è alzata a buttare un mucchio di fogli accartocciati.
Le secchione stavano ripassando e appena qualcuno faceva un piccolo rumore lo zittivano.
A un certo punto Claudio ha urlato.
– Ma che succede? – gli ha detto il prof. – Se non la smetti sarai il prossimo a venire qui.
– È stato lui, prof. Mi ha piantato la matita nella mano. – ha detto Claudio indicando un mio compagno.
– Volevo provare se era appuntita! – ha detto quello.
– Bene, sottospecie di uomo di Cro-Magnon, vedi di farti furbo o mi porti il diario. – gli ha detto il prof.
Nell’intervallo sono uscito per ultimo per frugare nel cestino. Non potevo crederci! Emma disegna benissimo, in stile manga. In uno c’eravamo noi della I D con il prof di arte e tecnologia che si gratta la schiena con la riga. In altri erano abbozzate creature mezze umane e mezze fantastiche. Ne ho trovati alcuni, tipo fumetti, su Leonardo che fa cose buffe e pronuncia le sue frasi in leonardese. Una specie di super eroe comico. Deve starle molto simpatico.
Ma perché li ha gettati via? Le ragazze sono strane, credono che non sia mai abbastanza bello ciò che fanno. Avrei voluto chiederglielo, ma poi mi è mancato il coraggio.
Se io fossi bravo come Emma nel basket, vorrei che tutti mi vedessero giocare e mostrerei al mio migliore amico gli schemi di gioco della Montepaschi, la mia preferita. Di solito li preparo durante le lezioni in cui mi annoio. Peccato che non ho ancora un BF e non faccio parte della squadra della scuola, ma spero che mi prendano.
La condizione di mia mamma è che abbia la sufficienza in matematica, materia che odio, altrimenti non mi permetterà di allenarmi. Ma non è solo questo, ogni volta che nomino il basket fa quella faccia di quando è triste e poi si arrabbia. È che lo odia il basket. O forse non odia il basket, ma mio padre, che a quanto ne so, dall’unica sua fotografia che ho, era un giocatore pazzesco!
Invece Emma non mostra a nessuno quelle meraviglie. In classe dà l’impressione di essere assente; ogni volta che un prof la chiama per qualcosa sembra precipitare giù dallo spazio sul pianeta terra, classe I D. Le interessa quasi solo Leonardo. Scherza con lui, lo aiuta e persino l’insegnante di sostegno dice di fare riferimento a Emma quando lei non è presente. Qualche volta chiacchiera con Diana, una delle piante. Diana porta sempre un sacco di roba da mangiare per la merenda e ne dà un po’ a Emma. Credo che Emma sia amica anche della cuoca, Rosa, perché ho