Il sole del tramonto
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Info su questo ebook
Barbara Balesini è psicopedagogista dell’età evolutiva, esperta in disturbi del neurosviluppo. Si occupa di consulenze educative rivolte a famiglie in difficoltà e supporto alla genitorialità. Ha pubblicato diversi articoli scientifici sulle disabilità intellettive e sulla manipolazione narcisistica. È responsabile di attività assistite con animali per bambini con disabilità o persone in condizione di fragilità.
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Anteprima del libro
Il sole del tramonto - Barbara Balesini
Barbara Balesini
Il sole del tramonto
Libertà vigilata
© 2024 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-9042-4
I edizione marzo 2024
Finito di stampare nel mese di marzo 2024
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Il sole del tramonto
Libertà vigilata
A mia nonna, per il suo tempo
"Un giorno la paura bussò alla porta.
Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno."
Martin Luther King
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
INTRODUZIONE
Molte delle esperienze che segnano il percorso di ognuno di noi lasciano cicatrici così profonde destinate a rimanere incise nell’anima per sempre.
Ogni emozione o stato d’animo, che la penna traduce concretamente col suo inchiostro, esprime tutto lo spessore che un argomento di questa portata vuole trasmettere a chi come noi ha avuto a che fare con un gambler, ossia un giocatore d’azzardo accanito.
Questo doloroso
lavoro di ricostruzione di un vissuto non vuole porsi come medicina per chi ha a che fare con un gambler, il lettore che leggerà questo libro con la pretesa di trovare soluzioni rimarrà deluso; lo scopo principale che ha mosso le mie intenzioni è stato quello di raccontare il mondo del gioco d’azzardo vissuto da un familiare come esperienza sconvolgente, i percorsi che l’hanno attraversato, le dinamiche introspettive delle persone vicine alla vittima (madri, mogli, figli…) che si scoprono vittime a loro volta.
La trasformazione di ogni personaggio fa da sfondo al racconto, ogni singola abitudine viene violentemente scardinata e distrutta, ogni certezza si trova a naufragare miseramente, valori come speranza e fiducia lasciano indignati il posto a rassegnazione, rabbia e paura.
Il gambler col suo vizio è inesorabilmente in cerca della sua distruzione psichica, urla il suo vuoto interiore, proclama la perdita di tutti i valori più edificanti: la bramosia per il denaro, tipica dello stadio più avanzato di questa ossessione maniacale, si concentra sul disperato tentativo di procurarsi i quattrini necessari per saziare questo incontrollabile impulso, ecco allora che in virtù di ciò, tutto appare comprensibilmente e dannatamente lecito: giocarsi tutto il denaro disponibile (si parla di una media di circa duemila euro e più al giorno!), chiederlo in prestito a chiunque, favorendo il mercato dell’usura, sottrarlo di nascosto, inventarsi qualsiasi attività (nella maggior parte illecita) per procurarselo, e quando tutto ciò non è possibile, rubarlo, a tutti e ad ogni costo e naturalmente per ovvie ragioni a chi gli vive vicino. Ecco che improvvisamente la casa si spoglia: oggetti cari, soprammobili legati alla memoria di un momento spariscono, come risucchiati dal nulla, e per uno strano caso del destino anche la vita del gambler viene inghiottita anch’essa dal nulla, seguendo le orme di tutti i ricordi che si vende, strappando ai suoi affetti anche il valore del rimpianto. La spiegazione è drammaticamente chiara e clamorosamente lecita nel loro ossessivo progetto: i soldi al gambler non bastano mai, quelli vinti vengono puntualmente rigiocati e persi, è la regola, che piaccia o no.
Sullo sfondo in tutto il loro disperato dolore vi sono i familiari, derubati, violentati nell’anima, defraudati da qualsiasi principio o valore, inghiottiti da un vortice che inesorabile porta allo sfascio. Il sentimento d’abbandono che in genere domina le famiglie toccate da questa piaga è vissuto come condizione principale da ogni singolo individuo; la società viene percepita dalle vittime in tutta la sua indifferenza e in alcuni casi complice del patologico
; dopotutto non esiste una legge che tuteli da questa forma ludica
, il gioco (perché così si fa chiamare!) di per se stesso è legale, anzi è distrazione, divertimento, passatempo, diversivo e quant’altro, come si può pretendere di abolirlo? Al massimo si può regolamentarlo, niente di più. In effetti il modo in cui si gioca è soggettivo, sta ad ognuno di noi fermarsi, porsi un limite, come del resto per qualsiasi cosa.
Ecco allora giustificato l’incessante fiorire di agenzie ippiche, il Totip, la Tris, l’Enalotto, Super Enalotto, gratta e vinci, video poker (ne ho citati solo alcuni, la lista è molto più lunga), oggi grazie a Internet l’accesso è ancora più facile grazie ai video poker o ai siti di scommesse; essi rappresentano una persuasiva calamita per chi è intenzionato a mettersi alla prova sfidando la dea bendata
, tra questi purtroppo però esistono anche coloro che emotivamente più fragili non potranno più farne a meno, a loro ma soprattutto ai loro familiari dedico il mio lavoro.
Barbara
I
Non è finita lo so, ne siamo tutti consapevoli, ma come capita nella maggior parte delle situazioni difficili, che la vita normalmente riserva, c’è sempre un piccolo spiraglio di luce, da molti chiamata speranza, che non ti abbandona mai, anche se troppo spesso è talmente pallida da sembrare irraggiungibile.
Quando mio padre cadde nel delirante vortice del gioco d’azzardo ero poco più di una ragazzina come tante: spensierata, sognatrice, paladina d’ideali e valori radicati, frutto di una cultura medio borghese, estremamente dignitosa e forse in qualche caso un po’ troppo morigerata. Tutto ciò mi aveva trasmesso una certa fiducia verso la vita e gli strumenti che ti offre, non c’era ombra di dubbio, quello doveva essere il mio momento ed io lo sapevo bene.
Una figura col camice bianco si stava avvicinando, portava con sé una cartella verde scuro, che a ritmo del passo si cadenzava prima avanti e poi indietro.
«Buongiorno, scusate siete voi i familiari del signor Dalzi?»
«No dottore, Balzi, con la B di Bologna», questo fu il mio esordio con un filo di voce che tradiva la mia forte emozione, accidenti Blanca calmati, non sei sul patibolo, ritrova la forza e procedi. «Dottore novità?, sono la figlia come sta mio padre?», mi sentivo del tutto fuori luogo.
A quel punto mia mamma si avvicinò con discrezione e timidamente, perfettamente in linea col suo carattere, domandò: «Allora dottore questa volta siete riusciti a vedere qualcosa?»
«Accomodatevi prego!, la TAC e la risonanza magnetica parlano chiaro, suo padre è affetto da una malattia degenerativa del sistema nervoso, determinata dalla mancanza di una sostanza fondamentale per il nostro cervello: la dopamina».
I nostri sguardi si incrociarono, a quel punto notai le gote di mia madre impallidire, eravamo preda di sgomento e incomprensione.
«Cioè? Cosa vuol dire? Potrà guarire?»
«Signorina stiamo parlando di una malattia degenerativa, malattie come questa non lasciano speranza. Signore mie ci troviamo di fronte al morbo di Parkinson!»
Mi violentai per rimanere tranquilla e non dare adito alla minima emozione, ma non riuscii, ero troppo giovane, troppo ingenua, mi affacciavo per la prima volta verso il mondo e lo feci nella