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L'occasione di combattere
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E-book265 pagine3 ore

L'occasione di combattere

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Info su questo ebook

Lyla Whitney era riuscita a fuggire dalla sua città natale. Da allora, aveva evitato in tutti i modi determinate cose, come i contrattempi in una piccola città, la fattoria della sua famiglia e il restare soffocata sotto il peso di troppe aspettative. Ah, e l’amore, ovviamente, ma quello le stava già alla larga.
A parte questo, le cose le andavano a meraviglia a Boston, la grande città in cui aveva scelto di scappare. Almeno fino a quando la sua sorellina dal cuore spezzato non la invita a tornare nello stesso luogo da cui era fuggita: la fattoria Whitney.
Lyla si prepara a tornarvi, ma solo per un tempo limitato e unicamente per l’imminente divorzio della sorella. Ciò che non si aspetta di trovare è il più recente – e più sexy – abitante della fattoria.
Appena tornato single e libero di fare ciò che vuole, Gentry Bodine incontra Lyla e, in un istante, lei diventa il centro dei suoi pensieri. Il desiderio che prova nei suoi confronti è fuori discussione, innegabile.
Con un’attrazione così palpabile, anche l’inesperta e timida Lyla non può resistere, in special modo se attratta dalle note poetiche e seducenti dell’inaspettato rubacuori del sud.
Ma quando cadono nella tentazione di ciò che sembra un fugace passatempo estivo, entrambi devono compiere una scelta: daranno all’amore la possibilità di lottare?
 
LinguaItaliano
Data di uscita29 mag 2024
ISBN9791220708586
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    L'occasione di combattere - Kat Savage

    1

    LYLA

    Èprobabile che non stia morendo soffocata a causa di un ragno.

    Questo è il primo pensiero che mi sfiora la mente quando vengo svegliata nel cuore della notte da un violento attacco di tosse che mi fa annaspare in cerca d’aria. Ripenso a quell’articolo di smentita che ho letto, in cui si diceva quanto fosse improbabile che, in media, le persone ingoino davvero otto ragni durante il sonno, ogni anno. Perciò, vengo colta da una lieve ondata di sollievo. Perché, anche se sono seduta qui, in pratica sul punto di morire per colpa di uno strano attentato al mio esofago, forse almeno non è a causa di un ragno che mi si è insinuato nella bocca. C’è un po’ di conforto in tutto questo.

    Non so perché io mi sia tirata su in stile zombie, soffocando, tossendo e sputando un polmone. Tutto ciò che so è che mi sto strozzando con l’aria. Solo aria. Che sta tentando di uccidermi. Non inspiro nemmeno in modo corretto. Mi metto seduta sul bordo del letto e sorseggio dell’acqua nel tentativo di liberare la trachea. Quando mi riprendo, afferro il telefono per controllare l’ora.

    Le tre e zero tre del mattino sono l’ultima cosa che vorrei vedere.

    Ma ciò che mi sorprende di più è il messaggio di mia sorella.

    Dato che ci scambiamo messaggi solo tre volte l’anno, e ci vediamo ancora meno, la cosa è… inaspettata, per non dire altro. Non è che non andiamo d’accordo o che non ci piacciamo, ma abbiamo fatto scelte differenti nella vita e non abbiamo molto in comune, il che ci ha portate ad avere pochi argomenti di conversazione.

    Apro il messaggio e l’urgenza nelle sue parole per poco non mi spaventa, provocandomi un nuovo attacco di tosse.

    Harper: Chiamami. È importante.

    Scritto da mia sorella, questo messaggio equivale a un SOS urlato a squarciagola nel bel mezzo dell’oceano. Controllo l’orario in cui mi è arrivato. Le due e ventisette del mattino. È un comportamento molto insolito per lei. In mancanza di un termine più preciso, si può dire che mia sorella non sia il tipo da restare alzata fino a tardi senza un valido motivo. D’accordo, forse è abbastanza preciso. Quindi posso affermare che, di qualunque cosa si tratti, deve effettivamente essere importante.

    Premo il pulsante di chiamata senza riflettere su che ore siano o altro, ma a rispondermi è solo la segreteria. A quel punto i miei pensieri cambiano sul serio.

    Non sarà incinta?

    No, non avrebbe mandato un messaggio a tarda ora se fossero state buone notizie. O almeno avrebbe usato un punto esclamativo.

    Forse qualcuno è morto? Nan? Paw?

    Accidenti, no. Lyla, non pensarci nemmeno.

    Nonostante debba svegliarmi tra tre ore per andare al lavoro, è molto probabile che non riuscirò a riaddormentarmi a causa del suo messaggio criptico.

    Fantastico.

    Lascio cadere la testa sul cuscino e mi giro sul fianco sinistro. Non so per quale motivo dormire su un particolare lato del letto sia importante per me. Non ho un ragazzo o un marito, e nemmeno una relazione occasionale con cui condividerlo. Posso sdraiarmi al centro, dall’altro lato o dove mi pare, ma scelgo comunque di starmene sempre sul lato destro del letto. Stare poi sdraiata sul fianco sinistro, come in questo caso, fa sì che possa fissare la distesa vuota del resto del materasso matrimoniale. È come un piccolo, simpatico promemoria.

    Ah, giusto. Ehi, Lyla? Sei sola.

    La maggior parte delle notti, non lo odio. Sono single ormai da parecchi anni. E per parecchi anni intendo praticamente tutti quelli che ho vissuto in età adulta. Ci sono sicuramente dei lati positivi. Per prima cosa, non devo rinunciare a scegliere cosa guardare in TV, cosa mangiare o da che lato del letto dormire. Guardo, mangio e faccio tutto quello che voglio. Ha i suoi pregi. Inoltre, non devo confrontarmi con nessuno o preoccuparmi di cose come la gelosia o di come passo il mio tempo. La mia vita è priva di drammi. Senza preoccupazioni. Tuttavia, sono piuttosto certa che mia nonna sia tormentata dalla possibilità che diventi una vecchia zitella con un mucchio di gatti. Per la fortuna di entrambe, non mi piacciono molto.

    Esistono le zitelle con i cani?

    Potrei accettarlo. Per la miseria, se nel mio appartamento si potessero tenere animali è probabile che sarei già sulla buona strada per una vita tanto gloriosa.

    Do una raffica di pugni al cuscino, incolpandolo per il mio disagio e dell’incapacità di riaddormentarmi. Il tempo trascorre in modo strano quando sei sdraiato a letto, senza pensare troppo a nulla in particolare.

    Quando controllo di nuovo il telefono, sono già le quattro del mattino e non so come sia successo. Stringo forte gli occhi, sperando che la pressione aggiuntiva nel tenerli chiusi mi aiuti a stancarmi.

    All’improvviso, e senza contesto, mi viene in mente il mio ragazzo del liceo.

    Oh, non è meraviglioso quando ti succede?

    Odio davvero il mio cervello.

    Perché? Perché il cervello ti fa questo?

    Non capisco il motivo per cui il cervello decida di servirsi delle circostanze più inopportune per far emergere i momenti maggiormente dolorosi, assurdi o imbarazzanti del tuo passato e metterli in primo piano. Come se questo fosse l’esatto istante in cui potresti aver bisogno di porre rimedio a sentimenti irrisolti riguardo a qualche avvenimento del passato che hai cercato di dimenticare con molto impegno.

    Sbatto la testa sul cuscino più e più volte. Non penso a Dean Callahan da anni. Forse proprio dal giorno in cui ha rotto con me, che tra l’altro era il giorno del ballo di fine anno, cioè a tre settimane dal diploma e quattro prima che me ne andassi dalla città senza guardarmi più indietro. Beh, non proprio. Nel corso degli anni, ci sono tornata per qualche giorno di vacanza e alcuni eventi importanti, ma questo è tutto. E non mi trattengo mai più del necessario. Vado e torno, di solito in giornata, se posso.

    Perciò, proprio non riesco a comprendere il motivo esatto per cui Dean sia apparso nei miei pensieri. Per capire il tipo di relazione che avevamo servirebbe uno schema, e poi anche un grafico separato, dove appunterei le mie considerazioni a posteriori in merito alla questione. Tirando le somme, all’apparenza era tutto rose e fiori ma, scavando un po’ più in profondità, era una tortura.

    Mentre una parte di me è sinceramente preoccupata per mia sorella, Nan e Paw, un’altra parte desidera e spera in segreto che questa non sia il genere di catastrofe che richiede il mio ritorno a casa. Solo pensarci mi fa sentire egoista.

    Alla fine mi riaddormento con il pensiero di Dean e delle parole che ha usato per lasciarmi, che mi risuonano in testa come una ninna nanna da incubo.

    2

    LYLA

    «L yla, sto per divorziare,» dichiara Harper, singhiozzando attraverso la linea telefonica ovattata. Riesco a sentire mia sorella che tira su e si asciuga il naso mentre cerca di ricomporsi quel tanto che basta da riuscire a pronunciare una frase intera.

    «Cos’è successo?» domando, tentando di mantenere una voce calma e misurata, consapevole che adesso sono per lei come una cassa di risonanza: devo prestarle ascolto e cercare di non fare troppe domande.

    «Non lo so, insomma… ci siamo semplicemente allontanati, immagino. Dice di essersi innamorato di un’altra. Oh, Lyla, è terribile,» afferma, ricominciando a singhiozzare.

    Quel bastardo.

    Mi si spezza il cuore nel petto. Vedo le fiamme dell’inferno. Dentro di me sono furibonda ma, ancora una volta, la mia voce rimane calma. «Oh, tesoro, mi dispiace così tanto. Vengo da te.» Non mentirò: non voglio farlo. Sul serio, non voglio. Ma non posso lasciarla sola.

    La mia sorellina aveva scelto il vissero felici e contenti: una vita tranquilla, un marito e una promessa. Io, invece, me n’ero andata con in mente la carriera e di frequentare qualcuno solo quando era conveniente o necessario. Se devo essere onesta, ho vissuto perlopiù in solitudine. Uscire con un’unica persona non ha mai fatto per me perché, beh, a me va bene così. Avere una relazione con qualcuno, sistemarmi, trovare l’amore… tutta quella spazzatura non è mai stato il mio obiettivo. Il punto è che lei aveva scelto il contrario, e ora la situazione le sta crollando addosso. Essendo sua sorella maggiore, devo andare da lei per confortarla.

    «No, non devi, sul serio. Non preoccuparti per me,» dice Harper, tirando di nuovo su con il naso.

    «Non è un problema. Posso lavorare da qualsiasi posto. Inoltre, è da un po’ che non torno a casa e sarà un bene per te, per entrambe,» insisto.

    «D’accordo,» acconsente.

    «Bene.» Non la annoio con i dettagli del viaggio, le dico solo che me ne occuperò io.

    Un’altra cosa che non faccio è una promessa su quanto tempo intenda restare.

    Il volo che prenoto arriverà l’indomani in tarda serata, dopodiché andrò in macchina dall’aeroporto alla fattoria, che raggiungerò all’incirca verso le dieci di sera.

    Non muoio dalla voglia di fare le valigie e trascinarmi laggiù, ma devo farlo.

    Per la maggior parte del tempo, ho lasciato Harper a occuparsi della fattoria insieme a Nan e Paw. L’ho abbandonata lì a gestire tutto. I nostri genitori sono morti quando frequentavamo le scuole medie: io la terza e lei la prima. Quando sono partita per il college, le mancavano ancora due anni al diploma. A quel punto, Nan e Paw erano troppo vecchi per prendersi cura del posto in modo adeguato, così Harper è rimasta.

    Ha frequentato il college in città, ha convinto il suo fidanzato del liceo a raggiungerla ed è rimasta lì. Era la quintessenza della ragazza di paese. Tutti in città sanno chi è. Accidenti, in realtà, in città tutti conoscono tutto di tutti. E su di noi in particolare.

    I miei nonni sono Louise e Calvin Whitney. Non che significhi molto per la maggior parte del mondo, ma nelle zone boschive del Kentucky, dove ci sono più allevamenti di cavalli e parchi nazionali che strade asfaltate, il cognome Whitney è piuttosto noto. La fattoria della nostra famiglia si trova ai margini della contea di Scott, ed è una delle più antiche rimaste attive nella zona.

    In autunno, ci sono campi di zucche e carretti del fieno accessibili al pubblico. I frutteti sono da sempre un’attrazione rinomata. La gente di città ha perennemente voglia di venire a raccogliere le mele in autonomia. Ci sono labirinti di mais, girasoli, uova fresche appena fatte, di’ una qualsiasi cosa e quella c’è. Le persone vengono da ogni parte per visitare e trascorrere da noi la giornata. La nostra fattoria ha addirittura una strada tutta sua. La Fattoria Whitney è situata proprio alla fine di Whitney Way.

    Alquanto pittoresco.

    Ricordo con precisione che, da adolescente, alzavo gli occhi al cielo ogni volta che dovevo spiegarlo a qualcuno.

    In questo momento, scorro offerte sul telefono finché non trovo un biglietto di sola andata decente per volare fino a lì. Non so per quanto tempo mi fermerò e non è stato un caso che non ne abbia fatto menzione con Harper, così da non avere vincoli temporali di alcun tipo. Atterrerò all’aeroporto di Louisville e poi mi dirigerò verso sud-est per le successive due ore.

    Che gioia.

    Inizio a togliere i vestiti dalle grucce all’interno dell’armadio. Vivo a Boston, in un bellissimo appartamento al terzo piano, con una camera da letto. Ho costruito la mia vita in modo meticoloso, con l’intento preciso di renderla migliore di quanto fosse prima.

    Ho lavorato sodo al liceo, sono stata accettata al Boston College, ho conseguito una laurea in Lettere e ho iniziato quasi subito a scrivere per varie riviste e blog online. Vorrei dire che è così facile per chiunque voglia diventare uno scrittore, ma la verità è che sono stata fortunata, davvero fortunata. E conoscevo le persone giuste. Prima della laurea, mi sono costruita una rete usando ogni genere di espediente. Leccando culi meglio di chiunque altro.

    Metto altri vestiti nella borsa e mi rendo conto che non ho idea di cosa portare o di quanta roba mettere in valigia.

    Un po’ di tutto?

    Quanto tempo voglio davvero restare?

    Finché mia sorella ne ha bisogno, decido all’istante. Entro limiti ragionevoli, ovviamente. Qualunque essi siano.

    Metto in valigia un assortimento di capi, decidendo che per il momento va più che bene. Se mi mancherà qualcosa, andrò a comprarlo.

    Dopo aver finito di preparare i bagagli, mando un’e-mail ad alcuni clienti esigenti a cui piace rimanere in costante contatto. Gli faccio sapere che sono in procinto di partire ma che tutte le scadenze verranno rispettate, che non ci sarà nessuna interruzione di servizio e che tornerò a essere raggiungibile, non appena mi sarò sistemata.

    Poi mando un messaggio alla mia migliore amica, Cora, raccontandole del mio imminente calvario.

    Io: Harper sta per divorziare. Devo tornare a casa per un po’.

    Cora: Oh, mio Dio!

    Io: Lo so, ti aggiornerò più tardi. Posso mettere anche te in valigia?

    Cora: Se questo può servire a sganciarmi dal tizio dell’appuntamento…

    Io: Santo cielo! Fai finta che questa sia un’emergenza e svignatela!

    Cora: Cos’è successo? Il tuo pesce rosso è morto? Arrivo subito!

    Io: Scaricato il sig. Winston al crepuscolo.

    Cora: Ahahah, viaggia con prudenza. Fammi sapere quando arrivi.

    Povera Cora.

    È una donna bellissima. Voglio dire, è proprio bella. Ma per qualche ragione, non è stata per nulla fortunata in amore. Non ne capirò mai il motivo. È anche la mia unica amica in città quindi, a parte i miei clienti, è la sola persona a cui sento il bisogno di comunicare la mia partenza. Cerco di non soffermarmi su quanto lo trovi triste.

    Il resto della giornata trascorre senza troppi intoppi. Mando un messaggio ad Harper per informarla e aggiornarla sull’organizzazione del viaggio. Mi fa sapere che la mia vecchia stanza è stata rinfrescata per il mio arrivo. Rinfrescata, al sud, significa che l’intera biancheria da letto è stata lavata, anche se nessuno ci aveva dormito, e che tutto è stato spolverato e pulito. Con ogni probabilità ha anche aggiunto fiori freschi nel vaso sopra il comò.

    La buona vecchia ospitalità del sud.

    Posso confermare che non c’è nulla di paragonabile. Durante i primi tre giorni dopo il mio trasferimento a Boston, mi hanno urtata con la spalla più di una dozzina di volte mentre camminavo sul marciapiede, e nessuno ha alzato lo sguardo, figuriamoci mormorare delle scuse incerte nella mia direzione. Mi ci è voluto un po’ per abituarmi. Nonostante l’indifferenza della grande città, ho cercato di conservare le mie buone maniere. Mia nonna mi avrebbe dato uno scappellotto, o peggio, se avesse pensato che ero niente di meno della signorina del sud che aveva cresciuto.

    Metto tutte le borse vicino alla porta. Una valigia grande che dovrò di certo ricontrollare. La borsa per il computer, piena di caricabatterie, l’IPad e tutti i dispositivi elettronici necessari per le mie attività quotidiane. Il beauty con tutto il necessario. Portafoglio, lenti a contatto, occhiali di riserva e contanti. Spunto tutto nella mia lista mentale, sentendomi certa di non aver dimenticato nulla. Mi ricordo persino di prenotare un’auto che venga a prendermi la mattina e mi porti all’aeroporto, invece di cercare di prenderne una all’ultimo minuto. Mi sento abbastanza tranquilla in merito ai preparativi generali per la partenza.

    Torno in camera e mi siedo sul bordo del letto, lasciandomi cadere all’indietro ed emettendo un lungo sospiro. Poi mi viene un pensiero.

    Torno a sedere e fisso il secondo cassetto del comodino. Ho un breve conflitto interiore sul da farsi, prima di decidere di aprirlo.

    Sono una donna, okay? Non c’è nulla di cui vergognarsi.

    È il cassetto in cui tengo il vibratore.

    Per quanto tempo starò via?

    E se avessi bisogno di… sollievo?

    Dovrei… portarlo?

    Sarebbe inappropriato?

    Voglio dire, non devo annunciare la sua presenza a nessuno. Ma, ehi, sono una donna single. Certo, riesco a organizzare un appuntamento con qualche ragazzo per ottenere sollievo sessuale, ma la gratificazione me la do da sola. Ridacchio.

    A un certo punto, diventa una necessità assoluta prendersi cura di se stessi. Penso che ormai sia consigliato dal medico. Potresti anche morire se non lo fai. Comincio a pensare a tutti i modi in cui metterlo nel bagaglio, anche se potrebbe causare problemi al controllo di sicurezza. E quei ragazzi che caricano e scaricano le valigie… scommetto che ci guardano dentro. Scommetto che scattano foto e organizzano scommesse segrete sulle cose più divertenti che hanno trovato quel giorno. Forse, dopotutto, dovrei lasciarlo a casa.

    Con riluttanza chiudo il cassetto e decido che posso trascorrere un po’ di tempo senza masturbarmi. Anche mentre prendo questa decisione, gemo. Per il bene delle mie parti intime, mi auguro che Harper non sia troppo distrutta per la separazione. Forse in realtà è abbastanza resiliente. Forse si riprenderà in pochissimo tempo. Forse ha solo bisogno di una faccia amica e anche di masturbarsi. Scaccio i pensieri dalla testa.

    Smettila di fare la stronza, Lyla.

    Che ti piaccia o no, Lyla Elizabeth Whitney, domani a quest’ora i tuoi piedi saranno piantati di nuovo sul terreno da cui hai tolto le radici tanti anni fa.

    3

    LYLA

    Vorrei poter dire che il tragitto in auto fino all’aeroporto è stato breve, o il volo tranquillo. Vorrei poter dire che, nonostante il viaggio sia durato due ore, il tempo è passato in fretta. Vorrei poter dire una qualsiasi di queste cose, ma non posso. Se dovessi riassumere questa giornata trascorsa in viaggio in una frase, sarebbe un vero inferno . L’auto che doveva portare le mie chiappe a destinazione è arrivata in ritardo. L’autista non mi ha aiutata, perciò ho dovuto trascinare da sola l’enorme valigia fuori dal bagagliaio e… il mio essere bassa e formosa non mi è stato di aiuto. Dopodiché, ho corso fino al gate, corso nel vero senso della parola. Non sono riuscita a fare il check-in molto presto come avrei voluto, perciò mi è toccato un posto al centro, un dannato posto in mezzo tra una donna non proprio carina, che indossava talmente tanto profumo da farmi lacrimare gli occhi, e un uomo che alternava il darmi gomitate nelle costole al tentare di usare la mia spalla come cuscino. Alla faccia del pisolino durante la discesa.

    Dopo l’atterraggio, ho scoperto che le uniche auto a noleggio ancora disponibili erano enormi pick-up o piccole auto sportive. Nonostante ne avessi prenotata una online, tutto

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