Uno splendente sole estivo nel cielo di Londra: L'Amore in Cinque Stagioni, #2
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Summer non è che un mammifero: non sbava davanti a Ifan G. Vaughn, il beniamino dell'azienda. Lui, comunque, non sembra nemmeno sapere della sua esistenza. Summer è discreta, odia essere al centro dell'attenzione, perché è sempre per qualcosa di negativo. Ma basta un incidente, uno stupido incidente, e il tè di Summer finisce sulla camicia di Ifan davanti a tutto l'open space. Beh, ormai è fatta: ora lui sa chi è lei, anche se – forse - non per le giuste ragioni.
Fai conoscenza con le sorelle Demaria!
Tra Leeds, Londra e Parigi, quattro sorelle e una madre, cinque storie romantiche e autoconclusive.
1 - Tutto è iniziato la vigilia di San Valentino: Flora & C
2 - Uno splendente sole estivo nel cielo di Londra: Summer & Ifan
3 - Far cantare le foglie d’autunno: Harlow & Wes (di prossima uscita)
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Anteprima del libro
Uno splendente sole estivo nel cielo di Londra - Jo Ann von Haff
L’estate
––––––––
Sotto dura Staggion dal Sole accesa
Langue l’uom, langue ‘l gregge, ed arde il Pino
Scioglie il Cucco la Voce, e tosto intesa
Canta la Tortorella e ‘l gardelino.
Zèfiro dolce Spira, ma contesa
Muove Bòrea improviso al Suo vicino
E piange il Pastorel, perché sospesa
Teme fiera borasca, e ‘l suo destino.
Toglie alle membra lasse il Suo riposo
Il timore de’ Lampi, e tuoni fieri
E de mosche e moscon lo Stuol furioso.
Ah, che purtroppo i suoi timor Son veri!
Tuona e fulmina il Ciel e grandioso:
Tronca il capo alle Spiche ed a’ grani alteri.
Le quattro stagioni, Vivaldi (1720)
Martedì 7 luglio
«Cosa non darei per passare una notte con Ifan!» esclama Ava con aria sognante, giocherellando con il cucchiaino.
«Mettiti in fila!» ribatte Harper, con la bocca piena.
L’oggetto delle loro fantasie passa proprio davanti a noi, nella mensa. Lui e la sua gang discutono appassionatamente di calcio: sembra che stasera ci sia la prima semifinale degli Europei a Wembley e loro non mancheranno.
Ava e Harper lo seguono con lo sguardo, sospirando piuttosto rumorosamente, è deprimente. Davvero.
«Secondo me conosce il Kamasutra a memoria» aggiunge Ava, con un’espressione inebetita.
Raccolgo subito i miei Tupperware. Non sono qui per fantasticare sull’idolo dell’azienda.
«Salgo in ufficio» annuncio, alzandomi.
«Smettila di fare la perfettina» mi critica Harper.
Non le rispondo, tanto non serve a nulla.
«A volte è così ingenua» sibila Ava alle mie spalle.
Vorrei rispondere che ho un certo rispetto per la mia persona, che tengo alla mia dignità, ma ognuno ha il proprio punto di vista, giusto?
Al piano di sopra non c’è nessuno. L’ora di pranzo probabilmente è l’unico momento della giornata più o meno rispettato dalla maggioranza dei colleghi; per il resto del tempo, gli orari sono sfalsati, ciascuno si ritaglia l’orario di lavoro secondo le proprie esigenze. Per quel che mi riguarda, preferisco lavorare negli orari convenzionali e tornare a casa insieme alla mamma e a mia sorella Harlow.
La cultura aziendale di Cyberwall prevede che tutti i dipendenti abbiano le stesse condizioni. Quadri, tirocinanti, assistenti, part-time o senior, condividiamo gli stessi spazi: open space per tutti, stessa mensa con gli stessi piatti, al medesimo prezzo. Per i nostri momenti privati ci sono i bagni misti e le cabine telefoniche. Le sale riunioni sono solo per le riunioni, ordine dei superiori. Di conseguenza, io e i miei colleghi in fondo alla scala gerarchica, possiamo sbavare per Ifan Vaughan tutto il giorno senza che alcun muro ce lo impedisca. Io, per modo di dire... mi guardo bene da questo tipo di scenette. Inoltre, come ultima arrivata nel team, ho vinto il miglior posto disponibile: di spalle a Ifan, appunto. Nonostante la politica democratica, in azienda funziona come a scuola: si formano i gruppi e Ifan fa parte dei quadri. Secondo me neanche sa della nostra esistenza, di quella di Ava, di Harper e della mia...
Beh, non è detto che sia una cosa negativa.
Ripongo le ciotole nel mio borsone e mi siedo davanti al PC. Inserisco il mio nome utente e la password, accendo la musica e indosso le cuffie. Prima di riprendere il lavoro, però, prendo il telefono e apro la chat dove la mamma e le mie sorelle stanno chiacchierando. L’estate non è più sinonimo di vacanza, per noi. Mia sorella maggiore Holly rimane a Parigi per motivi che non capisco e Flora verrà da Leeds solo per il mio compleanno. È da un po’ che non siamo tutte e cinque nello stesso luogo, sotto lo stesso tetto, a chiacchierare a ruota libera. Mi manca questo ‘noi’. Mi manca il bozzolo così accogliente che mamma era riuscita a creare intorno a noi alla morte di papà, quando ero ancora piccola.
Metto via il telefono e avvicino la sedia alla scrivania. Apro diverse finestre - la maggior parte sono social network - che dispongo a mosaico, e do una scorsa agli account che tengo d’occhio.
Cyberwall è stata creata appositamente per combattere il cyberbullismo e i commenti aggressivi su account di grandi dimensioni. Il mio compito è infiltrarmi in questi stessi commenti e scoraggiare i bulli, reindirizzarli direttamente alle cellule psicologiche istituite da Cyberwall o direttamente alla Polizia. Faccio parte del team che si occupa della parte visibile; altri dipendenti dell’azienda si occupano di quella invisibile, che di sicuro sfiora l’illegalità, ma ad essere onesti la cosa non mi turba.
Non so ancora cosa voglio fare della mia vita, a dir la verità. Non so quale professione voglio esercitare, quale sia il mio obiettivo. Ma nel frattempo, mi piace fare la giustiziera nell’ombra perché non potrei farlo nella vita reale. Ho paura di mettermi in mostra e solo il cielo sa quanto il mondo intero sia un palco.
Alzo il volume della musica per isolarmi dal resto del mondo, o semplicemente dall’open space a cui comunque volgo le spalle, e mi butto sul lavoro.
Prima odiavo leggere i commenti sui social e sui siti di notizie, mi spaventavano e mi rendevano più ansiosa di quanto non lo sia già. Mi sentivo impotente di fronte a tanta amarezza e offese impunite, normali al giorno d’oggi. Ora, dal momento che ho una parte attiva da svolgere, e perché sono pagata per intervenire con i ‘troll’ di nuova generazione, non vedo l’ora di iniziare.
Sono una supereroina di nuova generazione.
Questo pensiero mi fa sempre sorridere.
Alla fine, mi basta poco.
Sull’account di un sito di notizie, i commenti già traboccano sotto un articolo pubblicato solo cinque minuti fa. La gente si è presa il tempo di leggerlo o si è accontentata del titolo, un po’ ‘acchiappaclic’? Io, mi prendo il tempo. Leggo, faccio una ricerca rapida su vecchi argomenti correlati per avere i dati in mano, e poi mi lancio. Ho tutto il pomeriggio per scoraggiare le persone.
***
Torno a casa poco prima delle 18:00. Mamma è già in cucina che prepara la cena.
«Ciao, ma’!»
Mi sporgo in avanti perché mi baci sulla fronte. Non importa se sono alta una spanna - o forse due - più di lei, mi piace questo gesto di benedizione, protezione e amore, soprattutto amore. Mi prende tra le sue braccia.
«Com’è andata la giornata, tesoro?»
«Bene» rispondo, mettendo i miei Tupperware nel lavello «e a te, ma’?»
«Bene anche per me.»
Abbandono la borsa per terra, mi lavo le mani e mi verso un bicchierone di succo di frutta.
«Chi hai vendicato oggi?» mi chiede la mamma.
«Alcune star dei reality show. Non so se le ho vendicate, ma - a dir la verità - loro se la sono un po’ cercata. Non riesco a capire come si possa vivere tutta la vita davanti alle telecamere. E non capisco perché ci piaccia vedere tutto questo, vedere gli altri vivere. E basta.»
«Ci vuole di tutto per fare un mondo» filosofeggia la mamma.
Il suo telefono squilla; risponde: «Joanne Demaria.»
Tiro verso di me l’insalatiera e le zucchine e comincio a sbucciarle mentre lei continua a parlare.
Ci vuole di tutto per fare un mondo, è vero; per ogni star dei reality, ci saranno cento Summer incapaci di comportarsi normalmente quando c’è più di uno sconosciuto nella stanza. I primi giorni nell’open space sono stati una sfida. È ancora un po’ dura, ma visto che giro le spalle a tre quarti dell’ufficio, tutto sommato me la cavo. A dire il vero, preferirei di gran lunga lavorare da casa e Cyberwall, in genere, è favorevole a questo tipo di organizzazione.
Eccetto che per noi.
Per una questione di supporto psicologico - sostiene Amanda - l’amministratrice delegata. Con il nostro lavoro veniamo a contatto con tanti idioti, potremmo aver bisogno di parlarne dopo una giornata difficile. Ammiro questo punto di vista, davvero, ma... Ah! Potrei dividere la mia settimana in due! Solo per vedere meno persone! Anche solo per non subire i commenti molto, molto sessuali di Ava e Harper. Sono simpatiche per il resto del tempo, ma non appena Ifan è nei paraggi, si trasformano in predatrici.
E Ifan è lì tutto il tempo...
Stiamo per metterci a tavola quando finalmente Harlow torna a casa.
«Mi licenzio!» dichiara, lasciandosi cadere sulla sedia.
«Va’ a lavarti le mani» le ordina la mamma.
«Vado, dammi solo il tempo di respirare».
Harlow lascia la borsa a terra e si appoggia al tavolo.
«Perché ti vuoi licenziare?» le chiedo.
«Perché sono stufa di servire scones e che mi si urli contro chiedendomi se sono sorda.»
Scuote la testa, sconvolta.
«La gente non ha pazienza, è sempre di fretta, non mi piace» continua mia sorella.
Tende la mano per servirsi le melanzane alla parmigiana ma la mamma