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Daimones: Italian Edition
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E-book354 pagine7 ore

Daimones: Italian Edition

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Info su questo ebook

"Niente lasciava presagire che quello fosse l'ultimo giorno."

Può Dan Amenta essere l'unico uomo rimasto sulla Terra? La Morte ha spazzato via le vite di miliardi di persone, eppure Dan e la sua famiglia sono stati risparmiati. Da chi, e perché? Sopravvivere, dare un senso alla propria vita, cercare altri sopravvissuti portano Dan a scoprire la verità sullo sterminio della razza umana.

L'incontro con Laura, una giovane e sexy ragazza di origini Italiane, solleva questioni etiche e morali che non avevano mai sfiorato la famiglia Amenta. Altri sopravvissuti forzano Dan a confrontarsi con il proprio passato per trovare risposta alle sue domande.

Il passato e il presente si confondono e sconvolgono il fragile equilibrio, fisico e mentale, che ha consentito agli Amenta di dare un senso alla loro nuova esistenza. Dan scopre il suo ruolo finale in un piano le cui radici affondano in un passato vecchio di milioni di anni. Il pianeta Terra é nelle mani di un antico potere, e i sopravvissuti devono scegliere un futuro che non ha passato, o restare in un passato senza futuro.

LinguaItaliano
Data di uscita5 ott 2014
ISBN9781310983443
Daimones: Italian Edition
Autore

Massimo Marino

Massimo is a scientist envisioning science fiction. He is an Active Member of SFWA (Science Fiction & Fantasy Writers of America) and published by Booktrope Publishing, LCC.He spent years at CERN and at the Lawrence Berkeley Lab, then had leading positions with Apple Inc. and the World Economic Forum. He is also Partner in a new startup in Geneva for smartphones applications, TAKEALL SA, and co-founder of an IT service and consulting company in Big Data Analytics: Squares on Blue.Massimo lives in France and crosses the border with Switzerland daily and multiple times, but no, he's not a smuggler.With family, he lived on both sides of the Ocean Pond and they speak three languages at home, sometimes in the same sentence even! They feel home where loved ones and friends are and have friends in Italy, Spain, France, UK, Switzerland, Germany and the US.Ah, as golf player, Massimo played courses in all those countries too. With mixed results...Sign up to http://massimomarinoauthor.com/mailing-list/ for a free, short crime dramas stories collection.2012 PRG Reviewer's Choice Award Winner in Science Fiction2013 Hall of Fame - Best in Science Fiction, Quality Reads UK Book Club2013 PRG Reviewer’s Choice Award Winner in Science Fiction Series2014 Finalist - Science Fiction - Indie Excellence Awards L.A.2014 Award Winner - Science Fiction Honorable Mention - Readers' Favorite Annual Awardshttp://www.amazon.com/Massimo-Marino/e/B008O53L5O/http://massimomarinoauthor.comhttp://www.facebook.com/MassimoMarinoAuthorhttps://plus.google.com/+MassimoMarino01/about@Massim0Marin0

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    Anteprima del libro

    Daimones - Massimo Marino

    Daimones

    Un romanzo di Massimo Marino

    Daimones – Italian Edition

    Copyright © 2014 by Massimo Marino

    Book design by Massimo Marino, Author

    Cover picture Yalil Sculpture © Boris Kester / traveladventures.org

    All rights reserved.

    No part of this book may be reproduced in any form or by any electronic or mechanical means including information storage and retrieval systems, without permission in writing from the author. The only exception is by a reviewer, who may quote short excerpts in a review.

    This is a work of fiction. The names and the characters are fictional. Any resemblance to living or dead individual is purely coincidental.

    ISBN 978-1-310-9834-4-3

    Sugli Dei e il Mondo

    Queste cose non sono mai successe, ma sono sempre vere.

    Sallustio

    Deorum naturae neque factae sunt; quae enim semper sunt, numquam fiunt: semper vero sunt.

    L’Autore

    Massimo Marino ha una solida esperienza in campo scientifico. Dopo anni dedicati alla ricerca fondamentale in Fisica delle Particelle ai laboratori del CERN, in Svizzera, e poi al Lawrence Berkeley Lab, in California, ha proseguito il suo percorso professionale con posizioni direttive alla Apple, Inc., e al World Economic Forum.

    Attualmente, Massimo vive in Francia e attraversa il confine con la Svizzera ogni giorno.

    L’edizione in Inglese del primo volume della Trilogia, Daimones, ha vinto il premio 2012 PRG Award Reviewers' Choice in Fantascienza, e ricevuto il riconoscimento Seal of Excellence in Quality Writing dalle associazioni Awesome Indies (awesomeindies.net) e indiePENdents.org .

    Nel Settembre 2013 Daimones ha vinto il premio Hall of Fame - Best in Science Fiction Award, dal Quality Reads UK Book Club.

    Con l’edizione inglese del volume 2, Once Humans, i romanzi ricevono il premio 2013 PRG Reviewer's Choice Award Best per migliore Serie in Fantascienza, e Once Humans viene premiato nella categoria Fantascienza all’edizione 2014 Readers’ Favorite International Book Awards in occasione del Miami International Book Fair negli USA.

    Attualmente disponibile solo in edizione Inglese, il secondo volume, Once Humans, comincia sette anni dopo gli eventi in Daimones.

    The Rise of the Phoenix, volume 3, narra gli eventi che conducono a un nuovo ordine distopico in una società galattica dominata dalla nuova, transgenica razza umana.

    Per ulteriori dettagli:

    http://ch.linkedin.com/in/massimomarino

    Twitter:

    https://twitter.com/Massim0Marin0

    Facebook:

    http://www.facebook.com/massimo.marino.750546

    http://www.facebook.com/MassimoMarinoAuthor

    Sito Web dell’Autore:

    http://massimomarinoauthor.com

    INDICE

    Prologo

    Parte 1 – L’epurazione

    Le Notizie

    L’Alba

    Soli?

    Parte 2 – Abitudini

    Città Fantasma

    Perlustrazioni

    Altri?

    Il Clic

    Parte 3 – Epifania

    I Punti Si Uniscono

    Laura

    Il CERN

    Adattarsi

    Parte 4 – Nuovi Percorsi

    Daimones

    Umani

    Prologo

    Segnali di pericolo

    Un numero incalcolabile di animali è morto di recente in circostanze misteriose. Migliaia di uccelli sono stati trovati senza vita nel sud degli Stati Uniti, mentre più di centomila pesci sono morti in Arkansas. Il TIME sta cercando di fare luce su questo strano fenomeno, che rimane ancora senza spiegazione.

    Altre notizie:

    Nel primo fine settimana del 2001, migliaia di merli dalle ali rosse sono precipitati, morti in volo. Due giorni dopo, altri 500 merli sono stati trovati privi di vita in Louisiana.

    Marzo 2011. Circa 1200 pinguini trovati morti in una spiaggia isolata nel sud del Cile.

    Aprile 2011. Nella stessa zona, milioni di sardine morte sono state trascinate dalle correnti sulla spiaggia. Nel nord del Cile, migliaia di rarissimi fenicotteri delle Ande hanno abbandonato i nidi lasciando, senza difesa, migliaia di uova fecondate. Nessuno sa dire con certezza perché questi animali siano, in seguito, morti.

    "Aprile 2011. Secondo Francisco Nique, presidente dell’Associazione dei Pescatori di Puerto Eten, nel giro di dieci giorni sono stati trovati i corpi di 1200 pellicani lungo i 160 chilometri di costa tra Punta Negra, in Piura, e il torrente di San Jose in Lambayeque. Perù 21 Press."

    "Ottobre 2011. Migliaia di carcasse di oche morte sulla spiaggia di Wasaga Beach, Canada. The Star."

    "Gennaio 2012. La morte in massa delle aringhe rimane un mistero per il governo norvegese; gli abitanti del comune di Nordreisa non hanno risposta dalle autorità per le venti tonnellate di pesci spiaggiati sul proprio litorale. The Guardian."

    "Maggio 2012. Potrebbe arrivare a centomila il numero di pesci trovati morti in tre torrenti del Maryland. Baltimore Sun."

    "Maggio 2012. Nel corso di una settimana, migliaia di tilapie del Mozambico sono state trovate prive di vita. Gli esperti danno la colpa ad agenti inquinanti presenti nel fiume. Il paradosso è che si tratta di una delle specie più resistenti al mondo, nota per essere capace di sopravvivere anche in condizioni ambientali molto ostili. Pune Mirror."

    "Maggio 2012. I corpi di almeno 2300 uccelli sono stati rinvenuti in Cile lungo le spiagge tra Cartagena e Playa de Santo Domingo. CNN International."

    "Maggio 2012. Il governo peruviano ha divulgato la notizia che 5000 uccelli, per lo più pellicani, e 900 delfini sono stati trovati morti sulle coste settentrionali del Paese, forse a causa dell’innalzamento delle temperature delle acque del Pacifico. Gli scienziati cercano ora di individuare le cause di questa improvvisa moria. AFP."

    Gli avvenimenti avevano allarmato biologi e ambientalisti di tutto il mondo. Gli uccelli precipitavano dal cielo come folgorati, e cadaveri di pesci in decomposizione venivano trascinati lungo fiumi e mari di tutto il pianeta, ma l’opinione pubblica sembrava avere altro per la testa. Le fonti d’informazione tradizionali continuavano a porre l’attenzione sulla crisi economica, sugli scandali finanziari capaci di coinvolgere anche i grandi istituti di credito, sul pericolo di collasso economico di molti Paesi dell’Eurozona, oppure sui fatti che interessavano il Medio Oriente, come la primavera araba o la guerra al terrorismo.

    Perché preoccuparsi della moria di pesci e uccelli? In fondo, non ne muoiono ogni giorno? Si trattava della classica notizia marginale, buona solo per riempire qualche spazio nelle pagine interne dei quotidiani o per una breve interruzione al ripetitivo scorrere delle solite notizie sulle televisioni locali: ecco un evento assurdo, avanti con la prossima notizia.

    Chiunque provasse a parlare in modo serio di questi avvenimenti – alla ricerca di un filo conduttore – veniva considerato un mezzo pazzo, uno di quelli che vedono cospirazioni dappertutto. La gente reagiva con un’alzata di spalle, quasi si trattasse di una delle tante stranezze della natura di fronte alle quali non si può fare nulla. Qualcuno arrivava anche al punto di accusare biologi e ricercatori naturalisti di approfittare della situazione per racimolare ulteriori fondi per i loro progetti di ricerca.

    In ogni caso, migliaia di uccelli e tonnellate di pesci venivano trovati senza vita, senza alcuna spiegazione plausibile. Cosa vuoi che sia? si sentiva ripetere, Non sta mica venendo giù il cielo. In effetti, a venire giù non era il cielo ma esseri alati che fino a quel momento avevano goduto di ottima salute. Eppure ne erano caduti così tanti... ma in fin dei conti erano solo uccelli, no?

    L’allarme era chiaro, si vedeva in maniera netta che si trattava di eventi anomali. Le prime indagini portarono alla luce il fatto che qualcosa d’innaturale avesse colpito gli animali: per quanto gli organi principali si presentassero intatti, le autopsie rinvennero danni ai tessuti dell’area toracica, coaguli di sangue nel corpo, e gravi emorragie interne.

    I forti traumi avevano portato a emorragia e morte senza che vi fosse alcun segno di malattie infettive o croniche. Migliaia di animali della stessa specie avevano subito una fine violenta, allo stesso tempo, in varie parti del globo, senza una spiegazione apparente. Sarebbero stato logico avviare fin da subito indagini approfondite, ma nessuno si prese la responsabilità di farlo. Alcuni veterinari comunali cercarono di trovare a tutti i costi delle motivazioni plausibili. Però, i risultati dei test diffusi a mezzo stampa dal Laboratorio Diagnostico Veterinario della Commissione Bestiame e Pollame indicavano che gli uccelli erano morti per collasso. Una spiegazione generica che non dava conto dei motivi per cui i traumi interni si erano verificati.

    Il fenomeno fu invece seguito con interesse su Internet dove furono elaborate diverse teorie. Blog e forum si riempirono di congetture che tiravano in causa sionisti, fascisti, sostenitori del Falun Gong, e alieni del pianeta Zark. Le teorie complottiste, però, impedirono lo svolgimento di rilievi scientifici seri: quale scienziato avrebbe mai accettato di essere associato a un manipolo di lunatici che si proteggono il cervello con un cappello di carta stagnola?

    Rappresentanti delle autorità rilasciarono dichiarazioni in cui si scaricava la colpa su fatti pretestuosi come fuochi d’artificio, esalazioni nocive, condizioni climatiche avverse, fino a tirare in ballo le fantomatiche scie chimiche rilasciate dagli aerei di linea, o i boom sonici: Abbiamo ricevuto informazioni dalla popolazione locale, riporta il The Local, un sito svedese di news. La nostra teoria è che la notte scorsa gli uccelli si siano spaventati per via dei fuochi d’artificio, siano finiti sulla strada in stato confusionale quindi, incapaci di riprendere il volo, siano stati colpiti dalle auto in transito. Questa la spiegazione data da un rappresentante delle forze dell’ordine. La notizia era stata confermata anche da un’emittente radiofonica, la Sveriges Radio Skaraborg, che aveva specificato che gli uccelli erano stati trovati lungo le strade di Falköping, a sud-est di Skövde e che gli animali, in qualche modo, dovevano avere avuto difficoltà a orientarsi nel buio, cosa che, di per sé, sarebbe già una notizia.

    Nessuno, invece, parlava più di tanto dei pesci, per esempio dei due milioni morti nella baia di Chesapeake, o dei pesci tamburo morti lungo trenta chilometri sul fiume Arkansas.

    La gente aveva cose ben più importanti con cui fare i conti. Il mondo stava affrontando un periodo di grandi incertezze e profondi cambiamenti stavano rivoluzionando la vita di tutti. Il terrorismo internazionale impediva di rendersi conto che qualcosa di strano stesse accadendo. In quei giorni le persone pensavano ad altro, si chiedevano se sarebbero state loro le prossime vittime di un attacco terroristico o di qualche azione di rappresaglia.

    Cosa importava se qualche animale di troppo stava morendo quando non si era neanche sicuri che alla sera i propri cari sarebbero rientrati a casa sani e salvi? L’umanità aveva perso ciò che la rendeva speciale: la capacità di collegare i fatti. Eravamo la specie sapiens sulla terra, la specie abbastanza intelligente da potere unire tutti i punti, non importa quanto lontani tra loro. Avremmo dovuto fare il nostro lavoro: unirli. Ma eravamo troppo occupati, o troppo preoccupati da altre cose per fare la sola domanda importante: Cosa diavolo sta succedendo?.

    I segnali di pericolo che la natura ci mostrava non vennero notati, e così gli animali continuarono a morire. A migliaia. A milioni. Mentre noi seguitavamo a portare avanti le nostre vite. Le nostre solite vite.

    Parte 1 - L’epurazione

    L’ultimo giorno

    Nessun indizio lasciava presagire che quello fosse l’ultimo giorno. Era un lunedì mattina, troppo caldo e soleggiato per essere inizio Febbraio. Il tempo era stato clemente anche durante il weekend, molto più caldo di quanto ci si sarebbe aspettato in inverno.

    Mia moglie se ne lamentava, preoccupata per le piante e per il giardino.

    Guarda, mi aveva detto Mary, si sta risvegliando tutto. Hai visto i germogli sul glicine? Il gelo tornerà e brucerà tutto. Vedrai...

    Sembrava di essere in primavera. A me piaceva.

    L’inverno era stato rigido, con temperature quasi sempre sotto lo zero. Uscire di casa e portare mia figlia a scuola prima di andare al lavoro era una vera prova di forza, soprattutto quando per noi la giornata iniziava alle sei, e fuori era ancora notte.

    Vado a letto ed è buio. Mi sveglio, ed è ancora buio! Quanto mi secca! rispondevo a Mary ogni volta che mi chiedeva Cosa c’è, cucciolotto? Ti vedo pensieroso.

    Mi chiamava ancora così, cucciolotto, anche se erano passati anni da quando eravamo due fidanzatini di liceo e io ero il quarterback nella squadra della scuola.

    Grazie a Dio non aveva mai usato cucciolotto in pubblico. Nessuno protegge un quarterback cucciolotto, o si fa in quattro per ricevere i suoi lanci. Senza contare gli sberleffi che avrei ricevuto dai compagni di squadra!

    Mary aveva appena compiuto sedici anni quando la incontrai la prima volta. Anche dopo trentadue anni passati insieme – una figlia di dodici e una vita spesa in tre nazioni diverse – qualcosa dei giovani amanti era ancora vivo. Era facile tenere il conto del tempo trascorso insieme: dieci anni da fidanzati, dieci di matrimonio, e poi l’arrivo della nostra prima e unica figlia. Totale? Vent’anni più l’età della bambina.

    Arrivato al lavoro, aspettai come al solito che si aprisse il cancello d’ingresso. Il cancello era costituito da una grossa lastra di metallo. Accanto, c’era un posto di guardia: una massiccia costruzione in calcestruzzo con i vetri oscurati e le mura nere. Lo scivolare lento del cancello mi ricordava sempre che questo luogo era inaccessibile per i comuni mortali.

    Non riuscivo mai a capire se al posto di controllo ci fosse qualcuno o meno. Le prime volte mi domandavo se fosse necessario fare un piccolo cenno di saluto a una guardia invisibile. Poi, mi limitavo a entrare, era diventato normale oltrepassare quel sottile confine che divide quelli che stanno dentro dal resto del mondo.

    Mi diressi verso il garage sotterraneo. Prima di entrare nel parcheggio era necessario superare un’altra barriera, dovevo mostrare il badge e attendere la luce verde di autorizzazione. Scesi lentamente la rampa, dando alla saracinesca il tempo necessario per aprirsi senza costringermi poi ad aspettare. Con gli anni, la sincronizzazione tra me e il meccanismo d’apertura era diventata impeccabile.

    All’interno del garage si andava a passo d’uomo. Il mio posto era nell’ultima fila, così ebbi tutto il tempo per rendermi conto che qualcosa lo occupava. Inchiodai di colpo. Non ci potevo credere. Alzai la mano e colpii il volante per il nervoso. Due casse di legno mi impedivano la manovra.

    Il parcheggio sotterraneo serviva anche come magazzino per il Dipartimento Pubblicazioni. Nella parte centrale, alcuni posti auto erano stati eliminati per far spazio ai container in cui erano raccolte le consegne in arrivo e le casse con le pubblicazioni pronte per essere spedite.

    In realtà, nessuno pensava che fosse una soluzione efficiente. A volte, per passare, bisognava attendere che le operazioni di carico e scarico terminassero. Un’attesa breve ma frustrante, soprattutto quando c’era in ballo qualche riunione importante. Per il momento, tutti i reclami inoltrati al dipartimento delle Risorse Umane e a quello della Logistica non avevano prodotto alcun risultato. Adesso ci mancava anche quello.

    Uscii dall’auto per vedere se ci fosse qualche magazziniere nei paraggi. Il garage era mezzo vuoto. Le casse erano vuote. Avrei potuto spostarle da solo, tanto nessuno mi avrebbe visto. E comunque dovevo solo spostarle di poco, non c’era davvero il rischio di farsi male o di strappare il vestito.

    Nonostante non mi allenassi più da tempo, il mio corpo godeva ancora dei vantaggi di aver praticato per anni – per quanto a livello semiprofessionistico – il football americano. Alla fine, ci misi solo pochi secondi e senza versare neppure una goccia di sudore. Parcheggiai.

    Strano. Una cosa del genere non sarebbe dovuta succedere; i magazzinieri avevano una lista dei posti non assegnati che potevano usare in caso di necessità.

    M’incamminai verso il terzo controllo di sicurezza, badge alla mano, pronto a digitare sul tastierino il codice del mese. Occhi invisibili controllavano e registravano ogni giorno gli ingressi e le uscite. Le porte in vetro antiproiettile si aprirono e mi accolsero nella zona di interdizione, una stanza con pareti di cemento e un piccolo quadrato rosso sul pavimento.

    La procedura richiedeva di stare fermi sul quadrato mentre qualcosa, o qualcuno, controllava le credenziali d’ingresso. Odiavo quest’ultimo passaggio. Dopo tutti i controlli superati, non mi ero già guadagnato il diritto di entrare? Che cosa dovevano controllare ancora?

    Stavo quasi per tirare fuori l’episodio delle casse con la sicurezza, ma mi fermai in tempo. Sapevo che avrei dovuto parlarne con il Team Accoglienza: erano loro che si occupavano della logistica e di altre faccende noiose.

    Tra l’altro, se mi fossi mosso troppo durante la scansione, la porta di vetro dietro di me si sarebbe riaperta, e io avrei dovuto ricominciare l’intera procedura, magari anche sopportare la ramanzina della guardia per la perdita di tempo, del suo!

    Rimasi immobile per quanto potevo... e aspettai. Ci volle qualche secondo in più del solito, ma infine comparve la luce verde, le porte di accesso scorsero di lato e entrai.

    Dall’ingresso del livello del parcheggio si accedeva a un corridoio costeggiato da divani allineati lungo muri grigi. La parete di fondo era una gigantesca lastra di vetro che si estendeva per tutta l’altezza del palazzo e offriva una vista incredibile sul Lago Lemano. Anche sulle residenze di quegli svizzeri e stranieri ricchi abbastanza da godersi quello scenario direttamente dalle loro tenute. Da lì, la vista era sempre magnifica, soprattutto nei giorni di sole.

    Dopo un ultimo sguardo alla splendida giornata, mi diressi giù per le scale verso la mia postazione, un piano sotto. L’intera organizzazione credeva nel potere della piena visibilità per cui, per favorire la collaborazione e la comunicazione tra il personale, non aveva uffici. Solo open space, spazi enormi riempiti con ampie postazioni alla vista di tutti.

    Niente cubicoli, in stile nordamericano, ma spazi condivisi tra postazioni sistemate in isole da quattro. Pur non potendo vedere cosa stessero facendo con esattezza i colleghi, era possibile scambiarsi uno sguardo; ognuno era seduto in modo tale da poter essere osservato da tutti gli altri. Difficile stabilire se questo sogno dell’architetto abbia mai giovato alla collaborazione tra i dipendenti. Ad essere sinceri, l’ho sempre dubitato.

    Entrando nella hall, detti una sbirciata per vedere se Rose, la mia amica e collaboratrice di più alto livello, fosse già arrivata. Avevamo un rito tutto nostro da rispettare: il cappuccino della mattina.

    Ciao, Rose. Come va?

    Come sempre. I ragazzi della Microsoft dicono che saranno in grado di finire in tempo.

    Bene, ottimo inizio di giornata. Cappuccino?

    Dirigevo i lavori per un’importante piattaforma di collaborazione ad altissima sicurezza, con incluse tutte le più recenti soluzioni tecnologiche, videoconferenza e connessioni criptate tra i membri sparsi per il mondo per portare a termine loro varie iniziative.

    Sul nostro sistema venivano affrontate questioni riservate, e per questo adottavamo una politica di totale confidenzialità. Sono sicuro che giornalisti e altri curiosi avrebbero origliato molto volentieri, ad esempio le concertazioni in segreto tra la Lega Araba e gli Americani.

    Tutto il necessario per mantenere e migliorare la piattaforma era richiesto ‘per il giorno prima’ e il top management non badava mai ai costi né considerava gli sforzi sostenuti come eccessivi. La pressione era costante, le critiche sempre in abbondanza, e le congratulazioni molto rare. Il classico lavoro impegnativo e con poche gratificazioni che chiunque sano di mente avrebbe evitato. Come diavolo fossi finito in una trappola del genere lo devo ancora capire. Comunque, in quanto unico direttore che era stato capace di governare l’ingovernabile, malgrado tutto, fummo in grado di rilasciare una piattaforma operativa entro la scadenza prefissata.

    Qualche postazione più in là sedeva un consulente americano, imposto al team per velocizzare il progetto e risolvere ogni scenario possibile automagicamente. Controllava le sue email senza mostrare alcun interesse per le nostre conversazioni o i nostri piani. Conosceva bene solo una cosa e continuava a spacciarla come la panacea di ogni disguido informatico: un framework – e neanche tra i migliori - per creare siti internet. Lo vendeva in giro neanche fosse il Sacro Graal.

    Non si dimostrò poi tanto sacro per noi; piuttosto, fu causa di problemi e innumerevoli discussioni durante i mesi precedenti. Tempo e denaro gettati al vento. In qualche modo, il consulente si era assicurato l’attenzione incondizionata dei piani alti: nonostante la mancanza di prototipi funzionanti, per non parlare del fallimento di tutti i test e del mancato rispetto delle scadenze, era riuscito a imporre il suo modello. Un vero e proprio spin doctor, il migliore oserei dire. Una cosa del genere non sarebbe mai accaduta se fossimo stati un ente a scopo di lucro, dove ogni singolo centesimo pesa.

    Se sei un martello, ogni problema ti sembra un chiodo, scherzavamo. Tra di noi lo chiamavamo però ‘il cacciavite’. Con la stessa analogia, ci dovevamo confrontare con chiodi tenaci, per cui avevamo bisogno di un martello bello grosso. I cacciavite non si adattano bene ai chiodi, ma lui voleva che intagliassimo una fessura sulla testa di ogni chiodo. Ha senso? Certo che no. Continuava a trascurare dettagli fondamentali del progetto, cose tipo ‘i chiodi non hanno filettatura’. Secondo noi, la visione e le soluzioni che proponeva erano semplicistiche. Ma c’erano altre forze in gioco, per cui il nostro giudizio contava poco.

    Quando tornammo dal nostro cappuccino, il consulente - anche se ormai era stato formalmente assunto si comportava ancora come tale - aveva lasciato il suo posto per chissà quale destinazione. Di sicuro era impegnato a influenzare le opinioni di colleghi e a sfruttare qualche nuova occasione per ottenere supporto in più: il tutto a modo suo, penetrando proprio come un cacciavite nella testa delle persone.

    Il cellulare suonò in quel momento. "É tempo d’iniziare a lavorare, pensai. Era un messaggio dal direttore delle Risorse Umane: Dan, hai ricevuto il nostro invito per la riunione?"

    Il nostro invito? A chi si riferiva? Controllai i dettagli, avrei dovuto essere nella sala del Consiglio di Amministrazione in cinque minuti, con lui e il ‘cacciavite’.

    Rose, sono appena stato convocato per una riunione urgente con Carl e Brad. Se non dovessi tornare, le dissi, scherzando ma non troppo, ti va di mettere tutta la mia roba in una scatola?

    Rose mi guardò con un’espressione preoccupata. Avevamo avuto discussioni su discussioni sulla situazione insostenibile che affrontavamo. L’intero team, fatto di dodici persone e che una alla volta stavano arrivando in quel momento in ufficio, si era immaginato ogni scappatoia: cambiare gruppo, progetto, chiedere trasferimenti, finanche le dimissioni. E tutti si aspettavano che io riuscissi a trovare il modo per evitare il peggio.

    Salii le scale fino al livello della sala del CdA, pensando a quale sarebbe stata la mia reazione se fossi stato messo alla porta. Nelle riunioni con i pezzi grossi dell’organizzazione avevo spiegato in dettaglio come stavamo perdendo tempo e soldi. Invece, ricevetti l’ordine di interrompere il nostro progetto in fase già avanzata a favore di una chimera che si mostrava già fallimentare. Era la solita chimera: una soluzione rapida, con un budget minimo e con funzionalità addirittura eccedenti. Ma erano solo promesse. Il Sacro Graal, appunto. Una vera seccatura.

    Purtroppo, il Graal non esiste né in informatica né in qualsiasi altro campo, e non mi ero reso conto di quanto fosse potente il sostegno esterno di cui godeva il nuovo arrivato.

    Entrai senza bussare. La stanza era larga e rettangolare, con pannelli in legno dal pavimento al soffitto. Un maestoso tavolo ovale troneggiava nel mezzo, capace di far sedere trenta persone su poltrone in pelle della più alta qualità. Schermi ad alta risoluzione disposti sulle due pareti lunghe consentivano videoconferenze con tutto il mondo. Il lato che si affacciava al lago mostrava il grandioso panorama. L’organizzazione aveva a che fare con personaggi influenti abituati al lusso, e il bisogno di impressionarli faceva parte del modo di condurre gli affari.

    Carl e Brad erano già seduti. Carl mi salutò per primo. Grazie per essere venuto, Dan. Prego, accomodati.

    Ciao Carl... Brad. Guardandoli, non ebbi più dubbi sul perché di quella riunione così presto. Immaginavo la risposta, ma chiesi comunque. C’è qualcun altro che deve venire?

    No, siamo solo noi tre, disse Carl, e permettimi di arrivare dritto al punto.

    Lo interruppi. Brad è qui, quindi penso di sapere già il perché di questa riunione. Io e Brad la pensiamo in maniera diversa sia nel metodo sia nel merito degli obiettivi da perseguire, guardai Carl negli occhi. Mi sorprende che questa riunione sia stata organizzata proprio dopo gli ultimi test falliti dalla soluzione da lui proposta.

    Non rivolsi neppure uno sguardo a Brad. Mi preoccupavo solo di Carl, con il quale avevo già avuto uno scambio sincero di opinioni su tutta questa storia.

    Carl m’ignorò, e iniziò a parlare di come tutto nell’organizzazione dovesse funzionare come un orologio svizzero. Tutti gli ingranaggi devono girare in perfetta sincronia. Sei stato un ottimo elemento fino a questo momento, ma ora giri ‘fuorifase’.

    Un’analogia abusata e in contrasto con la realtà: l’orologio funzionava prima di assumere l’aiuto, e Carl stava buttando il bambino insieme all’acqua sporca. Scossi la testa, sembrava che stesse recitando a memoria una lezione dello spin doctor. Continuava a parlare, senza convincere nessuno, senza esserne nemmeno convinto lui stesso. Poi, giunse dritto al punto.

    Il CdA ha deciso di interrompere il rapporto di lavoro con te. Il tuo ultimo giorno sarà ufficialmente il 31 Maggio, secondo i requisiti legali descritti nel manuale di gestione del personale. Per darti il tempo necessario a pianificare il tuo futuro, abbiamo deciso di svincolarti da ogni obbligo di lavoro sin da oggi. Questo non ha alcun effetto sul tuo diritto di percepire lo stipendio fino al 31 Maggio, comprensivo della tredicesima ripartita e delle ferie non usufruite. Troverai qui maggior dettagli. Mi diede una busta che presi senza guardarla. Sorrisi.

    Da un certo punto di vista, mi sentii sollevato. In fin dei conti, tutti quei mesi erano stati una lotta contro i mulini a vento. Il problema non era mirare a una piattaforma migliore, qualcuno voleva conquistare posizioni nella lotta di potere che era iniziata nei mesi precedenti. Il direttore operativo era stato costretto ad andarsene appena qualche settimana prima. Ero il suo braccio destro in molte iniziative, oltre a quelle che guidavo in prima persona. Dovevo essere diventato un impedimento per qualcuno avendo rifiutato, per così dire, di cospargere di profumo un maiale.

    Carl inarcò le sopracciglia e si accarezzò il mento. Sulle labbra gli comparve un mezzo sorriso. Stai reagendo meglio di quanto pensassi. Stamattina ho provato a immaginare come sarebbe andata, e niente si avvicina lontanamente a questo. Ne sembri… soddisfatto?

    Senti, Carl…, nessuno prestava attenzione a Brad, il quale continuava a guardarci parlare come se non fosse nella stanza o non avesse niente da dire. Più probabile la seconda ipotesi.

    Sappiamo entrambi cosa sta succedendo qui. Ne abbiamo parlato milioni di volte.

    Serrai la mandibola e afferrai i lati della sedia, resistendo al desiderio di alzarmi. Sospirai e mi rilassai. "Noi, no, voi state buttando al vento un sacco di risorse. Non sto qui a descriverti quanto sia stato difficile avere a che fare con questa follia. Ma non é più un mio problema da adesso, e questo è un sollievo, credimi."

    La riunione era, per forza di cose, giunta alla fine. Non c’era bisogno di dirci altro. Brad lasciò la stanza senza dire una parola, mentre io e Carl restammo seduti. Da soli, Carl assunse un tono più personale. Cosa farai adesso, Dan?

    Me ne andrò a casa, mi rilasserò, e mi curerò il reflusso gastrico che mi tormenta dagli ultimi mesi. Sbuffai. "Ricordati questo, però, al prossimo Global Meeting non ci sarà alcuna piattaforma da mostrare. La nostra, de facto, sarà stata spazzata via da tempo, e quella nuova verrà riciclata per fare qualcos’altro di meno ambizioso." Sospirai a

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