Pronto, Omar?
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Anteprima del libro
Pronto, Omar? - Enzo Ciaraffa
copertina
Pronto, Omar?
prove tecniche di dialogo
Non vi può essere nulla di contrario
alla ragione in una vera religione
(J. Locke)
prefazione
Prefazione
L’Occidente non è riuscito a elaborare una strategia condivisa per sbarrare il passo all’Islam fondamentalista, preferendo pencolare tra l’arrendevolezza e l’opzione militare: il classico comportamento di chi non sa come confrontarsi con un problema ma, soprattutto, con una civiltà diversa dalla propria. Barack Obama, ad esempio, subito dopo avere teso la mano all’Islam e avere ottenuto per questo il Nobel per la pace, minacciò di guerra un Paese islamico, lo Yemen, colpevole di ospitare basi talebane. Questo altalenare di atteggiamenti, però, non migliora la percezione che ognuno ha dell’altro, anche perché grazie ai media sappiamo quante mosche ha ucciso in diretta televisiva Obama, quante piante di cetrioli ha seminato sua moglie nel giardino della Casa Bianca ma niente di quell’universo che fonda i propri convincimenti religiosi ed etici sul Corano: il gossip riguardante i potenti tira
di più,evidentemente. Per quanto mi riguarda, m’iscrivo convintamente tra coloro i quali ritengono che, per confrontarsi utilmente con una religione che disegna un sistema di vita interiore non molto diverso dal nostro, bisogni sforzarsi di conoscerne le origini, le tradizioni, i miti e perfino il linguaggio. E’ stato per questa ragione che sono andato a tirar fuori dai cassetti alcuni miei appunti piuttosto datati e a dare una scorsa ai 6.219 versetti del Corano tradotto in lingua italiana: non sono riuscito a compenetrarli tutti ma ci ho provato con il rispetto che si deve a qualsiasi libro sacro. E’, infatti, dalla conoscenza del libro sacro dell’Islam che dobbiamo partire noi occidentali per capire da quale punto in poi è possibile una coesistenza con chi spesso, ci considera degli Shaitan, Satana, perché non ci capisce, non ci conosce e noi non conosciamo loro. E’ stato proprio per capire
, dunque, che ho messo insieme queste paginette senza pretese, affidandomi a una disamina che fosse immune da preconcetti, ma anche da acritica compiacenza. Ciò, naturalmente, non rende il lavoro esente da errori, né lo mette al riparo da attacchi e critiche. Già prevedo, infatti, l’insofferenza di quei politici che s’illudono di potere risolvere il problema dei rapporti con l’Islam facendo finta che essi non esistono, o il disgusto degli islamisti per la mia scarsa conoscenza della loro religione. Ma una religione, pur riguardante dei valori che si trovano molto di sopra agli uomini, finisce col condizionarne la vita terrena, perciò un giornalista è portato a inquadrarla con un’ottica immanente, storicistica se vogliamo, a detrimento inevitabile della sua dimensione spirituale. E poi, quant’anche fossero tanti gli errori contenuti nel mio lavoro, confido che essi non abbiano vanificato l’intenzione di fornire ai lettori una sorta di prontuario che li aiuti a orientarsi nel mondo di una religione complessa. E’ per questa ragione, in fondo, che il libro è stato titolato con la classica frase che pronunciamo quando telefoniamo a una persona con cui vogliamo parlare. Dialogare.
E.C.
Capitolo 1
La Betlemme dell’Islam, la Mecca del tempo di Maometto, era un centro di scambio, dove confluiva il commercio carovaniero tra l’Arabia e la Siria e, perciò, vi transitava una moltitudine di persone appartenenti a civiltà e culti diversi, dei quali il Profeta poté elaborare una sintesi: fu per questa ragione che molti elementi di derivazione ebraica e del primo cristianesimo li ritroviamo nel Corano. Senza volerne mettere in dubbio l’autenticità della sua percezione religiosa, è verosimile che sul modo di intendere la Rivelazione Divina da parte di Maometto abbia influito anche il sincretismo manicheo, quello del profeta e filosofo a nome Mani, il quale nel III secolo d.C., tentò un’impossibile sintesi dell’ebraismo, del cristianesimo e del buddismo, tentativo che per poco non gli costò la vita. Anche la predicazione del Corano, che non era tenero con i profittatori e gli egoisti, mise in pericolo la vita di Maometto perché lo pose in rotta di collisione con i potenti monopolisti dei traffici commerciali della Mecca, i quali lo costrinsero a scappare e trincerarsi nella città di Medina dove la vita del Profeta non fu più in pericolo, ma non per questo divenne più facile stante gli attacchi che gli ebrei muovevano alla sua affidabilità accusandolo di essere un manipolatore dei testi biblici. Fu a quel punto che il Profeta, dapprima conciliante, imboccò la strada della totale contrapposizione all’Ebraismo e, di conseguenza, al Cristianesimo, sostenendo che quella da lui predicata era la vera religione di Abramo e che a manipolarla erano stati, invece, ebrei e cristiani. Richiamandosi al patriarca capostipite di Israele, Maometto intese assicurare una paternità autorevole al nuovo credo religioso, oltre che agganciarsi a un monoteista che come lui aveva respinto e combattuto l’idolatria: «Egli fu un credente e non un idolatra - (Corano, II, 135)». Il contrasto con gli ebrei era destinato ad acuirsi fino al punto che Maometto deciderà di modificare perfino quei rituali che le due religioni avevano in comune. Infatti, mentre in un primo momento aveva stabilito che i suoi seguaci dovessero volgere il viso a Gerusalemme durante la preghiera (qibla), come usavano fare gli ebrei, in seguito cambiò questo rituale per dispregio di quelli che, ormai, erano divenuti i «maledetti da Dio!».Ogni religione ha bisogno di un sancta sanctorum e per questa ragione il Profeta scelse la Ka’Aba della Mecca, per elevarla a centralizzante luogo di culto dell’Islam e per dare ai suoi seguaci l’equivalente del Tempio di Gerusalemme degli ebrei o,