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Incrocio con Nibiru - Le avventure di Azakis e Petri
Incrocio con Nibiru - Le avventure di Azakis e Petri
Incrocio con Nibiru - Le avventure di Azakis e Petri
E-book373 pagine4 ore

Incrocio con Nibiru - Le avventure di Azakis e Petri

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Info su questo ebook

Una catastrofe di dimensioni bibliche sta per abbattersi sul nostro pianeta. Stavolta però i terrestri non saranno da soli. Al loro fianco si schiereranno alcuni abitanti del pianeta Nibiru che, mettendo a repentaglio le loro stesse vite, cercheranno di opporsi alle terribili forze della natura che stanno per scatenarsi.

In questo secondo episodio della serie "Le avventure di Azakis e Petri" i nostri due simpatici alieni dovranno ricorrere a tutta la loro esperienza e alla loro incredibile tecnologia per cercare di scongiurare l'evento già drammaticamente preannunciato nell'episodio precedente intitolato "Il Ritorno".

Colpi di scena, rivelazioni e riletture di avvenimenti e vicende storiche terranno il lettore con il fiato sospeso fino all'ultima riga del romanzo.

Per la versione cartacea http://libri.tektime.it
LinguaItaliano
Data di uscita12 feb 2015
ISBN9786050356809
Incrocio con Nibiru - Le avventure di Azakis e Petri

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    Anteprima del libro

    Incrocio con Nibiru - Le avventure di Azakis e Petri - Danilo Clementoni

    Danilo Clementoni

    Incrocio con Nibiru

    Le avventure di Azakis e Petri

    Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e organizza­zioni citati sono frutto dell'immaginazione dell'autore e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti o persone reali, vive o defunte è assolutamente casuale.

    INCROCIO CON NIBIRU

    Copyright © 2015 Danilo Clementoni

    I edizione: febbraio 2015

    Edito e stampato in proprio

    facebook: www.facebook.com/incrocioconnibiru

    blog: dclementoni.blogspot.it

    e-mail: d.clementoni@gmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico ed elettronico, senza autorizzazione scritta preventiva dell'Editore, fatta eccezione per brevi passaggi a scopo di recensione.

    Questo è il secondo volume della serie

    Le avventure di Azakis e Petri

    Allo scopo di godere appieno di questa avvincente avventura, prima di iniziare la lettura di questo romanzo, suggerirei di prendere visione del primo volume intitolato

    Il ritorno

    (N.d.A.)

    A mia moglie e a mio figlio per la pazienza che hanno avuto nei miei confronti e per tutti i preziosi suggerimenti che mi hanno dato, contribuendo a rendere migliore sia me che questo romanzo.

    Un ringraziamento particolare a tutti i miei amici che mi hanno continuamente confortato e spronato ad andare avanti nel completamento di questo lavoro che forse, senza di loro, non avrebbe mai visto la luce.

    Introduzione

    Il dodicesimo pianeta, Nibiru (il pianeta del passaggio) così come fu chiamato dai Sumeri o Marduk (il re dei cieli) come fu ribattezzato dai Babilonesi, è in realtà un corpo celeste che orbita intorno al nostro sole con un periodo di 3.600 anni. La sua orbita è notevolmente ellittica, retrograda (ruota intorno al sole in senso opposto a tutti gli altri pianeti) ed è molto inclinata rispetto al piano del nostro sistema solare.

    Ogni suo ciclico avvicinamento ha quasi sempre provocato immani sconvolgimenti interplanetari nel nostro sistema solare sia nelle orbite, che nella conformazione stessa dei pianeti che ne facevano parte. In particolare, fu proprio in uno dei suoi più tumultuosi passaggi che il maestoso pianeta Tiamat, collocato fra Marte e Giove, con una massa di circa nove volte quella dell'attuale Terra, ricco di acque e dotato di ben undici satelliti, fu devastato da un epico scontro. Una delle sette lune orbitanti attorno a Nibiru colpì il gigantesco Tiamat spaccandolo praticamente a metà e costringendo i due tronconi a spostarsi su orbite diverse. Nel passaggio successivo (il secondo giorno della Genesi), i rimanenti satelliti di Nibiru completarono l'opera, distruggendo completamente una delle due parti formatesi nel primo scontro. I detriti generati dai molteplici impatti in parte crearono quella che oggi conosciamo come la fascia degli asteroidi o Braccialetto Martellato così come veniva chiamato dai Sumeri ed in parte furono inglobati dai pianeti vicini. In special modo, fu Giove a catturare la maggior parte dei detriti, accrescendo così in modo notevole la propria massa.

    I satelliti artefici del disastro, inclusi quelli superstiti dell'ex-Tiamat, furono per la maggior parte sparati via su orbite esterne, formando quelle che oggi conosciamo come comete. La parte scampata al secondo passaggio si posizionò invece in un'orbita stabile tra Marte e Venere, portandosi dietro l'ultimo satellite rimasto ed andando così a formare quella che oggi conosciamo come Terra, insieme alla sua inseparabile compagna la Luna.

    La cicatrice provocata da quell'impatto cosmico, verificatosi circa 4 miliardi di anni fa, è ancora oggi parzialmente visibile. La parte scalfita del pianeta è attualmente completamente ricoperta dalle acque di quello che oggi viene chiamato Oceano Pacifico. Esso occupa circa un terzo della superficie terrestre con un'estensione di oltre 179 milioni di chilometri quadrati. In tutta questa immensa superficie non sono praticamente presenti terre emerse, ma solo una grande depressione che si estende fino a profondità che superano i dieci chilometri.

    Attualmente Nibiru, come conformazione, è molto simile alla Terra. E' per due terzi ricoperto dalle acque, mentre il resto è occupato da un unico continente che si estende da nord a sud, con una superficie complessiva di oltre 100 milioni di chilometri quadrati. Alcuni suoi abitanti, da centinaia di migliaia di anni, approfittando dell'avvicinamento ciclico del loro pianeta al nostro, ci hanno fatto sistematicamente visita, influenzando ogni volta cultura, conoscenze, tecnologia e persino l'evoluzione stessa della razza umana. I nostri predecessori li hanno chiamati in molti modi, ma forse il nome che più li rappresenta da sempre è "Dei".

    Antefatto

    Azakis e Petri, i due simpatici ed inseparabili alieni protagonisti di questa avventura, sono tornati sul pianeta Terra dopo uno dei loro anni (3.600 anni terrestri). La loro missione era quella di recuperare un preziosissimo carico che, a causa di un malfunzionamento al loro sistema di trasporto, erano stati costretti ad abbandonare frettolosamente nella loro visita precedente. Questa volta però, hanno trovato una popolazione terrestre molto diversa rispetto a quella che avevano lasciato. Usi, costumi, cultura, tecnologia, sistemi di comunicazione, armamenti, tutto era decisamente differente rispetto a quello che avevano trovato nell'ultima visita.

    Al loro arrivo si sono imbattuti in una coppia di terrestri: la dottoressa Elisa Hunter ed il colonnello Jack Hudson, che li hanno accolti con entusiasmo e, dopo innumerevoli peripezie, li hanno aiutati nel portare a termine la loro delicata missione.

    Quello però che i due alieni non avrebbero mai voluto comunicare ai loro nuovi amici era che, il loro pianeta natale Nibiru si stava avvicinando velocemente e che, entro sette giorni terrestri, avrebbe incrociato l'orbita della Terra. Secondo i calcoli effettuati dagli Anziani, uno dei suoi sette satelliti avrebbe sfiorato il pianeta provocando una serie di sovvertimenti climatici paragonabili a quelli che, nel passaggio precedente, erano stati riassunti in un'unica definizione: Diluvio Universale.

    Nella prima parte del racconto (Il ritorno – Le avventure di Azakis e Petri), li avevamo lasciati tutti e quattro all'interno della loro maestosa astronave Theos ed è proprio da lì che riprenderemo la narrazione di questa nuova, fantastica avventura.

    Astronave Theos

    Elisa, nelle ultime ore, era stata sommersa da una tale quantità di informazioni che adesso si sentiva come una bambina che aveva fatto indigestione di ciliege. Quei due strani ma simpatici personaggi, apparsi praticamente dal nulla, avevano in pochissimo tempo sovvertito tante certezze storiche che lei e tutto il resto del genere umano avevano dato praticamente per scontate. Avvenimenti, scoperte scientifiche, credenze, culti, religioni e persino l'evoluzione stessa dell'uomo stavano per essere completamente rivoluzionati. La notizia della scoperta che esseri provenienti da un altro pianeta avessero, sin dai primordi, così abilmente manipolato e guidato lo sviluppo del genere umano, avrebbe avuto sulla collettività un effetto simile a quello della rivelazione che la Terra non fosse piatta ma sferica.

    Azakis e il suo fidato amico e compagno di avventure Petri se ne stavano immobili al centro della plancia comandi mentre, con lo sguardo, cercavano di seguire Elisa che, con le mani infilate nei tasconi dei pantaloni, gironzolava nervosamente per la stanza e borbottava parole incomprensibili.

    Jack, invece, si era praticamente accasciato su una poltroncina e con le mani cercava di tenere su la testa che gli sembrava essere diventata improvvisamente pesantissima. Fu proprio lui però che, dopo alcuni interminabili minuti di silenzio, decise di prendere in mano la situazione. Si alzò in piedi di scatto e, rivolto ai due alieni, disse con voce ferma «Se avete scelto noi due per questo compito un motivo lo avrete avuto di certo. Posso solo dirvi che non vi deluderemo.» Poi guardò Azakis negli occhi e chiese con risolutezza «Potresti mostrarci, tramite quella diavoleria» e indicò l'immagine virtuale della Terra che stava ancora lentamente ruotando al centro della stanza «una simulazione dell'avvicinamento del vostro pianeta?»

    «Non c'è problema» replicò prontamente Azakis. Tramite il suo impianto N^COM recuperò tutti i calcoli fatti dagli Anziani e ne fece apparire la rappresentazione grafica proprio davanti a loro.

    «Questo è Nibiru» disse indicando il pianeta più grande. «E questi sono i suoi satelliti di cui parlavamo.»

    Attorno al maestoso pianeta, sette corpi celesti, notevolmente più piccoli, giravano vorticosamente a distanze e velocità molto diverse tra loro. Azakis avvicinò il dito indice a quello che orbitava più distante di tutti e lo ingrandì fino a farlo diventare alto quasi quanto lui. Poi disse solennemente «Signori, vi presento Kodon, l'imponente ammasso roccioso che ha deciso di far passare un bel po' di guai al vostro amato pianeta.»

    «Ma quanto è grande?» chiese Elisa, mentre osservava incuriosita quel bitorzoluto globo grigio scuro.

    «Diciamo che, come dimensioni, è leggermente più piccolo della vostra Luna ma la sua massa è quasi il doppio.» Azakis fece un rapido gesto con la mano e di fronte a loro apparve tutto il sistema solare con i pianeti che si muovevano lentamente nelle loro rispettive orbite. Le traiettorie di ognuno di essi erano rappresentate da sottili linee di colori diversi.

    «Questa» continuò Azakis, indicando una traccia rosso scura «è la traiettoria che Nibiru seguirà durante la fase di avvicinamento al Sole.» Poi accelerò il movimento del pianeta fino ad avvicinarlo alla Terra e aggiunse «E questo è il punto dove le orbite dei due pianeti si incroceranno.»

    I due terrestri seguivano meravigliati, ma con molta attenzione, la spiegazione che Azakis stava dando loro sull'evento che, da lì a pochi giorni, avrebbe sconvolto le loro vite e quelle di tutti gli altri abitanti del pianeta.

    «A che distanza passerà Nibiru da noi?» chiese tranquillamente il colonnello.

    «Come dicevo in precedenza» rispose Azakis «Nibiru non vi infastidirà più di tanto. Sarà invece Kodon a sfiorare la Terra e a creare un bel po' di problemi.» Avvicinò ancora un po' l'immagine e mostrò la simulazione del satellite nel momento in cui sarebbe arrivato nel punto più vicino all'orbita terrestre. «Questo sarà il momento della massima attrazione gravitazionale fra i due corpi celesti. Kodon passerà a soli 200.000 chilometri dal vostro pianeta.»

    «Cavolo» esclamò Elisa. «E' davvero un'inezia.»

    «L'ultima volta» replicò Azakis «esattamente due cicli fa, passò a circa 500.000 chilometri e sappiamo tutti cosa è riuscito a combinare.»

    «Già, il famoso Diluvio Universale.»

    Jack stava in piedi con le mani incrociate dietro la schiena e, sollevandosi leggermente prima sulle punte poi sui tacchi, si stava facendo lentamente dondolare avanti e indietro. Ad un tratto, con tono molto serioso, ruppe il momentaneo silenzio dicendo «Non sono di certo uno dei massimi esperti in materia, ma temo che nessuna tecnologia terrestre sia in grado di fare niente per contrastare un evento del genere.»

    «Forse potremmo lanciargli contro dei missili con testate nucleari» azzardò Elisa.

    «Quello accade solo nei film di fantascienza» disse sorridendo Jack. «E poi, ammesso che si riesca a far arrivare su Kodon vettori di quel tipo, rischieremmo di frantumare il satellite in mille pezzi, provocando così una micidiale pioggia di meteoriti. Quella sì che sarebbe la fine di tutto.»

    «Scusate» disse allora Elisa rivolgendosi ai due alieni. «Ma prima non ci avevate detto che, in cambio della nostra preziosissima plastica, ci avreste aiutato a risolvere questa assurda situazione? Spero abbiate davvero qualche bella idea per darci una mano, sennò siamo fritti.»

    Petri, che fino ad allora era rimasto silenziosamente in disparte, sorrise lievemente e fece un passo in direzione dello scenario tridimensionale rappresentato in mezzo alla plancia. Con un rapido movimento della mano destra fece apparire una specie di ciambella argentea. La puntò con l'indice e la spostò fino a portarla esattamente fra la Terra e Kodon, poi disse «Questa potrebbe essere la soluzione.»

    Tell el-Mukayyar – La fuga

    Nella tenda laboratorio, i due finti beduini che avevano tentato di sottrarre ai due alieni il prezioso contenuto della loro navetta, erano stati imbavagliati e legati saldamente ad un grosso fusto pieno di carburante. Erano seduti a terra, con le spalle appoggiate al pesante contenitore metallico e disposti in modo che guardassero in direzioni opposte. Fuori dalla tenda, un aiutante della dottoressa si era messo di guardia e, ogni tanto, si affacciava all'interno per controllare la situazione.

    Il più magro dei due che, a causa del colpo al fianco ricevuto dal colonnello, aveva sicuramente un paio di costole fratturate, nonostante il dolore che gli stava impedendo quasi di respirare, non aveva smesso neanche per un istante di guardarsi intorno in cerca di qualcosa che potesse tornargli utile per liberarsi.

    Da un piccolo forellino nella parete, la luce del sole pomeridiano penetrava timida all'interno della tenda, disegnando nell'aria calda e polverosa un sottile raggio luminoso. Quella sorta di spada di luce dipingeva sul terreno una piccola ellisse bianca che, molto lentamente, si spostava in direzione dei due prigionieri. Il tipo magro stava seguendo quasi ipnotizzato il lento incedere di quella macchia chiara, quando un improvviso lampo di luce lo riportò alla realtà. Semisepolto nella sabbia, a circa un metro da lui, un qualcosa di metallico rifletté la luce solare proprio diritta verso il suo occhio destro. Spostò leggermente la testa e cercò di capire di cosa si trattasse, senza però riuscirvi. Provò allora ad allungare una gamba in quella direzione, ma una fitta terribile al fianco gli ricordò le condizioni delle sue costole e decise quindi di desistere. Pensò che probabilmente non ci sarebbe comunque arrivato e, cercando di parlare attraverso il bavaglio, sussurrò «Ehi, sei ancora vivo?»

    Il grasso compare non stava certo messo meglio di lui. Dopo il volo che gli aveva fatto fare Petri, sul suo ginocchio destro era spuntato un grosso ematoma, aveva un bel bozzo sulla fronte, la spalla destra gli faceva una male cane e il polso destro gli si era gonfiato come un palloncino.

    «Credo di sì» rispose con un filo di voce, biascicando anche lui attraverso il bavaglio.

    «Meno male. E' da un bel po' che ti chiamo. Mi stavo preoccupando.»

    «Devo essere svenuto. La testa mi si sta spaccando in due.»

    «Dobbiamo assolutamente squagliarcela da qui» disse con determinazione quello magro.

    «Ma tu come stai? Niente di rotto?»

    «Temo di avere qualche costola fratturata ma posso farcela.»

    «Come abbiamo fatto a farci prendere così di sorpresa?»

    «Lascia perdere adesso, quello che è stato è stato. Cerchiamo piuttosto di liberarci. Guarda alla tua sinistra, lì dove arriva quel raggio di sole.»

    «Non vedo niente» replicò il ciccione.

    «C'è qualcosa semisepolto. Sembra un oggetto metallico. Vedi se riesci ad arrivarci con la gamba.»

    Il rumore improvviso della zip della tenda che si apriva, interruppe l'operazione. L'aiutante di guardia si affacciò all'interno. Il ciccione tornò a fingersi svenuto mentre l'altro restò assolutamente immobile. L'uomo diede un'occhiata ai due, controllò distrattamente tutte le attrezzature sparse all'interno poi, con aria soddisfatta, si ritrasse e richiuse di nuovo l'ingresso.

    I due restarono per un po' immobili, poi fu quello più grosso a parlare per primo «C'è mancato poco.»

    «Allora l'hai visto? Ci arrivi?»

    «Sì, ora sì. Aspetta, ci provo.»

    Il corpulento finto beduino iniziò ad oscillare il busto cercando di allentare un po' le corde che lo immobilizzavano, poi iniziò a distendere più che poté la gamba sinistra in direzione dell'oggetto. Ci arrivava appena. Con il tacco iniziò a scavare finché non riuscì scoprirne una parte.

    «Mi sembra una cazzuola.»

    «Deve essere una Trowel Marshalltown. E' lo strumento preferito dagli archeologi per grattare il terreno alla ricerca di vecchi cocci. Ce la fai a prenderla?»

    «Non ci arrivo.»

    «Se la smettessi di rimpinzarti con tutte quelle schifezze forse riusciresti anche a muoverti meglio, brutto grassone che non sei altro.»

    «Ma ora cosa c'entra il mio fisico possente?»

    «Muoviti fisico possente, vedi di recuperare quella cazzuola sennò lo troveranno in galera il modo di farti dimagrire.»

    Immagini di papponi insapori e maleodoranti apparvero improvvisamente davanti agli occhi del ciccione. Quella terribile visione sprigionò in lui una forza che non credeva più di avere. Inarcò più che poté la schiena. Una fitta partì dalla spalla dolorante e gli arrivò dritta al cervello, ma non ci badò. Con un deciso colpo di reni riuscì a portare il tacco al di là della cazzuola e, piegando rapidamente la gamba, la lanciò verso di sé.

    «Ce l'ho fatta» gridò da dietro al bavaglio.

    «Ma vuoi stare zitto brutto imbecille? Che ti strilli? Vuoi che rientrino quei due energumeni e che ci riempiano di nuovo di botte?»

    «Scusa» rispose sommessamente quello grosso. «Però sono riuscito a prenderla.»

    «Hai visto che, se ti ci metti, riesci anche tu a combinare qualcosa di buono? Dovrebbe essere affilata. Vedi se riesci a tagliare queste maledette corde.»

    Con la mano buona, il tipo grosso afferrò dal manico la cazzuola e iniziò a sfregarne la parte più tagliente sul cordame dietro la sua schiena.

    «Ammesso che riusciamo a liberarci» disse sottovoce il ciccione «come faremo a squagliarcela da qui? Il campo è pieno di gente ed è ancora giorno. Spero tu abbia un piano.»

    «Certo che ce l'ho. Non sono forse io la mente geniale di questa coppia?» esclamò orgoglioso il magro. «Mentre tu ti facevi il tuo bel pisolino ho analizzato la situazione e credo di aver trovato un modo per filarcela.»

    «Sono tutt'orecchi» replicò l'altro mentre continuava a strofinare la cazzuola.

    «Il tipo di guardia si affaccia circa ogni dieci minuti e questa tenda è quella più esterna del lato est del campo.»

    «E allora?»

    «Ma come ho fatto a prendere te come socio per questo lavoro? Hai la fantasia e l'intelligenza di un'ameba, sperando che le amebe non si offendano per il paragone.»

    «A dire il vero» replicò piccato il ciccione «sono stato io a scegliere te, visto che il lavoro era stato affidato a me.»

    «Sei riuscito a liberarti?» tagliò corto il magro, visto che la discussione stava prendendo una brutta piega e che, effettivamente, il suo compare aveva pienamente ragione.

    «Dammi ancora un attimo. Credo stia per cedere.»

    Infatti, poco dopo, con un secco schiocco, la corda che teneva legati i due al fusto si ruppe e il pancione di quello grosso, finalmente libero dalla costrizione, poté riprendere le sue dimensioni normali.

    «E' fatta» esclamò soddisfatto il ciccione.

    «Ottimo. Ora però teniamola su finché non rientra la guardia. Dobbiamo fare in modo che sembri tutto come prima.»

    «Ok socio. Mi rimetto a far finta di dormire.»

    I due non dovettero aspettare molto. Qualche minuto dopo, infatti, l'aiutante della dottoressa tornò a fare capolino nella tenda. Fece il solito controllo sommario della situazione e, non notando nulla di strano, richiuse la zip, si riposizionò all'ombra della veranda e si accese tranquillamente una sigaretta fatta a mano.

    «Ora» disse quello magro. «Muoviamoci.»

    L'operazione, visti gli acciacchi di entrambi, risultò molto più complessa del previsto ma, dopo aver emesso qualche sordo gemito di dolore ed aver imprecato un po', si ritrovarono in piedi l'uno di fronte all'altro.

    «Dammi la cazzuola» ordinò il magro mentre si toglieva il bavaglio. Le fitte al fianco destro gli impedivano di muoversi agevolmente ma, appoggiandoci sopra la mano aperta, riuscì ad alleviare un po' il dolore. In pochi passi raggiunse la parete opposta all'ingresso della tenda, si mise in ginocchio e vi infilzò lentamente la Trowel Marshalltown. La lama affilata della cazzuola tagliò come il burro la morbida stoffa della parete rivolta ad est, creando una piccola fenditura di una decina di centimetri. Il magro vi avvicinò l'occhio destro e sbirciò per qualche istante dalla fessura. Come aveva previsto non c'era nessuno. Si riuscivano solo ad intravedere, a circa un centinaio di metri, le rovine della città antica dove, in precedenza, avevano nascosto la jeep che sarebbe dovuta servire loro per scappare con il malloppo.

    «Via libera» disse mentre con la lama della cazzuola allungava fino a terra il piccolo taglio fatto in precedenza. «Andiamo» e si infilò strisciando nello squarcio.

    «Potevi farlo un pochino più largo 'sto buco, no?» biascicò il grassone, fra un gemito e l'altro, mentre cercava a fatica di scivolare fuori anche lui.

    «Muoviti. Ora dobbiamo filarcela più velocemente possibile.»

    «Eh, è una parola. Io ce la faccio sì e no a camminare.»

    «Dai, sbrigati e smettila di lamentarti. Ricordati che se non riusciamo a squagliarcela, un bel po' di annetti di galera non ce li toglierà nessuno.»

    La parola galera riusciva sempre ad infondere nel tipo corpulento una forza supplementare. Non disse più nulla e, soffrendo in silenzio, seguì il compagno che, quatto quatto, sgattaiolò via verso le rovine.

    Fu il rombo di un motore in lontananza ad insospettire l'uomo di guardia. Guardò per un istante la sigaretta ormai consumata e, con un rapido gesto, la buttò via. Si infilò deciso nella tenda e non riuscì quasi a credere ai suoi occhi: i due prigionieri non c'erano più. Accanto al fusto di carburante la corda buttata in modo scomposto, poco più in là i due pezzi di stoffa che avevano usato come bavagli e sulla parete di fondo della tenda un grosso squarcio che arrivava fino a terra.

    «Hisham, ragazzi» urlò l'uomo con tutto il fiato che aveva in gola. «I prigionieri sono scappati!»

    Astronave Theos – Il superfluido

    L'immagine dell'oggetto che Petri aveva posizionato nello spazio fra Kodon e la Terra aveva lasciato basiti entrambi i terrestri.

    «E cosa sarebbe quell'affare?» chiese incuriosita Elisa, mentre si avvicinava per cercare di vedere meglio.

    «Non gli abbiamo dato ancora un nome ufficiale.» Petri portò lo strano oggetto di nuovo in primo piano e, guardando la dottoressa, aggiunse «Forse potresti sceglierne uno tu.»

    «Se almeno mi spiegassi cos'è, potrei anche provarci.»

    «E' da diverso tempo che i nostri migliori scienziati si stanno dedicando a questo progetto.» Petri incrociò le mani dietro la schiena e iniziò a camminare lentamente per la stanza. «Questa apparecchiatura è il risultato di una serie di studi che, in parte, vanno anche aldilà delle mie competenze scientifiche.»

    «E vi posso assicurare che sono notevoli» aggiunse Azakis, dando una bella pacca sulla spalla dell'amico.

    «In poche parole si tratta di una sorta di sistema antigravitazionale. Si basa su un principio sul quale, come dicevo, si sta ancora studiando ma che posso provare a riassumere in poche e semplici parole.»

    «Credo sia molto meglio» commentò Elisa. «Non dimenticare che apparteniamo ad una specie che, confrontata con la vostra, può essere tranquillamente definita come sottosviluppata.»

    Petri annuì lievemente. Si avvicinò quindi alla rappresentazione tridimensionale dello strano oggetto e continuò tranquillamente con la sua spiegazione. «Questo, che tu prima hai chiamato ciambella, si definisce geometricamente come toroide. L'anello tubolare è cavo, mentre quello che potremmo semplicemente chiamare buco centrale contiene il sistema di propulsione e di controllo.»

    «Fino a qui è tutto chiaro» disse Elisa sempre più eccitata.

    «Molto bene. Ora vediamo il principio di funzionamento del sistema.» Petri ruotò l'immagine del toroide e ne mostrò la sezione interna. «L'anello viene riempito con un gas, di solito un isotopo dell'Elio, che, raffreddato a una temperatura prossima allo zero assoluto, cambia di stato e si trasforma in un liquido dalle caratteristiche molto particolari. In pratica, la sua viscosità diviene pressoché nulla e riesce a scorrere senza generare nessun attrito. Questa caratteristica noi la chiamiamo superfluidità

    «Ora mi sto un po' perdendo» disse tristemente Elisa.

    «Per farla semplice, questo gas allo stato liquido, opportunamente stimolato dalla struttura dell'anello, riuscirà a viaggiare al suo interno, senza nessuna difficoltà, ad una velocità prossima a quella della luce, riuscendo a mantenerla per un tempo teoricamente infinito.»

    «Stupefacente» riuscì solo a commentare Jack, che non si era perso neanche una sillaba di tutta la spiegazione.

    «Ok, ora credo di aver capito» aggiunse Elisa. «Ma come farà questo aggeggio a contrastare gli effetti dell'attrazione gravitazionale tra i due pianeti?»

    «Qui il discorso si fa molto più complicato» rispose Petri. «Diciamo che, la rotazione del superfluido a velocità prossime a quelle della luce, genera una curvatura del continuum spazio-temporale intorno ad esso, provocando un effetto antigravitazionale.»

    «Porca miseria» esclamò Elisa. «Il mio vecchio professore di fisica si starà rigirando nella tomba.»

    «E non solo lui, mia cara» aggiunse il colonnello. «Se ho capito bene cosa stanno cercando di spiegarci questi due signori, qui si sta parlando di ribaltare un bel po' di teorie e di concetti che diversi nostri scienziati hanno cercato di analizzare e studiare per tutta la vita. Il principio di antigravità è stato teorizzato più di una volta ma mai nessuno è riuscito a dimostrarlo completamente. Davanti a noi» e indicò lo strano oggetto «abbiamo finalmente la prova che questo è davvero possibile.»

    «Io ci andrei un po' più cauto» disse Azakis, raffreddando un po' l'eccitazione del colonnello. «Mi sento in dovere di informarvi che questa cosa non è

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