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Il Quarto Pianeta
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E-book268 pagine3 ore

Il Quarto Pianeta

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Info su questo ebook

Il pianeta Neft è in pericolo, la stella gigante rossa Taschter tra non molto esaurirà le sue riserve di idrogeno e la vita sul pianeta diventerà impossibile. Urge al più presto trovare asilo in un luogo che abbia le stesse caratteristiche biologiche tra i pianeti di altri sistemi planetari.
Grazie all’ingegno di valenti fisici e ingegneri spaziali si metteranno a punto macchinari rivoluzionari in grado di effettuare viaggi interplanetari. Affascinanti scenari il nostro autore f.b. Kavanagh offre ai suoi lettori con Il Quarto Pianeta, le sue notevoli capacità descrittive proiettano immagini visive precise, nitide, sembra quasi di passeggiare ed esplorare insieme ai suoi intrepidi personaggi. L’estrema precisione con cui descrive operazioni spaziali, macchinari nei minimi particolari, e ambienti naturali colpiscono l’attenzione del lettore, proiettandolo in una dimensione insolita e avvincente.
Questa è fantascienza, ma in fondo chi ci assicura che questo non accadrà anche sul nostro pianeta Terra, e magari un giorno anche noi, per sopravvivere, saremo costretti ad effettuare viaggi interplanetari alla ricerca di luoghi in grado di sostenere la vita e di garantire la sopravvivenza?

f.b. Kavanagh (pseudonimo di Fabio Cavanna) nasce a Genova il 6 agosto 1961. Dopo la laurea in geologia strutturale, segue il corso ufficiali per diventare Tenente di Complemento del Genio. Terminato il servizio, per trentatré anni svolge il suo lavoro presso una delle società più importanti nel mondo dell’esplorazione e della produzione di idrocarburi dove, per venti anni, ha l’opportunità di girare il mondo vivendo in Cina, Nigeria, Algeria, Ghana ed Egitto. La sua passione per l’esplorazione spaziale, l’astronomia ed i misteri del cosmo, si fonde con la sua esperienza professionale. Esplorando la geologia del pianeta e perseguendo grandi progetti energetici in ambienti differenti e sfidanti ha l’opportunità di arricchirsi incontrando una varietà di comunità, usi e costumi. Il Quarto Pianeta coniuga la sua esperienza nell’evoluzione di un pianeta e delle sue forme viventi con le sfide ed il drammatico destino della razza aliena che lo abita.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2021
ISBN9788830648982
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    Anteprima del libro

    Il Quarto Pianeta - F.B. Kavanagh

    LQkavanagh.jpg

    F.B. Kavanagh

    Il Quarto Pianeta

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-4224-9

    I edizione agosto 2021

    Finito di stampare nel mese di agosto 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Il Quarto Pianeta

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prefazione

    La stella era tramontata da un po’ ormai. La brezza serale stava risalendo la pianura con mulinelli di polvere che la seguivano fino al pendio finché, come piccoli fantasmi stanchi, svanivano appena cominciava la salita.

    Era stata una giornata fresca, la stagione stava cambiando rapidamente. Sul fondo della vasta pianura Klyik si scorgeva il Kajul, un massiccio vulcanico rossastro che la storia geologica aveva dapprima innalzato e poi eroso. Ora, come una grande muraglia, si ergeva a protezione della pianura.

    Uno stormo multicolore di zatchyis stava sorvolando la grande prateria. Erano maestosi, come se nuotassero nell’aria, muovendo lentamente le loro enormi ali che i raggi di Taschter¹ accendevano di riflessi dorati.

    Una sensazione appagante invase la mente di

    jj

    -Aryon mentre il suo sguardo si perdeva all’orizzonte dove Nor² e Nyu iniziavano a far capolino dal fondo della pianura. Era il tramonto il momento della giornata che preferiva, fin da bambino quando si fermava ad ammirare il giorno che incontrava la notte prima che il cielo si popolasse di stelle.

    Dalla gigantesca terrazza esterna del centro spaziale la vista era veramente magnifica, era come sporgersi direttamente nello spazio. Il lavoro era stato enorme, tutti i team avevano lavorato alacremente e ora, dopo anni di sacrifici, la meta era ormai vicina.


    1 Taschter : Aldebaran gigante rossa

    2 Nor, Nyu, Uyn lune di Neft

    Neft

    Neft, il quarto pianeta del sistema solare, si trovava ad un neftk³ da Taschter, la stella gigante rossa che stava per consumare le sue riserve di idrogeno. Secondo le ultime analisi del centro spaziale, tra pochi milioni di anni yinp⁴ il nucleo della stella avrebbe progressivamente aumentato densità e temperatura. Lo stadio finale di questo processo sarebbe stato un punto di non ritorno, con l’innesco, contemporaneamente in tutto il nucleo, della fusione dell’elio.

    Il momento esatto non era perfettamente definito, tuttavia i costanti progressi scientifici e l’uso delle ultime rilevazioni provenienti dai più recenti satelliti corazzati, spinti su orbite sempre più prossime alla stella, avevano generato una enorme raccolta dati. Queste nuove informazioni ed i nuovi supercomputer avevano consentito di modificare ed affinare i modelli solari elaborati dalle ultime generazioni di scienziati. Il risultato era stato una nuova curva evolutiva della gigante rossa.

    Cinquecento milioni di anni yinp prima, Neft aveva sofferto la tremenda pulsazione espansiva della sua stella e non era stato bruciato completamente solo per una fortunata combinazione di distanze ed allineamenti planetari. Nel momento di massima espansione della stella e con i venti solari più devastanti, il pianeta stava transitando in prossimità del suo afelio. Inoltre, proprio in quei frangenti Bayol-

    i

    , il pianeta gigante binario di Taschter, si trovava con la sua orbita a transitare proprio tra Neft e la stella. La sua enorme massa⁵ aveva quindi fatto da scudo a Neft assorbendo gran parte delle radiazioni e del plasma che Taschter in espansione aveva scagliato nello spazio in tutte le direzioni. Bayol-

    i

    era stato investito direttamente dall’espansione della gigante rossa ed i suoi strati superficiali avevano raggiunto temperature altissime ed ancora oggi continuavano a ribollire spinti incessantemente da moti convettivi accentuati dall’evento. Bayol-

    i

    inoltre, malgrado il suo ruolo fosse segnato, come uno schiavo incapace di ribellarsi definitivamente al suo dispotico padrone tuttavia, con la sua massa, costringeva la sua stella ad una periodica (ogni 2,3 anni yinp) oscillazione orbitale.

    Anche Ait-

    ii

    ed Er-

    iii

    , rispettivamente secondo e terzo pianeta del sistema planetario, furono investiti senza alcuna protezione dalla devastante potenza delle radiazioni e del vento solare della gigante rossa che ne vaporizzarono l’atmosfera ed ora orbitavano inerti nel vuoto.

    Ma mentre Ait-

    ii

    , a causa della vicinanza alla stella, era sempre stato un corpo roccioso senza vita, Er-

    iii

    , come Neft, aveva invece un’orbita contenuta nella fascia abitabile. La distanza dalla stella, congiuntamente alla presenza di acqua allo stato liquido in superficie, aveva consentito alla vita di manifestarsi anche su Er-

    iii

    , malgrado la sua orbita si trovasse al limite della zona abitabile e con temperature mediamente elevate. Insieme al suo gemello Neft, ospitò forme viventi e la loro evoluzione per centinaia di milioni di anni yinp. Dapprima pochi semplici organismi unicellulari poi, via via, forme sempre più organizzate e complesse che dall’acqua avevano a poco a poco colonizzato le terre emerse e poi l’aria.

    Mentre su Er-

    iii

    , a causa delle sue elevate temperature medie, la vita aveva trovato opportunità di svilupparsi soprattutto alle alte latitudini ed in prossimità dei poli, su Neft una molteplicità di esseri vegetali e animali aveva popolato il pianeta a quasi tutte le latitudini. Ogni angolo, anche quelli più remoti e nascosti, aveva il suo regno di viventi, le sue nicchie di biodiversità. Una vita che, quasi come un unico organismo, forse inconsciamente consapevole di un tragico destino, si era diversificata in una strabiliante varietà di forme, dimensioni e tipologie. Un concentrato di vitalità che nulla però aveva potuto quando la gigante rossa si era espansa scagliando in quella parte di universo le sue vampate di calore ed energia. Un gigantesco maglio incandescente di particelle ionizzate e radiazioni si era abbattuto senza pietà sul Er-

    iii

    , devastandone la superficie, strappandone e disperdendo nello spazio l’atmosfera che avvolgeva il pianeta, vaporizzando tutta l’acqua ed incenerendo interamente la moltitudine di forme di vita che vi si era sviluppata. Erano bastati pochi istanti per cancellare dal libro dell’universo svariati cicli evolutivi. Dopo la devastazione solare, su Er-

    iii

    non restava nessuna forma vivente, solo una desolata superficie inerte, una ininterrotta successione di aree ricoperte di cenere e rocce vetrificate, tristemente vuota, come se su quel mondo nulla di vivente si fosse manifestato.

    Il cataclisma, scatenato dalla gigante rossa, aveva indotto anche potenti pulsazioni gravitazionali ed elettromagnetiche che, dalla stella, avevano attraversato le orbite dei pianeti interni ed esterni e si erano propagate fin ben oltre i confini del sistema planetario.

    Su Neft gli effetti dell’evento furono minori ma pur sempre devastanti. Il pianeta, con una massa⁶ maggiore di quella di Er-

    iii

    , aveva una struttura interna costituita da quattro strati principali. Il nucleo, abbastanza piccolo in ferro-nichel, aveva permesso la presenza di un campo magnetico. Questo campo, anche se non molto intenso e con asse leggermente divergente rispetto a quello di rotazione, aveva garantito una discreta protezione dalle particelle solari ionizzate, almeno per i periodi normali, ma nulla aveva potuto durante gli impulsi spaventosi della stella. Gli altri tre strati interni del pianeta, oltre che avere un notevole spessore, erano composizionalmente diversi e con densità progressivamente decrescente verso quello esterno e superficiale. Lo spessore dello strato esterno aveva impedito l’impostarsi di una tettonica a placche, analogamente a quanto accaduto su altri pianeti.

    Tuttavia gli attriti, generati da rotazione e composizione differenziale, avevano fatto sì che tra il terzo ed il quarto strato più esterno si generassero temperature elevate, tanto da innescare la nascita di un interstrato plastico con comportamento fluido-viscoso. Questo interstrato funzionava come un accumulatore di calore che, periodicamente, tendeva a scaricare verso la superficie l’eccesso di energia termica accumulata. Lungo zone di maggiore fragilità e fratture dello strato esterno roccioso più leggero si innestavano diapiri di magma, a volte giganteschi, che risalivano progressivamente verso la superficie attraverso enormi strutture ramificate. Durante la risalita, il magma diventava via via più fluido e la sommità delle ramificazioni, con la graduale diminuzione della pressione geostatica, tendeva ad espandersi fondendo ed inglobando parte delle rocce circostanti. La massa fusa, una volta arrivata in superficie e liberata dal carico geostatico, deflagrava istantaneamente in gigantesche eruzioni che enormi vulcani stratificati, simili ad hot spots, testimoniavano, soprattutto lungo la fascia desertica equatoriale. Era una lunga catena di enormi strutture vulcaniche, non molto elevate, ma con grande sviluppo alla base e variamente distribuite in entrambi gli emisferi.

    Neft, che aveva mantenuto questo assetto geologico per centinaia di milioni di anni yinp, venne pesantemente squassato al passaggio del cataclisma prodotto dall’espansione della gigante rossa. La pulsazione della stella indusse anche oscillazioni all’asse di rotazione, maree crostali con scosse sismiche e terremoti che interessarono l’intero pianeta. Questo processo aveva poi innescato nuove ampie zone di fragilità e fratture crostali cui era seguito un enorme parossismo magmatico. Anche se la superficie del pianeta era stata in buona parte protetta dallo scudo di Bayol-I, le reazioni susseguite al cataclisma scatenarono un’era di grandi eruzioni vulcaniche che si protrasse per milioni di anni yinp. Durante questo periodo, antichi e nuovi giganteschi vulcani entrarono tutti in attività. Come una caldera planetaria in pressione, gli scossoni liberarono enormi quantità di lava, ceneri e gas che cominciarono a risalire verso la superficie. Una molteplicità di enormi eruzioni e colate, prevalentemente basaltiche, si scaricarono all’esterno, espandendosi e sovrapponendosi in enormi distese scure, soprattutto lungo la fascia equatoriale e, seppur in minor misura, anche in diverse aree delle regioni a latitudini intermedie, localmente, anche ai poli. La colate basaltiche, caratterizzate da alte temperature e notevole fluidità, hanno la capacità di espandersi lateralmente sul terreno, molto di più dei prodotti eruttivi con maggiore contenuto in silicati. Per questo la fascia equatoriale di Neft, oltre che desertica, è in buona parte ricoperta da gigantesche aree scure che, dallo spazio, potrebbero essere a prima vista scambiate per laghi o mari interni.

    Durante le fasi tardive del parossismo vulcanico, insieme alle eruzioni basaltiche, si registrarono anche gigantesche emissioni di ceneri e gas, prevalentemente vapor acqueo con anidride solforosa. Enormi nubi di polveri si innalzarono fino agli strati superiori dell’atmosfera rimanendo in sospensione per anni e bloccando i raggi solari. Ne seguirono migliaia di anni yinp di semi oscurità sulla superficie, temperature notevolmente più basse, una completa destabilizzazione del clima in entrambi gli emisferi. Incessanti e persistenti piogge acide completarono l’opera flagellando la superficie del pianeta per molto tempo. Ne seguì una radicale variazione composizionale dell’atmosfera e delle condizioni a terra.

    Mentre su Er-

    iii

    , dopo il passaggio della tempesta solare, tutte le forme di vita furono annichilite, su Neft la potenza devastante sprigionata dalla gigante rossa non riuscì a distruggere tutto e qualcosa riuscì a sopravvivere. Malgrado lo schermo di Bayol-

    i

    avesse offerto una valida protezione per la maggior parte delle vampate solari scagliate nello spazio dalla gigante rossa, una parte assieme a molte radiazioni riuscì ad abbattersi sul pianeta. Questo, insieme alle successive gigantesche eruzioni vulcaniche, innescò una spaventosa estinzione di massa. Oltre il 98% delle specie viventi animali e vegetali erano scomparse, tutte quelle che avevano colonizzato la terra e l’aria insieme a buona parte di quelle acquatiche. Sulle terre emerse, le piogge acide e l’oscurità, prodotta dalla persistenza in atmosfera di ceneri e polveri vulcaniche, uccisero le piante e tutta la catena vivente associata. Dopo le piante morirono, gli animali erbivori, i carnivori, mentre i piccoli animali che vivevamo all’ombra dei grandi riuscirono a resistere un po’ più a lungo, specie quelli che vivevano protetti dai loro cunicoli e cibandosi dai resti che trovavano sulla superficie, prima di soccombere anch’essi. Fu una lenta agonia ma, alla fine, nulla sopravvisse al di fuori dell’acqua.

    Poche forme solamente riuscirono a resistere nelle profondità dei mari rimasti, riparate dallo schermo protettivo dell’acqua. Per milioni di anni non accadde nulla e le poche specie rimaste semplicemente continuarono a resistere nelle profondità marine seguendo cicli vitali estremamente ridotti. Molto lentamente, molti milioni di anni dopo, con il graduale riequilibrio delle condizioni ambientali, organismi unicellulari, già presenti prima del cataclisma, trovarono maggiore spazio e nuove opportunità offerte dall’apprendere a vivere anche in ambienti acidi. Progressivamente le piogge acide diminuirono, quindi cessarono e le sospensioni di polveri e ceneri lentamente cominciarono a ricadere al suolo, via via assottigliandosi prima di sparire completamente consentendo così ai raggi solari di raggiungere nuovamente la superficie del pianeta.

    Durante la catastrofe solare, quasi la metà dell’acqua liquida in superficie era stata vaporizzata e trascinata nello spazio ma il resto, una volta placata la furia di Taschter, era stata sufficiente per far ripartire lentamente il ciclo della vita. Milioni di anni occorsero prima che la superficie del pianeta ritrovasse un suo nuovo equilibrio. L’atmosfera, impiegò molto tempo prima di stabilizzarsi con una nuova composizione e rigenerare un ciclo dell’acqua con nubi e precipitazioni, almeno alle latitudini intermedie. Ricomparvero corsi d’acqua,

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