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Mattia Melissa e il mistero del pozzo di Barumini
Mattia Melissa e il mistero del pozzo di Barumini
Mattia Melissa e il mistero del pozzo di Barumini
E-book112 pagine1 ora

Mattia Melissa e il mistero del pozzo di Barumini

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Info su questo ebook

Melissa e Mattia, uniti dalla sete di conoscenza e dalla passione per gli enigmi, si ritrovano insieme in vacanza in Sardegna. Vivono un’incredibile avventura tra mostri ed intrighi nei sotterranei di un Nuraghe presso il complesso nuragico di Barumini dove vengono salvati da Francesco, ultimo discendente di una stirpe di cavalieri templari, custode di un antico tesoro. Altri personaggi sono: il professore di matematica molto severo di Mattia nonché papà di Melissa; la dottoressa Liberata, compagna dello stesso, che si rivela persona inaffidabile, pericolosa e malvagia; i genitori di Mattia, in perenne contrasto e conflitto.

Verrete rapiti e trascinati nella misteriosa e fantastica avventura in uno spaccato tra realtà e irrazionalità.
LinguaItaliano
Data di uscita13 mag 2014
ISBN9788891141729
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    Anteprima del libro

    Mattia Melissa e il mistero del pozzo di Barumini - Maria De Santis

    irrazionalità.

    Capitolo 1

    In spiaggia

    Com’è piccolo il mondo!

    Mi era sembrato di intravedere all’orizzonte la faccia del mio prof. di matematica in pieno luglio… in Sardegna, su una spiaggia di Cagliari …!!!

    No, non è lui; magari gli scatto qualche foto e poi gli mostrerò il suo sosia, ma no! Per mille puzzole in un sacco, quella sì, quella era sua figlia. Miiii! Quella spiona. Ricordo ancora quel compito quando il Prof. l’aveva portata in classe. Quella ragazzina di quinta elementare ci aveva fatti sudare freddo, quando, sguinzagliata dal padre, girava per i banchi furtiva con passi felpati e, non appena qualcuno alzava gli occhi dal foglio in cerca di conforto, ecco quella voce stridula rompere il silenzio gelando il sangue:

    -   Papà, sta cercando di copiare.

    Con l’indice puntato, come un plotone di esecuzione con il colpo in canna, fu proprio il peggior compito dell’anno. Io, ragazzo adulto di prima media, beffato da una lattante! Eppure, quando anch’io andavo alle elementari, ne avevo un ricordo di una bambina simpatica, con sì l’aria snob e modi da star ma intrigante. Comunque le femmine delle elementari per me erano aliene difficili da comprendere: forti con le parole, ma, quando si trattava di combattere, se riuscivano a farti male, allora tutto andava bene, ma, malauguratamente le prendevano, erano guai e incominciavano a lamentarsi sempre con le maestre o con le mamme. Meglio evitarle! A volte in classe ero costretto ad averne una addirittura nel banco, roba da barba di barbagianni. Ed eccola lì che saltellava come un giullare giulivo, ora al sole, ora all’ombra di quel mozzarellone bacchettone di suo padre. Decisamente due figure inconciliabili, ma uniti da un unico scopo: raggiungere un primato, cioè scrivere 23 volte 3 sui compiti. Solo così si poteva avverare la preveggenza del prof. quando ci annunciava: Vi beccherete tutti quanti 3. Desiderio neutralizzato almeno in parte in quel compito: fu costretto a segnare un bel 6.

    Perbacco! Venivano verso di me, verso di noi! Mia madre, la vanitosa, stava parlando placidamente con una tizia di Parma con la sua voce migliore, per intenderci quella da cerimonia, con tono pacato e soave si scambiavano degli Ohhh!!, ma dai!!, veramente!! e poi ogni tanto cercavano di coinvolgere i rispettivi mariti, che rispondevano con grugniti accondiscendenti dando conferma e non sapendo nemmeno a cosa, per poi, come al solito, ritrovarsi in situazioni del te lo avevo detto, non ti ricordi mai nulla, ecc. ecc. Mio padre, invece, sembrava un radar, era da sempre così per i primi due, tre giorni in cui scendevamo a mare. Non c’era nulla da fare: i suoi occhi dovevano vivisezionare ogni figura femminile, ogni singola forma, nascosto dietro i suoi occhialoni a specchio marcati Ray Ban; i suoi occhi si muovevano agili ed inarrestabili, simili a quelli di un coccodrillo sul pelo dell’acqua che aspetta l’attraversamento di migliaia di gnu in migrazione. Io mi ero rassegnato! Quando era in quello stato pietoso, era meglio lasciarlo stare soprattutto in quel momento che aveva trovato un suo simile: un altro coccodrillo famelico, un altro paio di Ray Ban a specchio, il marito della tizia di Parma. Anche se non si erano presentati ufficialmente come persone civili, avevano condiviso i commenti su almeno un centinaio di donne ed erano ancora le dieci del mattino. A mia madre dava fastidio, anche se faceva l’indifferente. Ogni tanto si rivolgeva a me con quel tono perentorio che mai avrei osato mettere in discussione e mi esortava:

    -   Gioca con papà!

    Sempre con un occhio rivolto alla mozzarella con l’annesso satellite che si avvicinava al nostro ombrellone come meteora infocata, cercai di catturare l’attenzione di mia madre, mentre di mio padre non mi dovevo preoccupare poiché non li avrebbe visti o riconosciuti nemmeno se fosse stato calpestato! Esordii:

    -   Mamma, mi fa male la pancia.

    Subito la sua attenzione fu rivolta a me e solo a me proprio come volevo:

    Parlava rivolta alla signora di Parma che annuiva, mentre continuava l’escalation delle possibili cause del mio malessere, ma ecco che con la coda dell’occhio, proprio mentre poneva una mano sulla mia fronte, vidi i suoi occhi cominciare a brillare.

    Alea iacta est pensai e…

    -   No!

    Ecco mia madre innescata. Che vergogna! Sentivo il sangue affluire alla testa e colorare di rosso il viso incendiandomelo.

    Professore, che ci fa qui?, esordì mia madre. Ecco arrivata l’idiozia! A volte queste domande che sceglieva mi lasciavano perplesso. Pensando alle mie notevoli capacità, mi domandavo sempre di chi avessi preso; la conclusione logica era difficile da accettare poiché in finale mi ero affezionato a quei due esseri imperfetti, ma sicuramente ero stato adottato ed erano proprio questi momenti che non avevo più dubbi. In fondo li comprendevo quando si arrabbiavano con me, poverini!, vedendo la perfezione, non ce la potevano fare proprio a tenere il controllo. Ma tornando a quel dì, ecco che un sorriso spuntò sulla faccia di Mozzarella; sua figlia si arrestò assumendo una tenuta composta e ordinata. Ammazza che tempismo! Proprio nell’istante in cui mia madre si alzò, si rovesciò il lettino ed io caddi di lato rovinando sulla sabbia proprio dove prima avevo fatto cadere il tè freddo. Non feci rumore, ma avevo le

    mani e il petto insabbiati e mi sa che si era accavallato qualche nervo nel braccio dato che non riuscivo più a muoverlo e mi faceva male.

    -   Mamma, mi si è rotto il braccio.

    Mia madre con uno sguardo liquidatorio m’ignorò completamente.

    Che brutta sensazione non essere creduto quando si dice la verità, forse dipendeva dal fatto che questa volta, stando veramente male, non riuscivo a rendere l’evento credibile come quando invece era inventato e studiato per bene. Sono più bravo a rendere nella finzione che nella realtà; roba da pazzi! Mentre mia madre, dopo aver strattonato mio padre destandolo così da quell’Olimpo, si era avvicinata al prof. cominciando un pavoneggiante rito di saluto.

    Com’è cresciuta Melissa, ma siete soli? Bla, bla, bla bla…bla

    Alle sue spalle, mio padre salutava, mentre il prof., sotto il fuoco delle domande incalzanti di mia madre, non riusciva neanche a rispondere. Balbuziente come Pietro, il mio compagno di banco, quando proprio lui lo interrogava.

    Io continuavo a lamentarmi per il dolore e finalmente Marina, la signora di Parma, si accorse che forse qualcosa non andava al mio braccio. Allora chiamò subito il marito e, all’improvviso, mi trovai privo di ossigeno e di luce: l’urlo di mia madre, una volta che si era resa conto della situazione, aveva attirato come mosche sul letame mezza spiaggia. Tutti i curiosi erano accorsi a vedere mia madre in preda ad una crisi isterica e il marito della signora, Mario, del quale potevamo finalmente ammirare gli occhi senza Ray Ban, fece notare tastando delicatamente il mio braccio:

    Nonostante fosse sbiancata, non mancarono di uscire dalla bocca di mia madre i soliti: Lo sapevo, te lo avevo detto di stare attento. Avrei voluto dire qualcosa, ma mi faceva troppo male il braccio ad ogni movimento ed ero seriamente spaventato. Il tutto nel secondo giorno di ferie in

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