Tre racconti di spettri
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Grazie ai Dragomanni, Mary Elizabeth Braddon (1835-1915), uno degli scrittori più prolifici dell’intera letteratura inglese, autrice ingiustamente dimenticata che godette dell’apprezzamento di Henry James, ritrova la voce in Italia dopo otto anni.
Con Tre racconti di spettri (107.000 caratteri circa) M. E. Braddon ci apre le porte delle dimore dei signorotti di campagna e degli appartamenti – anche i più umili – dei cittadini di Londra per mostrarci il suo punto di vista, con una scrittura elegante e nitida, sui rapporti tra uomo e donna nella società britannica tra Sette e Ottocento. Che cosa c’entrano gli spettri? Scopritelo!
Mary Elizabeth Braddon
Mary Elizabeth Braddon (1835–1915) was an English novelist and actress during the Victorian era. Although raised by a single mother, Braddon was educated at private institutions where she honed her creative skills. As a young woman, she worked as a theater actress to support herself and her family. When interest faded, she shifted to writing and produced her most notable work Lady Audley's Secret. It was one of more than 80 novels Braddon wrote of the course of an expansive career.
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Anteprima del libro
Tre racconti di spettri - Mary Elizabeth Braddon
Schember
Introduzione
di Alice Gerratana
Già solo per la semplice questione anagrafica, si può affermare che Mary Elizabeth Braddon è la scrittrice vittoriana per eccellenza. Nasce infatti a Londra nel 1835, due anni prima che la regina Vittoria salga al trono, e muore nel 1915 a Richmond, quattordici anni dopo la morte della sovrana. Ma di Mary Elizabeth si può dire molto altro. Anzitutto che è una scrittrice prolifica e di grande talento, con i suoi ottantacinque romanzi, molti dei quali veri e propri best-seller dell’epoca, le nove commedie e gli innumerevoli racconti. È una lavoratrice indefessa, capacissima di gestire lavoro e famiglia, con il suo ruolo di pilastro di casa Braddon-Maxwell. Potremmo aggiungere infine che sembra la protagonista ideale di un romanzo. Ma andiamo con ordine.
Come dicevamo, nasce a Londra nel 1835, figlia minore di Fanny ed Henry Braddon. A soli quattro anni dalla nascita nella sua vita irrompe il primo elemento romanzesco: la madre, fatto piuttosto insolito per l’epoca, abbandona il marito avvocato perdigiorno perché giocatore d’azzardo, ubriacone e donnaiolo. A questo punto la famiglia – c’è anche un fratello più grande che più tardi diventerà Primo Ministro della Tasmania – «orfana» di padre, cerca di condurre una vita modesta tra i sobborghi di Londra e il Sussex. Ma nel 1857 avviene il tracollo finanziario definitivo, ed ecco che entra in scena il secondo elemento romanzesco: la giovane Mary, determinata e indipendente com’è, decide di calcare le scene dei teatri di provincia per sostenere economicamente i suoi familiari. Per evitare lo scandalo, giacché da due secoli la professione di attrice si identifica un po’ troppo facilmente con la prostituzione, prende a lavorare sotto falso nome. Con l’identità di Mary Seyton recita stabilmente in piccole città sino alla fine del 1860, anno in cui ritorna a Londra per andare a vivere con l’editore John Maxwell, che aveva conosciuto grazie al suo primissimo romanzo, Three Times Dead: or the Secret of the Heath (ribattezzato poi con un titolo più sensazionale, The Trail of the Serpent, che le fa vendere mille copie in una settimana).
Fin qui niente di strano; si può anzi aggiungere che la giovane Mary ha saputo giocare bene le sue carte scegliendosi per compagno un editore di giornali «da sei penny» in cui trovano spazio i romanzi sensazionalistici a puntate. Se non che l’editore ha una moglie vivente, chiusa in un manicomio in Irlanda. Ed ecco l’elemento più romanzesco di tutti, che per certi versi rende la vita di Mary straordinariamente simile a quella di Jane Eyre. I due vivono insieme comunque, mettendo su una grande famiglia (Maxwell ha avuto cinque figli dalla prima moglie; in seguito ne nascono altri sei). Nel frattempo il successo di Mary cresce a dismisura: nel 1862 pubblica prima a puntate e poi nella classica versione in tre volumi il romanzo per cui è più conosciuta, Il segreto di Lady Audley (con dedica al suo mentore, Edward Bulwer-Lytton, uscito in Italia nel 2004 per Fazi e tradotto da Chiara Vatteroni). Ma più diventa una scrittrice popolare, più si accendono i riflettori sulla sua vita privata. Tanto più se si tiene conto che il suddetto romanzo e quello subito successivo, Aurora Floyd, parlano entrambi di bigamia, e che nel primo si affrontano anche l’adulterio e l’omicidio. Queste infatti erano le tematiche del genere sensazionalistico, un genere di gran moda nel periodo vittoriano e di cui senza dubbio Mary Elizabeth Braddon è la regina indiscussa accanto al re Wilkie Collins. Per evitare ulteriori scandali Maxwell pensa bene, all’inizio del 1864, di far pubblicare sui giornali la notizia del suo matrimonio con la scrittrice. Errore fatale, però: così come, nel romanzo di Charlotte Brontë, il fratello di Bertha Mason interrompe il matrimonio di Jane con Rochester, allo stesso modo il fratello della moglie di Maxwell scrive a tutti i giornali che hanno dato la notizia per rettificare che sua sorella è viva e vegeta. Risultato: sempre più critiche nei confronti della vita immorale di Mary e del suo compagno, che pur conducendo una vita esemplare nella loro casa di Richmond, potranno sposarsi solo dieci anni dopo, alla morte della prima moglie. Ma le critiche nei confronti della sua vita privata non scoraggiano i lettori di romanzi di genere sensazionale, che continuano a comprare tutto quanto esce firmato da lei. In definitiva, Mary Elizabeth Braddon diventa una scrittrice popolarissima, scrive almeno due romanzi l’anno, uno sensazionale e uno più letterario (tra cui va annoverato The Doctor’s Wife, riscrittura di Madame Bovary che ha il pregio di aver fatto conoscere Flaubert in Inghilterra), contribuisce enormemente alla vita economica della sua ampia famiglia (dal 1866 al 1871 le entrate provengono solo dai suoi libri a causa dei debiti di Maxwell, che non fa che aprire e chiudere giornali), dirige diverse riviste (come Belgravia, in cui escono anche le prime storie di spettri di Le Fanu), e gode degli apprezzamenti di grandi scrittori, come il giù citato Bulwer-Lytton, Thackeray, Stevenson, Stoker e Henry James, il quale la definisce artista di un’intelligenza fuori dal comune, capace di scrivere opere coraggiose in una lingua che padroneggia alla perfezione.
I racconti presentati qui per la prima volta, «L’ultima apparizione», «Il volto nello specchio» e «Il sogno», escono rispettivamente nel Belgravia Annual nel 1876 e in The Misletoe Bough nel 1880 e nel 1889. Il Belgravia Annual è lo speciale natalizio della rivista sopra citata,