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Juvenilia: La raccolta completa
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E-book314 pagine4 ore

Juvenilia: La raccolta completa

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Info su questo ebook

I «Juvenilia» sono le opere scritte da Jane Austen adolescente, dal 1787 al 1793 e corrette anche in seguito fino alla vigilia della pubblicazione di «Sense and Sensibility» (1811). Il timore che la singolarità e la tagliente ironia di questi scritti giovanili potessero nuocere all'immagine della scrittrice impedì la loro diffusione per lungo tempo. I ventisette brani sono raccolti in tre quaderni manoscritti, intitolati dall'autrice come si soleva fare coi volumi dei romanzi contemporanei (Volume the First, Volume the Second, Volume the Third). Si tratta di materiale eterogeneo, sia per quanto concerne la lunghezza che il genere: troviamo frammenti, romanzi brevi, romanzi epistolari, pezzi teatrali, versi e perfino un saggio storico. All'indomani delle prime novecentesche pubblicazioni, Virginia Woolf espresse sorpresa ed ammirazione per questi scritti giovanili, ma fu G. K. Chesterton il primo ad annoverare Jane Austen nella tradizione dell'eccentrico, del burlesque e della parodia, accanto ad autori come Chaucer, Defoe, Swift, Fielding, Sterne, Butler. Con uno scritto di Virginia Woolf.
LinguaItaliano
EditoreRogas
Data di uscita16 nov 2022
ISBN9791222024424
Juvenilia: La raccolta completa
Autore

Jane Austen

Jane Austen (1775-1817) was an English novelist. Her work, including such novels as Sense and Sensibility, Pride and Prejudice, and Emma, has long been celebrated for its feminism, humor, and unfiltered critique of British aristocratic society. Born the daughter of an Anglican rector, Austen was raised in the rural village of Steventon, in the south of England. Mostly self-educated—she was sent to school alongside her sister Cassandra until the family could no longer afford it—Austen’s earliest writing was done to entertain herself and her family. As her skill became apparent, however, her father George helped to bring her novels to publication, albeit anonymously, and Austen achieved moderate success and critical acclaim in her lifetime. It was not until after her death at the age of 41, however, that Austen’s work achieved the fame and notoriety it is associated with today. Her novels, which have rarely gone out of print, have inspired generations of readers as well as countless films, theater adaptations, and critical essays.

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    Anteprima del libro

    Juvenilia - Jane Austen

    Jane Austen

    Juvenilia

    La raccolta completa

    COLLANA

    DARCY

    Luglio 2017

    Rogas Edizioni

    © Marcovaldo di Simone Luciani

    via Cairano 22 – 00177, Roma

    Tel./Fax 0664800213

    e-mail: info@rogasedizioni.net

    sito web: www.rogasedizioni.net

    Facebook: Rogas Edizioni

    Twitter: @rogasedizioni

    Copertina realizzata da Paola Rollo

    La cura del progetto editoriale e delle note al testo è di Adalgisa Marrocco.

    La traduzione del Volume Primo è di Stefania Censi e Adalgisa Marrocco. I volumi Secondo e Terzo sono stati tradotti interamente da Stefania Censi.

    ISBN: 9788845294778

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice

    INTRODUZIONE - di Beatrice Battaglia

    Volume primo

    FREDERIC ED ELFRIDA

    JACK E ALICE

    EDGAR ED EMMA

    HENRY ED ELIZA

    LE AVVENTURE DI MR HARLEY

    SIR WILLIAM MOUNTAGUE

    LE MEMORIE DI MR CLIFFORD

    LA BELLA CASSANDRA

    AMELIA WEBSTER

    LA VISITA

    IL MISTERO

    LE TRE SORELLE

    A MISS JANE ANNA ELIZABETH AUSTEN

    UN FRAMMENTO SCRITTO PER INCULCARE LʼESERCIZIO DELLA VIRTÙ

    UNA BELLA DESCRIZIONE DEI DIFFERENTI EFFETTI DEL SENTIMENTO SULLE DIFFERENTI MENTI

    IL GENEROSO CURATO

    ODE ALLA PIETÀ

    Volume secondo

    AMORE E AMICIZIA

    LESLEY CASTLE

    LA STORIA DʼINGHILTERRA DAL REGNO DI ENRICO IV ALLA MORTE DI CARLO I

    RACCOLTA DI LETTERE

    FRAMMENTI

    Volume terzo

    EVELYN

    CATHARINE, OVVERO LA PERGOLA

    JANE AUSTEN A QUINDICI ANNI: POCHE ILLUSIONI SUGLI ALTRI E NESSUNA SU SE STESSA - di Virginia Woolf

    INDICE CRONOLOGICO

    INTRODUZIONE - di Beatrice Battaglia

    Tutti i più bei doni della musa comica: i Juvenilia di JA

    questo libro potrebbe insegnare

    che liberarsi della paura del diavolo

    è Sapienza

    Umberto Eco, Il nome della rosa

    Nessun saggio critico, per quanto perspicace, potrebbe mettere in risalto e illuminare l’ironica ambiguità dei grandi romanzi di Jane Austen meglio dei suoi juvenilia. Soprattutto oggi che, scardinata finalmente l’immagine tradizionale – Santa JA di Steventon Rectory e di Chawton Cottage – si continua a cercare The Real JA [Byrne, 2013]. Sì, perché nonostante l’immagine tradizionale non sia più sostenibile, essa permane nell’inconscio di traduttori e introduttori per via della semplicità e trasparenza della scrittura – semplicità e trasparenza del tutto apparenti.

    L’occultamento della ‘vera JA’, incominciato all’indomani della sua morte, come scrive il suo grande biografo, David Nokes, e culminato con la Memoir (1870) e le Letters (1884) dei nipoti, presentava una scrittrice limpida e trasparente, dotata di candida arguzia e di innocuo humour a scopo di puro divertimento, senza alcuna intenzione critica. Oscurando il contesto storico sociale e asserendo che i suoi personaggi erano frutto solo della sua fantasia, senza alcun riferimento reale, s’impediva così di cogliere il vero ‘genio’ della scrittrice: il burlesque, la parodia, l’ironia. La Austen non è mai del tutto seria; lei sta sempre rifacendo il verso a qualcuno, perfino alle sue narratrici, anche se, nei romanzi, in maniera tanto realistica e con un pennellino così sottile da trarci in inganno. La Austen è seria solo a livello della costruzione e della regia del romanzo; solo come autrice.

    Fin dal periodo vittoriano è esistito, seppure esiguo, un filone della critica austeniana sensibile alla sua facoltà camaleontica, al suo odio misurato, alla sua ironia come arma di difesa e d’offesa, ma bisognava aspettare gli studi tecnico narrativi e del contesto sociale e letterario degli ultimi decenni per poter smontare l’accusa, rivolta ai critici subversive, di astorico autobiografismo. E i juvenilia sono la prova regina, la conferma incontestabile e definitiva, se ce ne fosse ancora bisogno.

    La Austen aveva tutti i più bei doni della musica comica, come scriveva nella Biographical Notice il fratello prediletto Henry, che tanto li ammirava quei doni da consegnarcene (imprudentemente per il decoro dei nipoti vittoriani) un’ulteriore conferma. Racconta Henry che il giorno prima di morire Jane Austen scrisse dei versi, a matita perché era ormai così debole da non reggere la penna; e quell’ultimo frutto della sua ispirazione cosa mai poteva essere se non un burlesque? Un burlesque strambo e irruento come quelli dei juvenilia: un St Swithin, il patrono di Winchester, che inferocito scende dal cielo, sfondando il tetto della cattedrale per piazzarsi sull’altare e di qui imprecare contro i parrocchiani che preferiscono andare alle corse piuttosto che in chiesa!

    I juvenilia ci mostrano il suo mezzo espressivo più istintivo, in una parola come opera il suo ‘genio’. JA era una grande lettrice e non solo di narrativa: i juvenilia ci dicono del suo rapporto con la letteratura contemporanea, con la narrativa moralistica e sentimentale, con il teatro. Come scrisse A.W. Litz, JA è una literary novelist ed è quindi ovvio che, più si conosce il contesto, più si è in grado di apprezzare la sua scrittura parodica e il suo burlesque; ma il suo spirito comico è tanto autentico e irreprimibile che i juvenilia brillano di luce propria. E si tratta di lampi, flash, cambi luce improvvisi e violenti: la scrittrice dei juvenilia è inequivocabilmente " rebellious, critical and wild" [ribelle, critica e violenta]! proprio come scriveva David Nokes nel 1997 dando inizio alla svolta nella critica contemporanea.

    Per questo, perché sono così rivelatori della vera JA, i juvenilia non sono nemmeno citati nella seconda edizione della Biographical Notice del 1833, e lo sono appena di sfuggita nella prima edizione del Memoir del 1869. E sarà solo nella seconda edizione del Memoir del 1871 che il nipote E. Austen-Leigh ne pubblicherà uno – una commediola, The Mistery, più che altro per mostrare che si tratta di nonsense, ‘assurdità infantili’ (come dirà più tardi la nipote Augusta) che non vale quasi la pena di leggere. Il timore che la crudezza e la stramberia di questi scritti ‘infantili’ possano nuocere alla reputazione della scrittrice è ancora presente nella pubblicazione della prima raccolta completa ad opera di R.W. Chapman nel 1954 [ Minor Works, base per la selezione italiana del 1979]. Chapman, legato all’immagine della JA del Memoir, non fu mai davvero convinto del valore dei juvenilia e dell’utilità della loro pubblicazione, come dimostra il fatto che si ridusse a pubblicarli nell’ultimo volume dei Works of JA, dopo vent’anni dai primi cinque e costretto dall’interesse da essi suscitato presso i critici e soprattutto presso gli scrittori, come Chesterton e Virginia Woolf.

    I juvenilia sono le opere scritte da JA adolescente, dal 1787 al 1793, e corrette anche in seguito fino alla vigilia della pubblicazione di Sense & Sensibility. Contenuti, per un totale di 27, in tre quaderni manoscritti, intitolati dall’autrice come i volumi dei romanzi contemporanei, furono pubblicate in quest’ordine: Volume the Second nel 1922 [da G.K. Chesterton, London, Chatto & Windus]; Volume the First nel 1933 [da R.W. Chapman, Oxford, Clarendon Press] e Volume the Third nel 1951 [R.W. Chapman, Oxford]

    Delle varie vicende di pubblicazione Peter Sabor fa una ricostruzione minuziosa e puntuale; e altrettanto della ricezione, curiosità, interesse, diversi atteggiamenti interpretativi, suscitati soprattutto dalla prima pubblicazione con il titolo Love & Friendship ( Volume the Second). La Woolf è tra i primi ad esprimere la sua sorpresa ed ammirazione (nella nota recensione su The Common Reader); ma è Chesterton ad inserirla subito nella giusta tradizione, la tradizione dell’eccentrico, del burlesque, della parodia, in cui figurano Chaucer, Defoe, Swift, Fielding, Sterne, Butler.

    Paragonando Love & Friendship della quattordicenne scrittrice "ai grandi burlesque di Peacock o Max Beerbhom, Chesterton vi riconosce la stessa molla dell’ispirazione di Gargantua e di Pickwick: la gigantesca ispirazione del riso." In Love & Friendship e nella History of England ecco finalmente la JA elementare, scrive in un’altra recensione la scrittrice americana Zona Gale.

    L’immediato successo di Love & Friendship – nel giro di sette mesi ci furono quattro ristampe a Londra e altrettante a New York – è dovuto principalmente al fatto che i juvenilia o minor works sono considerati in un’ottica evolutiva soprattutto come esercizi preparatori per i sei romanzi; e questa interpretazione di JA che si esercita [V. Woolf, New Statesman] ha una notevole influenza (Q. D. Leavis, M. Mudrick, A.W. Litz) che arriva almeno fino al primo approfondito studio critico JA’s Literary Manuscripts, con cui Brian Southam avvia gli studi testuali nel 1964. L’interesse critico quindi, concentrandosi sulla fase di maturazione alla narrativa adulta, privilegia Evelyn e Catharine, or the Bower come preparazione a Northanger Abbey.

    Per arrivare a uno studio autonomo e apprezzare il valore intrinseco dei juvenilia però bisogna aspettare la critica femminista degli anni ‘80, e in particolare The Madwoman in the Attic di Gilbert & Gubar, in cui le eroine di Love & Friendship o di Letter from a Young Lady appaiono in tutto il loro impudente protofemminismo: Ho assassinato mio padre che ero ancora una bambina; e poi ho assassinato mia madre e ora mi accingo ad assassinare mia sorella. Ho cambiato religione così tante volte che non so se ne sia rimasta ancora qualcuna. Ho testimoniato il falso in tutti i processi pubblici che ci sono stati negli ultimi dodici anni…

    L’approccio femminista fa sì che l’ottica evolutiva si ribalti: non più pallide anticipazioni dei romanzi, ma semmai sono i romanzi ad apparire progressive attenuazioni dell’im­pulso e dei temi dei juvenilia; non più causa d’imbarazzo per i critici, ma fertili campi d’indagine; anarchici e traboccanti di turbolenta gaiezza li definisce Richard Jenkins, paragonandoli ai Monty Python del XX secolo.

    Pur non essendo sempre necessaria la conoscenza del contesto sociale e letterario (come per es. in Fredric and Elfrida – 1787) è indubitabile che più essa è ampia, più spiccano in tutta evidenza la forza, l’elasticità, la puntualità, la spietatezza, per non dire l’amoralità, di questi burlesque che sembrano avere dietro l’esperienza di un vecchio. È soprattutto la parodia letteraria e della narrativa in particolare ad essere insuperabile, esilarante nella sua assoluta economia: non una sbavatura, perfetta la padronanza, propria del talento innato, di tutti gli espedienti del comico, dal ridicolo dei fatti al ridicolo dell’eloquio come elencati nel Nome della rosa, dal high burlesque al low burlesque al nonsense, dal ritmo della narrazione al tempo delle battute del dialogo. Fin da Volume I si conferma, come critico austeniano di lungo corso ho sempre pensato, che JA avrebbe fatto volentieri la commediografa se solo la sua condizione sociale glielo avesse consentito.

    Ci sono nei juvenilia tipi, situazioni, motivi, espedienti, che ritroveremo nei sei romanzi – Lady Greville di A Collection of Letters che diventa la Lady Catherine de Bourgh di Pride and Prejudice, per es. – e non sempre l’abbassamento del tono giova all’effetto comico: l’incisività del comico dipende dalla brevità; il burlesque non regge alla lunghezza. E qui si apre il grande tema critico del passaggio dal burlesque all’ironia – preliminare indispensabile per capire la grandezza dei romanzi austeniani: vere e proprie ‘parodie ironiche’ che sole possono giustificare il persistente successo e l’ag­gettivo ‘immortale’ oggi attribuito a JA.

    Questo libro potrebbe insegnare, per parafrasare Eco, che liberarsi della paura dell’autorità è sapienza. La giovane JA infatti è dissacrante, contro ogni tipo di autorità, come nell’em­blematica commediola parodica Sir Charles Grandison. Per questo le sue lettere sono state tagliate e bruciate; per questo i juvenilia a lungo tenuti in ombra o addirittura nascosti. E oggi, che, davanti agli studi neostorici e culturali, le varie coperture e stereotipi si vanno dissolvendo, la rilettura dei juvenilia s’impone come la strada maestra per apprezzare in tutta la sua genuinità e grandezza lo spirito comico di JA.

    Beatrice Battaglia

    Riferimenti bibliografici

    Alexander Christine & McMaster Juliet (eds), The Child Writer From Austen to Woolf, Cambridge, 2005

    Austen Henry, A Biographical Notice, London, 1818

    Battaglia Beatrice, La zitella illetterata. Parodia e ironia nei romanzi di JA, (2 nd ed.) Napoli, 2009; "La commedia nascosta di JA", in Austen Jane, Sir Charles Grandison, Roma, 2011

    Byrne Paula, The Real JA. A Life in Small Things, London, 2013

    Gilbert S. & Gubar S., The Madwoman in the Attic, New Haven and London 1980

    Gray J.D.(ed.), JA’s Beginnings: The juvenilia and ‘Lady Susan’, Ann Arbor, 1989

    Harding D.W., Regulated Hatred: An Aspect of the Work of JA, Scrutiny, March 1940

    Hutcheon Linda, A Theory of Parody, Urbana, 1985

    Jenkyns Richard A Fine Brush on Ivory: An Appreciation of JA, 2004

    Knox-Shaw Peter, JA and Enlightenment, 2004

    Lascelles Mary, JA and Her Art, Oxford, 1939

    Leavis Q.D. , "A Critical Theory of JA’s Writings ", Scrutiny, 12, 1944

    Litz A.W., JA. A Study of Her Artistic Development, London, 1965

    Mudrick Marvin, JA Irony as Defence and Discovery, Princeton, 1952

    Nokes David, JA A Life, London, 1997

    Poplowskj Paul, Happy Junketings: Carnivalesque Comedy in JA’s Juvenilia, in B. Battaglia and D. Saglia (eds), Re-Drawing Austen, Napoli 2005

    Sabor Peter, Introduction, Juvenilia, The Cambridge Edition of the Works of JA, 2006

    Southam Brian, JA’s Literary Manuscripts A Study of the Novelist's Development Through the Surviving Papers, Oxford, 1964

    Sutherland Kathryn (ed), J. Austen-Leigh A Memoir of JA and Other Family Recollections, Oxford, 2002

    Volume primo

    FREDERIC ED ELFRIDA

    Romanzo

    Alla signorina Lloyd

    Cara Martha [1] ,

    come umile testimonianza della mia gratitudine per la generosità da voi dimostratami recentemente, portando a termine il mio mantello di mussola, mi permetto di offrirvi questa modesta opera della vostra sincera amica,

    lʼAutrice

    Capitolo I

    Lo zio di Elfrida era il padre di Frederic: in altre parole i due giovani erano primi cugini da parte di padre.

    Nati tutti e due nello stesso giorno ed educati in una medesima scuola, non faceva certo meraviglia che la loro reciproca considerazione andasse oltre la pura e semplice buona educazione. Si amavano di un amore mutuo e sincero, tuttavia erano entrambi fermamente decisi a non violare le norme del decoro, confessando tale affetto allʼamato o a chiunque altro.

    Erano straordinariamente belli e talmente somiglianti che nessuno era in grado di distinguerli lʼuno dallʼaltra. Addirittura anche i loro più intimi amici non avevano altri elementi per riconoscerli, se non la forma del viso, il colore degli occhi, la lunghezza del naso e la diversità della carnagione.

    Elfrida aveva una cara amica alla quale scrisse, mentre questa si trovava in visita presso una zia, la seguente lettera:

    Alla signorina Drummond

    Cara Charlotte,

    vi sarei grata se durante il vostro soggiorno presso la signora Williamson voleste comprarmi un nuovo cappellino alla moda, che si addica al colorito della vostra

    E. Falknor

    Charlotte, incline per carattere a fare favori a tutti, tornando a casa, portò allʼamica il desiderato cappellino: in tal modo si concluse questa piccola avventura, con grande soddisfazione di ognuno.

    Al suo ritorno a Crankhumdunberry (grazioso villaggio di cui suo padre era il pastore), Charlotte fu accolta con vivissima gioia da Frederic e da Elfrida, i quali, dopo essersela stretta a turno al cuore, le proposero una passeggiata in un boschetto di pioppi che si estendeva dalla canonica fino a una verdeggiante radura costellata da una moltitudine di fiori variopinti e bagnata da un ruscello gorgogliante, il quale proveniva, attraverso un passaggio sotterraneo, dalla valle di Tempé.

    Erano in questo boschetto appena da nove ore o poco più, quando allʼimprovviso ebbero la piacevole sorpresa di udire la voce più incantevole cantare gorgheggiando questa strofa.

    Canzone

    Una volta pensai e credetti

    quel Damone innamorato di me

    ma ora mi accorgo che non è così

    e ho paura di esser stata ingannata.

    I versi erano appena terminati, quando i tre amici scorsero in una curva del sentiero nel bosco due eleganti giovani donne, si tenevano sottobraccio e, non appena li videro, presero un altro sentiero e scomparvero alla vista.

    Capitolo II

    Elfrida e i suoi compagni, avendo visto le due giovani donne quel tanto che bastava a far loro capire come non si trattasse né delle due signorine Green né della signora Jackson e di sua figlia, non poterono fare a meno di sorprendersi di fronte alla loro apparizione, ma quando alla fine si ricordarono di una nuova famiglia andata ad abitare da non molto nelle vicinanze del bosco, supposero a ragione che dovessero essere due di questi nuovi vicini e allora si affrettarono a tornare, ben decisi a non por tempo in mezzo nel fare la conoscenza di fanciulle tanto rispettabili e garbate.

    Fedeli a tale risoluzione, andarono quella sera stessa a porgere i loro rispetti alla signora Fitzroy e alle sue due figlie. Quando furono fatti accomodare in un elegante salottino decorato da festoni di fiori artificiali, rimasero fortemente impressionati dallʼapparenza seducente e dal leggiadro aspetto di Jezalinda, la maggiore delle due signorine; ma si erano seduti da pochi minuti, quando rimasero a tal punto incantati dallo spirito e dal fascino, dei quali rifulgeva la conversazione dellʼamabile Rebecca, da saltar su tutti e tre ed esclamare allʼunisono:

    «Bella signora, incantevole e affascinante, nonostante il vostro repellente strabismo, le vostre trecce unte e la schiena gobba: difetti la cui bruttezza non cʼè fantasia che possa dipingere o penna che sappia descrivere, io non so trattenermi dallʼesprimervi lʼentusiasmo suscitato in me dalle affascinanti doti della vostra mente, le quali doti ripagano ampiamente dellʼorrore che immancabilmente la vostra comparsa deve suscitare nellʼincauto visitatore al suo primo incontro con voi.

    I sentimenti da voi tanto nobilmente espressi circa le differenti qualità della mussolina indiana e di quella inglese, e lʼassennata preferenza da voi accordata alla prima delle due, hanno suscitato in me una tale ammirazione, da poterne riuscire a dare unʼidea solo garantendovi che essa è quasi pari allʼammirazione che provo per la mia persona».

    Quindi, facendo una profonda riverenza allʼamabile e ancora tutta confusa Rebecca, lasciarono la stanza e si affrettarono verso casa.

    A partire da questo momento lʼintimità tra i Fitzroy, i Drummond e i Falknor aumentò di giorno in giorno fino a raggiungere un grado tale per cui non avevano più alcuno scrupolo a buttarsi reciprocamente a pedate fuori dalla finestra alla minima provocazione.

    Mentre regnava questo stato di buona armonia, la maggiore delle signorine Fitzroy fuggì con il cocchiere, e lʼamabile Rebecca venne chiesta in sposa dal capitano Roger del Buckinghamshire.

    La signora Fitzroy non approvava lʼunione, vista la tenera età della giovane coppia: Rebecca aveva appena trentasei anni e il capitano Roger poco più di sessantatré; per rimediare a tale opposizione, fu convenuto che dovessero aspettare un poʼ di tempo fino a quando non fossero diventati molto più grandi.

    Capitolo III

    Nel frattempo i genitori di Frederic proposero a quelli di Elfrida un matrimonio tra i loro ragazzi; lʼidea fu accettata con gioia; vennero acquistati gli abiti nuziali e non restava da stabilire nientʼaltro allʼinfuori del giorno.

    Quanto alla graziosa Charlotte, poiché sua zia la sollecitava impazientemente a farle unʼaltra visita, decise di accettare lʼinvito, e quindi si recò dalla signora Fitzroy per prendere commiato dallʼamabile Rebecca. La trovò in mezzo a nei posticci, cipria, pomate e belletti, con i quali stava tentando di porre rimedio alla naturale bruttezza del suo viso.

    «Mia amabile Rebecca, sono venuta a prendere commiato da voi perché devo trascorrere due settimane con mia zia. Credetemi, questa separazione mi è penosa, ma è necessaria quanto lʼoccupazione in cui voi ora siete impegnata».

    «Per dirvi la verità, mia cara», replicò Rebecca, «ultimamente mi sono messa in testa (forse a torto) di avere una carnagione assolutamente non allʼaltezza del resto del mio viso e quindi, come potete vedere, sono ricorsa al belletto bianco e al rosso, ma disdegnerei di usarli in qualsiasi altra circostanza in quanto odio lʼartificio».

    Charlotte, avendo perfettamente inteso il significato delle parole dellʼamica, era troppo buona e gentile per rifiutare quel che sapeva essere il desiderio di Rebecca: un complimento; si separarono come le migliori amiche del mondo.

    Col cuore gonfio e gli occhi umidi Charlotte salì sullʼincantevole vettura postale destinata a portarla via dagli amici e dalla famiglia, ma, afflitta comʼera, non poteva certo immaginare in quale strana e ben diversa maniera ella sarebbe ritornata.

    Al suo arrivo a Londra, dove abitava la signora Williamson, il postiglione, la cui stupidità era sorprendente, affermò, e affermò senza traccia di vergogna o rimorso, di non avere la più pallida idea, non essendone stato minimamente informato, di quale fosse la zona della città verso cui doveva dirigersi.

    Charlotte per sua natura, lo abbiamo già accennato, provava sempre un vivo desiderio di fare cortesie a tutti, e quindi lo informò, con la più grande condiscendenza e amabilità, che doveva portarla a Portland Place; egli fece così e ben presto la fanciulla si ritrovò tra le braccia di una zia amorevole.

    Si erano appena sedute, come loro abitudine, su una sola sedia, nel più affettuoso degli atteggiamenti, quando allʼimprovviso si aprì la porta e un anziano signore, col volto giallastro e con un vecchio soprabito rosa, cadde, un poʼ per intenzione e un poʼ per debolezza, ai piedi della leggiadra Charlotte nellʼatto di dichiararle il suo affetto e implorare pietà con gli accenti più toccanti.

    Ella, non essendo capace di prendere una decisione tale da rendere infelice qualcuno, acconsentì a divenire sua moglie; lʼanziano signore lasciò allora la stanza e tutto tornò tranquillo.

    Ma la loro pace non durò per molto, perché, con lʼaprirsi della porta per una seconda volta, fece il suo ingresso un uomo giovane e bello con indosso un soprabito nuovo, blu, il quale supplicò dallʼadorabile Charlotte il permesso di farle la corte.

    Un certo non so che nellʼaspetto di questo secondo sconosciuto influenzò positivamente Charlotte nei suoi confronti, proprio come lʼaveva influenzata lʼaspetto del primo: ella non sapeva come spiegarselo, ma era così.

    In conseguenza di ciò e di quella naturale tendenza del suo carattere ad accontentare tutti quanti, promise al giovane di divenire sua moglie lʼindomani mattina, lui prese congedo e le due signore si apprestarono a cenare con una giovane lepre, una coppia di pernici, tre fagiani e una dozzina di piccioni.

    Capitolo IV

    Solo lʼindomani mattina Charlotte si ricordò della doppia promessa con la quale si era impegnata, e in quel momento la considerazione della follia compiuta agì con tanta violenza sulla sua mente, da indurla a rendersi colpevole di una follia ancora maggiore; fu così che si gettò nelle acque profonde di un torrente, che scorreva attraverso il giardino ornamentale di sua zia a Portland Place.

    Il suo corpo galleggiò fino a Crankhumdunberry, dove venne ripescato e sepolto; sulla tomba fu posto il seguente epitaffio, composto da Frederic, Elfrida e Rebecca:

    Epitaffio

    Qui giace la nostra amica. Aveva promesso

    di andare sposa a due uomini diversi,

    e allora gettò il suo dolce corpo e il suo grazioso viso

    nel fiume che scorre attraverso Portland Place.

    Non è mai accaduto a nessuno di passare da quel luogo e di leggere questa dolce composizione poetica, tanto patetica quanto bella, senza versare un fiume di lacrime; e se non suscita in te, lettore, la stessa reazione, vuol dire che il tuo animo non è degno di conoscerla.

    Avendo adempiuto lʼultimo triste dovere nei confronti dellʼamica scomparsa, Frederic ed Elfrida, insieme al capitano Roger e a Rebecca, ritornarono dalla signora Fitzroy e di comune accordo si gettarono ai suoi piedi, rivolgendole le seguenti parole:

    «Signora, quando il caro capitano Roger incominciò a corteggiare lʼamabile Rebecca, voi sola vi opponeste alla loro unione a causa della tenera età di entrambi. Una simile scusa non ha più ragion dʼessere, perché ormai si sono estinti sette giorni e si è estinta anche la deliziosa Charlotte, da quella prima volta in cui il capitano vi ha parlato della questione.

    Acconsentite dunque, signora, alla loro unione e come ricompensa questa boccetta di sali che stringo nella mano destra sarà vostra e vostra per sempre, non la richiederò mai indietro. Ma se vi rifiutate di unire le loro mani entro i prossimi tre giorni, il pugnale che stringo nella sinistra si bagnerà nel sangue del vostro cuore.

    Parlate dunque, signora, e decidete il loro destino e il vostro».

    Una persuasione così dolce e gentile non poteva mancare di sortire lʼeffetto desiderato. Ricevettero la seguente risposta:

    «Miei cari, giovani amici, gli argomenti da voi usati sono troppo giusti ed eloquenti per potervisi opporre: Rebecca, entro tre giorni andrete sposa al capitano».

    Questo discorso, poiché non poteva essere più soddisfacente di così, fu accolto con gioia da tutti; era tornata a regnare la pace, e quindi il capitano Roger pregò Rebecca di far loro lʼonore di cantare una canzone; ella prima giurò di avere un terribile raffreddore, e poi accondiscese alla richiesta

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