Il vampiro
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John William Polidori
(1795-1821) è stato un medico, scrittore e poeta britannico, segretario e medico personale del poeta George Byron. È famoso per aver scritto Il vampiro, uno dei primi racconti della letteratura moderna su questa creatura leggendaria.
John William Polidori
John William Polidori (1795-1821) was an English writer and physician, known for his involvement in the Romantic movement. After Polidori received his doctorate in medicine, he was employed by Lord Byron, acting as his personal physician who traveled through Europe with him. Paid to journal the experience, Polidori began his writing career at this time as well. He wrote plays, poems, novellas, and non-fiction, but is best known for innovating the vampire genre in fantasy fiction with his famous novel The Vampyre.
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Anteprima del libro
Il vampiro - John William Polidori
Tavola dei Contenuti (TOC)
Il Vampiro
Un mistero della campagna romana
EC624.Il.vampiro.jpge-classici.jpg624
Titoli originali: The Vampire, A Mystery of the Campagna
Traduzione di Erberto Petoia
© 2024 Newton Compton editori s.r.l.
Prima edizione ebook: aprile 2024
ISBN 978-88-227-8750-7
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica realizzata da Punto a Capo, Roma
John William Polidori
Il Vampiro
seguito da
Anne Crawford
Un mistero
della campagna romana
Traduzione e cura di Erberto Petoia
OMINO-1.tifNewton Compton editori
Introduzione
Il vampiro ha legato indissolubilmente il proprio nome a una forma, piuttosto che a un genere letterario, fiorita parallelamente al Romanticismo inglese, che si affermò verso la metà dell’Ottocento.
Ricercandone l’origine, viene naturale pensare a un certo manierismo dell’orrore che, consolidatosi in Inghilterra sul finire del Settecento, e in cui confluirono un’immensa varietà di influenze culturali, a partire da Shakespeare e da Ossian, aveva avuto come massimi esponenti Horace Walpole e Ann Ward Radcliffe. Una forma che, situatasi tra gli estremi letterari dell’Aufklärung e del Romanticismo, aveva dato vita a quella corrente nota come novelist of the terrific school. L’impostazione di questi racconti si basava su un rigido schematismo che imponeva elementi e situazioni d’obbligo. Il primo racconto che, staccandosi dalla corrente della terrific school, si riavvicinava alle posizioni del romanzo fu senz’altro The Vampire, di John William Polidori.
Di origine italiana, nato a Londra il 7 settembre 1795, figlio di Gaetano Polidori, segretario di Vittorio Alfieri, Polidori rappresenta una curiosa figura di medico e scrittore. Laureatosi a Edimburgo all’età di vent’anni circa, fu per gran parte della sua breve vita medico e segretario personale di Byron, al quale era legato da un rapporto ambivalente: una morbosa amicizia, cui si contrapponeva un odio non meno esasperato; sentimenti, pare, ricambiati da Byron. Polidori concluse tragicamente la sua esistenza: dopo la rottura con il poeta e un periodo di ristrettezze economiche, non potendo saldare un debito d’onore, si diede la morte con «un sottile veleno di propria composizione» nell’agosto del 1821.
Pur essendo autore di un lungo racconto, di alcuni saggi e poesie, la sua figura nel panorama letterario inglese viene ricordata esclusivamente per The Vampire, composto nel 1816, che rappresenterà una pietra miliare non solo per quanto concerne l’elaborazione letteraria della figura del vampiro, ma per il suo protagonista destinato a diventare l’archetipo dell’eroe malvagio del romanzo nero. Liberato dalle incrostazioni folkloriche della credenza slava ed eliminati tutti i contenuti prosaici, il vampiro di Polidori (e in seguito i suoi epigoni) perde tutte le connotazioni rozze e popolari per diventare un raffinato aristocratico, un gentleman, alto e smunto, vestito di nero e perennemente assetato di sangue, soprattutto sangue di belle fanciulle. Il viso pallido e lo sguardo terribile e penetrante contribuiscono a conferire a questa figura dannata e solitaria un fascino nuovo e sinistro. Le caratteristiche del personaggio di Polidori diventeranno parte integrante dell’uomo fatale, tanto in voga tra i romantici e ancor prima nei romanzi inglesi dell’orrore. Certi elementi, infatti, ricorreranno in seguito con insistenza e, uniti a quelli tipici del vampiro, ci daranno il perfetto modello del genere, che si incarnerà poi in quello che ne è considerato il capolavoro: il Dracula di Stoker.
La genesi della novella, apparsa per la prima volta nel 1819 sul New Monthly Magazine, è alquanto singolare. Nel giugno 1816 Byron, Polidori, Shelley e la sua futura moglie Mary Wollstonecraft, si trovavano a Villa Diodati sul lago di Ginevra. Sin dai primi giorni di permanenza a Villa Diodati, le cose sembrarono non andar bene, e i rapporti furono, inoltre, esasperati dal tempo sempre freddo e piovoso. Scrive Mary Shelley, nell’introduzione del 1831 del suo Frankenstein: «Quell’estate risultò fredda e uggiosa, piogge interminabili ci costrinsero a casa per giorni. Trovammo per caso alcuni volumi di storie di fantasmi, tradotti dal tedesco in francese». Così Byron propose che ognuno di loro scrivesse una storia di fantasmi, e la sua proposta fu accettata. L’unica, a quanto sembra, a impegnarsi seriamente fu Mary Shelley, che compose il Frankenstein. Byron abbozzò la storia di due viaggiatori uno dei quali si rivela un vampiro, e quando muore fa all’amico una strana richiesta legandolo con un giuramento. Il racconto di Byron si ferma qui. Polidori, dopo aver fatto un tentativo con una storia che non riuscì a portare a termine, riprese ed elaborò il frammento di racconto di Byron. La trama è analoga, e analoga è persino la scelta geografica dove si svolge la maggior parte del racconto: la Grecia, tanto cara e al tempo stesso fatale a Byron.
Il personaggio a cui Polidori diede vita divenne l’incarnazione perfetta del «Byronic type», una parodia di Byron, con la quale l’autore sembra volersi rivalere dalle umiliazioni subite da quest’ultimo. Alla figura di questo vampiro non erano comunque mancati dei precedenti. Polidori si rifece infatti al Byron satanico descritto nel romanzo autobiografico di Lady Caroline Lamb, Glenarvon, apparso nel 1816. La Lamb, delusa dal marito, riuscì per un certo tempo ad attirare l’attenzione di Byron, ma la sua ossessiva presenza irritò il poeta, che alla fine fece di tutto per porre fine alla scomoda relazione. Per vendicarsi la Lamb rappresentò nel suo romanzo Byron nelle vesti del perfido e crudele Ruthven Glenarvon: da qui la scelta del nome di Ruthven, per il vampiro descritto da Polidori.
Buona parte degli elementi della novella sono retaggi della precedente tematica gotica. Inedita è invece la misteriosa richiesta, che costituisce anche il punto debole di tutto il racconto, e non sembra sufficiente a sostenere l’intera trama. Inoltre la storia ha ben poco a che vedere con il fatto concreto di succhiare il sangue e il suo argomento pressoché esclusivo è il sesso. Sebbene il protagonista abbia abitudini spiccatamente vampiresche, tuttavia i danni che arreca sono provocati più che altro da forme più convenzionali di seduzione e disonore. Il sovvertimento che provoca nel tessuto sociale è solo una conseguenza indiretta del suo comportamento. Infatti, Polidori insiste nel sottolineare che tutti coloro che sono rovinati dalla sua presenza e dalle sue attenzioni sono in realtà vittime della propria debolezza e dei propri vizi. Si tratta infatti di criminali, di giocatori, di truffatori, oppure semplicemente di persone deboli. Se Lord Ruthven diviene il sovvertitore e il trasgressore delle regole sociali, tutto ciò avviene con la collaborazione delle sue vittime; le tendenze represse o latenti vengono portate alla luce prepotentemente dalla sua presenza.
È interessante la valenza simbolica che viene attribuita a questo personaggio dalla lucida analisi del Punter: «Il più importante dei suoi particolari attributi è che, come i vampiri della leggenda centro-europea, si tratta di un aristocratico e sarebbe sciocco lasciarsi sfuggire l’ovvia connessione fra questo particolare e il suo potenziale sessuale. Quello che Lord Ruthven esercita sulle sue vittime è una sorta di droit de seigneur, quella sorta di privilegio sessuale assoluto che è concomitante al potere assoluto e che è al tempo stesso un prevedibile oggetto delle fantasie della classe media. Ruthven è in effetti modellato per certi versi su Byron, ma questo è meno importante, Ruthven non è la rappresentazione di un individuo mitizzato ma di una classe mitizzata. Egli è morto e tuttavia non lo è, così come il potere dell’aristocrazia all’inizio del XIX secolo era e non era morto; egli esige sangue perché