L'arrogante
Di Anna Molari
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Anteprima del libro
L'arrogante - Anna Molari
Anna Molari
L’arrogante
Ambientato in un centro per minori extracomunitari, L’arrogante vede come protagonista Nina, un’educatrice che si trova coinvolta nelle indagini relative al cruento omicidio del direttore della struttura, uomo il cui destino sarà segnato dal proprio carattere. Il contributo di Nina sarà decisivo per la risoluzione del caso, affidato al giovane commissario Franceschi.
Capitolo 1
Quella mattina Nina si svegliò di soprassalto, come se un pugno l’avesse colpita al petto tirandola via con forza da quel sonno profondo, facendola ritrovare in mezzo al letto senza la coperta, sudata ma con la pelle d'oca, un misto di caldo e brividi, con quella confusione che accompagna sempre le prime luci dell'alba, quando tutto per qualche attimo sembra strano e indescrivibile.
Non le era mai successo di sentire dentro di sé quell’ansia che solitamente rimane così intensa solo dopo un brutto sogno, ma Nina non ricordava assolutamente di aver fatto alcun incubo.
La ragazza rimase ancora qualche minuto a letto a fissare il soffitto e a cercare di dare una risposta al suo anomalo stato d'animo.
Nina poté concedersi solo poco tempo per cercare di capire dove fosse e del perché di tutta quella confusione in testa, quando, ad un tratto, la sveglia cominciò a suonare con quello squillo fastidioso che, mai come quella mattina, avrebbe voluto far smettere.
Velocemente, dopo la solita doccia e il solito caffè, si vestì e, presa la bicicletta, si diresse al lavoro, come ogni giorno da circa due anni.
Nina faceva l'educatrice in un centro per minori. Adorava quel ruolo, aveva faticato tanto per laurearsi e quando le era stata offerta la possibilità di dimostrare al mondo quello che aveva imparato, da subito lo aveva accettato con entusiasmo ed energia mettendo tutta se stessa in ogni cosa che c’era da fare.
Costruito agli inizi degli anni ‘70, l'istituto dove lavorava era esternamente brutto e povero di colori, ma già dal suo ingresso la visione cambiava in maniera estrema, assurdo per chi non conosce questi ambienti, ma tanto logico per chi ci lavora da anni. L’estetica è la prima carta che ogni impresa che esercita nel sociale, gioca al momento dell’arrivo di visitatori e medici, tutto deve sembrare estremamente accogliente e familiare, solo così scatta il tanto ambito sì
fate al caso nostro.
Nel centro vi erano molte piante e fiori, pareti con quadri moderni, poltrone, tavoli e scaffali ricolmi di libri mai letti, che però rendevano intellettualmente all’altezza il luogo. Il fatto che al suo interno risiedessero ragazzini extracomunitari, trascinati
lì da assistenti sociali, assieme ad una cartellina personale fatta di poche pagine era molto relativo per i proprietari della struttura.
Quei fogli, che accompagnavano obbligatoriamente l’arrivo dei bambini, sintetizzavano in poche righe tutto il loro passato. Tuttavia, soltanto i minori potevano essere accettati. Infatti, raggiunta la maggiore età, la società li riteneva pronti ad affrontare il mondo senza più l'aiuto di nessuno e non permetteva loro di vivere all’interno di queste strutture perché dichiarati forti e adulti.
Nina era sempre stata contraria a questo principio, che riteneva superficiale. In cuor suo, la ragazza sperava che un giorno, la vita di quei poveri ragazzi sarebbe stata tutelata fino al massimo del loro bisogno e ben oltre. Sapeva però che la lotta per aiutare queste giovani creature, dichiarate ormai uomini, sarebbe stata molto dura e difficile.
Nella maggior parte dei casi, questi ragazzi erano figli abbandonati o scappati da casa e trovati a chiedere l'elemosina lungo il ciglio della strada o a dormire sulle panchine delle stazioni ferroviarie. Una volta portati al centro, venivano subito lavati, per toglier loro di dosso ogni sporcizia e poter quindi in maniera elegante e ripulita far nuovamente parte di quel mondo definito civile, basato su inutili profumi e semplice senso estetico.
Ad ogni nuovo ingresso, Nina veniva ragguagliata dagli assistenti sul come agire, visto che, a sentir loro, questi piccoli erano tutti violenti e aggressivi.
Nina li ascoltava con attenzione e pazienza, sapendo già, che la realtà di questi ragazzi, era solo disperazione e solitudine.
Lei sapeva cosa fare, quindi annuiva agli assistenti, prendeva le cartelle, le portava in ufficio e poi, da zero, cominciava con ogni bimbo un percorso di conoscenza e aiuto. Per ogni volta che Nina agiva con amore e pazienza, ne usciva vincitrice e con un affetto in più nel cuore.
Quel giorno, appena arrivata al centro, dopo aver parcheggiato la bici al solito posto, Nina si accorse che all'ingresso c'erano tante persone, almeno una decina, che in maniera concitata parlavano tra loro, cosa molto strana visto l'orario. Nell'avvicinarsi, vide con sorpresa due volanti della polizia parcheggiate vicino al centro. Mentre la sua testa cercava di capire il perché di tutto ciò, fu scossa dal rumore infernale della sirena di un’ambulanza che si fermò davanti all'ingresso. Da essa scesero tre ragazzotti con una barella seguiti da un uomo con il camice bianco.
Che diavolo sta succedendo?
Aumentando i passi e sempre più confusa da tutto quello che vedeva,