La casa dietro la collina
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Info su questo ebook
Quale tremendo segreto può trattenere nell'oscurità di una stanza sigillata?
Una giovane donna decide di credere all'impossibile. Decide che la figura femminile che le appare alla finestra di una misteriosa casa vuota, non è un'allucinazione.
Sente che c'è una cosa vera dietro i vetri di quella finestra e rispondendo al suo disperato bisogno di aiuto, salva e libera anche se stessa.
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Anteprima del libro
La casa dietro la collina - Patrizia Graglia
LA CASA DIETRO LA COLLINA
A Viola
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L’aveva guardata come si guarda una pazza. Era stato un errore dirglielo.
Con l’unica compagnia dell’orologio a pendolo che la cullava con il suo invariato ticchettio, Diana rifletteva sulla giornata appena trascorsa rannicchiata in un angolo del divano.
Nessuno le era sembrato più indicato a darle conforto, lui che conosceva la sua famiglia da sempre, che era stato il migliore amico di suo padre e l’aveva vista crescere.
Soltanto con lui che era medico e la conosceva così bene, si era sentita di aprirsi. Ma era stato uno sbaglio.
Una debole luce dorata si allungava nel salotto filtrando dalle pieghe delle tende. Diana teneva lo sguardo fisso davanti a sé. Accovacciata con le gambe al petto, il mento appoggiato alle ginocchia, guardava l’ultima luce del giorno che si faceva sempre più fioca tra la seta ondulata, e i suoi pensieri scorrevano cupi su quelle onde. La riportavano là, dove era stata qualche ora prima, nello studio del vecchio amico di papà. Anche là seduta, su una poltrona di pelle la cui rigidità non l’aveva messa per niente a suo agio, anche là con la luce che le accarezzava il viso, la luce di quella grande finestra dai vetri colorati che la faceva sognare quando era bambina. Quel pomeriggio non ci aveva quasi fatto caso. La grande finestra alle spalle del dottore non aveva attirato la sua attenzione perché quel pomeriggio non era in vena di fantasticare. La fantasia, che era sempre stata la sua forza, non poteva aiutarla in quel momento della sua vita. Era la razionalità assoluta, la lucidità più fredda e distaccata quello di cui ora aveva disperatamente bisogno. E dall’amico di famiglia l’aveva trovato, proprio come aveva previsto; ma non nel modo in cui se lo aspettava.
Non si aspettava di vedere quell’espressione nel volto dell’uomo che avrebbe dovuto rassicurarla. Era stata un’espressione di sorpresa e di preoccupazione, un fuggevole corrugarsi della fronte, quasi impercettibile, che però lei aveva colto. Certo, considerando l’assurdità di quello che si era sentito dire, una manifestazione di perplessità era più che comprensibile, ma quel lampo di spavento negli occhi, che subito dopo si socchiudevano e la guardavano quasi con sospetto, no, quello non l’aveva messo in conto. Non aveva considerato la possibilità che la guardasse come una pazza.
Era un po’ l’idea di tutti, dopo la morte di papà. Tutti pensavano che per lei fosse stato un trauma, una ferita che niente, neanche il tempo, potesse rimarginare. Tutti pensavano che quella perdita l’avesse sconvolta, segnata per sempre, al punto da perdere una parte di sé. E forse era vero… però non era la ragione che aveva perso.
Si era detta che era meglio tagliare corto, aveva avuto la spiegazione che voleva in fin dei conti; sì, era come diceva lui, sicuramente era andata così: un’allucinazione. Si era mostrata convinta, aveva persino riso di se stessa, facendolo sorridere a sua volta. Era sempre stata brava a recitare. E poi, rientrata a casa, era subito andata a cercare su Internet: allucinazione da stress post-traumatico
. Si era soffermata su alcune pagine ritrovandovi più o meno le parole del dottore. Non era niente di reale quello che aveva visto in quella casa, non era una persona vera la ragazza che si era affacciata alla finestra e tanto meno un fantasma - davvero credeva che esistessero? - era un prodotto della sua mente, il dolore che si era materializzato prendendo le forme di quella giovane donna. Questo le aveva detto guardandola fisso negli occhi, con una persistenza indagatrice che l’aveva fatta rabbrividire.
Avrebbe voluto fargli alcune domande per capire meglio e mettersi l’animo in pace. Soprattutto avrebbe voluto chiedergli quanto poteva durare un’allucinazione e se poteva ripetersi identica una volta interrotta; avrebbe voluto sapere se era possibile interagire con quello che si vedeva… parlarci. Ma si era resa conto che non poteva farlo, avrebbe soltanto accresciuto il suo timore che qualcosa in lei non andasse.
E se fosse stato davvero così? Se qualche ingranaggio nel suo cervello si fosse inceppato?
Diana si prese la testa tra le mani, chiuse gli occhi e rimase immobile a pensare. Stava cercando