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Paesaggio Virtuale. La via Francigena da Monteriggioni a San Gimignano
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Paesaggio Virtuale. La via Francigena da Monteriggioni a San Gimignano
E-book283 pagine3 ore

Paesaggio Virtuale. La via Francigena da Monteriggioni a San Gimignano

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Info su questo ebook

La ricostruzione tridimensionale del paesaggio, l’identificazione del percorso, la profondità della storia, la religiosità delle colline. L’affresco di un mondo scomparso che si incamminava tra boschi cedui e campi di grano, tra chiese e castelli, tra uomini. Uno studio accurato ma allo stesso tempo piacevole e leggero come le colline tra Monteriggioni e San Gimignano.
LinguaItaliano
Data di uscita7 nov 2014
ISBN9788891162427
Paesaggio Virtuale. La via Francigena da Monteriggioni a San Gimignano

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    Anteprima del libro

    Paesaggio Virtuale. La via Francigena da Monteriggioni a San Gimignano - Leonardo Massi

    AUTORE

    Ad Anna Maria Peli e Giorgio Massi

    TITOLO:

    Paesaggio Virtuale. La Via Francigena tra Monteriggioni e San Gimignano.

    AUTORE:

    Leonardo Massi - email: leonardomassi@ymail.com

    ISBN: 9788891162427

    © Tutti i diritti riservati all'Autore.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenzo dell'Autore.

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE) - Italy

    info@youcanprint.it

    RINGRAZIAMENTI

    Questo scritto è la riproposizione della mia tesi svolta per una seconda laurea conseguita all’interno del corso di laurea in Studi geografici ed antropologici nel 2011.  Ovviamente la parte tecnica è sempre soggetta ad ulteriori aggiornamenti ma il grosso del lavoro poggia su una solida intelaiatura di ricerca storica finalizzata alla ricostruzione del paesaggio.

    Non posso non iniziare altrimenti che con dei ringraziamenti. Un approccio multi disciplinare all’argomento mi ha portato a chiedere consiglio a molte persone provenienti da differenti ambiti accademici: dallo storico prof. Salvestrini all’architetto P. Pazzaglia, dall’ing. M. Palombo al tecnico S. Magi, dal dott. M. Michelacci alla prof. M. Azzari, e, per ultimo ma non l’ultimo, a Pc Pfui Pfnet (quest’ultimo contattato in internet e mai conosciuto personalmente, è stato una fonte di puntuali informazioni tecniche e di disponibilità). Inoltre vorrei esprimere la mia gratitudine ai prof. Desideri e Nocentini per avermi dato un brillante esempio di ricerca accademica durante corsi universitari relativi alla mia prima laurea magistrale ed al dottorato di ricerca.  Un grazie particolare a Georgiana Gherghina, Veronica Massi, Francesca Massi ed Andrea Tanci per l’immancabile appoggio.  A tutti loro, a parziale contropartita dell’aiuto prestatomi, voglio esprimere la mia gratitudine.  Ad ogni modo, ogni possibile errore presente in questo scritto è esclusivamente imputabile al sottoscritto. 

    INTRODUZIONE

    Parliamo di una via e del suo paesaggio, un connubio che in certe epoche è impossibile da scindere.  Ci si immergerà qua in una di queste epoche.  Siamo nel Medioevo tra le colline Toscane comprese tra due dei borghi più belli che fatica umana abbia mai eretto.  E con non meno fatica è stato eretto il loro paesaggio circostante.  La via è la Francigena, la strada maestra che collegava tutta l’Europa cristiana d’occidente a Roma.  La ricostruiremo e la assaporeremo in ogni suo più piccolo elemento.  Ben sapendo però che ogni ricostruzione storica parte da uno specifico momento presente.

    Nell’ambito della storia umana, solo raramente si può intendere per via quel ben delimitato e uniforme spazio che si srotola come un filo di gomitolo di lana da un punto ad un altro di uno spazio antropizzato, là dove si incanala un flusso umano che si muove in una relativamente ordinata maniera.  In Europa e nelle zone dell’attuale Maghreb sotto la potenza dell’impero Romano queste vie diventavano strade[1].  Lo stupore dell’ Adriano di Yourcenar di fronte alle strade che l’impero andava donando al mondo non doveva essere maggiore dello stupore di ingegneri, schiavi e condannati, che con le loro stesse mani le realizzavano.  Lo stupore di un Gallo, di un Sarmata, di un barbaro germanico o di un Bretone, uomini che vivevano immersi nella natura dei loro luoghi, non doveva essere minore al cospetto di strade ed acquedotti che portavano uomini ed acqua dove erano richiesti, senza il permesso degli dei.  Solo così forse si spiega come mai l’impero Romano sopravvisse per altri duecento anni dopo i Severi basandosi quasi esclusivamente sul timore reverenziale che le sue opere suscitavano.  La particolarità dell’impero Romano non è minore della particolarità della strada.  Oggi le vie sono identificabili con le strade, ma prima e dopo l’Impero romano, le vie erano degli spazzi che solo saltuariamente si prestavano all’uso umano.  

    Facciamo un esempio pertinente all’oggetto dello studio qua proposto e riguardante la dissimulazione della via all’interno di un territorio.  Nella primavera del 1575, inoccasione del giubileo, la confraternita fiorentina della ss. Trinità iniziò il suo viaggio verso Roma.  Da Firenze arrivarono a Castellina in Chianti e da qua i nostri pellegrini ebbero la necessità di essere accompagnati da una guida per raggiungere Siena e quindi ricongiungersi alla via maestra per Roma, ovvero l’antica via Francigena.  Guida che tra l’altro non fu nemmeno a buon  mercato considerando i 20 soldi che costò[2].  Il lavoro che qua noi presentiamo è una ricostruzione di uno specifico tratto della via Francigena, tratto immediatamente precedente a quello dove i nostri pellegrini post-tridentini si immisero nel loro pellegrinaggio per Roma.  Se questo tratto risulta essere immediatamente contiguo nello spazio a quello sopra menzionato, è anche, all’opposto, da collocare ben più lontano nel tempo.  I nostri pellegrini affrontarono il viaggio verso la fine del XVI sec., noi ci proponiamo di indagarlo nel pieno del basso Medioevo, all’ incirca tre secoli indietro.  Ciò nonostante il fatto presentato in apertura ci fa comprendere quali fossero all’epoca le caratteristiche delle strade, anche delle più transitate come quelle romeeTranne poche eccezioni, non si distinguevano particolarmente dalla viabilità secondaria, né per le dimensioni né per la qualità del percorso stradale. (Stopani)[3] E si consideri non solo che la nostra ricostruzione avviene per un periodo del basso Medioevo e quindi presumibilmente meno soggetto a manutenzione e meno dotato di infrastrutture e mezzi rispetto al 1575, ma anche e soprattutto l’enfasi posta dalle istituzioni ecclesiastiche sul giubileo del 1575, il primo dopo la controriforma.  Enfasi che investiva tutte le altre istituzioni politico-laiche dei vari territori su cui si muoveva il flusso umano del pellegrinaggio, chiamate a vegliare e a sovrintendere negli ambiti di viabilità loro competenti.

    È bene quindi fin da subito puntualizzare una questione che ritornerà spesso lungo questo percorso di ricostruzione.  La felice espressione ormai di uso comune che riferendosi ai percorsi e alle strade del Medioevo, le appella con la denominazione di percorsi-territori.  Definizione idonea a descrivere le vie medioevali consistenti non tanto in vere e proprie vie selciate, a parte rare eccezioni basate per la maggior parte sul riutilizzo delle antiche vie romane, ma piuttosto in ampie fasce di terra dove per carreggiata, se così la vogliamo chiamare, è da intendersi l’intero territorio compreso tra due punti focali di passaggio, che potevano essere centri abitati, ponti, sorgenti, valichi.  La strada è un’ampia fascia di territorio che attraversa alcune strozzature, alcuni colli di bottiglia.  Non si tratta di quel tipo di strada che come si diceva all’inizio si srotola come un filo di lana all’interno di un territorio, è il territorio stesso che funge da vera e propria strada.  Territorio che come vedremo ha in questi ambiti tutto il diritto di potersi fregiare del titolo di paesaggio (vedere in proposito il sotto-capitolo 4.2).  L’unità tra strada e paesaggio è quindi in questo caso un’unità tangibile, effettiva.

    Qua noi ci proponiamo la ricostruzione del tratto della via Francigena compreso tra San Gimignano e la zona di Monteriggioni.  Diciamo la zona di Monteriggioni in quanto Monteriggioni stessa compare piuttosto tardi nel panorama del contado senese e della vita della via Francigena: nel 1213.  Ma sia per la funzione che da lì in poi andrà svolgendo, fino alla fine del periodo medioevale, sia per il suo inconfondibile profilo che caratterizza ormai l’intera zona ad esso circostante, non possiamo non inglobare Monteriggioni nella nostra ricostruzione.  Ricostruzione d’altronde finalizzata ad una resa 3D del panorama storico del tratto della via Francigena passante per quei luoghi, panorama in cui la bellezza di Monteriggioni non poteva essere ignorata.  Anzi, proprio per questo, se da un lato la ricostruzione storica e la ricostruzione puntuale frutto di ricerche di archivio elaborate tramite il software Arcgis, investe tutto il tracciato tra San Gimignano e Monteriggioni, dall’altro lato la ricostruzione propriamente 3D coinvolge solo ed esclusivamente Monteriggioni e la zona limitrofa.

    Nella zona subito a nord di Siena, la via Francigena si dirama in numerose varianti alternative tra loro.  La scelta di ricostruire il tratto tra San Gimignano e Monteriggioni, anzichè tratti opzionali ad esso, è motivata da diversi fattori.  La descrizione più antica del percorso di via Francigena passante per la val d’Elsa, ed in questi ambiti di ricostruzione territoriale più antica fa rima con più suggestiva, è quella data dall’arcivescovo di Canterbury Sigeric al suo ritorno dal pellegrinaggio romano (990-994)[4].  Attestazione che colloca tale percorso proprio nella variante collinare di San Gimignano.  È da dire che si tratta di un percorso relativamente più facile da individuare rispetto alla via passante per Poggibonsi che ne è la principale antagonista, o almeno cosi viene considerata.  Entreremo nello specifico di tale rivalità più oltre.  Vanno però qua anticipati alcuni motivi che ci hanno indirizzato verso la via-territorio passante per San Gimignano rispetto al percorso-territorio rivale passante per Poggibonsi.  Il primo nonostante le congenite difficoltà è assai più lineare e di più facile ricostruzione rispetto al secondo.  Quest’ultimo è soggetto ad una situazione idrogeologica più complessa, le sue zone di fondovalle erano infatti sempre a rischio inondazione a causa del bizzoso fiume Staggia, il quale andandosi a srotolare in zone allora di fitte boscaglie mutava assai spesso il proprio percorso.  Questa confusa situazione idrogeologica dello Staggia rende del tutto aleatoria una ricostruzione su basi vettoriali del percorso.  Certo che di pari passo alle difficoltà naturali influivano anche le instabili condizioni politiche della zona, maggiormente soggetta all’espansionismo fiorentino in ambiti che fino ad allora si trovavano in orbita senese.

    Inoltre, motivo meno scientifico ma decisamente non meno importante per la salvaguardia della vita di coppia di due ragazzi, è che il tracciato collinare per San Gimignano si presta assai meglio rispetto a quello per Poggibonsi, a più piacevoli passeggiate di perlustrazione.  Questo nonostante la bellezza della cittadina di Staggia.  Il secondo attualmente è infatti all’atto pratico un percorso che per la maggior parte si sovrappone all’attuale strada statale Cassia.  Motivo non secondario visto e considerato che sono stato accompagnato dall’allora mia ragazza in tali passeggiate di perlustrazione proprio durante il suo periodo di ferie.  Io dovevo fare un rilevamento sul territorio, lei era in ferie.  Ed ecco il compromesso.  Te vieni da me in Italia (lei lavorava in Qatar) ed io faccio il rilevamento di un territorio così bello che varrà le ferie di una persona che per lavoro gira il mondo, di professione fa la capo-cabina/hostess, e che quindi di posti belli e vari ne vede in continuazione.  In verità quindi si è approdati alla ricostruzione 3D del percorso-territorio di Monteriggioni, ma si era partiti da un sano compromesso tipico della vita di coppia.  La via Francigena passante per le colline di San Gimignano si vende di gran lunga meglio della più prosaica, ma non meno funzionale, strada statale!  È questo d’altronde un motivo di cui ne è stato ben consapevole lo stesso ministero dei beni culturali e l’associazione del pellegrino da esso finanziata, che nel tracciare il percorso della via Francigena per l’ Itinerario della Regione Toscana ha scelto di far passare il suddetto percorso proprio per San Gimignano (non senza motivo elevata dall’UNESCO a patrimonio dell’umanità) piuttosto che per Poggibonsi.  Ci tengo a sottolineare un qualcosa che sembra scisso dalla scientificità del testo e della ricostruzione tridimensionale, almeno stando alla concezione popolare di scientifico.  Ricordo con piacere ogni capitolo, ogni sottocapitolo e paragrafo di questo studio[5].  Composti o nei momenti di buco del mio lavoro di allora (tutor all’Università) o nelle sale di attesa dei consolati romeni o delle prefetture italiane per ottenere la documentazione atta a sposarmi; svolti nelle sale di attesa degli aeroporti e delle stazioni dei treni dove sostavo per raggiungere o per ripartire dalla mia ragazza.  Così come i dieci giorni passati a Monteriggioni da dove partivo per le mie perlustrazioni sul territorio o per le mie ricerche all’archivio di Siena.  Vi erano due protagonisti: Georgiana Gherghina e Monteriggioni.  Ogni attimo che la mente umana ricordi è incentrato in uno spazio, gli spazi di Monteriggioni sono tra i più belli della mia memoria.  Il camminare tra quelle colline, l’andare ed il ritornare per poi ripartire.  Non avevo nessun santuario da vedere eppure mi sono incamminato come un pellegrino.  Non avevo una divinità al mio fianco, ma avevo una persona che potevo odorare, che potevo sentire, che potevo toccare.  I viaggi più belli che abbia fatto, li ho fatti da solo.  Tutti tranne uno, e oggi riguardo sempre con immenso piacere a Monteriggioni. 

    Ma non trattandosi questo studio di un’opera atta a far concorrenza ai suggerimenti ed alle imprese di Casanova, sarà bene rifocalizzare l’attenzione sulla nostra ricostruzione tridimensionale, che può essere letta come una guide-line per una qualsiasi altra analisi territoriale, sia tecnica che speculativa.  Questo scritto può essere letto a seconda delle intenzioni del lettore.  È un testo che si plasma sul lettore e sulle sue esigenze.  È creta nelle vostre mani.  È una guida per coloro che vogliono ripercorrere a piedi ed immergersi completamente nel percorso-territorio qua ricostruito.  È una accurata ricostruzione storica, che investe il paesaggio, l’economia, la società, gli uomini.  È un manuale, più che altro una guide-line, per chiunque voglia ricostruire un territorio specifico a cui è particolarmente legato per motivi personali attraverso software gratuiti facilmente reperibili in internet.  Si parlerà quindi anche di software e di tecniche di ricostruzioni tridimensionali.  Ma un’avvertenza.  Tali ricostruzioni 3D si basano ovviamente su software il cui aggiornamento è continuo, ma è continua anche la necessità di un approccio che non sia puramente tecnico ma multidisciplinare così come qua si proporrà.  Solo così si potrà accedere all’uso dello strumento di ricostruzione tridimensionale più potente che attualmente si conosca: la fantasia.  È uno studio di evasione, una descrizione quasi pittorica di un mondo scomparso che si incamminava per una via tra boschi cedui e campi di grano, tra chiese e castelli, tra uomini.

    Lo studio può essere letto anche senza seguire l’ordine dei capitoli qua proposto, ma semplicemente consultando e prendendo a modello e spunto i capitoli che interessano a secondo della contingenza.  Di sicuro comunque il capitolo che funge da spina dorsale di tutta la ricostruzione qua proposta è il capitolo 4 con i suoi sotto capitoli.  Si tratta di uno studio che a partire dalla descrizione delle terre tra Monteriggioni e San Gimignano funge da modello-esempio per studi su altri ameni spazi.  Nel pianeta terra ci sono più posti belli che momenti a disposizione per poterli guardare.  La Toscana e l’Umbria non abbassano di certo la media mondiale.  Il senese non abbassa di certo la media Tosco-Umbra.

    Come vedremo per la ricostruzione dell’ambientazione Medioevale su cui tale percorso-territorio si sviluppava, ci si è avvalsi di più fonti.  Dagli affreschi collocati in edifici laici o religiosi, a rappresentazioni pittografiche su supporti cartacei; da fonti letterarie come i resoconti di viaggio impregnati di religiosità, a documentazioni prettamente fiscali come la raccolta delle decime; da indagini archeologiche a quelle più prettamente storiografiche, ecc. ecc.  È chiaro che la discrezionalità del ricercatore è piuttosto alta in questi tipi di indagine, ma questo avviene per le ricostruzioni tridimensionali al pari di quelle prettamente letterarie finora comunemente accettate e condotte.  Certo queste ricostruzioni 3D sono più facilmente criticabili in quanto pongono davanti allo spettatore (allo stato attuale della tecnologia non si può essere più di questo) una immagine che per forza di cose deve essere chiara ed univoca.  Uno studio che si presta a speculazioni e rileva gli andamenti e le modificazioni territoriali-spaziali al solo livello di elencazioni dati e di rilevazioni delle varie possibilità alternative che si presentano innanzi al ricercatore, nonostante dica la stessa cosa della nostra ricostruzione 3D, ha però il gran vantaggio di presentare le varie possibilità a fronte di una ricostruzione interattiva condensata in una serie di immagini su cui si è dovuto scegliere  (soppesando i pro e i contro) una possibilità tra le tante.  È evidente che le prime forme di indagine sono meno criticabili.  In questo studio l’indagine speculativa-storica funge solo da premessa atta a prendere una decisione operativa.  Se infatti attraverso l’indagine storica-speculativa rileviamo che in una determinata zona ci sarebbero potute essere certe tipologie di colture, poi all’atto della ricostruzione il ricercatore deve procedere ad una scelta.  Olivi, vitigni o coltivazione promiscua?  Bosco o pascolo?  È qua che il rischio si condensa, ma il rischio vale la candela.  In genere la critica, a patto che lo studio sia fatto bene e nella maniera più accurata possibile, è proporzionale alla grandezza del rischio che il ricercatore intende assumersi.  A noi il rischio piace.  Attraverso il catasto Leopoldino si risale in maniera puntuale al paesaggio del primo ‘800, dopo di che la puntualità dei dati cala in maniera inversamente proporzionale al crescere della discrezionalità dell’operatore, il quale è chiamato ad assegnare valori (texture) ai vari campi-particelle precedentemente digitalizzate. 

     Una volta individuato e ricostruito il percorso attraverso le fonti storiche, mi sono avvalso di software GIS, soprattutto della suite di programmi della ESRI, Arcgis, ma si potrebbero utilizzare anche altri software GIS completamente gratuiti come Quantum Gis, non solo per la digitalizzazione ma anche al fine di individuare sul terreno il percorso-territorio più plausibile.  Successivamente ho poi utilizzato alcuni applicativi di Google, Google Earth e Sketchup (utilizzata nella sua versione free-ware, tipologia di licenza che non dispiace mai), al fine di estrudere gli edifici incontrati e di rendere nel miglior modo possibile la ricostruzione tridimensionale del paesaggio.  Le questioni tecniche saranno affrontate in apposito capitolo, con le problematiche, le soluzioni e gli escamotages più utili. 

    Come si avrà modo di dire in seguito, il percorso ricostruito attraversa un territorio nel quale le profonde radici cultuali si sono come sedimentate nel territorio stesso.  Le numerose necropoli incastonate tra boschi e campi di grano, fanno da sfondo ad una via Francigena che sebbene fosse nata per motivi politici-laici si è poi affermata nel corso del Medioevo grazie alla sua funzione di via atta al pellegrinaggio.  Per un contemporaneo, questo senso di religiosità è rilevabile ed inestricabilmente collegato alle colline di quel percorso-territorio che si sono andate ricostruendo in corso d’opera.  Si tratta di una caratterizzante sensazione che non poteva essere tralasciata e non sottolineata.  Il grano dei campi si mescola con il grano dell’ostia, i vigneti con il rito di bere il vino durante la funzione religiosa, gli uliveti con l’unzione sacra e con il ramoscello di ulivo che tanto valore simbolico ha nel rito cristiano.  Si rileva una relazione, una corrispondenza  amorosa-religiosa così specifica tra territorio e religione cristiana, che sembra quasi contrastare con quella sensazione di armonica ariosità che si innalza da quelle terre di collina e che sembra essere frutto di nessuna contingenza storica.  Solo la profondità diacronica di quei territori, solo la lunga relazione tra uomo e territorio, può dare una qualche motivazione a queste sensazioni.  Un senso religioso che a prescindere dallo specifico rito e dalla specifica religione, si emana attraverso luoghi dove la stretta e forte compenetrazione tra rito e paesaggio, tra necropoli, colline e chiese, riempie i polmoni del passante.  E lo sta dicendo un laico ateo.  È quel tranquillo alito religioso, questa specie di nebbia invisibile ma tangibile, che si è cercato di trasportare nella resa tridimensionale  di questo spazio.  D’altronde, che lo si voglia o meno,

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