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Sotto lo stesso cielo
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E-book449 pagine6 ore

Sotto lo stesso cielo

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Info su questo ebook

L’inatteso trasferimento di Michael De Domincis dalla piovosa Londra alla soleggiata Pasadena provoca una serie di cambiamenti nelle vite di Emma Benson, Penelope Thompson e Thomas Benson. Quattro diciassettenni che a prima vista sembrerebbero non avere niente in comune, condividono invece paure, assenze … in alcuni casi traumi, nonostante la giovane età.L’amore entrerà inaspettatamente nelle loro vite, ma non sarà facile identificarlo ed accettarlo, senza prima aver messo in discussione se stessi. Solo alla fine, riconoscendo nell’altro le proprie mancanze, ognuno di loro scoprirà che è possibile colmare il vuoto che li abita da sempre.
LinguaItaliano
Data di uscita18 mag 2013
ISBN9788891111265
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    Anteprima del libro

    Sotto lo stesso cielo - Barbara Martinucci

    Schiller

    I

    Mi dispiace Michael. Dobbiamo trasferirci di nuovo Guido De Dominicis sganciò la bomba scrutando ansioso il profilo regolare del suo unico figlio diciassettenne. Chissà perché aveva scelto proprio quel momento per dirglielo, mentre era in procinto di scendere dalla sua Audi S3 nera per raggiungere alcuni amici che lo aspettavano al pub.

    Nonostante i suoi 44 anni, Guido non aveva ancora ben capito quale fosse il momento giusto per dire al proprio figlio che stai per rivoluzionargli nuovamente la vita e che puoi concedergli solo una settimana di tempo per dire addio a persone e luoghi conosciuti. Eppure non era nuovo a questo genere di esperienze. La prima volta che era accaduto Michael aveva solo dieci anni. All’epoca vivevano a Roma, insieme a Holly, sua madre, la quale di punto in bianco aveva deciso di fare ritorno a Los Angeles per intraprendere la carriera d’attrice. Nel giro di pochi mesi Guido si era ritrovato a dover fare i conti con la fine del suo matrimonio e un figlio da crescere, la cui disperazione sembrava essere senza rimedio. Messo alle strette aveva deciso di tornare a Firenze, dai suoi genitori, sperando che la loro presenza potesse aiutare Michael a riprendersi. E pur di ottenere quel risultato aveva aspettato tre lunghissimi anni, i più brutti della sua vita. Superata quella fase era tornato a occuparsi del suo lavoro, che consisteva principalmente nel risolvere i problemi di grosse aziende in difficoltà. Amava definirsi un risolutore, incarico che comportava continui e improvvisi spostamenti da una parte all’altra del globo. Per cui dopo Firenze si erano fermati due anni a Parigi e poi era stata la volta di Londra, attuale residenza di Guido e Michael De Dominicis.

    Mancava soltanto un anno e poi sarei andato al college obiettò Michael ritrovando la voce, dopo aver passato gli ultimi dieci minuti a cercare di non dire o fare cose di cui, conoscendosi, si sarebbe pentito amaramente.

    E da quel momento sarai padrone della tua vita, te l’ho promesso. Deciderai tu il luogo e ci resterai per l’intera durata dei tuoi studi. Ma per quanto riguarda il tuo ultimo anno di liceo, beh quello lo passerai accanto a me, non si discute.

    Questa città mi piace papà, ho un sacco di amici e nessuna voglia di andarmene.

    Piace anche a me, ma questo è il mio lavoro, lo sai. Ieri sera mi hanno comunicato che c’è una grossa azienda a Pasadena che ha un disperato bisogno del mio aiuto. Cosa avrei dovuto fare secondo te? Dirgli che non potevo andare perché ho un figlio adolescente che non vuole sentire ragioni?

    Quante volte hai già chiesto a questo figlio adolescente di mollare tutto e ricominciare da capo? gli fece notare Michael risentito.

    Troppe, lo so. Ma sai benissimo che l’ultima cosa che voglio è vederti soffrire. In California c’è sempre il sole e Pasadena è una bella città. Inoltre, per farmi perdonare ho deciso di regalarti la Mini Cooper cabrio grigio metallizzato, l’unica macchina, se non ricordo male, che saresti disposto a guidare

    È vero, ma se mi permetti di restare qui un altro anno sono disposto a rinunciarci e a spostarmi in autobus

    Michael, non costringermi a diventare antipatico. Abbiamo fatto un patto, e dovrai rispettarlo gli ricordò con insistenza.

    Tanto lo sai che alla fine ti seguo dappertutto gli gridò contro mentre usciva dalla macchina sbattendo la portiera con violenza. Guido inspirò a fondo un paio di volte prima di avviare il motore e allontanarsi.

    Suo figlio, imbestialito a causa della notizia appena ricevuta fece il suo ingresso nel locale senza nemmeno rendersi conto di aver suscitato l’interesse di un gruppetto di ragazze ferme davanti all’ingresso. Furono rapidissime nel valutare la sua altezza, il taglio originale dei capelli biondi, gli occhi verdi così simili alla superficie del colore del mare e, per finire, l’abbigliamento, costituito da una camicia bianca e un paio di pantaloni blu con la riga, abbinati ad un paio di scarpe da ginnastica che anziché risultare completamente fuori luogo con tutto il resto, rendevano l’insieme ancora più intrigante.

    Susie, la sua ragazza, gli corse incontro sorridendo e un minuto dopo se la ritrovò abbarbicata al collo; adottava spesso questo curioso stratagemma per riuscire a colmare il divario fra le loro altezze e dargli un bacio.

    Devo dirti una cosa. Ti dispiace se andiamo a sederci in un posto tranquillo? le chiese, mentre nervosamente cercava di trovare validi argomenti per convincerla a proseguire la loro relazione a distanza. Stavano insieme da un anno e continuava a piacergli come il primo giorno in cui l’aveva conosciuta. Susie era ironica, intelligente, sempre vestita nel modo giusto, insomma rappresentava fedelmente il suo ideale di ragazza e non era disposto a rinunciare a lei solo perché costretto per l’ennesima volta a trasferirsi. Paul, il suo migliore amico, buttò giù un lungo sorso di birra, chiedendosi cosa diavolo potesse aver guastato l’umore di Michael nel brevissimo tempo intercorso fra la loro ultima telefonata e il suo arrivo al pub. Però di una cosa era certo, doveva trattarsi di qualcosa di serio visto il modo in cui stava reagendo a qualcosa che gli aveva appena detto Susie.

    Non credevo la prendessi così male, Michael gli stava dicendo lei, trattenendolo per il braccio.

    Mi hai appena detto che non vuoi più stare con me se vado in America con mio padre. Come dovrei prenderla secondo te? le fece notare sarcastico.

    Non puoi pretendere che accetti di vederti se tutto va bene solo un paio di volte l’anno e di parlarti tramite webcam. Mi piaci tanto, lo sai, e sto bene con te ma non basta a farci restare insieme a così tanti chilometri di distanza concluse, passandosi una mano fra i lunghi capelli castani con studiata lentezza.

    Sei stata chiarissima, non abbiamo altro da dirci disse Michael allontanandosi dal tavolo con una espressione da zombie. Paul lo raggiunse immediatamente, trascinandolo di peso fuori dal locale. Sto cominciando a odiare il lavoro di mio padre. Devo andare in America Paul. E Susie mi ha appena mollato gli rivelò seduto vicino a lui di fronte al bancone di un altro pub della zona, con due pinte giganti di birra a fargli compagnia.

    Viste le circostanze amico mio, dovrai bere parecchio stasera per riuscire a dimenticare commentò Paul, sinceramente dispiaciuto all’idea di doversi separare così a lungo.

    Non basterebbe tutto l’alcol disponibile in Inghilterra a farmi stare meglio. Devo andare via, lasciare tutti i miei amici, la mia ragazza. Non puoi capire come mi sento.

    Dai, cerchiamo di trovare qualche aspetto positivo nel tuo prossimo trasferimento. In California le ragazze sono da urlo, e il clima è fantastico. Sai che quasi ti invidio?

    Piantala. Lo so che stai cercando di tirarmi su il morale, ma non serve. Sto troppo male, credevo che lei avrebbe capito, che mi avrebbe aspettato...

    Fattene una ragione. Io sono disposto a chiamarti anche tutti i giorni se serve a farti stare meglio.

    Allora posso partire tranquillo commentò Michael con un’espressione schifata. Un paio d’ore dopo lui e Paul abbandonavano il locale, barcollando.

    Emma Benson lasciò che il sole caldo di Pasadena le accarezzasse il volto. Alle sue spalle si stagliava imponente la facciata di mattoni bianchi dell’edificio scolastico che la avrebbe ospitata per l’ultimo anno di liceo. Claire, sua madre, le aprì la portiera dell’auto, sorridendo. Aveva preso un paio d’ore di permesso dal lavoro per aiutarla a sbrigare più velocemente le noiose pratiche legate all’iscrizione, ma soprattutto per controllare di persona che tutto filasse liscio. Erano anni che la donna perseguiva tenacemente quell’unico obiettivo: permettere a sua figlia di frequentare una scuola privata che le garantisse un’istruzione di primissimo livello, unico requisito in grado di offrirle maggiori sbocchi nel mondo del lavoro. Emma era figlia unica, e non sapeva chi fosse suo padre. Claire la aveva avuta a soli diciassette anni, mentre frequentava ancora il liceo. Il suo fidanzatino di allora, Kevin, aveva pensato bene di darsela a gambe subito dopo aver ricevuto la notizia, lasciandola sola ad affrontare tutte le incognite legate al suo futuro. A quel punto, presa dal panico, era corsa a dirlo ai suoi genitori, una coppia estremamente conservatrice che sin dall’inizio aveva scartato l’ipotesi di farla abortire, non mancando però di rinfacciarle ogni tanto la sua colpa. Inoltre, aveva dovuto abbandonare gli studi, a causa dell’ambiente apertamente ostile in cui si era ritrovata di colpo a vivere, dopo aver scelto di tenere il bambino. Sacrifici, umiliazioni, rinunce, eppure guardando il viso pulito di sua figlia non era affatto pentita della scelta fatta diciassette anni prima. Anche se in ritardo era riuscita comunque a diplomarsi, frequentando dei corsi serali nonostante lavorasse a tempo pieno; inoltre i suoi genitori subito dopo la nascita di Emma si erano un po’ ammorbiditi, dandole una mano a crescerla. In particolare, suo padre Clint era stato per Emma un ottimo surrogato di figura paterna, suscitando nella ragazza sentimenti che rasentavano l’adorazione. Gli stessi, per la cronaca, che avrebbe manifestato in presenza del suo cantante preferito. A trovare un buon lavoro aveva dovuto pensarci da sola ma l’ambizione e soprattutto l’intelligenza non le erano mai mancate per cui, dopo qualche anno di dura gavetta era riuscita a ritagliarsi un ruolo importante e ben remunerato come responsabile del settore amministrativo di una grossa azienda di Pasadena. Azienda che a giorni aspettava un nuovo dirigente, in grado di ridare slancio ai suoi prodotti continuamente sotto il tiro della concorrenza.

    Mamma, penso io alla spesa oggi? le chiese Emma strappandola alle sue lunghe riflessioni.

    Sì è meglio. La riunione potrebbe andare per le lunghe e il nostro frigorifero è desolatamente vuoto riconobbe dispiaciuta.

    Nessun problema. Ci vediamo stasera.

    Cercherò di non fare troppo tardi, promesso le disse baciandola di sfuggita prima che sgusciasse via dalla macchina per entrare in casa. Claire pensò alle rate del mutuo ancora da pagare e un brivido le corse lungo la schiena. Indispettita, decise di scacciare rapidamente l’ennesimo motivo di preoccupazione e di concentrarsi sulla guida ma soprattutto sulla riunione a cui avrebbe dovuto partecipare fra poco.

    Qualche ora dopo Emma incrociò al supermercato la sua migliore amica, Penelope Thompson anche lei impegnata a fare rifornimento di generi alimentari. Sei stata a scuola oggi? le chiese Penny subito dopo averla salutata con un bacio, come d’abitudine.

    Con mia madre non si scappa, lo sai quanto ci tiene. Eppure dovrebbe saperlo che mi impegnerei a prendere dei buoni voti anche in una scuola pubblica confessò Emma, mentre afferrava un paio di scatole dal banco dei surgelati.

    Ma scherzi? Così non ti avrei mai conosciuta. E vale anche per tuo cugino Thomas. Che tragedia affermò Penelope la tragedia semmai è stata conoscerlo. Gli vai dietro dalle elementari e lui continua a rivolgerti a stento la parola.

    Prima o poi si accorgerà di me.

    Lui non merita questa tua ostinata adorazione, credimi. Sai benissimo che si è portato a letto mezza scuola e se non l’ha fatto con l’altra metà è perché non rientra nei suoi standard, ossia novanta, sessanta, novanta.

    Penelope osservò la sua immagine ingombrante riflessa nella vetrina dei surgelati e sospirò: È talmente bello da poterselo permettere, non trovi?.

    Ammetto che sia piuttosto popolare nella nostra scuola ma per la sottoscritta non sono due begli occhi azzurri e un taglio di capelli all’ultima moda a fare la differenza.

    Emma i tuoi gusti in fatto di ragazzi non sono difficili. Sono impossibili.

    Impossibili? Perché cerco qualcuno dotato di un cervello e soprattutto in grado di farlo funzionare?

    Io non credo che Thomas sia stupido.

    Non stavo parlando di lui. E comunque se ti dico certe cose lo faccio solo per il tuo bene.

    Messaggio ricevuto: sono grassa e brutta. Non ho nessuna speranza con lui.

    Tu non sei né grassa né brutta. Devi solo imparare a farti la tinta. Cosa hai combinato stavolta? le chiese incuriosita, osservando la sua chioma nero corvino.

    Il telefono è squillato proprio quando avrei dovuto fare lo shampoo per eliminarla ed ecco il risultato. Avrei tanto voluto sfoggiare lo stesso colore di Thomas al mio rientro a scuola e invece guardami. Sembro Morticia Addams.

    Sono mesi che cerco di trascinarti dalla mia parrucchiera, ma non mi stai mai a sentire. E adesso andiamo a metterci in fila alle casse, o passeremo la serata qui dentro.

    D’accordo mormorò Penelope trascinandosi stancamente dietro alla sua unica amica dai tempi delle elementari. Purtroppo le sue rassicurazioni non l’avevano affatto convinta e stasera, sicuramente, avrebbe saltato la cena.

    L’argomento principale di quella breve conversazione stava guardando un film d’azione, allungato malamente sul divano di casa. Si annoiava a morte ma non c’erano alternative valide visto che il suo giro abituale di amici doveva ancora rientrare dalle vacanze. Con la mente riandò alle sue, appena terminate e sorridendo pigramente riconobbe che erano state, come al solito, grandiose. Le notti passate a bere e a ballare, dormendo di giorno per poter recuperare. Per non parlare della quantità impressionante di ragazze carine che era riuscito a portarsi a letto e senza fare grandi sforzi. Bastava uno sguardo lanciato in un certo modo, qualche parolina di circostanza detta al momento giusto ed era fatta. Certo poteva capitare che una di loro prendesse quelle frasi un po’ troppo alla lettera, che stupidamente finisse col crederci e allora non restava altro da fare che cambiare abitudini e frequentare locali diversi, onde evitare noiose e inutili discussioni. In fondo il mondo era pieno di ragazze bellocce e disponibili quindi, non lo sfiorava neppure lontanamente il pensiero di fare sul serio con qualcuna di loro.

    La riunione era appena terminata e Claire decise di concedersi una pausa in compagnia di un caffè per riprendere fiato. Erano stati affrontati gli argomenti più disparati e il nuovo arrivato si era dimostrato brillante e preparato. Tutte le colleghe presenti però, avevano dimostrato di apprezzare molto di più il suo aspetto, che, a sentire loro, rivelava senza ombra di dubbio le sue origini italiane, nonostante una impeccabile pronuncia inglese. Tuttavia l’unica preoccupazione di Claire al momento era che non nascessero problemi a causa di questo cambio della guardia e che il rapporto con Guido De Dominicis fosse proficuo per entrambi. Non poteva certo permettersi di perdere il lavoro visto che rappresentava l’unica fonte di sostentamento per la sua famiglia. Terminato di bere il caffè stava per fare ritorno nella sua stanza quando, inavvertitamente, ascoltò stralci di conversazione del nuovo arrivato, a colloquio con uno dei pezzi grossi dell’azienda. Rapidamente giunse alla conclusione che a preoccuparlo era l’inserimento di suo figlio Michael nella scuola privata in cui lo aveva appena iscritto, la quale, guarda caso, era la stessa in cui studiavano Emma e suo nipote Thomas.

    Di conseguenza le venne spontaneo ipotizzare di chiedere a sua figlia di aiutare il nuovo arrivato ad ambientarsi, anche se, conoscendone il carattere, non sarebbe stato facile. Nonostante studiasse con profitto, collaborando attivamente con la redazione del giornale scolastico, Emma non era esattamente la studentessa più popolare della scuola. Il suo essere estremamente selettiva con le persone aveva finito con l’attirarle più di qualche antipatia, quindi, a parte suo cugino Thomas di cui non aveva una grande opinione e Penelope, la sua migliore amica perennemente in crisi esistenziale, non poteva contare su altre amicizie, visto che si riducevano nella maggior parte dei casi a conoscenze superficiali. La sera non usciva quasi mai, ma la cosa non sembrava dispiacerle. Amava molto leggere, ascoltare musica e ogni tanto andare al cinema, ma i suoi gusti, in generale, somigliavano a quelli di una donna di trent’anni.

    Claire si rese conto di aver dipinto nella sua mente un quadro poco lusinghiero di sua figlia. Emma non aveva certo avuto una famiglia tradizionale a sostenerla, ed era dovuta crescere in fretta, cosa di cui nessuno poteva farle una colpa. Tuttavia la preoccupava molto l’idea che non si trovasse bene con le persone della sua età o che finissero con l’emarginarla visto che non faceva niente per integrarsi o adeguarsi ai loro gusti.

    Intanto la discussione tra Dave Hanson e Guido De Dominicis andava avanti e verteva sempre sullo stesso argomento: suo figlio. Il dirigente aveva capito che riuscire a fare ambientare il ragazzo a Pasadena era la chiave per tranquillizzare Guido e assicurarsi la sua totale collaborazione, quindi questo problema andava risolto immediatamente. Se non ricordava male, Claire Benson, la responsabile del settore amministrativo, aveva una figlia e un nipote che frequentavano lo stesso liceo di Michael. Usando tutto il tatto possibile avrebbe dovuto farle capire che non sarebbe stata una cattiva idea se i due ragazzi si fossero mostrati amichevoli con il nuovo arrivato portandolo un po’ in giro a divertirsi. Una gratifica in busta paga poteva rappresentare un ottimo incentivo per un tipetto ambizioso come la Benson, si ritrovò a pensare Dave mentre osservava la donna, occupata al telefono.

    Un paio d’ore dopo, Guido faceva ritorno a casa, al termine di quella prima giornata di lavoro che era stata per lo più interlocutoria. L’azienda gli aveva messo subito a disposizione una bella macchina e una casa spaziosa, dotata di giardino e piscina. Era perfino troppo per due persone sole, ma sperava che riuscisse ad attenuare il malumore di suo figlio, il quale non accennava a diminuire con il passare dei giorni.

    Ripensò alla violenta discussione che avevano avuto poco prima di partire, a causa della colossale sbronza che si era preso il giorno in cui aveva saputo del trasferimento. Michael sapeva perfettamente quanto lo spaventasse l’eventualità che sviluppasse una qualsiasi forma di dipendenza da alcol, sigarette o droga, vista la sua giovane età. Altra cosa importante, ma che non gli aveva mai detto apertamente, lo riteneva un soggetto a rischio a causa dell’assenza di una figura materna proprio negli anni più delicati della sua vita. Quell’evento doveva avergli lasciato un gran vuoto dentro e, in teoria, poteva cercare di riempirlo con bacco, tabacco e venere, capaci di farti provare sensazioni elettrizzanti all’inizio, ma poi… oddio stava proprio invecchiando, si ritrovò a pensare di se stesso. Michael aveva il diritto di commettere un colpo di testa, ogni tanto, se Guido voleva scongiurare la possibilità che trovasse qualche altro sistema per dare libero sfogo alla sua rabbia repressa.

    Decise di chiamare subito la concessionaria per chiedere novità sulla Mini Cooper che tardava ad arrivare e che costituiva l’altro motivo di attrito con suo figlio. Non voleva neppure prendere in considerazione l’idea di farsi accompagnare a scuola da lui: sembrerei uno sfigato gli aveva detto la sera precedente prima di andare a chiudersi nella sua camera, sbattendo la porta.

    Forse avrebbe dovuto portarlo a cena fuori stasera; la cucina italiana e le Mercedes gli erano sempre piaciute e unendo le due cose poteva tentare di ammorbidirlo un po’. Ancora non riusciva a spiegarsi perché Michael avesse reagito così male stavolta, visto che non era nuovo a questo genere d’esperienze. Evidentemente c’era qualcos’altro che lo rendeva così intrattabile e stasera avrebbe avuto l’occasione di scoprire se era disposto a confidarglielo. Suo figlio non era un cattivo ragazzo ma Guido dovette riconoscere che lo aveva viziato un po’ troppo negli ultimi sette anni.

    Michael nel frattempo osservava distrattamente il panorama circostante, mentre parlava al telefono con il suo amico Paul. I raggi del sole, ancora troppo caldi nonostante fossero le otto di sera, lo innervosivano ulteriormente, costringendolo a cercare angoli del giardino maggiormente riparati.

    La casa non è male, ha un bel giardino e la piscina ma non me ne frega niente. Continuo a sentirmi da schifo.

    Sei appena arrivato e non conosci nessuno. È ovvio che non puoi essere su di giri al momento gli rispose Paul, volutamente ironico.

    Tu non capisci. Sono ancora senza macchina e tra una settimana comincerà la scuola per cui se mio padre non mi risolve questo problema giuro che stavolta… oh merda, è appena rientrato. Devo chiudere, ci sentiamo presto concluse sbrigativamente sentendo la porta di casa aprirsi all’improvviso. Non gli andava di farsi beccare mentre parlava male di lui al telefono ma era davvero arrabbiato a causa della nuova situazione in cui era stato catapultato. Tra l’altro non aveva la più pallida idea di come avrebbe ingannato il tempo visto che non aveva amici e non poteva farsene di nuovi se continuava a restare chiuso in casa tutto il giorno. Erano quelli i momenti in cui Londra, i suoi amici e Susie gli mancavano terribilmente. Anche se la sua ormai ex ragazza si era comportata da autentica stronza mollandolo cinque minuti dopo aver saputo che si sarebbe trasferito in America, non riusciva a togliersela dalla testa; l’unico motivo per cui resisteva all’impulso di chiamarla era il timore di rendersi ridicolo. Eppure lo aveva respinto, anzi rifiutato, facendo riaffiorare nuovamente tutto l’antico dolore che aveva disperatamente cercato di nascondere sotto spessi strati di rancore. Nel frattempo suo padre era entrato nella stanza e lo stava guardando, speranzoso: Ti va di mangiare italiano stasera? Mi hanno consigliato un ristorante da queste parti dove cucinano benissimo la pasta e, altra buona notizia, possiamo andarci in macchina visto che l’azienda mi ha messo a disposizione una Mercedes nuova di zecca.

    E la mia di macchina? chiese Michael cercando di contenere la rabbia La scuola comincia fra una settimana e non è certo dietro l’angolo.

    Ho appena chiamato la concessionaria e mi hanno detto che dobbiamo aspettare ancora qualche giorno. Hai scelto un modello per cui c’è molta richiesta, ma non preoccuparti, non sarai costretto a prendere lo scuolabus, vedrai che riusciremo a trovare una soluzione lo blandì Guido.

    Papà sono davvero… basta, non ho nessuna voglia di discutere con te anche stasera. Andiamo a mangiare, sono affamato e non ne posso più di vedere solo queste quattro mura.

    Siamo arrivati da un paio di giorni. Perché non cerchi di essere un po’ più paziente? Ci sono un sacco di bei posti da vedere nei dintorni, magari domani potresti uscire e fare un giro di ricognizione.

    Papà, ti ho appena detto che ho fame lo incalzò suo figlio, aprendo la porta di casa.

    Vorrei darmi una rinfrescata prima di uscire obiettò debolmente Guido, ma l’espressione risoluta di Michael lo costrinse a seguirlo senza ulteriori indugi.

    A cena le cose migliorarono sensibilmente. Guido ordinò spaghetti con sugo di verdure, mentre Michael optò per una bistecca con contorno di patatine fritte. La cameriera al momento di ordinare il dessert suggerì loro la specialità della casa: crostata di pesche e panna che assaporarono lentamente, senza lasciarne neppure una briciola nel piatto.

    Allora papà, che ne pensi di questa nuova azienda? gli chiese Michael mentre tornavano a casa sfrecciando veloci nella notte.

    Non è messa così male. Ovviamente ci sono alcuni problemi da risolvere o non mi avrebbero chiamato e i dipendenti sono tutti piuttosto agitati.

    Vedrai che riuscirai a sistemare le cose. È il tuo lavoro. Non dimenticare che sei il migliore sulla piazza disse Michael lanciando segnali di distensione.

    Mi stai facendo un complimento? Quella crostata ha fatto miracoli. A parte gli scherzi, giuro che farò il possibile per rendere il più piacevole possibile la tua permanenza a Pasadena. E alla fine sono sicuro che ti troverai talmente bene da provare un po’ di dispiacere quando ce ne andremo, tra un anno.

    Adesso non esagerare. Comunque… scusa se mi sono comportato male in questi giorni ma è davvero dura per me stavolta. Ho dovuto rinunciare a così tante cose per seguirti e non le avrei perse se fossi rimasto a Londra. Ecco la spiegazione che Guido stava aspettando, servita su un piatto d’argento. Si trattava di Susie, la ragazza di Michael. Evidentemente la storia tra i due era più seria di quanto pensasse e a causa del suo lavoro erano stati costretti a lasciarsi. Si sentì improvvisamente un miserabile al pensiero di suo figlio che soffriva per amore. Michael resosi conto dell’espressione dispiaciuta comparsa sul volto di suo padre, tentò di fare retromarcia, dato che non voleva farlo sentire in colpa; non se lo meritava visto che negli ultimi sette anni era stato attento a ogni suo bisogno emotivo e materiale: Comunque, nuova città, nuove abitudini. Sono pochi i ragazzi della mia età che possono dire di aver visto tanti paesi e soprattutto aver frequentato tante scuole prestigiose gli disse adoperandosi per essere il più convincente possibile. Guido apprezzò lo sforzo e finse di credergli, esibendo il suo sorriso migliore mentre parcheggiava l’auto in garage.

    Dave Hanson aspettò un paio di giorni prima di fare la proposta a Claire. Erano seduti nel suo ufficio e lei lo stava guardando, visibilmente preoccupata. Dave la lasciò cuocere nel suo brodo per qualche minuto prima di iniziare a parlare; sapeva che l’ansia l’avrebbe resa più malleabile. Alla fine del discorso, che fu breve e circostanziato, Claire riprese a respirare normalmente e non appena Dave le ebbe voltato le spalle si concesse un sorrisetto ironico. Era giunta da sola alle sue stesse conclusioni e venire a sapere che ci avrebbe persino guadagnato qualcosa la rendeva euforica. Dave era stato bravo nel cercare di far sembrare la cosa di interesse comune ma lei sapeva perfettamente che la sua unica preoccupazione era far fruttare l’investimento fatto su Guido De Dominicis, investimento che non poteva naufragare a causa di suo figlio e dei suoi problemi di adattamento in una nuova città. Adesso veniva la parte difficile, ossia convincere Emma a collaborare. Doveva giocare sporco e far leva sui suoi punti deboli ma non aveva altra scelta. Forse anche Thomas, se ricompensato nel modo giusto, avrebbe accettato di darle una mano.

    La sera stessa, durante la cena, Claire espose il problema a sua figlia, la quale reagì come se le avesse appena chiesto di ammazzare qualcuno. Mamma, dimmi che stai scherzando, ti prego. Io che faccio divertire il nuovo arrivato? Che lo porto nei locali più alla moda, che riesco a farlo integrare a scuola? Forse non mi conosci così bene come credevo concluse drammaticamente mentre si serviva un’altra fetta di arrosto.

    Certo che ti conosco bene Emma. In fondo non ti ho mica chiesto di trasformarlo nello studente più popolare del tuo liceo! Devi solo aiutarlo ad ambientarsi e a non sentirsi emarginato; anche tuo cugino Thomas potrebbe darti una mano, conosce così tanti ragazzi.

    Hai forse dimenticato di chi stiamo parlando? Thomas è il ragazzo più egoista ed egocentrico che esista sulla faccia della terra. Credi davvero che sarà disposto ad aiutare questo Michael?

    Hai davvero una grande opinione dei tuoi parenti più prossimi a quanto vedo la rimproverò sua madre, piuttosto sensibile quando veniva toccata la famiglia di suo fratello Justin, che adorava.

    Mamma, conosco molto bene mio cugino. So bene che tipo è e cosa posso aspettarmi da lui. Questo significa che dovrò occuparmi io di questa faccenda e che mi toccherà farlo a modo mio puntualizzò sarcastica.

    Significa che accetti di aiutarmi nonostante tutto? Claire cercò di sembrare il meno entusiasta possibile visto che non riusciva a credere di averla spuntata così in fretta.

    Non mi lasci altra scelta. Se rifiuto il tuo nuovo capo non sarà tranquillo e di conseguenza nemmeno tu. Però vorrei chiederti qualcosa in cambio, una cosa che per me è molto importante disse in tono grave.

    Hai bisogno di soldi per comprarti dei vestiti? Sai che cerco di accontentarti quando posso... replicò Claire imbarazzata sei completamente fuori strada. Voglio andare a studiare in Europa.

    Stai già pensando al college, Emma?

    Ci penso da quando avevo dieci anni.

    Nella grande cucina, improvvisamente, era sceso un silenzio irreale, rotto soltanto dal frinire delle cicale. Emma smise di respirare in attesa della risposta di sua madre: Possiamo riparlarne quando starai per diplomarti? Ho bisogno di metabolizzare la tua richiesta, non so se mi spiego rispose Claire frastornata.

    Va bene, concesso, ma promettimi che ci penserai seriamente ribadì Emma sollevata nel vedere che sua madre non aveva opposto subito un netto rifiuto, mostrandosi disposta a prenderla in considerazione.

    Lo farò puoi starne certa le promise, cominciando a sparecchiare la tavola. Nel frattempo cercava disperatamente di non farsi prendere dal panico all’idea di sua figlia che andava a studiare così lontano da Pasadena e soprattutto da lei.

    II

    Penelope le aveva tentate tutte, pur di saltare quel primo, maledetto, giorno di scuola, ma sua madre non aveva voluto sentire ragioni decidendo di accompagnarla personalmente fino al portone d’ingresso. Poi aveva abbozzato una goffa carezza sulla sua testa, sorridendole incoraggiante: Stai tranquilla. È così ogni anno, ma poi ti passa, lo sai.

    Se lo dici tu brontolò Penny, guardandosi rapidamente intorno, preoccupata che qualcuno avesse assistito alla scena. Non voleva fornire l’ennesimo pretesto ai suoi compagni per prenderla in giro, evento che si ripeteva puntualmente da quattro anni a questa parte. Ricordò ancora una volta a se stessa quale fosse l’unica ragione per cui si sottoponeva di buon grado a quella tortura e che rispondeva al nome di Thomas Benson.

    Occhi azzurri, capelli neri, sorriso disarmante, erano queste le cose che l’avevano irrimediabilmente attratta sin dalla prima volta che lo aveva visto giocare nel cortile della scuola elementare? E anche se quei giorni, ormai, sembravano lontanissimi le rare volte in cui le capitava di incrociare il suo sguardo, provava ancora la stessa emozione, capace di rendere complicata perfino un’azione istintiva come respirare.

    Decise di sistemare alla meno peggio i capelli onde evitare che le restassero incollati al viso e la divisa, suo incubo giornaliero per i prossimi nove mesi; odiava quella preistorica gonna grigia lunga fino al ginocchio e la giacca blu, con dei revers, anch’essi grigi. Per fortuna il preside si era detto disposto a chiudere un occhio sull’obbligo di indossare anche la camicia e la cravatta in dotazione, permettendo all’intero corpo studentesco di rimpiazzarla con una t-shirt. Penny ne aveva scelta una davvero originale stamattina, nella segreta speranza di farsi notare da Thomas e soprattutto di superare indenne quella giornata.

    Emma la stava aspettando nell’androne e sembrava più scontrosa del solito: Sai già quale sarà la prima lezione? le chiese Penny dopo averla salutata con un bacio.

    Storia. Niente male come inizio. Allora come stai? Soliti sudori freddi da primo giorno?

    Già, sono un tipo piuttosto prevedibile.

    Dai, smettila di fare la vittima e ascoltami attentamente. Ho un disperato bisogno del tuo aiuto.

    Spara… di che si tratta? rispose Penny eccitata.

    Mia madre mi ha chiesto un favore e non posso dirle di no. Quel nuovo dirigente che stavano aspettando è arrivato la settimana scorsa e pare che abbia un figlio della nostra stessa età, il quale, guarda caso, verrà a studiare proprio nel nostro liceo la mise al corrente Emma, chiaramente infastidita.

    Gli indovinelli non mi sono mai piaciuti, lo sai commentò Penny.

    Non mi dire che non ci sei ancora arrivata da sola. A chi pensi toccherà l’onore di fare ambientare a scuola e nella nostra ridente cittadina, il tizio in questione?

    Non ci posso credere, davvero tua madre te lo ha chiesto?

    Già, mi ha praticamente messo con le spalle al muro. Michael De Dominicis, ancora non ti conosco e già ti trovo insopportabile dichiarò Emma, infilandosi la giacca.

    Ecco, appunto non lo conosci, allora perché lo stai giudicando? le fece notare Penny.

    Vediamo… viziato da far schifo, abbigliamento interamente firmato come ogni italiano che si rispetti… sono sicura che le sue scarpe non costeranno meno di quattrocento dollari al paio pronosticò Emma. Scusa ma allora perché hai accettato la proposta di tua madre? Non mi pare che questo Michael sia uno di cui spasimi fare la conoscenza quindi…

    Ecco perché mi serve il tuo aiuto la interruppe Emma, afferrandole un braccio nervosamente devi aiutarmi a fare il primo passo. Sai bene che io non sono assolutamente in grado di andare da lui e presentarmi come se niente fosse.

    Emma, se ti riferisci al fatto di non essere popolare qui a scuola ti ricordo che io lo sono meno di te. Hai dimenticato la causa dei miei sudori freddi? Se quel tizio corrisponde anche solo vagamente alla tua descrizione, partiamo sconfitte in partenza obiettò Penny scrollando la testa.

    Non dire così, sai perfettamente che quando ti ci metti il più delle volte e produci delle idee geniali ed è proprio quello di cui ho bisogno in questo momento. Devi trovare il modo di attirare la sua attenzione, conoscerlo e poi presentarlo alla sottoscritta. Mia madre tiene moltissimo a questa cosa e non me la sento di deluderla.

    Emma vorrei tanto poterti aiutare credimi.

    Ho lo stomaco annodato Penelope e stanotte non ho chiuso occhio.

    Ok. Basta così, va bene, ti aiuto, ma devi darmi un po’ di tempo per studiare la situazione, e non aspettarti che lo faccia oggi si arrese Penny.

    Sapevo che non mi avresti deluso disse Emma esibendo un sorriso soddisfatto e trascinando la sua amica a lezione.

    Michael aveva appena raggiunto un onorevole compromesso con suo padre facendosi accompagnare con la macchina a un isolato di distanza dall’austero edificio scolastico che lo avrebbe ospitato per il prossimo anno. Questo stratagemma lo aveva aiutato a entrare indisturbato e ad accettare di buon grado l’idea di dover indossare una divisa che non gli piaceva neanche un po’. Ma il suo ingresso in aula non venne accolto come le altre volte. Quasi tutte le ragazze presenti gli lanciarono un’occhiata distratta e poi tornarono a occuparsi dei fatti loro, mentre la parte maschile, dopo averlo guardato con sufficienza, gli fece capire che non aveva nessuna intenzione di riservargli una buona accoglienza. Michael, completamente spiazzato, si ritrovò a fare i conti con la sgradevole consapevolezza che i prossimi mesi sarebbero stati i più brutti della sua vita e che tutto quello che voleva al momento era tornarsene immediatamente a Londra. Cercò comunque di seguire la lezione ma il Prof. Stanford decise che prima di iniziare avrebbe presentato il nuovo arrivato al resto della classe.

    Allora ragazzi, quest’anno si è unito a noi un nuovo studente esordì con un’espressione decisamente più amichevole dei suoi alunni si chiama Michael De Dominicis ed è nato in Italia. Direi che il suo curriculum scolastico è davvero interessante, visto che ha studiato a Roma, Firenze Parigi e Londra prima di approdare a Pasadena per finire il liceo. Resosi conto che la classe aveva già perso interesse per quello che stava dicendo, decise di tagliare corto, propinandole le solite raccomandazioni di rito: "Quindi, aiutatelo a integrarsi e dategli una mano se vedete che

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