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Ricominciamo da qui: Harmony Destiny
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E-book142 pagine1 ora

Ricominciamo da qui: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Iniziò tutto in una notte.
L'ultima volta che Mitch Goodwin ha visto Emily Warner è stato nel suo letto, qualche tempo prima. Poi lei se n'è andata lasciando solo un biglietto. Ora Mitch la prega di tornare a fare da babysitter a suo figlio, ma lei è titubante. Un dubbio allora torna a tormentare Mitch: cosa è successo esattamente quella notte?
Non è facile per Emily resistere all'affascinante paparino che le chiede di tornare a prendersi cura di suo figlio. Dopo quella notte passata insieme ha ripensato spesso a come sarebbe potuto essere tra loro se... Be', ora il destino le offre l'occasione di vedere se la realtà riuscirà a eguagliare la fantasia.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788830522404
Ricominciamo da qui: Harmony Destiny
Autore

Bronwyn Jameson

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Ricominciamo da qui - Bronwyn Jameson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Tempting Engagement

    Silhouette Desire

    © 2004 Bronwyn Turner

    Traduzione di Laura Cinque

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-240-4

    1

    Emily, la sua Emily, stava lavorando in un bar?

    Mitch Goodwin si irrigidì, mentre la sorella gli dava quella notizia. Bentornato a casa, fratello caro. Adesso che hai aperto le valigie e ti sei goduto una deliziosa cenetta in famiglia, ecco qualcosa che ti farà venire un colpo!

    Di tutte le cose che glielo potevano far venire, la ex babysitter di suo figlio era la prima della lista. Con tutto il controllo di cui era capace, ribatté: «Non pensi che avresti dovuto dirmi questa novità quando mi hai telefonato? Quando mi hai detto che lei era tornata a Plenty e io ti ho chiesto come stava?».

    «Mi hai chiesto come stava, non cosa faceva.»

    «Mi hai detto che stava bene!»

    «Un cambiamento di lavoro non significa che una persona stia male.»

    Mitch sbatté lo sportello della lavastoviglie. «Il bancone del Lion non è un semplice cambiamento di lavoro.»

    «Da quando lo ha preso Bob Foley non è poi così male.»

    «Non importerebbe neanche se fosse il Ritz! Emily è una babysitter esperta, non una barista!»

    Quello scoppio improvviso bloccò Chantal. Per alcuni lunghi secondi lo fissò con la tazza del caffè a mezz’aria. «Credevo che la cosa ti avrebbe interessato, anzi, che ti avrebbe fatto piacere. Dato che sei tornato qui per scrivere e hai bisogno di una babysitter...»

    Già, certo. Sapere che la migliore babysitter dei dintorni adesso spillava birre nel peggior pub della città rendeva la cosa più urgente. «Joshua potrebbe restare con te per un’ora o due?» chiese Mitch alla sorella.

    «Sicuro» rispose automaticamente Chantal, poi esclamò: «Ehi, aspetta un momento!».

    Lui, che aveva già la mano sulla maniglia della porta, si girò.

    «Hai guidato per mezza giornata e per il resto hai fatto le pulizie e sistemato i bagagli. Vai a casa a dormire, fatti una doccia e la barba, poi domani vai a trovare Emily con un’aria un po’ meno primitiva.» Chantal lo squadrò dalla testa ai piedi e aggiunse: «Immagino che tu voglia assumerla di nuovo».

    No. Volere non era la parola giusta. Aveva bisogno di lei. Ne avevano bisogno sia lui sia il piccolo Joshua.

    La sua determinazione doveva essere evidente, perché Chantal sospirò e scosse la testa. «Mitch, vacci piano con quella ragazza. Tu hai avuto un paio d’anni difficili, ma li ha avuti anche lei» gli ricordò.

    Mitch sapeva tutto di quello che aveva passato Emily e, nel quarto d’ora che gli occorse per arrivare al pub dove lei lavorava, ebbe tutto il tempo di ripensarci. La sua ex moglie l’aveva licenziata senza motivo. Poi era morto il nonno di Emily e c’era stata la grossa battaglia per l’eredità. Quell’ingiustizia gli faceva ancora ribollire il sangue, ma mai come il proprio errore.

    Errore? Fece un verso di disgusto nei confronti di se stesso. Quell’espressione non descriveva nemmeno in parte quanto si era comportato male dopo averla assunta di nuovo, i vantaggi che aveva tratto dalla sua natura calda e appassionata, il modo in cui aveva fatto a pezzi la sua fiducia in lui. Come bambinaia di Joshua aveva vissuto nella sua casa e la notte in cui lui aveva saputo della morte di Annabelle...

    Strinse più forte il volante. Ricordava ancora la rabbia impotente che aveva provato, l’intontimento in cui si era ritrovato quando lei lo aveva riportato a casa dal bar. Emily. Con i suoi dolci occhi scuri, le sue braccia confortanti, le sue dolci parole di simpatia.

    L’aveva baciata per perdersi in qualcosa di più dolce e confortante di una bottiglia di whisky. Sì, ricordava quel bacio, ricordava anche che erano finiti sul letto, e poi...

    Niente. Buio totale. Un buco nero nella sua memoria.

    Il ricordo di Emily l’ultima volta che l’aveva vista, vestita con nient’altro che le sue lenzuola bianche e con un leggero rossore sulle guance, gli attraversò la mente, turbandolo.

    Lui poteva anche non ricordare cosa fosse successo quella notte, ma non avrebbe mai dimenticato la mattina seguente. La diffidenza di Emily, le goffe domande che le aveva rivolto lui, l’insistenza della ragazza sul fatto che non fosse successo niente...

    Era rimasto sconcertato e, quando era andato con Joshua al funerale di Annabelle, Emily aveva fatto i bagagli ed era sparita.

    Mitch entrò nel parcheggio del Lion e spense il motore. Erano sei mesi che si preoccupava delle conseguenze di quella notte e non avrebbe aspettato ancora un altro minuto. E men che meno l’ora di chiusura del locale.

    Data la scarsa quantità di macchine nel parcheggio, immaginò che il locale fosse mezzo vuoto. La pioggia annunciata doveva aver tenuto la maggior parte della gente a casa.

    Scese a terra e chiuse la portiera.

    Per poco la piccola figura femminile che uscì da una porta laterale non gli sfuggì. Mentre si metteva a correre lungo la strada, il vento le scostò il cappuccio del giubbotto e, per un attimo, i suoi capelli lunghi e lisci brillarono chiarissimi alla luce di un lampione.

    Emily!

    Il cuore prese a battergli più in fretta, una risposta immediata alle sensazioni che avevano travolto il suo corpo. Mitch preferì concentrarsi sulla collera che contemporaneamente lo aveva assalito.

    Emily stava tornando a casa a piedi, da sola, e non aveva nemmeno il buonsenso di nascondere sotto il cappuccio quel fascio luminoso che erano i suoi capelli? Tanto valeva che si mettesse a gridare: Ehi, sono qui! Una ragazza bionda tutta sola! Venite a prendermi!

    La porta del bar si aprì e due uomini si incamminarono verso di lui. Mitch li riconobbe subito come due compagni di scuola del liceo e, quando Dean Mancini lo vide, lui si rese conto che non aveva modo di nascondersi.

    «Mitch Goodwin!» esclamò quello sorridendo. «Avevo sentito dire che stavi per tornare e che ti saresti sistemato nella vecchia casa dei tuoi!»

    «Eh, già» rispose lui, cercando di non perdere di vista la figura di Emily che si allontanava di corsa alle spalle dei due uomini. «Scusami, ma...»

    «È stata una fortuna che si sia sposata anche tua sorella, lasciandola completamente libera» intervenne Rocky O’Sea, impedendogli di por fine alla conversazione. «Sei sempre stato un bastardo fortunato!» dichiarò poi ridendo.

    Dean gli diede una gomitata e Rocky si fece di colpo serio.

    «Devo andare» disse Mitch. «Ci vediamo un’altra volta.»

    Dean si schiarì la gola. «Scusalo per... Insomma, lo sai.»

    Sempre più imbarazzati, i due uomini lo guardarono risalire sul camioncino.

    Mitch partì subito sgommando e si portò sulla strada, l’irritazione che svanì in fretta come era venuta per lasciare il posto a una vaga simpatia per quei due poveretti. Cosa avrebbero potuto dire a un uomo la cui moglie se n’era andata per seguire la sua stupida carriera, abbandonando anche un bambino di tre anni, e il cui amore per un certo tipo di vita sregolata l’aveva poi portata a morire in un incidente aereo nei Caraibi?

    Sei mesi dopo il suo funerale lui non sapeva ancora che cosa suggeriva l’etichetta in casi del genere...

    Quando le prime gocce di pioggia colpirono l’asfalto a un isolato da casa sua, Emily si strinse meglio addosso il giubbotto e affrettò il passo. Non riprese a correre, comunque. Sarebbe stato come cedere alla paura che le stava attanagliando lo stomaco. Il temporale, il buio, l’automobile che sentiva alle proprie spalle...

    Per l’amor del cielo, non era su quella macchina!, si disse. E lì erano a Plenty, non a Sydney, aggiunse, il cuore che le saltava un battito mentre sentiva che la macchina svoltava nella sua stessa via.

    Con la macchina si era fermata a un semaforo. La portiera si era aperta, l’uomo, il coltello, la gelida morsa della paura quando lui le aveva ordinato di ripartire...

    Emily fu riportata al presente dal suono del clacson del veicolo alle sue spalle, che aveva rallentato e stava salendo sul marciapiede dietro di lei. Doveva mettersi a correre subito, doveva...

    «Emily!»

    Sentendo il proprio nome e quella voce, il cuore le saltò nel petto. Poi prese a batterle in modo forsennato, ma per un’angoscia diversa. Quella per Mitch Goodwin. Aveva sentito parlare del suo imminente ritorno da Sydney, nella casa di famiglia, e sapeva che Mitch non avrebbe tollerato delle bugie. Lei aveva passato sei mesi a costruire la propria versione, a prepararsi per quel momento, ma adesso si sentiva ancora confusa.

    Rassegnata all’ineluttabilità del destino, si voltò. Mitch Goodwin sedeva al volante di un furgone nuovo di zecca. Era alto, atletico, bello e con un’espressione severa.

    Un brivido la scosse, mentre lui allungava una mano per aprirle la portiera del passeggero. La luce all’interno della cabina gettò delle ombre sul suo viso ispido di barba e i suoi occhi le apparvero ancora più duri. Emily cercò di non guardargli le labbra, di non pensare a quanto erano state calde quando...

    «Sali» le disse lui. «Sta iniziando a piovere.»

    La sua prima reazione istintiva fu di obbedire. Emily Warner, sempre desiderosa di piacere, di evitare i conflitti, di rendere la vita più facile a se stessa e agli altri. Ma l’arroganza della sua richiesta, visto che non le aveva chiesto se voleva un passaggio, e un improvviso puntiglio, le impedirono di muoversi. Era seccata che si fosse presentato senza avvertirla, che l’avesse seguita e spaventata a morte ed era furibonda per aver reagito allo stesso modo di sempre: lo stesso vecchio desiderio, lo stesso vecchio bisogno.

    «Ti stai bagnando.» Conciso, impaziente.

    «Lo so, ma sono quasi arrivata e voglio fare due passi.»

    Emily riprese a camminare, ma senza correre. Quando alle proprie spalle sentì sbattere una portiera, non

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