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Come la vedo io
Come la vedo io
Come la vedo io
E-book76 pagine39 minuti

Come la vedo io

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Info su questo ebook

Breve antologia di saggi in materia di politica italiana e religione.
LinguaItaliano
Data di uscita22 nov 2014
ISBN9788891164186
Come la vedo io

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    Anteprima del libro

    Come la vedo io - Giglio Reduzzi

    -Riflessioni

    Un po’ di politica

    I servizi dello Stato

    Qualche tempo fa venne da noi una signora americana.

    Stava facendo un viaggio in Europa. Avendo saputo che nel Paese dove era diretta c’erano problemi di ordine pubblico, decise di chiedere consiglio all’Ambasciata americana.

    La cosa ci lasciò perplessi, perché noi, nella sua situazione, non ci saremmo mai sognati di rivolgerci alla nostra ambasciata.

    Io che per lavoro ho visitato un’ottantina di Paesi, solo due o tre volte mi sono rivolto alle nostre ambasciate. Tante me ne sono bastate per capire che non era il caso di farlo di nuovo.

    Ricordo che la prima volta, trovandomi in una città che la Farnesina considerava sede disagiata, vi trovai solo un incaricato d’affari di fresca nomina, al quale ritenni più opportuno dare qualche suggerimento, piuttosto che chiederne.

    Nello stesso edificio aveva sede anche l’ufficio ICE, il cui titolare, pomposamente chiamato Trade Commissioner, non poteva ricevermi perché occupato……a leggere i giornali, arrivati freschi freschi dall’Italia. E quando alla fine si degnò di ricevermi, scoprii che non sapeva nulla della società che rappresentavo (una fabbrica di aerei, non di caramelle) e che le mie entrature presso il Ministero della Difesa di quel Paese erano migliori delle sue.

    In un’altra occasione ed in un altro Paese, benché ci fosse un’importante Fiera in corso, l’ambasciatore era assente.

    Alla successiva edizione c’era, ma all’evento più importante fece mancare la sua presenza, perché stava facendo da guida turistica ad un nostro Sottosegretario in visita di lavoro.

    Alla signora americana il centralino dell’Ambasciata non disse che "il dottore era fuori stanza", ma le passò prontamente un funzionario, che rispose con competenza e cortesia a tutte le sue domande.

    Per gli americani rivolgersi alle loro ambasciate in caso di bisogno è considerata cosa normale.

    E le prime a farlo sono naturalmente le aziende.

    La spiegazione è banale: l’ambasciatore americano è un businessman che è lì perché ha finanziato la campagna elettorale del Presidente. Egli non sa nulla di diritto internazionale, ma sa tutto del mondo degli affari.

    I nostri rappresentanti all’estero, invece, sono lì perché hanno vinto un concorso, ma spesso non hanno mai messo piede in una fabbrica. Sanno tutto del diritto internazionale e ritengono disdicevole occuparsi di prodotti industriali, anziché di alta politica.

    Il nostro disincanto nei loro confronti è naturale quanto lo è il sentimento inverso che provano gli americani.

    Non essendo abituati a ricevere aiuti dallo Stato, neanche li cerchiamo.

    E lo stesso vale quando siamo a casa nostra.

    Allo Stato ci rivolgiamo solo quando non abbiamo alternative. Per esempio per le cure d’emergenza, dato che raramente le cliniche private sono dotate di Pronto Soccorso.

    Ovviamente questi soccorsi sono "pronti" solo di nome. Di fatto sono un’altra cosa.

    Purtroppo gli ospedali non sono un’eccezione, ma la regola, perché il modus operandi dei pubblici funzionari è uguale dappertutto. Se mai è il buon servizio che costituisce eccezione e non è un caso se, quando lo riceviamo, sentiamo il bisogno di ringraziare chi, bontà sua, ce lo fornisce.

    Ecco perché a volte, leggendo sui giornali la rubrica delle lettere, ci imbattiamo in pubblici ringraziamenti a questo o quel medico, questo o quell’infermiere. Quasi che uscire sani da un ospedale di Stato sia un optional.

    Le ragioni di questa mentalità sono presto dette: in Italia manca lavoro e ce ne

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