Sentimenti e delitti
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Anteprima del libro
Sentimenti e delitti - Dario Ghiringhelli
felice.
Prefazione
Mi sono sempre domandata come mio marito Dario riuscisse con relativa facilità a scrivere racconti gialli, lui che, come lettore, non ha mai particolarmente amato il genere...
La sua avventura di scrittore dilettante è iniziata in tempi relativamente recenti, nel 2008, ma con testi autobiografici. Il suo primo racconto giallo, è stato Ambigui Intrighi di Provincia: a me era molto piaciuto e lo incoraggiai a cimentarsi di nuovo nel genere. A giudicare dai riconoscimenti che ha conseguito, credo che ne sia valsa la pena!
Ricordo perfettamente i suoi appunti, che teneva meticolosamente aggiornati per porter concatenare i vari indizi fino a farli confluire nella soluzione del mistero. E non sempre, quando iniziava a scrivere aveva già chiara l'intera trama: non di rado la andava costruendo a mano a mano.
A volte interrompeva improvvisamente ciò che stava facendo per andare ad annotare l'idea o lo spunto che che in quel momento gli balenava...
La sera poi mi dettava (io ero incaricata della redazione a computer) quanto aveva scritto durante il giorno, rigorosamente con carta e penna, e io ero sempre curiosa di scoprire la nuova puntata
della vicenda. Lui aspettava le mie reazioni e le mie critiche
, per affinare il testo.
Anche Sentimenti e Delitti , che ha scritto nel 2011, è nato in questo modo....
Lascio a chi vorrà leggerlo di esprimere i propri giudizi....
Lorenza Mazzoni Ghiringhelli
Settembre 2013
SENTIMENTI E DELITTI
Personaggi principali:
Carla Banti insegnante in pensione
Lina Mariotti sua domestica
Roberto Comolli la prima vittima
Marta Vergani moglie di Mauro Vergani
Giulia Guidi madre di Michela Guidi
Marco Del Vecchio commissario
Tullio Settimelli agente di Polizia
Pierotti agente di Polizia
De Pasquale agente di Polizia
Dottor Colucci giudice istruttore
Dottor Mezzalira medico legale
Dottor Dell'Orto funzionario di Polizia giudiziaria milanese
Dottor Vincenzi funzionario di Polizia giudiziaria milanese
I dipendenti della Sanitas:
Nadia Martini medical manager
Milena Vescovi responsabile studi medici di oncologia
Sergio Mandelli direttore finanziario
Attilio Milani direttore del personale
Marinella Bianchi responsabile della comunicazione
Mauro Vergani capo divisione cardiovascolare
Michela Guidi biologa
Giovanna Bretti segretaria
CAPITOLO PRIMO
Marco Del Vecchio riposava su una comoda sdraio posta nell'ampio terrazzo della camera che gli era stata assegnata dalla direzione del Concorde, uno degli alberghi principali di Arona, dove aveva deciso di concedersi quattro giorni di completa vacanza, lontano dal cupo ufficio di Legnano nel quale, da ormai sette anni, ricopriva l'incarico di commissario capo della squadra omicidi.
Dopo aver portato a termine con successo un paio di difficili inchieste riguardanti delitti commessi nella città in cui era stato trasferito, per ragioni di servizio, dalla questura di Firenze, aveva sentito la necessità di rilassarsi dalla tensione accumulata negli ultimi mesi, durante i quali, grazie alla sua innata e acuta perspicacia di investigatore, era riuscito ad assicurare alla giustizia ben tre assassini: due uomini e una donna.
Lo specchio d'acqua del lago Maggiore, che si stendeva sotto i suoi occhi, era di un azzurro intenso, il cielo chiaro, il sole prodigo di quello splendore di fine agosto che non sempre, e nemmeno spesso, concede il finire dell'estate.
La calma del lago, l'assenza di vento e il silenzio dominante contribuivano a favorire un benefico rilassamento. Un insieme ideale.
Arrivato la sera innanzi, era quella, per lui, la prima delle mattinate di una progettata permanenza di pochi giorni. Si augurava in cuor suo che rimanessero invariate le condizioni atmosferiche perché la breve villeggiatura riuscisse perfetta.
Raccolse il quotidiano scivolato sul pavimento, e riprese a scorrere le notizie del giorno. La situazione politica: insoddisfacente, ma poco interessante. Del Vecchio, come nella professione, anche nel leggere il giornale, era di una meticolosità scrupolosa e quasi pedantesca, ma in quel momento mancava della consueta concentrazione.
Il ricordo di un banale episodio capitatogli nel pomeriggio della partenza per la vacanza lo irritava, procurando una specie di turbativa alla sua mente, capace di chiarezza, di ordine e regolarità.
«Chi ha decretato di mettersi a riposo per un po' non deve tornare sulla propria decisione», pensò tra sé e sé.
Poi, con un gesto meccanico, estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni, esaminò due scontrini tenuti insieme da una clip: uno era la ricevuta di una ricarica telefonica, l'altro il tagliando di una giocata al superenalotto relativa all'estrazione che sarebbe avvenuta quella sera stessa.
Anche lui aveva preso l'abitudine di sperperare, ogni tanto, due euro per tentare la fortuna, quantunque rassegnatamente consapevole delle scarsissime probabilità di una eventuale vincita.
Aveva effettuato una puntata proprio il giorno prima nella consueta tabaccheria in cui era solito approvvigionarsi di fumo, intascando meccanicamente la ricevuta insieme ai due pacchetti di sigarette acquistati.
Mentre usciva dal locale, alle sue spalle, un avventore si chinò a raccogliere qualcosa sul pavimento, rivolgendosi a lui:
«È sua questa, signore?».
«Ah, sì, grazie. Dev'essermi cascata...», fu la risposta istintiva ed immediata di Del Vecchio, pronunciata in convinta e totale buona fede.
Solo dopo qualche ora, mentre viaggiava in direzione di Arona, frugandosi in tasca, poté rendersi conto che quei due scontrini, legati dalla clip, non gli appartenevano, avendo rinvenuto anche la sua ricevuta originaria. Un leggero sorriso comparve sul suo volto, ma il pensiero di essersi impossessato, ancorché involontariamente, di qualcosa che apparteneva ad un'altra persona, continuava a scalfire la tranquillità ritrovata in quell'inizio di giornata.
Voltò e rivoltò nelle mani i due scontrini, tolse la clip e soffermò lo sguardo sul numero di telefono riportato su uno di essi: 338463175. Afferrò con decisione il cellulare e compose il numero.
Dopo qualche secondo udì una voce femminile:
«Pronto?»
«Mi scusi, lei non mi conosce», biascicò con evidente imbarazzo Del Vecchio, cercando di essere il più esauriente possibile nell'illustrare all'interlocutrice la ragione della telefonata, senza astenersi dal presentarsi.
«La ringrazio molto signor... signor commissario, ma non si preoccupi... la ricevuta della ricarica telefonica può buttarla e... quanto alla mia giocata, non avrò di certo imbroccato la combinazione vincente...», disse la donna in tono spiritoso.
«Penserò io a controllare i numeri estratti...», insistette il commissario,«se poi è così gentile di fornirmi il suo indirizzo, fra tre giorni, al mio rientro a Legnano, le riporterò gli scontrini... magari con una vincita...».
«Mi chiamo Michela Guidi e abito a Legnano in via Ciro Menotti 158... sa, oltre stazione?...».
«Ho capito, conosco la zona... allora... a tra pochi giorni...», concluse Del Vecchio, chiudendo la comunicazione e tirando un respiro di sollievo.
Ora tutto era sistemato: non c'era altro che potesse interferire con la sua breve pausa di riposo.
Nello stesso giorno del rientro a Legnano, Del Vecchio volle mantenere l'impegno assunto telefonicamente, recandosi all'indirizzo che gli era stato comunicato. Prima di scendere dall'auto, esaminò con attenzione la villetta situata al civico 158 di via Menotti.
Dallo stile la casa sembrava costruita da una decina d'anni, però appariva ben tenuta e dava l'impressione di essere stata ristrutturata da poco.
La costruzione, a due piani, appariva linda, dignitosa, circondata da un giardinetto ben tenuto a cui si accedeva attraverso un cancello dipinto di bianco. Traspariva, nel complesso, un'aria assai rispettabile. Del Vecchio premette il pulsante del campanello.
Michela Guidi uscì dalla casa, discese i dieci gradini, dirigendosi ad aprire il cancello. Era una ragazza alta, sottile e ben proporzionata, con lunghi, finissimi capelli biondi. Indossava un elegante tailleur scuro, dalla gonna molto corta, una camicetta di seta bianca. Aveva un trucco ben fatto, ma leggero e delicato.
Il commissario la giudicò all'istante una ragazza molto attraente a cui attribuì un'età intorno ai venticinque-ventotto anni.
«Sono Marco Del Vecchio».
«L'avevo immaginato», gli rispose Michela con evidente cordialità.
«Come vede, mantengo la promessa...», aggiunse il funzionario con molto garbo, consegnandole i due scontrini « purtroppo, nessuna vincita...»
«Non importa, e la ringrazio ugualmente...», disse la ragazza, invitandolo a seguirla all'interno della casa.
Gli fece strada, introducendolo nel salotto.
Qui la scena mutò per incanto. Almeno tale fu la sensazione provata da Del Vecchio. Benché non fossero che le cinque del pomeriggio, le tende erano tutte abbassate e le lampade accese, diffondendo per la stanza chiara e accogliente un delizioso e confortevole senso di intimità gaia e cordiale.
Una signora in elegante abito da pomeriggio si alzò e, con le mani tese, mosse incontro alla longilinea figura di Del Vecchio.
Era Giulia Guidi, la madre di Michela.
«Come è stato gentile commissario! Michela mi ha raccontato... Disturbarsi a venire fin qui per una cosa di poca importanza!».
«Ma le pare signora! Era mio dovere», e strinse la mano alla signora con moderata effusione.
«Ora, per contraccambiare la sua cortesia, la preghiamo di accettare l'invito di rimanere a cena da noi... Non è frequente a casa nostra avere un ospite di tanto riguardo... Sappiamo che lei è il capo della squadra omicidi del nostro commissariato...».
Del Vecchio non poté nascondere un certo imbarazzo mentre si sprofondava nella comoda poltrona che la padrona di casa gli aveva offerta.
«Sarebbe scortese da parte mia rifiutare un invito tanto allettante».
Conversando con le due donne, egli seguitava, senza averne l'aria, a sbirciare di sottecchi Michela, verso la quale incominciava a provare una irresistibile attrazione.
Nel corso della cena, Del Vecchio poté apprendere molte interessanti informazioni su quella famiglia, approfondendo con molto piacere soprattutto la conoscenza di Michela.
Dopo la morte del papà, scomparso tre anni prima a seguito di una malattia incurabile, la ragazza viveva da sola con la madre, svolgendo l'attività di biologa di ricerca presso una grande azienda farmaceutica situata non molto distante da Legnano, la Sanitas di Canegrate, mentre la madre, da perfetta casalinga, badava alle cure della casa.
Michela, inoltre, durante alcune ore libere, in particolar modo il sabato e la domenica, prestava servizio in qualità di assistente volontaria nella sede della locale Croce Rossa.
Del Vecchio, al momento del commiato, profondendosi in mille ringraziamenti, realizzò con perfetta lucidità quanto gli dispiacesse dover privarsi della vista di Michela, con la quale avrebbe gradito poter rimanere più a lungo.
Prima di rincasare, preferì recarsi per qualche minuto in ufficio. L'agente Tullio Settimelli collaborava con lui da tre anni, assistendolo in tutte le inchieste e operando giorno e notte al suo fianco. Per tale motivo, era forse la sola persona, in tutta Legnano, in grado di interpretare e capire al volo ogni minima piega della complessa personalità di Marco