La città delle ombre - Il romanzo
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La città delle ombre - Il romanzo - Liudmila Gospodinoff
a cura di Andrea Franco
Liudmila Gospodinoff
La città delle ombre
Il romanzo
Prima edizione dicembre 2014
ISBN 9788867755936
© 2014 Liudmila Gospodinoff
Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.
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Indice
Liudmila Gospodinoff
La città delle ombre - Il romanzo
Prologo
parte prima - Nessuno è più ombra di me
1. Le tegole non cadono per caso
2. Mantelli rossi, mantelli blu
3. Le parole sono il sale della vita
4. Dal cielo non piovono solo tegole
5. Quello che è ovvio per un ladro non lo è per tutti gli altri
6. Giocare a gatto e topo con un mezzorco
7. Qui gatto ci cova
8. Il capo è sempre il capo, tranne quando sbaglia
9. Il morso di un serpente è sempre velenoso
10. Un buon piano è alla radice del successo
11. Mai fidarsi di ciò che è troppo facile
12. Quando gli occhi ti ingannano, bisogna seguire il naso
13. Il rosso e il nero
14. Quando vuoi qualcosa devi chiedere
15. Mai sottovalutare un mago
16. Bisogna aver cura dei denti, anche se non sono tuoi
17. La vita è migliore con la esse
Parte seconda - Arrestate lo spettro
1. Kerr Ishiao
2. La spia degli elfi
3. La preoccupazione dell’alchimista
4. Mana fuori controllo
5. La voce del dio
6. La maga del ghiaccio
7. Gli indizi arrivano quando meno te l’aspetti
8. Cacciare le ombre
9. La taverna dei sette amici
10. Sei e dieci
11. Il drow
12. Il Rotko
13. Portate una torcia
14. I sotterranei di Rothmor Zays
15. Sette più sette
16. Rumore di risacca
17. Ghiaccio e fuoco
18. La profezia del dio ubriaco
19. Vedere il nokal è un privilegio raro
Parte terza - La profezia del dio ubriaco
1. Lord Waren Hatel – Vecchi ricordi
2. Kerr Ishiao – Nervi d’acciaio
3. Phan Mitràl – L’abbaino
4. Ianu Sholl – Come interrogare un alchimista
5. Phan – Parlare sul serio
6. Ianu – Il mercato notturno di Zays
7. Phan – Amazzoni e orchi
8. Ianu – L’interrogatorio del Serpente
9. Phan – Anche gli orchi hanno le loro fisime
10. Ianu – Inseguire le ombre
11. Phan – Brutte notizie
12. Ianu – Due frecce. Due.
13. Phan – Un corteggiatore molto noioso
14. Ianu – Il patto col Serpente
15. Phan – Le Amazzoni non sono pezzi di legno
16. Shiom – Il drow con gli occhi verdi
17. Ianu – Ci sono solo due cose che un elfo deve temere
18. Waren – La battaglia di Rothmor Zays
19. Ianu – L’eroe
20. Phan – Ombra tra le ombre
Epilogo
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In questa collana
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Liudmila Gospodinoff
Liudmila Gospodinoff è medico agopuntore. Vive e lavora a Roma. Scrive clandestinamente dalle elementari e ha dato alle fiamme diversi romanzi. Negli ultimi anni, incoraggiata dal fatto che alcuni dei suoi scritti hanno passato la sua censura, ha seguito un corso di scrittura con Franco Forte, ha pubblicato un racconto sui Gialli Mondadori e altri sulle 365 della Delos Books, sulla rivista di fantascienza Robot e sulla Writers Magazine Italia.
Dello stesso autore
Liudmila Gospodinoff, Nessuno è più ombra di me Fantasy Tales La città delle ombre ISBN: 9788867751204 Liudmila Gospodinoff, Arrestate lo spettro Fantasy Tales La città delle ombre ISBN: 9788867751976 Liudmila Gospodinoff, Lia Tomasich, Scacco alla Regina The Tube 2 ISBN: 9788867753741
Prologo
– Mi chiamo Phan Mitràl. Bel nome, vero? Ci ho messo un ciclo di luna a sceglierlo. Phan è stato facile, ma Mitràl… Non vi interessa? Contenti voi… Pensavo di parlare un po’ di me, giusto per scaldare un po’ l’ambiente. Non per offendervi, ma avete le facce un po’ troppo scure. Ombrose, direi.
Le scappò un sorrisetto, ma le sagome rimasero immobili sul muro bianco. Solo gli sguardi luccicavano nel buio dei volti, uno scintillio maligno e inespressivo.
Phan si agitò sullo sgabello; la situazione era davvero preoccupante. – Però non so da dove cominciare – riprese. – Perché vedete, di guai ne ho passati parecchi, e se devo raccontarli uno per uno…
– Questa è la nostra città. – Doveva essere l’ombra più scura a parlare. La più imponente.
– Be’, certo, ma…
– Un uomo ha osato sfidarci, qui, a Rothmor Zays. Ha cercato di coprirci di ridicolo. – La voce era roca, ma nei toni profondi era capace di far vibrare il marmo del pavimento. Phan deglutì, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal luccichio sinistro degli occhi. – Quindi parla, e bada a quello che dici – riprese. – Una bugia, una sola, e ti rimandiamo all’inferno. E ti assicuro che il tuo non sarà un viaggio facile. Né piacevole.
Annuì furiosamente. – Ho capito, ho capito. Vengo al punto.
L’ombra incrociò le braccia. – Era ora – disse.
Phan si schiarì la voce. – Tutto è cominciato tre giorni fa, subito prima della grande nevicata. Ero sul tetto con il mio amico Shiom, nel quartiere commerciale. Non ero lì per caso. Avevo litigato con il mio socio, Ashil, e lui mi stava cercando per tutta Zays. Così avevo pensato di giocare d’anticipo e lo stavo aspettando. Peccato che a me le cose mi vanno sempre storte…
parte prima - Nessuno è più ombra di me
1. Le tegole non cadono per caso
– Rothmor Zays è piena di maghi in questi giorni – disse Shiom.
– Non sono i maghi a preoccuparmi – replicò Phan Mitràl. Spinse la tegola oltre l’orlo del tetto e si ritrasse. Un tonfo, urla rabbiose.
– L’hai mancato – annunciò Shiom.
– Di nuovo? Uffa! – Quel figlio di un troll è nato con la camicia.
– E che cos’è che ti preoccupa, pupa?
– Be’… parecchie cose. – Phan rotolò sul fianco e appoggiò la testa sul braccio, osservandolo attraverso le lunghe ciglia. – Stai ingrassando – disse.
– Sono in ottima forma – ribatté lui. – Non cambiare discorso!
Phan raschiò via del muschio dal coppo più vicino. – Qualcuno sta cercando di farmi la pelle.
– Chi?
– Un nobile, credo. Uno che ho rapinato mentre ero fuori città.
Shiom si grattò la testa, e lei ripulì con l’unghia la superficie della tegola. Dalla strada provenivano grida e botti: Ashil aveva accusato il padrone di casa di aver fatto stregare il tetto e la faccenda era finita a randellate. Phan ridacchiò. Quel coglione è sempre stato più veloce di pugni che di cervello.
– Eravamo in tre – disse. – Siamo entrati prima dell’alba, ma la villa era vuota. Vuota, ma proprio vuota: né un uomo né un troll. Però c’erano i gioielli, buttati su un cassettone. Mi pareva strano, ma Arran era impazzito. Che fortuna, che fortuna!, ripeteva. Fortuna un corno! Comunque, ci siamo riempiti le tasche. Cheb era rimasto fuori a fare il palo, ma quando ci siamo calati giù era scomparso anche lui. E questo era strano davvero, Cheb dove lo metti sta, non è il tipo che prende iniziative. Ci siamo messi a litigare sottovoce, perché io volevo alzare i tacchi, e intanto facevamo il giro della casa. Poi Arran è inciampato su qualcosa e quando ha guardato bene ha scoperto che era una gamba, la gamba di Cheb. Qualcuno ci si era divertito. Un braccio qua, uno là… insomma, per trovarlo tutto c’era da correre un bel po’. – Fece una pausa meditabonda e si strinse nelle spalle. – Arran si era agitato, lui il sangue non lo può vedere. Così saltellava e starnazzava come una gallina, e quando abbiamo sentito dei fruscii, nel parco, se l’è data a gambe. Io sono andata dalla parte opposta. – Sogghignò, compiaciuta, mentre il frastuono, nel vicolo, raddoppiava d’intensità. – Ho avuto ragione io – concluse.
– E come fai a sapere che ti stanno cercando?
Phan si appoggiò il mento sui pugni chiusi e rifletté a lungo prima di rispondere. Lo so e basta. Bisogna saperle, certe cose, se si vuole restare vivi. Comunque, c’è la faccenda dei gioielli. Non è stata una mossa astuta rivenderli così presto, ma avevo proprio bisogno di contanti. – Be’, c’era una bella luna e mi hanno vista mentre scappavo, credo. E poi da un po’ di giorni incontro della gente. Tipi eleganti, con il mantello rosso. Appena mi vedono, mollano quello che stavano facendo e si mettono a seguirmi.
– E hanno cercato di farti fuori?
– Be’, no, non ancora.
– Ma tu avevi detto che…
– Ehi, come mai non si sente più niente in strada?
Shiom si sporse oltre l’orlo del tetto. – Sarà meglio toglierci di qui – annunciò. – C'è una pattuglia di Manti Blu.
– E allora? Faranno la voce grossa e diranno a tutti di girare alla larga. – E magari se lo portassero in guardina, quell’idiota. Macché, non ho mai avuto certe fortune, io.
– Già. Ma stanno salendo a vedere se c’è qualcuno sul tetto.
– Oh no! – Phan rotolò su se stessa e si appiattì dietro a un comignolo, un attimo prima che una testa coperta da un mezz’elmo spuntasse dall’orlo del tetto.
– C’è solo un gatto, tenente.
– Va bene, scendi.
Phan si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
– Ci è andata bene. Potevano mandare un mago a controllare se il tetto era davvero stregato – sbuffò Shiom, mentre la scala veniva ritirata.
– Quelli che lavorano per i Blu sono vecchi bacucchi. Arrampicarsi su un tetto, figurati!
Si stiracchiò come una gatta.
– E adesso – chiese Shiom – che intenzioni hai?
– Dovrei scoprire chi sono. – E devo trovare un’altra tegola per Ashil. – Ma se tu mi dai una mano…
– Scordatelo, pupa. Non faccio mai niente per niente. E poi tu hai bisogno di un aiuto molto più sostanzioso del mio.
– Alla gilda dei ladri non posso più tornare.
– Non parlavo della gilda.
Phan si imbronciò. – No, le Ombre no. Non li sopporto.
– Ma perché no, scusa? – ribatté Shiom, flemmatico. – Sono loro la vera potenza, a Zays. Se entri nel loro clan sei in una botte di ferro; e, per di più, diventi ricca.
– Se entro nel loro clan quelli mi comandano a bacchetta – replicò la ragazza. – Tante grazie: se voglio una corda al collo vado dalla Vigilanza!
Shiom prese ad arretrare, soffiando aria.
– Come credi, pupa. Ma adesso scusa, sono di fretta.
– Che c’è?
– Un topo!
Phan scoppiò a ridere, mentre Shiom balzava da un tetto all’altro con la coda dritta.
2. Mantelli rossi, mantelli blu
Mantello rosso, mantello rosso, canticchiava Phan a bassa voce. Il sole si avvicinava all’orizzonte, facendo sfolgorare le statue gemelle, che accoglievano le navi nel porto con i piedi immersi nell’acqua e l’aria corrucciata di uno che non va al bagno da parecchi giorni. Ma perché mettersi un mantello rosso per andare alla caccia di qualcuno?
Saltò giù dal tetto ed eccolo là, come se lo avesse evocato: avvolgeva un tizio intento a esaminare una gualdrappa. L’uomo palpava la frangia di seta blu e scuoteva la testa, mentre il mercante spalancava la stoffa sul banco, parlando a raffica. Phan cercò di allontanarsi senza dare nell’occhio, ma l’uomo alzò lo sguardo e lasciò cadere il tessuto, mentre il viso assumeva le sembianze di un predatore.
Phan scantonò rapida, girò di corsa intorno al palazzo e si arrampicò su un platano dalle foglie blu. L’uomo con il mantello rosso comparve pochi secondi dopo e si fermò a frugare la piazza con lo sguardo; poi riprese la corsa, in direzione del centro di Zays. Phan respirò di sollievo. Un vero troll. Non gli è neanche venuto in mente di alzare gli occhi.
Troll o no, però, la situazione richiedeva un attimo di riflessione. Devo scoprire chi porta i mantelli rossi e trovare un boccale di birra scura. Un buon boccale di birra scura è quello che ci vuole per schiarirsi le idee. Phan si guardò intorno.
L’albero cresceva davanti alla palizzata di marmi e legno scolpito che delimitava il distretto degli elfi ricchi. La nonna raccontava che era stato uno studente dell’Accademia a cambiare di colore al platano, quando l’uso della magia non era ancora vietato per le strade di Rothmor. Lo studente era brillo, e quando la sbornia era passata non era riuscito più a scoprire la formula che aveva usato. Prova e riprova, aveva dato fuoco al giardino delle Meraviglie ed era stato espulso. Così era tornato a Itan-Cha, era diventato uno dei Sette e aveva votato per la guerra. Aveva giurato di bruciare tutta l’Accademia, insegnanti compresi. Quante se ne inventava la vecchia! Però la parola platano
fa ridere, e anche la parola oboe
.
Phan stava per saltare a terra, quando un gruppo di elfi, bellissimi, avvolti in tuniche color lavanda, uscì dal portale e passò sotto l’albero per attraversare la piazza. Discutevano tra loro usando paroloni affascinanti, come processo enzimatico e instabilità di mana. Uno alzò lo sguardo, la vide, e le strizzò l’occhio. Studenti dell’Accademia Arcana. Niente male. La nonna diceva che non bisogna mai dire di no a un uomo ricco e a un elfo.
Saltò a terra, si ficcò le mani nella tasche delle brache e si diresse verso il quartiere del porto. Il quartiere commerciale, con le case di pietra bianca e le grandi piazze con i templi di marmo non le piaceva, anche se era il luogo perfetto dove lavorare: mercanti, nobili di secondo livello, sacerdoti e scribi, erano gente facile da alleggerire. Non so che cosa darei per poter fare una capatina al quartiere degli elfi, e magari anche all’Accademia Arcana; ma lì neppure le Ombre hanno il coraggio di entrare.
Le ombre sui muri si erano fatte lunghe, ma il quartiere era ancora molto animato. Un drappello di guerrieri orchi, in cotta di maglia e sovratuniche a strisce bianche e nere, marciava verso la cerchia muraria più interna. Un paio di Manti Blu parlottavano tra loro, masticando radici di burran, ma interruppero la conversazione per seguirla con lo sguardo. Gli alchimisti in tuniche gialle esaminavano polveri e pozioni in fiale di vetro sottilissimo. Due paladini, avvolti in cappe bianche, scortavano una dama di mezza età, circondata da un ricco seguito di adolescenti effemminati. Phan si fermò in mezzo alla strada, incurante della gente che l’urtava. Tuniche blu, tuniche gialle. Mantelli bianchi, mantelli rossi. Corpo di un drago zoppo, Phan, ecco dove devi andare, se vuoi scoprire qualcosa!
Girò sui tacchi, passò davanti al doppio cerchio di colonne di marmi tutti diversi che circondavano il tempio di Gaen, e si diresse verso la strada dei sarti.
Un vento frizzante si incuneava tra le case, costringendo i mercanti a chiudere le porte delle botteghe, lasciando un garzone sulla soglia a vantare la bellezza dei prodotti.
Phan saltellò da una pietra del lastrico all’altra. Andò a sbattere contro un viandante, si scusò con un sorriso angelico e si fece scivolare in tasca la saccoccia che gli aveva borseggiato. La via che cercava era stretta e si inerpicava verso il cuore di Zays, la parte più alta della città, in lunghi gradoni. Phan si guardò intorno, frastornata dalle grida che si intrecciavano da una bottega all’altra. I garzoni si sbracciavano per ottenere la sua attenzione; le porte chiuse sembravano tutte uguali.
Un giovane goblin, davanti a un negozio, le fece un grande inchino e intonò con vocetta acuta:
Mie bellissime signore,
che apprezzate l’eleganza,
non sdegnate il venditore
atto a ogni circostanza!
Così splendide sarete,
da attirare a voi ogni occhio,
e gli uomini, credete,
crolleranno a voi in ginocchio!
Phan scoppiò a ridere, spinse la porta della bottega, e vide gli occhi dell’uomo al banco restringersi con diffidenza.
– Che cosa vuoi, ragazza? – chiese, appoggiando le forbici sulla saia rosa pallido.
– Un mantello rosso.
– Puoi pagare?
– In anticipo.
Fece saltare nella mani la saccoccia che aveva rubato. L’uomo parve ammorbidirsi un po’. Tirò fuori un campionario di tessuti da sotto il banco e lo sparse sopra la pezza rosa.
– Stoffe pratiche e robuste, adatte a una ragazza che ama vestirsi da uomo.
Phan arricciò il naso. – Vorrei qualcosa di più elegante.
Il sarto le lanciò un’occhiata dubbiosa, ma raccolse le stoffe e si chinò a prenderne di nuove.
– Come desideri. Ho un campionario molto ricco.
Campionario
! Ha un bel suono, quasi quanto archivio
!
L’uomo prese a palpeggiare gli scampoli con visibile piacere.
– Questo è lino di Nysim, sottoposto a gramolatura. E questa, lana gualcata di Rothdar. Quanto a questa – abbassò la voce, come un cospiratore – è vera seta, proveniente dai filatoi dell’isola di Tasith. Il filato destinato alla trama è stato sottoposto ad una addoppiatura, cosicché la stoffa è robusta come canapa, ma sottile come una ragnatela.
– Oh! – La raffica di parole nuove le fece scordare per un attimo lo scopo della visita; poi scosse la testa. – Vorrei un rosso un po’… particolare – disse. Individuò la stoffa giusta tra i ritagli. – Questo potrebbe andare.
L’uomo strinse le labbra, guardandola fissa. – Siete interessata al rosso di cocciniglia? Ma non riuscirò a terminare il lavoro per domani sera. – Girò intorno al bancone. – Mi dispiace, mia lady. Mi dispiace moltissimo.
Si profuse in una serie di inchini esagerati, riaccompagnandola alla porta. – Sono sempre il vostro umilissimo servitore – dichiarò, prima di chiudere l’uscio a doppia mandata.
Gramolatura… gualcata… cocciniglia… ripeté tra sé Phan Mitràl. Ma perché domani sera? E perché mi ha mandato via? Devo tornare da Husam, il ricettatore, mi sa che mi ha nascosto parecchie cosette. Però non sarà facile farlo parlare. Quello è un tipo che ha litigato con le parole. Rise della propria arguzia. Cocciniglia, addoppiatura…
La luna illuminava a giorno la strada. Una pattuglia di Manti Blu le veniva incontro.
– Sbrigati, ragazza! Le porte stanno per chiudere!
Phan affrettò il passo, dirigendosi verso la muraglia di granito alta venti piedi che divideva il quartiere commerciale da quello del porto. Svoltò in un vicolo, e finì contro un tipo grande e grosso.
– Ops!
Fece per scostarsi, ma l’uomo le afferrò le braccia.
– Ma guarda chi si vede!
Una scossa elettrica le percorse la colonna.
Era andata a sbattere proprio contro Ashil.
3. Le parole sono il sale della vita
– Allora sei in città, maledetta sgualdrina! Mi avevano detto che te n’eri andata.
L’uomo la sbatté contro il muro. Un colpo violento alla nuca, mentre le mani le artigliavano le braccia, proprio sopra al gomito. Mi troverò piena di lividi, uffa.
– Mi conoscete, signore? – chiese con voce tremante. – Ditemi che mi conoscete, vi prego!
– Ma certo che ti conosco, grandissima baldracca! E scommetto che c’eri tu dietro la faccenda della tegola.
– La tegola? – Phan lo fissò con gli occhi sgranati. – Signore, vi prego, mi fate male.
L’uomo rise, cattivo. – Male? Questo è niente. Tra poco sì che ti farò del male!
– Che gli dèi mi proteggano! – Nella voce di Phan tremolava un atterrito stupore. – Ma chi è quella donna, signore? Che cosa vi ha fatto?
– E mi chiedi che cosa hai fatto? Che cosa hai avuto il coraggio di farmi, maledetta puttana? – Le mani di Ashil divennero due tenaglie. – Un colpo facile facile, uno scherzetto
– aggiunse, in una grottesca imitazione di voce femminile. – Quel tizio, brutta stronza, era un necromante. Un necromante, hai capito? – Bum! Un'altra testata contro il muro. – Sono mesi che gli scheletri mi danno la caccia. E quelli non ti mollano, maledetti, non ti mollano!
– Oh, signore! – le lacrime cominciarono a scorrere sul volto di Phan. – È orribile!
– Certo che è orribile! Lo sai che cosa significa cercare di uccidere uno scheletro? – le alitò addosso. – Gli tagli un braccio, e la mano ti afferra la caviglia. Riesci a mozzargli la testa, e quella ti morde un piede!
–