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Luce e Ombra
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E-book135 pagine1 ora

Luce e Ombra

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Info su questo ebook

Quando tre avventurieri accettano l'incarico di recuperare una reliquia perduta da secoli, la situazione può farsi complicata: tra combattimenti, sotterranei, incantesimi, avversari implacabili, vecchi e nuovi amori, il destino dell'impresa è nel sottile confine tra LUCE e OMBRA.

Un'avventura classica di sword & sorcery, il ritorno delle tre lame più famose della Costa.

Llana Barcarossa: "Qui non muore nessuno, se non siamo noi a deciderlo."

Bran il Nero: "Farò follie con moderazione."

Morlon l'Aquila: "Neppure un travestimento piccolo piccolo?"

Un romanzo breve che compone il secondo volume della Canzone della Costa.
LinguaItaliano
Data di uscita3 dic 2015
ISBN9788891124760
Luce e Ombra

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    Anteprima del libro

    Luce e Ombra - Andrea Marinucci Foa

    Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

    LUCE E OMBRA

    Il secondo volume della Canzone della Costa

    © Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni, 2015. Tutti i diritti riservati

    ISBN: 9788891124760

    Youcanprint Self-Publishing

    Ad Aileen, nata nella luce,

    e a Cagliostro che l’ha guidata nel mondo.

    Interludio

    Di occhi indiscreti e rapaci. Di fumo, sangue e acciaio e di un amico in difficoltà nell’intervallo tra una storia e l’altra.

    Le spade nude brillavano inquietanti alla luce dei lampioni a fiamma fatata di Vadhe. Tre lame da una parte e sei dall’altra a non più di dodici piedi di distanza: non era un confronto alla pari. Pregustando il duello, i nottambuli abituali si erano allontanati di qualche passo, quanto bastava per guardare la scena senza rischiare una coltellata. Un piccolo pubblico era affacciato alle finestre che davano sul Vicolo delle Tre Poppe, una delle strade malfamate del quartiere del porto. Qualcuno raccoglieva già le scommesse sull’esito dello scontro.

    Avete portato il riscatto? chiese in tono ansioso il primo dei Sei agli avversari.

    Non capisco perché mai dovremmo pagarvi, rispose la donna alta dai capelli scuri, dietro alla sciabola puntata con disinvoltura al viso del portavoce. Rapite uno dei vostri stessi ladri e chiedete il riscatto a noi poveri indipendenti!

    Questo traditore è amico vostro, replicò l’altro indicando un colosso legato come una salamella di Eirlon e incappucciato con un drappo nero. Lo avremmo già impiccato, ma visto che ha un certo valore per voi…

    Va bene così, Llana, intervenne il più basso dei Tre. Gettò un borsello di fronte ai Sei. Questa è l’offerta in argento, Laban, aggiunse. Prendila e togliti dai piedi prima che si passi all’offerta in acciaio.

    Morlon, non erano questi i termini del nostro accordo, protestò Laban.

    Nascosta nelle ombre, la figura snella valutava il confronto con occhio professionale. I ladri delle gilde erano chiassosi e prepotenti e gli indipendenti tendevano a fare gli spacconi con altrettanto clamore. Possibile che non ci fosse più un minimo di professionalità al mondo?

    Fai qualche passo indietro, tappo d’un nordico ordinò Laban. E anche voi altri.

    No, grazie sorrise la donna. Stiamo bene dove siamo.

    L’ultimo dei Tre, il giovane silenzioso vestito di nero e argento, sembrava fremere. Cominciò a tremare, sempre con maggior frenesia, quindi svanì in uno sbuffo di fumo scarlatto.

    Mai fidarsi delle illusioni, brontolò Morlon alzando il suo spadone.

    Quando i Sei indietreggiarono per la sorpresa, si accorsero che il loro prigioniero era sparito.

    La figura nell’ombra ridacchiò tra sé e sé, giocherellando con uno stiletto dall’aria mortale. Da quando li seguiva, i tre ladri indipendenti l’avevano sorpresa spesso e qualche volta persino divertita.

    La piratessa sbuffò. Bran, il tuo affare magico è svanito! urlò contrariata.

    Te l’avevo detto che era un trucco inaffidabile replicò il giovane sbucando da dietro l’angolo con lo stocco in pugno.

    Un bel piano andato in fumo commentò il terzo. Letteralmente in fumo.

    I Sei esitarono solo qualche istante prima di ingaggiare battaglia. Era inevitabile.

    Poco fa ho avuto di nuovo la sensazione d’essere spiato, disse Bran mentre ripuliva con cura la spada sottile sulla camicia di uno dei cadaveri.

    Llana si strinse nelle spalle. C’è mezza Vadhe affacciata alle finestre.

    Avremmo dovuto far pagare il biglietto, si rammaricò Morlon. Il suo spadone era incastrato nella spina dorsale di Laban e l’ometto dovette usare tutta la sua forza per liberarlo. Comunque questa volta il nostro aspirante druido ha colto nel segno. Mi sono sentito sotto esame anche io.

    I Tre voltarono l’angolo di scatto, ma il misterioso osservatore si era già dileguato. Rapido come il battito delle ali di uno sparviero.

    Luce e Ombra

    Della rinascita di un culto immerso nella luce e nell’ombra. Di tre avventurieri alle prese con una missione sacra in maniera molto profana. Di nuovi amici e di temibili avversari.

    1. Nel tempio di Netemi

    L’antico tempio di Netemi, Signora della Luce, sorgeva nella periferia orientale di Vadhe, poco fuori dalle mura. Il suo lato occidentale era addossato a Tor-Du, una collinetta brulla in cui si aprivano molte grotte che nei secoli erano state utilizzate come tombe, come rifugio dai pastori, come base dai briganti e come santuari da fanatici di oscure religioni. Dopo che la volubile moda di Vadhe aveva consegnato alla storia Netemi, il tempio era andato quietamente in rovina nell’indifferenza generale.

    Era un peccato, poiché l’edificio era un vero tesoro di architettura, orientato in modo che la luce dell’alba entrasse dalla finestra circolare, l’Occhio di Netemi. La grande navata aveva il pavimento e le pareti coperti di mosaici che raccontavano le storie della Dea e dei suoi seguaci e due lunghe file di statue femminili, che rappresentavano le caste e discutibili virtù del culto di Netemi, accompagnavano i fedeli verso l’altare. L’area amministrativa era distribuita a destra e a sinistra del corpo centrale e occupava le due navate laterali.

    Da qualche anno il culto era rifiorito e i sacerdoti si erano lanciati nel restauro del tempio, raccogliendo fondi tra i nobili e i commercianti più tradizionalisti che si dichiaravano nauseati dalla facilità dei costumi dei tempi moderni. I nuovi seguaci erano apparentemente in linea con le tradizioni antiche, come erano state ricostruite dai documenti e dalle storie. Vadhe guardava i lavori di restauro e le follie dei cultisti con la solita cinica indifferenza mentre ladri, appaltatori e malfattori di ogni altro genere studiavano con interesse quel piccolo fiume di denaro che scorreva verso la periferia orientale della città.

    Netemi in quei giorni poteva contare molti fedeli tra la piccola nobiltà e i commercianti più ricchi, sebbene i principii della Dea della Luce fossero improntati alla povertà, alla morigeratezza e alla solidarietà reciproca. Le classi alte di Vadhe continuavano ad accumulare ricchezze, a sfruttare, tiranneggiare e maltrattare i poveracci e frequentare bordelli di lusso con lo stesso entusiasmo di prima. Tuttavia ogni sabato mattina, durante la funzione che si teneva all’alba fuori dal tempio in restauro, potevano pentirsi solennemente delle loro malefatte ed essere perdonati dalla Dea, che li benediceva con la sua luce dorata. La moda di Netemi non si era diffusa tra le classi povere, sia perché gli sforzi dei sacerdoti erano concentrati nella conversione di coloro che potevano contribuire maggiormente alle spese dei lavori, sia perché le funzioni si tenevano fuori dalla città. I vadhiani, per quanto potessero essere poveri o sfruttati, erano fieri di essere cittadini. La loro vita ruotava attorno al centro di Vadhe e preferivano seguire uno dei tanti culti presenti in città, piuttosto che uno che li obbligasse a muoversi verso le campagne.

    Quel mattino il grande tempio era chiuso nonostante fosse già l’alba: l’ora più sacra a Netemi. L’interno della navata brillava al pallido sole, con i mosaici chiari che moltiplicavano la luce. Il venerabile sacerdote Garfan stava conversando con tre giovani, tra statue di marmo e materiali da costruzione ammonticchiati qua e là. Era un vecchio alto e corpulento, accuratamente sbarbato e con candidi capelli cortissimi, in quel particolare taglio austero che negli ultimi anni era di moda tra i militari e i rampolli della nobiltà. I suoi grandi occhi nocciola ardevano di entusiasmo e di zelo religioso, mentre spiegava ai suoi ospiti i fondamenti del culto di Netemi.

    Uno dei tre, un uomo basso e snello vestito con una morigerata tunica color grigio chiaro, sembrava più a suo agio degli altri. Aveva un viso dai lineamenti regolari, una lunga chioma biondo platino tenuta in ordine da una fascia a motivi floreali e un paio di fluentissimi mustacchi. Sotto la tunica indossava pantaloni dello stesso colore e calzava sandali di cuoio molto elaborati.

    Chiedo scusa, venerabile. Il giovane approfittò di una pausa del sacerdote. Potremmo arrivare al punto?

    I suoi compagni annuirono. La donna era affascinante: i lunghi capelli neri e ondulati le scendevano sulle spalle e gli occhi blu erano grandi e luminosi. I suoi vestiti stridevano molto con l’atmosfera del tempio: indossava stretti pantaloni di pelle, stivali alti fino al ginocchio e una larga camicia bianca. Alla cintura portava con naturalezza una lunga sciabola e un pugnale piuttosto minaccioso. Aveva seguito i sermoni del sacerdote con aria annoiata, anche se si era guardata bene dall’interromperlo. L’ultimo dei tre era di media statura, i capelli neri dal taglio regolare, il viso ovale dai lineamenti delicati e la carnagione chiara; se non fosse stato per i lunghi occhi verdi avrebbe avuto un aspetto tanto comune da passare inosservato. Vestiva tunica e pantaloni neri ed era anch’egli armato di pugnale e spada, uno stocco dall’impugnatura elaborata.

    Il sacerdote sorrise. Nessun problema, figliolo. Ho il vizio dell’eloquenza, ma sono tenuto a parlare del nostro culto ai nuovi accoliti e ci sono tante cose da dire. Vado a prendere dei documenti che devo assolutamente mostrarvi. Potete attendermi qui, non ci metterò molto.

    I tre lo seguirono con lo sguardo mentre varcava l’arco che separava la navata dagli uffici.

    Morlon, era proprio necessario darsi appuntamento all’alba? chiese la donna.

    Il biondo sorrise, arricciandosi la punta di un baffo. Ha insistito tanto per incontrarci a quest’ora, mi spiace avervi fatto alzare tanto presto.

    "Alzarci? Io non

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