Salvanima
Di Simone Lega
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Anteprima del libro
Salvanima - Simone Lega
Innesti
Salvanima
di Simone Lega
Editing, produzione e immagine di copertina: Laura Platamone
ISBN: 978-88-98739-16-5
Nero Press Edizioni
http://neropress.it
© Associazione Culturale Nero Cafè
Edizione digitale Giugno 2014
Simone Lega
Salvanima
1
Aprì gli occhi e si stupì di essere ancora vivo. Anche il dolore era diminuito, segno che le iniezioni di Emanuele avevano fatto effetto. Perlustrò la stanza per quel che poteva. Il minimo movimento del collo gli dava la nausea. Era da solo. Strano. L’ordine era di non lasciarlo mai da solo. Sentì il bisogno di avere Clara lì accanto, a stringergli la mano. Clara da guardare negli occhi. I baci di Clara. Ma poi pensò che era meglio così. In realtà si sentiva sempre a disagio quando c’era lei. Provare vanità nelle sue condizioni era ridicolo, se ne rendeva conto, tuttavia gli sembrava che lei avesse disgusto per ciò che era diventato. La malattia lo aveva ridotto a uno scheletro coperto di pelle. Aveva perso i denti, il suo fiato puzzava.
Lo stomaco si contrasse, tornarono i conati.
Quanto ancora avrebbe vissuto? Quanto ancora sarebbe durata quell’agonia?
E sopratutto, l’idea di Valerio avrebbe funzionato?
2
Stavolta aprendo gli occhi vide Valerio chino su di lui.
«Non ti preoccupare» gli sussurrò l’amico con un sorriso fiducioso, stringendogli la mano.
Era stato lui ad andare da Valerio a proporsi come cavia per l’esperimento.
Si era presentato a casa sua con i risultati delle ultime analisi e il messaggio del medico. Com’era stata cupa la voce di quel dottorino presuntuoso mentre gli diceva: «Il male è aggressivo. Abbiamo tentato il possibile, non c’è più nulla da fare».
«Voglio che lo sperimenti su di me» aveva detto, e per un attimo negli occhi dell’amico aveva brillato un lampo di paura. Poi però lo sguardo di Valerio si era acceso. Si era alzato dalla scrivania afferrando la mano di Giorgio. Era stata una stretta lieve. A Giorgio aveva fatto male lo stesso, ma si era trattenuto dal dirlo.
Valerio era un buon amico. Altissimo, completamente rasato, gli occhi grandi come lampioni e labbra seducenti. Sembrava più un attore di Hollywood che uno scienziato. Un tempo era stato geloso di lui, per via di Clara. Ma si sbagliava.
3
Le ragazze dormivano nella stanza da letto. Emanuele in quella degli ospiti. Il letto di Giorgio era stato attrezzato nello studio, circondato da macchinari e computer. Valerio aveva ereditato la villetta dai genitori, morti in un incidente otto anni prima. Era una casetta di periferia, costata pochissimo per via della zona industriale che sorgeva lì a due passi. Le mura grigie – ridipingerle costava troppi soldi e troppo tempo, e Valerio non poteva sprecare né gli uni né l’altro – la rendevano un po’ lugubre. In cima c’era un terrazzino, mai sfruttato, ridotto ormai a cesso comune per i piccioni. Il giardino era ampio e protetto da mura alte due metri. Negli ultimi tempi i vicini, vedendo quel via vai di ragazzi, avevano pensato che il figlio dei Morra si fosse dato alle orge. Poi però, considerato che di notte la villetta era fin troppo silenziosa, avevano avuto il dubbio che si trattasse di riunioni più particolari. Forse addirittura satanismo. Fortunatamente i vicini di Valerio vivevano in altre villette relativamente distanti, erano una decina in totale, e tutti sopra i settant’anni.
Valerio entrò nella camera di Emanuele senza far rumore, ma Emanuele saltò su lo stesso.
«Tutto bene?» domandò preoccupato.
Valerio annuì sedendosi sul bordo del letto.
«Non durerà ancora a lungo» disse Emanuele.
Era il più giovane di tutti loro, l’eccessiva magrezza del suo corpo era amplificata dalle maglie larghissime che si ostinava a indossare. I capelli lunghi e nerissimi lo facevano assomigliare a Charles Manson, ma detestava quando lo chiamavano così.
Era lui che si occupava delle cure a Giorgio.
Valerio gli passò una tazzina di caffè. Emanuele la posò sul comodino senza bere nemmeno un sorso.
«Prima voglio vedere come sta».
«Ci sono appena stato io» tentò di rassicurarlo Valerio, ma non servì a nulla.
Lo guardò allontanarsi scuotendo la testa.
Emanuele era sempre stato l’ansioso del gruppo. Giorgio invece era il sensibile.
Lui era il genio.
Fece per portarsi la tazzina alle labbra, ma l’urlo di Emanuele lo gelò.
«Valerio! Sbrigati cazzo!»
Non è possibile, pensò Valerio, fino a un momento fa era vivo!
Irruppe nella stanza. Giorgio giaceva sul letto