Paragrafo 175: La memoria corta del 27 gennaio
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Nel ricordare giustamente la follia distruttiva sul popolo ebraico, o sugli inermi prigionieri di guerra italiani, non si doveva dimenticare i Testimoni di Geova, i Rom, i Sinti, gli omosessuali deportati.
A tutt’oggi ci si chiede perché si miri a commemorare solo alcuni “olocausti”, rimuovendo la memoria di tutti gli altri o minimizzando l’impatto di un disegno più ampio di chiara impronta xenofoba e omofoba.
In realtà la domanda va posta ai legislatori italiani che istituirono il Giorno della Memoria Corta, che mutilata si presta ad attacchi, ignoranze e revisionismi.
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Paragrafo 175 - Marco Vignolo Gargini
Marco Vignolo Gargini
Paragrafo 175
La memoria corta del 27 gennaio
Argot edizioni
Le traduzioni presenti in quest’opera, salvo altre indicazioni, sono di Marco Vignolo Gargini.
© Argot edizioni
© Tra le righe libri
Andrea Giannasi editore
Lucca – Italia
ISBN 978 88 99735 012
All animals are equal
but some animals are more equal than others.
Tutti gli animali sono uguali
Ma alcuni sono più uguali di altri
George Orwell, Animal Farm, Chapter X, 1944
A tutte le vittime note o ignote,
passate, presenti e future,
che hanno sofferto, soffrono e soffriranno
le persecuzioni xenofobe e omofobe.
Introduzione
Questo pamphlet è il frutto di un’esperienza personale che mi ha coinvolto per un lustro e poco più: dal 2008 al 2014 ho fatto parte di un’iniziativa della Scuola per la Pace della Provincia di Lucca che coinvolgeva, e ancora coinvolge, le scuole della provincia lucchese sul tema dell’Olocausto o, per meglio dire, degli Olocausti. Occorre sottolineare il fatto che, oltre al consueto appuntamento dedicato alla Shoah, la Scuola per la Pace della Provincia di Lucca si sia adoperata in tutti questi anni per introdurre nelle aule scolastiche temi che di solito non venivano trattati, quali la persecuzione e sterminio durante il Terzo Reich dei diversamente abili, nonché degli omosessuali. Il mio compito, là dove venivo invitato, era non solo quello di illustrare quest’ultimo tema, ma anche di portare la mia testimonianza di gay dichiarato e militante di fronte alla platea degli studenti.
In sei anni, prima di aver preso la decisione di interrompere l’esperienza per problemi che non trovo opportuno affrontare in questa sede, ho visitato qualche scuola. Solamente secondarie superiori, ossia l’Istituto Magistrale, il Liceo Artistico (incluso quello serale per adulti), il Liceo Scientifico di Lucca, l’Istituto d’Arte di Pietrasanta, in più ho condotto una mattinata organizzata in una sala del Palazzo della Provincia di Lucca dove furono ospiti alcune classi del Liceo Classico di Lucca. Nel 2010, con il patrocinio della Provincia di Lucca, introdussi la proiezione del documentario Paragraph 175 in un circolo lucchese dell’Arci, davanti a un pubblico composto da quattro o cinque persone. Nel 2013 il Comune di Lucca mi mise a disposizione una sala perché potessi incontrare la cittadinanza e parlare dell’argomento, e anche qui la risposta in termini di partecipazione fu alquanto deludente; nello stesso anno fui invitato dall’ANPI di Pietrasanta per tenere lo stesso incontro nella sede della Croce Verde locale, ottenendo invece un’attenzione e un interesse maggiori. Mi sono recato in poche altre scuole, in Garfagnana, ma questo fu possibile grazie a un’idea generosissima di un’amica, di una compagna (in senso politico), Marinella Lazzarini, che mi portò con lei offrendomi uno spazio successivamente all’illustrazione del libro che aveva scritto su Nuska Hoffmann, la sua amica ebrea polacca sopravvissuta al Lager di Gabersdorf-Trautenau. Otto anni dopo la scomparsa di Nuska Hoffman, avvenuta nel 2006, Marinella ci ha lasciati, troppo presto, e la sua assenza ha creato in me un vuoto incolmabile. Insieme a Marinella avevo inoltre presentato, sempre in una sala del Palazzo della Provincia di Lucca, un testo importante come Il farmacista di Auschwitz, scritto da Dieter Schlesak, intervenuto e molto soddisfatto della nostra conduzione.
Questi sei anni, in cui ho potuto parlare del tema della persecuzione e sterminio degli omosessuali nei campi di concentramento nazisti, mi hanno dato tante soddisfazioni, ma anche il profondo rammarico di non aver visto in molti, troppi istituti scolastici lucchesi l’interesse e la curiosità per quello che Massimo Consoli aveva definito Homocaust. Se faccio un bilancio, mancano all’appello troppe scuole. Nel 2011 non fui invitato nemmeno una volta.
Ovviamente, mi è sempre stata preclusa la possibilità di recarmi all’interno delle Elementari e delle Medie, dal momento che in Italia gli studenti dai 6 ai 14 anni sono considerati ancora troppo immaturi per poter ascoltare qualcuno, in aggiunta gay dichiarato, esporre la storia dell’omosessualità oppressa e sterminata. Ben sapendo che in paesi come il Belgio, la Danimarca, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, la Norvegia, l’Olanda, la Svezia si parla senza difficoltà di omosessualità anche ai bambini delle scuole elementari, la mia convinzione è che ciò che ho sperimentato io stesso sulla mia persona abbia a che fare con un atteggiamento culturale tipicamente italiano. La scusa dell’immaturità dei bambini e degli adolescenti italiani non regge, non può reggere, se non suffragata dal timore di qualche benpensante, convinto che un omosessuale possa far opera di proselitismo, per non dire di peggio (si sa che molte menti confuse di casa nostra continuano ad associare gli omosessuali ai pedofili…). Questo timore è senz’ombra di dubbio alla base degli inviti mancati nei miei confronti da parte dei dirigenti scolastici degli istituti lucchesi della secondaria superiore e non solo, dirigenti più o meno omofobi, diffidenti, sospettosi che la mia presenza potesse turbare l’ambiente e suscitare un dibattito ancora oggi molto difficile da sostenere in un paese come il nostro, malauguratamente arretrato sui temi dei diritti civili e del rispetto per la diversità.
L’Italia non è stata in grado di approvare una legge che condannasse l’omofobia in tutte le sue forme, la barricata delle forze conservatrici e reazionarie ha preteso di impedire un atto di civiltà, oltretutto sostenuto ed esortato dall’Unione Europea, millantando una speciosa difesa della libertà d’espressione. Per certi eredi morali del ventennio fascista l’omosessuale può ancora oggi essere nominato impunemente busone
, culattone
, finocchio
, frocio
, garruso
, ricchione
, senza alcun scandalo, senza alcuna riprovazione. L’aspetto più triste e grottesco insieme è che gli ipocriti, che si travestono da democratici, non gradiscono essere considerati intolleranti, quando in realtà sono a tutti gli effetti degli illiberali incorreggibili. Non c’è peggior omofobo di chi nega di esserlo (e ciò vale anche per gli omosessuali che hanno sviluppato un’omofobia interiorizzata e sposano le tesi omofobe).
L’Italia finora non ha saputo approvare una legge sulle unioni civili, condannando così non solo le persone dello stesso sesso, ma anche tantissime coppie eterosessuali con figli che non hanno scelto di sposarsi civilmente o religiosamente. Dal 1986, cioè da quando le deputate comuniste Romana Bianchi e Angela Bottari insieme alla senatrice comunista Ersilia Salvato presentarono un disegno di legge sulle unioni civili, elaborato anche dall’Arcigay, sono passati trent’anni e altre 45 proposte si sono dissolte nel nulla, e nessuna di queste è mai arrivata in Aula. Mentre sto scrivendo l’ultima proposta di legge è al vaglio, ma non ho idea se ce la farà ad essere approvata (nonostante le promesse del premier Matteo Renzi). La mia preoccupazione è che queste mie parole restino immutate ancora per un bel po’ di tempo, almeno che non vi sia un provvidenziale scossone.
Comunque, tornando alla mia esperienza nelle scuole, sono stato ben accetto là dove ho potuto portare a termine un incontro con gli studenti, ho altresì apprezzato il lavoro decisivo di insegnanti pronti a sostenere ogni iniziativa contro l’omofobia. Puntualmente, alla fine dell’incontro sono stato avvicinato da ragazze e ragazzi, tra cui alcuni che in modo discreto mi ringraziavano per essersi sentiti meno soli. Erano giovani omosessuali, preoccupati, timorosi, che in me vedevano una persona in grado di parlare apertamente anche del proprio orientamento sessuale. Mi sono reso conto che l’Olocausto degli omosessuali era un pretesto per affrontare la situazione contemporanea, di conseguenza si prendeva spunto dalle notizie della persecuzione nazista per aggiornare quelle che sono le attuali discriminazioni. I miei incontri, agevolati dalla proiezione di un programma PowerPoint che illustrava con immagini e cartelli i vari